Il
tempo che posso dedicare alla scrittura negli ultimi tempi è sempre
più ristretto, quindi mi scuso se la mia presenza sul blog si fa un
po' desiderare.
Ma
ieri facendo una pulizia di foto sul telefono ho trovato questa
vignetta di Cavez
che
mi ha fatto venire in mente la tendenza tutta umana a voler sapere
prima e con certezza dove ci porteranno certe scelte.
A
volte si tratta di decisioni prese nostro malgrado perché la
situazione è insostenibile, altre volte sono subite dolorosamente,
altre ancora studiate per mesi o anni, alla ricerca del modo migliore
o della via migliore.
Il
fatto è che quando tutto diventa incerto e vacillante è normale che
cerchiamo appigli su tutto ciò che è conosciuto e definito.
Spesso
però il “conosciuto e definito” coincide con quel qualcosa o
qualcuno che è nocivo psichicamente o emotivamente per noi: una
relazione insoddisfacente, un lavoro opprimente, una famiglia
limitante...
Un
po' di anni fa vi avevo parlato della comfort zone (qui) ovvero
quell'area psichica fatta di azioni, sensazioni, emozioni,
comportamenti, la cui ripetizione ci fa sentire sicuri, nella quale
la dimensione del rischio è pressoché nullo.
In
quanto esseri tendenti all'equilibrio, vorremmo che mai nulla
modificasse questa sorta di base sicura – anche se parti di noi la
vivono stretta o scomoda o addirittura superata.
Il
conflitto fra le parti rinnovatrici e quelle conservatrici è una
delle lotte interiori più faticose da sostenere: c'è chi tende a
ignorare i segnali di insoddisfazione chi invece li esalta e
condivide, ma può essere comunque che in entrambi i casi, prima di
arrivare a un cambiamento concreto, la strada sia lunga e tortuosa.
Così,
per aiutarvi a definire e chiarire le vostre resistenze alla
trasformazione e allo stesso tempo definire gli aspetti positivi e
propulsivi, vi chiedo di prendervi qualche minuto tutto per voi e
definire mentalmente una situazione in cui vorreste avere una via
d'uscita.
Una
volta delineata, chiudete gli occhi e dopo un breve rilassamento
(trovi qui una base) o anche rispondendo direttamente senza filtrare
troppo alle domande di seguito, provate a immaginare una possibile
via d'uscita per questa realtà:
Cosa
vedete?
Una
strada? Una porta? (o qualsiasi immagine vi appaia)
Che
tipo di strada o che tipo di porta (o che tipo di via di uscita?)
Vi
ricorda qualcosa di familiare?
C'è
qualche particolare che colpisce la vostra attenzione?
Cosa
temete e cosa sperate se la attraversate?
Se
la imboccate riuscite a vedervi una volta fuori?
Cosa
vi aspettate di trovare?
Quale
vostra qualità può guidarvi in questo cammino?
Quale
scoperta potete fare?
Quale
limite potete superare?
Riuscite
a immaginarvi fra qualche anno, quando tutto questo sarà un ricordo?
Poi
tornate al qui e ora e riflettete su ciò che è emerso.
A
volte si pensa di dover cambiare tutto, stravolgere la propria
esistenza mentre è importante saper cogliere i piccoli mutamenti nel
quotidiano, fonte inesauribile di momenti significativi di pienezza.
Vi
lascio a un'altra vignetta
Ricordando
che quando è il momento, bisogna avere il coraggio di guardarsi
meglio e magari scoprire che non si deve uscire fisicamente da qualche parte bensì uscire dalle vecchie modalità di vedere se stessi e gli altri, perché
spesso i più grandi passi si compiono dentro ancora prima che fuori.
Buona
settimana
virginia
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