mercoledì 30 marzo 2011

Rischiare è trasformarsi



A volte è necessario rischiare.
Pericolosamente in bilico fra emozioni bipolari,
guardarsi dentro e scegliere.
Non solo partire, ma anche restare
può significare osare.
Con la consapevolezza che certe cose
sono scadute sullo scaffale del tempo.
Ormai è tempo di cambiare.
Abbandonare le ipoteche sul passato
e guardare avanti.
Soluzione o necessità?
Altre prospettive esigono luce.
L'anima include possibilità e si espande.
Embrionali intuizioni esplodono alla vita.
Anche questa sono io.
virginia




martedì 29 marzo 2011

L'amicizia è donna


Da poco abbiamo iniziato un progetto in una scuola elementare. E ci ritroviamo a guardare le bambine di oggi e ricordare quelle che eravamo, uno a uno i ricordi vengono alla mente, fra un sorriso, una frase o una lacrima di quelle piccole anime delicate. Chissà dove saranno, cosa staranno facendo le amiche delle elementari, soprattutto l'amica speciale, quella con cui sei cresciuta, hai scoperto le contraddizioni del mondo e hai condiviso i primissimi e acerbi batticuori...
Ci è venuta l'idea di rendere onore alla bambina che ci portiamo dentro e all'importanza fondamentale che riveste l'amicizia nel mondo femminile, ad ogni età.
Abbiamo trovato questo racconto di Tilly, semplice e speciale.

“Saremo amiche per sempre? Sempre è tanto lo so, ma io ti voglio bene e noi saremo amiche per sempre. Si!”
Carla era cresciuta, e quel “per sempre” dichiarato con tanta solennità era solo un ricordo.
Si era trasferita in un’altra città, sposata, aveva una famiglia, dei bambini, una casa, un lavoro… quella bimba di tanto tempo prima si era persa nella routine della casa, nel mal di schiena dopo aver stirato, nello stress dei clienti del negozio in cui lavorava come commessa, nei capricci dei bambini, nelle cene da preparare, e così via…
Fino a quando una sera aveva trovato quella richiesta di amicizia sul suo profilo di “facebook”. Lei che non aveva neppure il tempo di soffiarsi il naso, come era solita ripetere, aveva veramente poco tempo per le amicizie virtuali; ma quella sera quell’omino a mezzo busto che annunciava con quell’uno rosso che qualcuno la voleva come amica la incuriosì.
“Sara”.
Lo disse a bassa voce, come un sussurro, tutto le ritornò alla mente, anche prima di leggerne il nome; quei due occhioni blu erano inconfondibili.
Carla guardò meglio la foto e sorrise.
La bocca era segnata appena dalle rughe, era normale per una che rideva tanto, quante volte ne avevano scherzato da bambine?
Erano entrambe cambiate, erano cresciute, un pò invecchiate…
Sara
Avevano cominciato a scriversi immediatamente, a raccontarsi gli anni perduti con tanta facilità da sorprenderle. Era diventata una dolce abitudine, la sera sorseggiando il the, chiacchierare come se fossero state a due passi. Era come se gli anni si fossero riavvolti come la bobina di un vecchio film. Non potevano fare a meno di condividere foto, pensieri, raccontarsi, e ridere per l’ultimo film visto, scambiarsi le ricette del ciambellone…
E poi una sera quella confessione.
Carla ci pensava, mentre il treno la portava a Brescia, così lontano da Napoli; ma Sara aveva bisogno di lei.
Oh certo non glielo aveva detto esplicitamente, ma quando aveva trovato il coraggio di parlarle della sua malattia, Carla non aveva avuto bisogno di altre spiegazioni ed era partita.
Loro due erano amiche… per sempre!
(Tratto da www.raccontioltre.it )
erika e virginia

lunedì 28 marzo 2011

Chi se ne va che male fa (?)



Quante volte, come Lucy, ci siamo illuse che una parola potesse cambiare tutto?
Quanto è più forte l'ostinazione a vedere il bicchiere mezzo pieno, anche se l'altra metà è inesorabilmente vuota e priva di contenuti? Non sempre l'incrollabile ottimismo e la speranza nel futuro sono qualità: in alcuni casi diventano zavorre che impediscono di vedere cosa c'è appena più sopra del profilo dell'orizzonte entro il quale limitiamo la nostra esistenza.
Recidere un cordone ombelicale che ci lega visceralmente a una persona o situazione è terribilmente difficile, ma il più delle volte risulta necessario. Se al neonato non si recidesse quel cordone, per non procurargli lo shock della separazione da quel mondo interiore materno così rassicurante e conosciuto, gli si impedirebbe di vivere e di porre in essere le nuove funzionalità che gli permetteranno di adattarsi al nuovo ambiente, ricco di stimoli e nuove avventure.
Ogni volta che dobbiamo separarci da qualcosa o qualcuno, in parte è come se si riattivasse inconsciamente quella paura primordiale, quel senso di smarrimento che ci induce a rifugiarsi nel conosciuto mondo che magari ci ferisce, non ci soddisfa, ci impedisce di crescere ed evolverci... perché decidiamo di dedicare la nosta speranza alla possibilità che sia il vecchio a cambiare, invece che dare energia al nuovo che avanza e può portare dinamismo vero e produttivo nelle nostre vite?
Quante piccole o grandi bugie ci raccontiamo piuttosto che accettare la realtà dei fatti?
per ora anche a me la situazione va bene così...” “...a suo modo anche lui/lei mi ama...” “avresti dovuto vederlo ieri, in quelle due ore, era proprio un'altra persona!” “se non fosse per questo, questo e questo, sarebbe la persona che voglio accanto a me...” “poverino/a, ne ha passate tante, infondo non è colpa sua...” “gli ci vuole ancora un po' di tempo per capire...” “non ce la faccio a dirgli di no, è più forte di me...” “si, è vero che mi dice che non mi vuole, però poi quando io ho bisogno a suo modo mi sta vicino...” “beh, dai, continuo ancora un po', magari fra poco incontro un altro/a..” e infine, ciliegina sulla torta, “nessuno è perfetto. Credo non esista la persona che ti va bene in tutto e per tutto”.
Quanto prezioso tempo sprechiamo aspettando qualcosa che già sappiamo non essere possibile?
Queste parole potrebbero sembrare in contrasto con quanto affermato altrove, dove mi avete sentito parlare dell'amore come di qualcosa che va costruito giorno per giorno, senza arrendersi di fronte al primo ostacolo, non rinunciando alla possibilità di risolvere i problemi, dando a sé e all'altro il beneficio di trasformarsi e crescere insieme.
Non sono in contraddizione: qui sto parlando di quelle situazioni in cui ci si cela dietro un velo di falsa inconsapevolezza, per non prendersi la responsabilità di un'azione drastica e necessaria, quando la volontà di costruire un rapporto è unilaterale, magari anche solo perché l'altro in questo momento non vuole affrontare le cose in un certo modo, ma si lascia vivere, delegando il timone del rapporto.
Ad un certo punto, dopo averle provate tutte, occorre chiedersi: quanto di me, della mia vita e delle mie energie sto investendo? E se l'altro non fa altrettanto, allora forse è il momento di calare una scialuppa di salvataggio, prima che il naufragio ci coinvolga in danni ancora maggiori.
Il dolore straziante della separazione sarà comunque inevitabile e da elaborare, con coraggio.
Ma l'alternativa sarebbe un dolore continuo e serpeggiante, che logora dentro, giorno dopo giorno, prosciugando la vitalità e privandoci di forze da investire nel futuro.
I rapporti di questo tipo sono parassiti della nostra anima: tolgono linfa vitale e rischiano di farci perdere i contatti con la nostra strada di autorealizzazione, perché inducono a negare i bisogni fondamentali che ci guidano e la cui soddisfazione ci rende felici.
La breve e illusoria felicità, accesa dalla speranza che le cose cambino, è come la flebile luce dei cerini della piccola fiammiferaia, la cui anima è morta assiderata, perché ha donato e svenduto l'unica risorsa che aveva per crearsi da sola un calore che nutre e riscalda (se ti interessa approfondire questa storia clicca qui).
Le fantasie che rimandano all'immaginario o a un domani che non arriverà mai la realizzazione dei nostri desideri, sono “letali” per la nostra anima e la nostra vita.
È necessario svegliarsi dalla soporifera atmosfera di negazione di sé, riprendere in mano la propria esistenza e le proprie energie, e correre a perdifiato lontano da quel luogo o quella persona che, al di là di tutte le scuse che possiamo raccontarci, ci danneggia soltanto.
Non bisogna arrivare ad odiare per allontanarci. Lo si può fare accettando i limiti dell'altro e riconoscendo che non può essere nostra la responsabilità della sua salvezza: noi siamo responsabili della nostra anima e della nostra felicità.
Quindi, è possibile affermare con dignità e coraggio:  “arrivederci amore, ciao”.
virginia



venerdì 25 marzo 2011

Strategie dolci di rinnovamento



Bon bon di benessere n.8 – Rinnovamento!

Ho iniziato questa settimana con un post sulla Primavera e sulle energie che questo passaggio equinoziale porta con sé.
Mi piace quindi dedicare il nostro ormai consueto post del venerdì, quello pieno di progetti concreti e spunti di lavoro sul benessere interiore ed esteriore, a idee di rinnovamento e rinascita, nuovi piccoli germogli sui rami dell'albero della nostra vita.
L'errore che facciamo di solito è quello di pensare al rinnovamento come qualcosa di necessariamente grande e plateale, lo associamo al più generale cambiamento, gesto o azione che altera equilibri e ci rende incerte o insicure sulla nostra capacità di farcela a portarlo a termine. Invece dobbiamo renderci conto che ci si può rinnovare a partire dalle piccole cose, dedicando una parte delle nostre energie a qualcosa che in questo momento ci sta particolarmente a cuore, che sia un'attività, un progetto, il rapporto con una persona, una qualità del nostro repertorio di comportamenti che vogliamo imparare a coltivare o trasformare.
È impossibile modificarci in toto da un momento all'altro. Lo si può però fare in maniera frazionata, creando una lista di priorità, interrogando la nostra anima al riguardo.
E non fossilizziamoci necessariamente sul dover innanzitutto partire dalle cose più importanti o “profonde”. Fate ciò che vi fa stare bene e vi dona forza, anche se vuol dire cominciare con l'andare dall'estetista per un peeling al corpo, piuttosto che interrogarvi su quali aspetti del vostro cuore hanno bisogno di essere esfoliati del grigiore del recente passato. Se vi sentite bene, a vostro agio, potete raccogliere ancora più slancio ed energia per affrontare i passi più complicati.
Cominciate con un aspetto di voi che non vi soddisfa.
Scegliete una qualità da piantare, curare e coltivare con amore e attenzione, come si fa con le peonie, le petunie e i bulbi di narcisi, proprio in questo tiepido sole di marzo.
Scrivetela come sostantivo su un cartoncino.
Provo a darvi qualche spunto:
attenzione – calma – compassione – comprensione – collaborazione – coraggio – creatività – audacia – decisione – distacco – determinazione – disciplina – energia – entusiasmo – libertà – amicizia – generosità – volontà – gratitudine – armonia – umorismo – inclusività – iniziativa – integrazione – gioia – liberazione – luce – amore – ordine – pazienza – pace – costanza – positività – forza – prontezza – quiete – realtà – rinnovamento – risolutezza – serenità – servizio – silenzio – semplicità – sintesi – tenacia – verità – vitalità – saggezza – stupore. (liberamente tratto da R. Assagioli “L'atto di volontà” Ed. Astrolabio 1977, pag. 63)
Riflettete su cosa significhi per voi questa qualità, quali e quanti sensi le attribuite: potete farlo grazie alla tecnica creativa di cui vi ho già parlato (leggi qui) o anche semplicemente riportando su di un foglio tutto ciò che vi viene in mente al riguardo, quasi fosse una meditazione riflessiva su di un concetto (la parola al centro e poi collegare con frecce o linee tutto ciò che le associate).
Questo servirà da stimolo alla trasformazione, perché potranno emergere nuove soluzioni, possibilità di applicazione di questa qualità nella vostra vita, a quali e quante situazioni di cui prima ignoravate l'esistenza.
L'energia va risvegliata con lievi incitamenti e incoraggiamenti, piuttosto che con strattoni psicologici che alla fine sono controproducenti.
Ponete il cartoncino con il nome della qualità in un posto strategico, dove la possiate avere sempre sotto gli occhi, in modo che il vostro inconscio ne possa recepire continuamente l'influenza positiva e la spinta all'espressione.
Siate pazienti e allo stesso tempo attente ai piccoli cambiamenti della vostra quotidianità.
Abbiate l'atteggiamento di curiosità e trepida attesa, come quando ci si chiede alla fine di che colore sarà quel bocciolo del bulbo piantato dalle nostre mani.
Ricordate sempre le sagge parole di Lao Tzu: “anche un viaggio di mille miglia comincia con un solo passo”.
Ancora buona primavera a tutte.
virginia

giovedì 24 marzo 2011

Un rimedio per la paura di un esame o evento importante



Qualche giorno fa parlavo con un'amica e abbiamo ripercorso insieme alcuni ricordi del periodo universitario, quando ancora il tempo era scandito dai quarto d'ora accademici, i semestri, le giornate in biblioteca fra una lezione e l'altra e il conto alla rovescia dalle temute sessioni di esame.
Ho ripensato a quei momenti e mi è venuto in mente l'argomento per un post che spero possa essere ancora di aiuto a tutte coloro che si trovano a dover fare i conti con la paura e ansia pre-esame, ma che può essere ugualmente utile per tutte noi, ogniqualvolta dobbiamo affrontare un appuntamento importante, una prova o un colloquio di lavoro...
Nella mia esperienza clinica faccio largo uso dei Fiori di Bach, un rimedio semplice e naturale per riportare in equilibrio le emozioni e i vissuti negativi, una risorsa preziosa per stabilire nuovi equilibri energetici e restituire il benessere.
Già altrove ho spiegato la loro storia e come funzionano (se ti interessa clicca qui) mentre oggi mi voglio dedicare a indicare la possibilità dell'utilizzo di alcuni di loro, in una miscela che ovviamente non potrà essere personalizzata -  come di solito accade dopo un'accurato colloquio -  ma che comunque può contribuire a coprire una varietà di emozioni provate dalla maggior parte di noi di fronte a un evento di questo tipo.
Sarà che il mio primo contatto con il fantastico universo della floriterapia l'ho avuto proprio in occasione del mio primo esame universitario, quando mia mamma, (notando che ero visibilmente provata dallo studio e dall'ansia anticipatoria!), mi portò a casa una piccola boccettina di vetro contenente vere e proprie gocce di calma e serenità, le quali da allora sono state fedeli compagne di studio accanito.
È stato poi inevitabile approfondirne la conoscenza una volta laureata, per poterli consigliare alle persone che si sarebbero rivolte a me.
Mi preme sottolineare che possono essere assunti a tutte le età e sono un toccasana anche per i bambini, quando devono affrontare un compito o una prova scolastica che li mette in agitazione.
Ma veniamo al contenuto del rimedio.
MIMULUS – per trasformare la paura in coraggio
ELM – per far fronte alle responsabilità che sembrano schiacciarci
GENTIAN – per acquistare fiducia e ottimismo
LARCH – per credere nelle proprie capacità di farcela
Occorre farsi preparare in miscela dall'erborista questi fiori e assumerli 4 gocce per 4 volte al giorno, almeno due-tre settimane prima della prova.
Se volete, fatemi poi sapere com'è andata!
virginia

mercoledì 23 marzo 2011

Come essere protagonisti della propria separazione o divorzio - Il Diritto Collaborativo



Care amiche,
Vi ho già parlato della mediazione familiare, ossia quel metodo altrnativo alla risoluzione delle controversie dove i coniugi o conviventi chiedono l'aiuto di un terzo neutrale per riuscire a risolvere le controversie familiari.
Ora ho intenzione di darVi delle informazioni sul diritto collaborativo.
Tale prassi è nata negli Stati Uniti dall'Avvocato Stu Webb il 1 gennaio 1990 e si sta diffondendo in tutto il mondo ( IACP International Academy of Collaborative Professionals e AIADC Associazione Italiana degli Avvocati dì Diritto Collaborativo)
Gli avvocati che praticano diritto collaborativo , a seguito di spefica formazione, guidano i clienti in conflitto o controversia familiare attraverso un procedimento stragiudiziale per raggiungere degli accordi che siano sattisfattivi per la loro famiglia separata . Tali avvocati credono a tal punto in questo procedimento che qualora non riuscissero a giungere ad un accordo si obbligano a non tutelare il cliente nella fase giudiziale.
Ritengono infatti che il loro compito sia costruttivo di un nuovo equilibrio familiare e quindi giungere ad una soluzione condivisiva rispettosa degli interessi del cliente e della sua famiglia sia l'obiettivo
Gli avvocati collaborativi lavorano in massima trasparenza e condivisione delle informazioni, in un clima di cooperazione e fiducia che riduce la tensione del conflitto . Il cliente lavora insieme al suo avvocato per giungere ad un accordo corrispondente agli interesssi propri e a quelli della sua famiglia, perchè sempre famiglia è, anche se separata . Nel processo collaborativo è prevista la partecipazione di mediatori familiari, psicoterapeuti e pedagogisti per aiutare il cliente a superare il lutto della separazione
Il vantaggio consiste nell'essere protagonisti della propria separazione senza far decidere un terzo, chiamato Giudice, sulla propria vita .
Questo procedimento tutela il cliente ma soprattuto non distrugge quello che si è creato in anni di matrimonio e/o convivenza.
Infatti , care amiche, il matrimonio può fallire , ma i figli rimangono, e un rapporto, non oso dire di amicizia, ma di rispetto per il loro padre, è a mio giudizio eticamente doveroso, perchè significa rispettare l'altro 50% di DNA dei vostri figli.
Permettendo al mio rancore e al mio lutto (la separazione è comunque un lutto) di esplodere senza essere canalizzato, vado ad intaccare e a distruggere anche quel 50% di Dna dei miei figli.
Se invece tramuto tutta questa energia che si è scatenata nel cercare di salvare il salvabile avrò fatto del bene a me e ai figli.
E' solo questione di direzione, alla fine.
Permettetemi di usare una metafora.
Dopo un terremoto che ha distrutto la mia casa ho tre opzioni :
1)stare a piangere sulle macerie imprecando contro la natura malvagia, il costruttore e così via e fare una causa lunga circa dieci anni contro il Comune, il geologo o il costruttore;
2)costruire un'altra casa in quel posto utilizzando quello che è rimasto da quelle materie;
3)andarmene in un altro luogo e costruire un'altra casa con le informazioni che ho acquisito e l'esperienza che ho fatto.
A voi la scelta care amiche...
COSTRUIRE e NON CONTINUARE A DISTRUGGERE può essere una opzione da tenere in considerazione.
Con affetto
Evi Fongaro

martedì 22 marzo 2011

E' tutta colpa del principe azzurro?



I risvegli dal torpore dell'inconsapevolezza possono essere dovuti a molti fattori e incastri magici della vita: nelle fiabe c'è sempre un aitante principe che con un leggiadro bacio permette alla principessa di svegliarsi e cominciare una nuova vita insieme.
A me è successo con un libro...tanti anni fa: mi sono imbattuta in lui, gironzolando col naso in aria e in attesa di ispirazione, fra i milioni di storie in attesa di un lettore.
Sono state pagine magiche, che sono riuscite a coniugare il mio mai sopito bisogno di favole e la necessità concreta di uscire dalle sabbie mobili di una relazione inappagante e dannosa.
Quando siamo giovani è inevitabile credere al principe azzurro, è così bello crogiolarsi nell'idea di una persona che sembra fatta apposta per noi, capace di soddisfare ogni desiderio, la cui sola presenza basta a renderci felici, insomma, un uomo perfetto!
Poi arrivano le delusioni, le aspettative disattese, la caduta delle illusioni e il crollo delle proiezioni, insomma un disastro! Questo accade perché si cresce, si cambia e ci si trasforma, ma non è semplice farlo insieme, soprattutto quando siamo giovani e inesperti. Molte di noi si attaccano comunque a queste relazioni, con le unghie e con i denti, perché la speranza che tutto torni come prima, o addirittura possa volgere al meglio (perché la dimostrazione d'amore permetterà il miracolo!) è più forte della disillusione.
Tutto questo ce lo racconta con professionale leggerezza, Marcia Grad, ne “La principessa che credeva nelle favole. Come liberarsi del proprio principe azzurro” Ed. Piemme (1998).
Non è un libro per bambine e nemmeno per giovani ragazze: ritengo sia un libro per donne che hanno almeno una volta sperimentato cosa significhi non riuscire a liberarsi di un amore che fa male, (perché in realtà non di amore si tratta, ma questo lo scopriranno poi).
Nasconde, fra le semplici avventure della piccola principessa Victoria, dei profondi insegnamenti, delle domande alle quali urge dare risposta, episodi nei quali è inevitabile rivedersi come in un filmato che riguarda qualcun'altro, ma ci aiuta a essere obiettive.
Chiunque ha avuto un suo “codice regale” cui doversi adeguare per essere amata, accettata, integrata... piccole o grandi ferite alla propria identità, sacrificata in onore del “così deve essere, così ci si comporta, così fanno le brave bambine, le brave donne, le brave mogli...”
Molte hanno dovuto sacrificare la loro parte “Vicky”, quella un po' sopra le righe e ingombrante, spaventosa e fuori controllo per gli altri, ma vera e autentica per se stesse, in contatto profondo con la propria natura selvaggia e felice, che balla, si diverte, se ne infischia delle regole precostituite che ti fanno morire dentro.
Inevitabile cercare un principe sul nostro cammino: ma occorre essere caute e attente, perché l'azzurro del suo abito può rischiare di diventare più oscuro e trasformarsi nel sanguinario e temuto Barbablù.
A tutte auguro di incontrare un “Doc” - il gufo saggio – che ti spinge a guardarti dentro, a porti domande, ad accettare di non trovare risposte pronte e sicure e a metterti così in viaggio...
Tutte le donne a cui l'ho consigliato hanno trovato questo piccolo libro “illuminante”, a patto di leggerlo al momento giusto, quando si ha bisogno di surgere distillati di consapevolezze come acqua fresca nell'aridità di un rapporto che non dà più alcun nutrimento vitale.
Io suggerisco sempre di sottolineare frasi, passaggi o parole che colpiscono qualcosa dentro di noi durante la loro lettura, perché lì sta la prima spaccatura dalla quale possono nascere nuovi germogli di ripresa e di scoperta.
La scoperta che in realtà, il principe azzurro di cui dobbiamo liberarci non significa la privazione di un uomo nella nostra vita, quanto piuttosto l'immagine idealizzata e distorta che abbiamo di lui. Inutile credere di avere accanto un principe quando in realtà si tratta di un tiranno.
il vero amore significa libertà e crescita, e non senso di possesso e restrizioni; vuol dire pace e non agitazione, sicurezza invece di paura. È comprensione, lealtà, incoraggiamento, impegno, sintonia e rispetto. [...] Il vero amore comporta la capacità di essere o meno d'accordo come amici e compagni, invece che come avversari e concorrenti, perché è un sentimento che non ha nulla a che spartire con i conflitti e la supremazia. E non è mai fonte di umiliazioni, crudele, pericoloso o violento: fa in modo che la casa sia un castello e non una prigione”. (pagg.266-267)
Il vero principe è colui che ti ama senza pretendere che tu cambi, è colui che ti sa appagare profondamente senza che noi pretendiamo che “faccia”, perché semplicemente lui “è”.
il vero amore è portatore di sincerità e complicità.
Per poter ottenere questo, occorre però intraprendere un percorso di riconoscimento e accettazione in primo luogo dei nostri limiti, delle paure e delle errate convinzioni, insomma, di noi, come principesse “perfettamente imperfette” .
Ci sono molti principi in giro per il mondo che vi aspettano, “perfetti nella loro imperfezione”.
Io ho trovato il mio.
Adesso tocca a voi.

Buon viaggio piccole principesse...(e se udite in lontananza la musica di un banjo, pensatemi: siete sulla buona strada!)
virginia 

lunedì 21 marzo 2011

Cappelli e primavere



Sabato qui è precipitato, insolente, un temporale, fatto di plumbeo cielo e chicchi rotondi di solida pioggia, ma già dalle presentazioni si capiva che qualcosa nell'aria stava cambiando: pretendeva di essere l'inizio di una persistente giornata uggiosa, come quelle di novembre, invece somigliava tanto ai repentini temporali estivi, quelli improvvisi e inaspettati, che ti sorprendono, ma tanto sai che non dureranno molto.
Sarà stato che sabato sera c'era la luna piena, o saranno stati i desideri di tanti papà appagati che volevano una giornata di sole da godere con i loro bambini... chi lo sa... ma ecco che domenica ha ceduto il passo ad un'aria nuova, mossa dal vento, uno splendido sole compagno di un cielo vestito di azzurro sgargiante.
Oggi, lunedì, è ufficialmente primavera.
Sono particolarmente grata a questa data da anni, perché riesco a percepirne tutta la forza ed energia, perché motiva nuovamente i miei giorni e i miei progetti, porta luce e calore, simbolizza la rinascita interiore perché ognuno di noi è parte della natura che lo circonda.
Stamani ho scritto dei versi, li ho inviati alle amiche più care.
Voglio invece condividere con voi una storia che conosco da anni, ma che per una sincronicità degli eventi, è tornata di nuovo nelle mie mani qualche giorno fa, donata dalla mia mamma. Ho pensato che fosse un segno: sarebbe bello che tutte le mamme ne facessero dono alle figlie. E' una trasmissione di saggezze e verità, e l'invito, pieno di amore, a vivere con passione la vita in ogni sua primavera.

A tre anni una donna si guarda allo specchio e vede una principessa.

A otto anni si guarda e vede una Cenerentola.

A quindici anni si guarda e si vede come una sorella brutta di Cenerentola (“mamma non posso andare a scuola con questo aspetto!”).

A vent'anni si guarda e si vede “troppo grassa/troppo magra, troppo bassa/troppo alta, con i capelli troppo lisci/troppo ricci” ma, dopo aver provato a cambiarsi/migliorarsi/trasformarsi,  decide che uscirà di casa lo stesso.

A trent'anni si guarda e si vede “troppo grassa/troppo magra, troppo bassa/troppo alta, con i capelli troppo lisci/troppo ricci” ma decide che ha troppe cose da fare,  non ha tempo di risistemarsi e che uscirà di casa lo stesso.

A quarant'anni si guarda si vede “troppo grassa/troppo magra, troppo bassa/troppo alta, con i capelli troppo lisci/troppo ricci” ma dice “almeno sono pulita” ed esce di casa lo stesso.

A cinquant'anni si guarda, si vede “esistere” e se ne va dovunque abbia voglia di andare.

A sessant'anni si guarda e ricorda tutte le persone che non possono più nemmeno guardarsi allo specchio. Esce di casa e conquista il mondo.

A settant'anni si guarda e vede saggezza, capacità di ridere e saper vivere. Esce e si gode la vita.

A ottant'anni non perde tempo a guardarsi. Si mette in testa un cappello ed esce per divertirsi con il mondo.

A tutte le donne con l'augurio che sappiano afferrare prima possibile quel cappello.”

Io aggiungo : A tutti gli uomini, con la speranza che incoraggino le loro donne a indossarlo e ne sappiano godere insieme.
virginia

venerdì 18 marzo 2011

Fitness mentale



Bon bon di benessere n.7 – Neurobica!

Ci risulta familiare e ordinaria l'idea che occorra svolgere un'attività fisica regolare per far beneficiare al nostro corpo dell'ossigenazione e ottenere altresì muscoli tonici e scolpiti, migliorare le nostre funzionalità e sentirci più sane e in forma.
E se vi dicessi che la stessa cosa la si può ottenere, oltre che per il nostro corpo, anche per il nostro cervello? Non sto parlando dei vantaggiosi effetti che comunque l'attività fisica provoca anche sulla mente, ma di una specifica attività aerobica per essa: la neurobica, appunto!
Il neuroscienziato Katz (in Fitness della mente, Ed. Red, 2002) ha messo a punto questo metodo partendo dalla scoperta che i neuroni che abitano la nostra testa sono maggiormente efficienti in base al numero di collegamenti che intercorrono fra loro e quindi fra le varie aree cerebrali. Perché il funzionamento mentale sia ottimale occorre sviluppare e favorire l'instaurarsi del maggior numero possibile di collegamenti fra le diverse aree cerebrali specializzate e fra di esse e l'ippocampo, l'area deputata all'apprendimento. Questi collegamenti non sono statici e immutabili, ma si creano come risposta a stimoli sensoriali e di comportamento, quindi maggiori sono gli stimoli maggiori saranno i collegamenti, ma, perché se ne creino di nuovi, occorre necessariamente che si esca dalla routine mentale, perché altrimenti il nostro cervello lavora in economia, sfruttando le connessioni pre-esistenti e conosciute.
Riepilogando, possiamo dire che il segreto per far esercitare a pieno ritmo la nostra testa è quello di trovare soluzioni a sempre nuovi problemi – sviluppando allo stesso tempo la creatività – e in questo modo utilizzare tutti i sensi soprattutto in modo nuovo.
Quali sono quindi i possibili esercizi neurobici?
  • Ricordare i nomi con i cinque sensi: quando conosciamo una persona, per provare a ricordarne il nome, proviamo ad associarlo a dettagli che lo caratterizzano (colori, profumi, tono della voce)
  • Cambiare mano: usare la mano non dominante per fare i gesti quotidiani come lavarsi i denti, girare qualcosa in pentola, accendere la radio e se abbiamo un po' di tempo da dedicare, si può addirittura provare a scrivere qualcosa
  • Toccare, annusare, assaporare: esploriamo gli oggetti e l'ambiente che ci circonda non solo con gli occhi, ovvero proviamo a tastare la stoffa dei diversi vestiti, ad odorare gli ingredienti in cucina, assaporare gusti nuovi o associazioni inusuali, cambiamo posto a tavola per sperimentare nuovi punti di vista.
  • Cambiare strada: provare nuovi itinerari per recarsi al lavoro o nei posti abituali, oppure quando ci troviamo in una nuova città provare a “perdersi” per stimolare il senso dell'orientamento.
  • Scatola a sorpresa: prendete una scatola, riempitela di piccoli oggetti (monete, chiavi, temperamatite, gomme, caramelle ecc...) e divertitevi ad occhi chiusi a inserire una mano al suo interno e indovinare quale oggetto state toccando.
  • Chiacchieriamo!: si, lo so, questa è una cosa che ci piace e facciamo spesso, ma l'importante in questo caso è socializzare con persone nuove, entrare in negozi o bar dove non andiamo mai, scambiando opinioni e conoscendo gli altri.
                                                                                                                                                                         virginia



giovedì 17 marzo 2011

Dillo alla luna...



Affascinante e misteriosa la luna. Faccio fatica a immaginare che oltre quarant'anni fa degli uomini con un candido scafandro, abbiano mosso i loro passi leggeri sul suo suolo, come su un qualsiasi pezzo di terra di questo nostro ormai agonizzante pianeta.
La luna per me continua ad avere un alone di magia e interrogativi, troppo vicina per essere sognata e troppo distante per essere vissuta.
Fedele, ruota da milioni di anni intorno alla terra, esercitando una perenne attrazione e permettendo fenomeni naturali come le maree, l'erosione delle terre, l'esito delle semine e della vita agreste dell'uomo.
Scandisce il ritmo del tempo, accompagnando l'alternarsi dei mesi e delle stagioni.
È specchio di una luce non sua, perché non emette una luce propria ma riesce a riflettere quella ricevuta dall'egocentrico sole, mostrandosi a noi con quel suo volto sobrio e ben incipriato.
Da sempre è stata avvicinata al mondo femminile o forse, è il nostro mondo di donne che è stato avvicinato a lei e alle sue leggi, perché insieme condividiamo la ciclicità, l'alternanza, la mutevolezza... ci dicono spesso che siamo 'lunatiche' e io, che all'inizio mi difendevo un po', col tempo, ho imparato a prenderlo come un bellissimo complimento.
Di fronte alla luna piena provo sempre un senso interiore di completezza e appagamento, perché rappresenta il compimento, la perfezione, l'emanazione di un'energia che sembra bastare a se stessa.
Ma se fosse sempre così, sarebbe lo stesso? Credo di no.
Una luna sempre uguale a se stessa, rotonda, immobile, piena, porterebbe inevitabilmente a un disagio sottile, quello che ci coglie quando tutto intorno a noi è fisso e immutabile, stagnante.
La “lunaticità”, la tendenza a mutare, trasformarsi, è qualcosa di imprescindibile dalla natura delle cose e anche in quella umana: noi donne ne siamo maggiormente chiamate in causa perché il nostro corpo testimonia questi passaggi inevitabili con il ciclo mestruale, la maternità, e, perché no, con l'umore ballerino.
Il ventre di ogni donna prende le sembianze della luna quando è abitato da un bambino, ma anche nella sua funzionalità mensile perpetua ripercorre le fasi della sorella in cielo: produzione, crescita, maturazione, espulsione, rinnovamento.
Fior di scienziati si sprecano a ricordarci che molti di questi aspetti sono 'casuali': è un caso che il ciclo femminile abbia la stessa durata di un ciclo lunare, è un caso che i bambini nascano di più in certe fasi di luna, è pure un caso che si riscontrino corrispondenze fra la vita vegetale e il lunario.
Ma io dico: che ce ne importa? Perché è sempre necessario seguire e incasellare tutto secondo la logica analitica e sequenziale del metodo scientifico?
Seguire la luna è anche questo: ricorrere all'intuito, all'interiorità, la sensibilità e sensitività che ci guida in territori inesplorati e per questo creativi e portatori di nuove energie.
Lilith ci accompagna. È la luna nera, il momento brevissimo (luna nuova) in cui rimane in linea con il sole e scompare ai nostri occhi.
Lilith rappresenta un'opportunità. È il momento più idoneo per cambiare, per eliminare il vecchio e far posto al nuovo, rigenerarsi ed evolvere.
Forse è per questo che spaventa un po'.
Poi arriva la fase crescente: si possono mettere le basi per nuovi progetti, investire energie ed essere dinamici.
La luna piena, come vi ho detto rappresenta il culmine delle potenzialità e della realizzazione, ma porta con sé anche il necessario messaggio che qualcosa sta per invertire di rotta.
Ed ecco che subentra la fase calante: momento di rielaborazione e riflessione, sintesi e bilanci.
E via di nuovo si riparte, con nuovo slancio ma anche con la consapevolezza che se qualcosa è sfuggito lo si può riacchiappare, ancora un altro giro di giostra ci è permesso.
Ma la saggezza della luna alla fine ce la portiamo dentro, anche quando, mature e assennate, la natura ci priva della ciclicità che ci è appartenuta per decenni.
Momento difficile da accettare per alcune, per altre la fine di un incubo, per altre ancora semplicemente un nuovo inizio.
È vero, perdiamo la possibilità biologica di creare ma resta intatta e anzi, credo si potenzi, quella inconscia e immaginifica di ricrearsi, di donare senso alla realtà e alla propria natura argentea e recettiva.
Non smettete mai di dare possibilità al rinnovamento che vi appartiene.

Un invito per tutte: “se c'è qualcosa che non ti va... dillo alla luna... può darsi che porti fortuna...”
virginia

mercoledì 16 marzo 2011

Grazie a te, donna



Oggi girovagando per internet mi sono imbattuta in questa poesia dedicata a noi donne.
Ho pensato che spesso ci ringraziamo troppo poco per ciò che siamo, siamo state e potremo essere.
Ho pensato di regalarla a tutte le donne che guardano, leggono e vivono il nostro blog, tenendoci compagnia in questa nostra avventura meravigliosa.


Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia
e nel travaglio di un'esperienza unica,
che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce,
ti fa guida dei suoi primi passi,
sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino
a quello di un uomo,
in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.
Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi
nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità,
della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale,
economica, culturale, artistica, politica,
per l' indispensabile contributo che dai all' elaborazione di una cultura
capace di coniugare ragione e sentimento,
ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero»,
alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
(tratta da "Lettera di Giovanni Paolo II alle donne"  del 1995)

Grazie a tutte voi
erika

 

martedì 15 marzo 2011

Alla ricerca delle coccole perdute


Chiediti se soffri di questi stati d’animo: insoddisfazione, inadeguatezza, depressione, ossessività, lamenti, pretese, accuse, paure, ansia. Se ne soffri, sei un nevrotico 'bambino'. Non spararti subito. Aspetta. Il tuo caso può essere tragico ma non disperato. Scrivimi. Vediamo che cosa si può fare”.

In questo modo Giulio Cesare Giacobbe presenta il suo libro (
Alla Ricerca delle Coccole Perdute. Una psicologia rivoluzionaria per il single e per la coppia”. Milano, Ponte alle Grazie - 2004) sul retro di copertina, con lo stile ironico e acuto che lo caratterizza, riuscendo a trasmettere contenuti importanti in maniera leggera e anche un po' provocatoria, per porre il lettore a interrogarsi e riflettere.

Egli stesso ammette che questo testo oltre ad essere un trattato scientifico, basato su una pratica clinica di oltre dieci anni, vuole essere un manuale divulgativo di psicologia evolutiva, quindi rivolto a tutti ( “
è più vantaggioso per l’umanità che un libro venga letto da mille persone comuni che da due specialisti”
).

Tutti noi abbiamo molte personalità che vengono attivate in base alle diverse situazioni ambientali: in questo senso, la personalità è una autoimmagine che dirige il nostro comportamento per porre in essere efficienti risposte adattive all’ambiente.

Vi sono però tre personalità “naturali” comuni a tutti, ovvero quella del BAMBINO, dell’ADULTO e del GENITORE, le quali dovrebbero succedersi spontaneamente nel corso dello sviluppo psichico e biologico normale. Osservando gli animali si nota una evoluzione naturale dallo stato di cucciolo a quello di adulto ed infine di genitore, ma una volta che i comportamenti relativi a tali stati sono raggiunti, sono intercambiabili a seconda della situazione ambientale: se un adulto si trova in situazione di gioco ripropone modelli di comportamento propri del cucciolo, o in situazione di pericolo, diventa capace di protezione (genitore) verso i soggetti più deboli.

Nell’essere umano le tre personalità naturali non hanno una evoluzione spontanea, ma vengono influenzate dall’affettività, introdotta nello psichismo umano grazie allo sviluppo della neocorteccia cerebrale. Questo fa sì che oltre ai comportamenti e alle modalità di relazione sociale subentri una terza variabile che è il rapporto alle coccole:
il bambino ha sempre bisogno che qualcuno gli faccia le coccole l’adulto si fa le coccole da solo e non ha bisogno di nessuno il genitore è l’unico capace di fare le coccole agli altri
Il bambino è come un vaso vuoto del liquido dell’amore che deve essere riempito almeno quanto basta ad amare se stesso, ovvero a diventare adulto. L’adulto infatti è un vaso riempito per buona parte del liquido dell’amore. Ma se noi ci amiamo non possiamo fare a meno di amare gli altri e allora diventiamo genitori: il genitore è un vaso traboccante di amore, ma non solo per i suoi figli; il vero genitore ha amore per tutti, nessuno escluso.

Ognuna delle tre personalità ha aspetti negativi e positivi. Il bambino, non essendo capace di dominare l’ambiente, vive come condizione fondamentale la paura e pretende una dedizione assoluta ed esclusiva (la gelosia è una malattia infantile). Allo stesso tempo però è capace di sottomettersi, di chiedere scusa e aiuto ed è capace di giocare.

L’adulto domina il suo territorio e la condizione fondamentale in cui vive è quella di libertà: egli non dipende da nessuno, non ha bisogno dell’approvazione degli altri e ha una stima illimitata di sé. Accetta la realtà così com’è e vi si adatta…non chiede mai, prende quello che vuole. L’adulto è capace di amicizia, come rapporto basato sul piacere e non sul bisogno, quindi alla pari. Nonostante questa descrizione di perfetta efficienza,
l’adulto, come lo squalo, ha dei grossi difetti, dal punto di vista della convivenza sociale: non è capace di sottomissione, non sa giocare e non vi aiuta nemmeno se state affondando nelle sabbie mobili, a meno che non abbia un tornaconto personale.
Il genitore è capace di dedicarsi agli altri, perché non ne ha più paura: egli ama, nel senso che accetta, ha stima e prova compassione per tutti, e questo amore è per lui fonte di piacere, lo fa sentire forte, superiore.

Apparentemente il genitore non ha aspetti negativi, se non fosse che il vero genitore è colui che è genitore a tutti e non solo ai propri figli e purtroppo i genitori di siffatta natura sono pochissimi (
basta andare a una partita di calcetto dove i “genitori” tifano solo per i loro figli
)

Mentre la personalità bambina si struttura spontaneamente alla nascita, quella adulta e quella di genitore hanno bisogno di passaggi obbligati: l’affetto di una figura di riferimento, un modello comportamentale di riferimento e il trovarsi nello stato esistenziale effettivo (la solitudine nel passaggio all’adulto e la dedizione e protezione nel passaggio a genitore). Il succedersi delle personalità nel processo di crescita psicologica è consequenziale e unidirezionale: non si può essere genitori se prima non si è diventati adulti. La NEVROSI ha origine in questo: è la incapacità di attivare la personalità naturale adatta alla situazione ambientale. Questa incapacità può manifestarsi in due modi:
  1. mancata attivazione di una personalità specifica ( per semplice incapacità o perché non strutturata)
  2. coazione ad attivare sempre una personalità specifica (per automatizzazione o mancata strutturazione delle altre personalità superiori).
La nevrosi più diffusa è quella infantile che si manifesta come personalità infantile coatta, continuamente alla ricerca dell’attenzione, dell’aiuto, della protezione, dell’affetto, della dedizione, dell’amore degli altri. Il 'nevrotico bambino' ha la pretesa di essere amato sempre e in esclusiva:
codesti accattoni di affetto e di amore si attaccano al primo che gli dimostra un minimo di attenzione e disponibilità, se non addirittura pericolosissimamente di affetto, e lo eleggono arbitrariamente e unilateralmente loro papà o loro mamma, senza che l’altro gli abbia rilasciato alcuna autorizzazione allo sfruttamento o al possesso affettivo. “Innamoramento” è il nome che loro danno normalmente a codesta condizione patologica.
Ma essere innamorati non è amare: è bisogno di essere amati. Da questo argomento, Giacobbe fa derivare tre leggi psicologiche:
  1. nessuno può pretendere di essere amato
  2. nessuno può possedere nessuno
  3. nessuno può far soffrire nessuno (la sofferenza psichica è il risultato della lettura personale degli eventi e delle situazioni e non una conseguenza oggettiva degli stessi).
Il nevrotico-bambino prova così tanta sofferenza a causa della creazione di aspettative e rifiuti, proprio perché è incapace di dominare l’ambiente. Proprio come per il bambino vero, per il nevrotico la realtà è invasa da paure, che nel suo caso però sono per lo più immaginarie e gli impediscono di vivere tranquillamente il presente e il futuro: la nevrosi ansioso-depressiva è sostanzialmente una nevrosi infantile.

L’autore afferma però che c’è qualcosa peggio di tutto ciò ovvero il “bambino camuffato” da adulto o da genitore:
se non dà non è un genitore se non prende non è un adulto se non prende e non dà ma chiede è soltanto un bambino anche se ha i peli lunghi dieci centimetri.
La nevrosi adulta è terribile quasi come quella infantile: il nevrotico adulto è pressoché incapace di essere bambino o genitore quando la situazione lo richiede. Non sanno vivere la vita con leggerezza, non sanno giocare e farsi umili in situazioni che lo permettono, comunque in generale la nevrosi adulta è socialmente più accettabile: non elemosina amore, assistenza protezione, conforto e dedizione. Non rompe le palle a nessuno. Si fa i fatti suoi.
Ma sempre di nevrosi si tratta. Egli non sa giocare, non sa ridere, non sa scherzare, non sa chiedere scusa, non sa proteggere, non ha tenerezza, non sa essere affettuoso, non sa fare le coccole, non sa amare, non è umano. Fa schifo.
Il nevrotico genitore è un genitore sistematicamente punitivo o autoritario che è solamente interessato a se stesso, usando il suo ruolo superiore per alimentare il suo Io. Egli non dona per amore disinteressato ma solo per essere ringraziato, adulato, ossequiato e riconosciuto come autorità o come generoso donatore; si tratta di un genitore paternalista. Questo non significa che il genitore non debba mai correggere o punire i suoi figli, ma deve farlo sempre spiegando al bambino dove ha sbagliato e i motivi per cui non deve farlo più. La corretta educazione è quella che porta il bambino a diventare capace di affondare da solo tutte le difficoltà dell’ambiente, non quella che soddisfa i bisogni narcisistici, autoaffermativi, sadici, punitivi e repressivi del genitore.

Non è infatti l’autorità, che deve esercitare il genitore, la quale è sempre comunque una forma di violenza, ma l’autorevolezza, ossia il prestigio guadagnato con il proprio affetto disinteressato, con la propria esperienza, la propria saggezza e, soprattutto, il proprio esempio.

Le coppie nevrotiche sono quelle formate da personaggi nevrotici dei tipi sopra elencati, e sono sempre coppie sbagliate, qualunque sia l’assortimento che le crea.

Esiste un solo tipo di coppia sana, quella di bambino-adulto-genitore con bambino-adulto-genitore, ovvero quando tutte le personalità si sono formate spontaneamente e nell’ordine psicologico naturale: due persone che sanno essere, uno per l’altra, ora bambini, ora adulti, ora genitori.
Una coppia così può durare un’eternità. È fatta di due pali piantati saldamente nel terreno, ognuno dei quali può stare su per conto suo, senza l’aiuto dell’altro. Ma insieme fanno una palizzata che resiste a ogni attacco, ad ogni vento, ad ogni invasione. Una palizzata che non crollerà mai.

virginia