lunedì 29 aprile 2013

Errare humanum est...


 
 
Ogni volta che qualcuno prende in mano la propria vita con coraggio, per provare a spezzare catene che imprigionano, abitudini nocive che limitano o affrontare temi da cui si è sempre – consciamente o inconsciamente – fuggito, quello è un giorno speciale.

Questo però non vuol dire che tutta l'energia con cui si inizia questo cammino, riesca immediatamente a trovare soluzioni, alternative o direzioni più costruttive, anche se le aspettative sono quelle.

Il cambiamento necessita di tempo e di spazio, che si, è vero che dopo Einstein, lo spazio-tempo è un concetto relativo, che dipende da chi osserva, ma è vero anche che per l'inconscio non esiste tempo né spazio e tutto coesiste.

Data questa aporia, mi viene da dire che qualsiasi percorso di crescita diventa così un atto creativo, che come tale sfugge alle regole della ragione: può succedere che ci vogliano mesi per riuscire a vedere qualcosa che è davanti agli occhi da sempre, oppure che all'improvviso, dopo un incontro, un sogno, una lettura, si effettui un balzo quantico, si giunga a comprendere in una visione di insieme, cambiando radicalmente prospettiva.

Può anche darsi che, nonostante questo, si ricada nella difficoltà precedente, come se nulla fosse mai avvenuto, oppure non si possa fare a meno di cadere, pur sapendo che non è quello che serve e che non aiuterà.

Anche questo fa parte del percorso.

Può darsi che nonostante gli occhi – finalmente – aperti, si preferisca incedere e scivolare sulla buccia di banana, perché ormai si conoscono le conseguenze che in qualche modo rassicurano, specialmente le parti limitanti che non vogliono cambiare.

Se si sbaglia, ci si lamenta, si chiede aiuto o si fa tutto da soli... stiamo eseguendo dei copioni sempre uguali a se stessi, ma fissi, e perciò, in qualche modo contenitivi e “sicuri”.

È molto difficile sostituirli con copioni che invece aprono a nuove possibilità.

Col possibile arriva lo sconosciuto, l'incerto e il nuovo.

Siamo sicuri di essere subito pronti e disponibili a modificarci in noi stessi e nelle relazioni?

Osservandoci, è possibile notare che c'è una forza misteriosa che attrae e porta inevitabilmente al confronto con quello che ci disturba, atteggiamenti, situazioni o persone.

È tipico di quando si vuole necessariamente dimostrare, far capire all'altro o spiegare a tutti i costi il nostro punto di vista, accompagnato da pensieri del tipo “deve capire che mi ha ferito... deve vedere dove ha sbagliato... deve chiedermi scusa...”.

In questi termini siamo sempre nel copione.

Per cambiarlo occorre riconoscere la propria responsabilità e la tendenza a sabotarsi.

Poi occorre mettere in atto nuovi personaggi (interiori) che dicano cose diverse, pensino e sentano cose diverse, e, infine, compiano azioni diverse.

Scoprire e nutrire nuove parti di sé che non abbiano bisogno di recriminare, che scelgano in autonomia e non per reazione, perché finalmente sono libere.


Questa riflessione nasce da un testo che mi ha inviato un'amica, il quale, a mio avviso, con una disarmante semplicità, come a volte solo le metafore sanno fare, descrive le tappe necessarie per la trasformazione.


        Autobiografia
in cinque corti capitoli
di Portia Nelson


Capitolo primo
 
Cammino lungo una strada,

c’è una buca profonda nel marciapiede.

Ci casco dentro

Sono perduto,

non posso farci nulla,

non è colpa mia.

Ci metto una vita per uscirne.

Capitolo secondo
 
Cammino lungo la stessa strada,

c’è una buca profonda nel marciapiede.

Faccio finta che non ci sia.

Ci casco dentro.

Non posso credere di essere ancora nello stesso posto,

non è colpa mia.

Mi ci vuole un sacco di tempo per uscirne.

Capitolo terzo

Cammino lungo la stessa strada.

C’è una buca profonda nel marciapiede.

La vedo benissimo.

Ci casco dentro di nuovo.

E’ un’abitudine,

ma i miei occhi sono aperti:

so dove sono

E’ colpa mia.

Ne esco immediatamente.

Capitolo quarto
 
Cammino lungo la stessa strada.

C’è una buca profonda nel marciapiede.

Ci cammino intorno.

 
Capitolo quinto
 
               Me ne vado per un’altra strada.
 
 
E' auspicabile evitare di "arredarla" quella buca, e viverci il resto dei giorni.
Che ne dite, come obiettivo per i prossimi giorni, di provare a sperimentare almeno un'altra strada?
 
Buona settimana,
virginia

lunedì 22 aprile 2013

La metafora della finestra


Salisburgo

 
Ogni tanto mi diverto a vedere le parole chiave che portano le persone sul nostro blog...

inutile dire che la parola più inflazionata da sempre è “amore”, ma forse stupirà qualcuno – come ha stupito me – sapere che al quarto posto, dopo “felicità” e “donne in contatto” c'è la parola “finestra”.

Così mi sono chiesta il perché e ho lasciato correre le associazioni...prima ancora di darmi risposte.

Vi ho già parlato qui della mia passione per le finestre e i panni stesi, perché a vederle da fuori schiudono un mondo interiore, sono metafora del passaggio dal fuori al dentro.
Ma anche dal dentro al fuori.
 

Sono l'elemento architettonico che permette di osservare cosa c'è fuori pur restando dentro, diversamente dalle porte che rendono più vulnerabile l'accesso.


Quando si è sulla porta si può restare per poco tempo sulla soglia, in quella situazione precaria che non è dentro né ancora fuori. Ed esige un passo, in avanti o indietro.


Con la finestra invece è possibile sostare.


Affacciarsi su uno scorcio di mondo e semplicemente osservare: lasciandosi vedere o nascondendosi alla vista altrui dietro una tenda, scegliendo di aprire i vetri e lasciare entrare i profumi, le luci, i colori e i suoni del mondo fuori oppure chiudendoli e con loro le imposte, impenetrabili filtri per restare isolati.


La metafora della finestra è significativa e ricca di sfumature.


Su quale paesaggio dovrebbe aprirsi la tua finestra preferita? Come vorresti che fosse? Cosa ti immagini di trovare là fuori?


Di quali mondi ha bisogno la tua finestra per riuscire ad appagare il tuo animo? Te li concedi?


Ho deciso oggi di pubblicare una selezione delle foto che ho fatto in giro, anche se ci tengo a ricordare che l'apertura è un atteggiamento interiore, un viaggio metaforico nelle terre degli animi altrui, con rispetto e voglia di conoscere, più che possibilità materiale di esplorare confini geografici... come vedrete nelle didascalie, se si ha occhi per guardare, si possono scovare tesori anche molto vicino a casa...
 

 
Vicenza

Vicenza

Treviso

Madrid
 
Madrid

Madrid

Salisburgo
 
 
Vienna

Vienna

Firenze

Parigi
 
Karpathos

Karpathos

New York

New York
 
New York
 
 
New York
 
 
Venezia

Venezia
 
 
Corsica

 
Berlino
 
Berlino
 
 


Infine, scelgo questa immagine come stimolo per un racconto al femminile...

Graz (Austria)


Molti si fermano ad ammirare questa mia curiosa pianta, che ha deciso di incastonarsi perfettamente nel riquadro della finestra, che la delimita come fosse la cornice di un'opera d'arte. Io sto spesso qui dietro queste eteree tende di pizzo, che ho deciso di montare per impreziosire ancora di più lo sfondo, e li guardo passare, parlare, ridere.

Le lavo spesso, con il detersivo che sbianca, per far risaltare il verde delle foglie.

A volte penso che questo geranio è ben strano: sembra che segua i fili di una rete immaginaria, si spinge verso l'alto ma senza invadere lo spazio dentro, né buttarsi nello spazio fuori, nessun ramo a penzoloni, che si goda l'assenza di gravità, come fanno di solito queste piante.

Chissà se invidia un po' i cugini sulle terrazze assolate, allegri portatori di bellezza colorata... lui non ha alcun fiore.

Li aveva quando l'ho portato a casa, ma col tempo sono caduti e poi ha cominciato a produrre solo foglie: ventagli sempre più grandi, sempre più pretenziosi di spazio proprio.

L'altro giorno ho pensato che forse senza saperlo sta seguendo i miei desideri.

Ripararmi dalla possibilità di esser vista e allo stesso tempo ostentatamente dimostrare che esisto.

Io che vivo ormai qui dentro, fra queste quattro mura, con mio marito, ma sempre più sola; con la necessità di esser vista da qualcuno, col sogno di essere incorniciata dalle attenzioni di uno sguardo amorevole.

Vorrei tanto indossare ancora quel vestito bianco col pizzo di quando ero ragazza, quello delle occasioni di festa: forse è per questo che curo così questa tendina di organza. Mi concedo ancora la dimensione della speranza.

Sono sfiorita anche io, divisa fra le faccende domestiche, il fare la spesa, andare a messa la domenica, due parole con la vicina di casa, facendo finta che tutto vada bene.

Lui torna la sera e l'unico sguardo che mi rivolge è quello per chiedermi se è pronto, a volte neppure quello, dipende da cosa trasmettono alla tv.

Una volta lo amavo. E lui amava me. O forse l'ho sempre voluto credere io. Sono stanca di rubare attimi di vite altrui con sguardi furtivi da dietro la tenda, osservare lasciva le coppie che passeggiano mano nella mano, ritrarmi ferita come se mi avessero schiaffeggiata, tanto è il dolore nel respirare l'amore altrui.

Domani esco e vado a comprare un fertilizzante. Voglio che la mia pianta fiorisca di nuovo.

E anche un sostegno di quelli pensili, agganciati al davanzale, con un nuovo vaso pieno di terra fertile, per permetterle di osare e buttarsi nel mondo.

Se ce la fa lei, lo posso fare anche io. 
 
 
Buona settimana
 
virginia
 
 
 

martedì 16 aprile 2013

i preliminari necessari per qualsiasi rapporto


Escher - vincolo di unione (1956)
 
Se leggendo il titolo vi siete immaginate luci soffuse, scenari languidi e sensuali siete sulla strada sbagliata ;-) : sto parlando di qualcosa di più fondante e meno provvisorio, si tratta della stima di sé e della stima dell'altro.
Questo week end mi stavo preparando per un incontro di condivisione al femminile il cui argomento questo mese era “la comunicazione nella coppia” e rileggendo un vecchio libro (di quelli preziosi, scovati nei mercatini che ormai sapete piacermi tanto) ho trovato delle citazioni tratte da Virginia Satir, la terapeuta americana famosa per le sue terapie con la coppia e la famiglia.

Questa donna fantastica, che ha aperto la strada negli Stati Uniti a un nuovo modo di stare insieme – lasciandosi contagiare dalla psicologia umanistica e la ricerca di significato della vita, che va oltre la mera trasformazione della relazioni disfunzionali – ha creato delle dichiarazioni di stima, condensati di saggezza e riflessioni, da leggere tutti d'un fiato e poi riprendere per sorseggiare riga per riga, associando i propri interrogativi, le proprie affermazioni fino ad ottenere le risposte che ristorano gli animi assetati di benessere e pace nelle relazioni.  Di qualsiasi tipo e tempo esse siano.

Perché è questo il messaggio di Virginia: queste dichiarazioni sono dei veri e propri “progetti”, ma anche mappe che possono aiutare durante il percorso insieme, dal primo giorno, passando per le burrasche e le crisi fino a tempi in cui è necessario il cambiamento approdando a equilibri diversi e necessari.

Come afferma l'autrice del libro da cui sono tratte “non sono specifiche della coppia felice. Sono trampolino che ci lancia in avanti per tutta la nostra vita in tutti i settori” (Sylvie Tenenbaum “Un uomo, una donna. Come gestire la vita a due” Ed. Sei 1993).

Riguardano il “noi” ma anche e soprattutto l'io e il tu che lo fondano.
La mia dichiarazione di stima per me.
Io sono io. In tutto il mondo non c'è una persona esattamente uguale a me. Alcuni posseggono elementi simili ai miei, ma nessuno li organizza nello stesso mio modo. Di conseguenza tutto ciò che proviene da me è autenticamente mio, perché io solo l'ho scelto.
Riconosco come mia l'intera mia persona: il mio corpo, compreso tutto ciò che fa; la mia mente, compresi tutti i suoi pensieri e tutte le sue idee; i miei occhi, comprese le immagini di tutto ciò che vedono; i miei sentimenti, qualunque sia la loro natura – collera, frustrazione, delusione, eccitazione, gioia, amore, ecc..; la mia bocca, e tutte le parole che ne escono – gentili, volgari o cortesi, indecenti o educate; la mia voce, dolce o sbraitante; e tutte le mie azioni riguardanti gli altri o me stesso. Riconosco mie le mie paure e le mie speranze, le mie illusioni, i miei sogni. Riconosco miei tutti i miei insuccessi e gli errori, le mie vittorie e le mie conquiste. Riconoscendo come mio tutto ciò che è mio, posso allora conoscermi più intimamente. Così facendo posso amarmi ed essere in buoni rapporti con ogni parte di me stesso. Posso allora far sì che tutto me stesso lavori per il meglio dei miei interessi. So che in me vi sono aspetti che mi interessano e altri che ignoro. Ma riservando da molto tempo sentimenti amichevoli e affettuosi verso me stesso, posso cercare, con coraggio e speranza, soluzioni ai miei problemi e modi per saperne di più su di me. Poco importa l'aspetto che ho, ciò che dico e ciò che faccio, ciò che penso e provo in un determinato momento: tutto ciò sono io, autentico, e rappresenta dove sono in quel preciso momento. Quando più tardi rivedo qual era il mio aspetto, ciò che dicevo o facevo, ciò che pensavo e provavo, può capitare che alcune mie parti mi appaiano non adatte. Posso scartare ciò che non va, conservare ciò che si è rivelato adeguato, e inventare qualcosa di nuovo per sostituire ciò che ho eliminato. Posso vedere, capire, sentire, parlare e agire. Ho strumenti che mi permettono di vivere bene, di essere vicino agli altri, di essere utile, di dare un significato e un ordine al mondo di persone e di cose esterne a me.

Mi riconosco come mio e posso costruirmi da solo. Sono me stesso e posso apprezzarmi come sono.
(V. Satir, in Tenenbaum, 1993 – pag.110-111)

La mia dichiarazione di stima per te.
È perché sei te stesso, diverso da tutti gli altri e da me, che un bel giorno ti ho scelto. Hai dei punti in comune con me, ma resti unico, e io amo le tue differenze (a me basta uno specchio): mi interessano.

Certe mi meravigliano, altre mi lasciano perplessa, altre ancora mi affascinano. È perché sei te stesso – il tuo corpo, i tuoi pensieri (che io rispetto scrupolosamente), i tuoi progetti (che possono attirarmi o sorprendermi) le tue sensazioni (anche se non le condivido in tutto), ciò che dici di te (con pudore e precisione, perché osi parlare di te senza ostentazione), le tue azioni (anche se trovo che a volte potresti fare in un altro modo, anche se hai molte attività indipendenti da me), le tue creazioni (sei capace di reinventare ogni giorno il quotidiano), i tuoi sogni, le tue realizzazioni (anche se non ne faccio parte) – che io ti scelgo ogni giorno.

È perché sei te stesso – le tue scoperte, le tue conoscenze, le tue lacune; il tuo passato, le tue esperienze, i tuoi desideri riguardo la vita; gli elementi che contribuiscono a farti così come sei; il tuo modo di vivere la vita, la tua curiosità, i tuoi rifiuti, le tue sfumature, le tue attese – che io ti scelgo ogni giorno. È perché sei te stesso, che nessuno avrebbe potuto immaginarti: non sei né un prototipo, né un'immagine, né un mito. È perché sei semplicemente te stesso e tutto te stesso che io scelgo te, ogni giorno, con gioia e con stima.
(V. Satir, in Tenenbaum, 1993 – pag.113)

 
Lasciatevi inondare da queste parole, stampatele e tenetele con voi, possono schiudervi nuovi orizzonti di consapevolezza e bellezza.

Allo stesso tempo però, ricordate che queste affermazioni necessitano reciprocità per donare i loro frutti, non possono essere a senso unico. Entrambi i partner possono farle proprie, per una crescita che sia di coppia.
In caso contrario, l'affermazione più idonea è invece quella di Fritz Perls, nella famosa preghiera della Gestalt:

"Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.

Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare."


Buona settimana

virginia

lunedì 8 aprile 2013

L'amore è una cosa semplice



 
Un sabato pomeriggio a casa, divisa fra il riposo e le faccende domestiche.

Stavo stirando e c'era la tv accesa, con le repliche delle Invasioni Barbariche.

Daria Bignardi intervista Tiziano Ferro (lo trovi qui), parlando d'amore (e tra le righe, di outing) e del suo “ex-ragazzo” del quale sembra ancora molto innamorato. Tiziano dice che adesso non vuole più nascondersi, che vuole vivere in Italia e che finalmente è libero di essere se stesso, potendo scherzare su doppi sensi che fanno palesemente pensare al suo orientamento sessuale.
 
Poco dopo ammette che è stato molto male per la maggior parte dei suoi trentatré anni, perché ha avuto sempre un conflitto enorme fra quello che provava e quello che si imponeva nella realtà quotidiana.

Mi sono scoperto come mi volevo scoprire, persona monogama, e per me è quello che mi preme spiegare alle persone che non sanno cosa vuol dire questa strana e contorta parola che spesso ci spiegano come scelta sessuale e in realtà è una dimensione sentimentale. L'omosessualità è sempre amore. Amore vero.

È molto triste che le persone si debbano nascondere o scappare per poter amare, che si debba avere paura di non essere più accettati, dai genitori, dagli amici o dalla società, perché non si corrisponde all'immagine che loro si erano fatti o non ci si uniforma agli stereotipi più diffusi. Fortunati coloro che possono accorgersi a posteriori – come dice Daria dando adito a doppi sensi dove Tiziano ride – di essersi sbagliati e aver sofferto eccessivamente, perché significa che hanno avuto di fronte persone intelligenti che una volta saputo, hanno accolto la persona, indipendentemente dalla scelta sessuale.

Per contro però ci sono tanti che lottano una vita contro quella parte di sé che loro stessi ghettizzano e condannano, non riuscendo mai a poter essere liberi di essere se stessi, senza poter amare chi vogliono alla luce del sole.

L'amore è l'esperienza umana più bella e intensa, comunque essa avvenga. Ogni esperienza d'amore è l'essenza della gioia e non dovrebbe subire limitazioni imposte da convenzioni o pregiudizi.

Si tratta dell'incontrarsi di due anime, come ben descritto nel romanzo “Parlami d'amore” (C. Vangelista, S. Muccino – 2006)

[…] torno al mio posto numerato, accanto alla signora anziana che ha cercato di attaccare discorso appena siamo partiti e che ora mi saluta felice come se fossi una figlia prodiga che torna da lei. […] Mi volto verso il finestrino e chiudo gli occhi per scoraggiare qualunque tentativo di conversazione. […] Improvvisamente l'idea della conversazione con la mia vicina di viaggio non mi sembra così sgradevole. Apro gli occhi, mi giro verso di lei. “stava facendo un brutto sogno vero?” mi dice lei sorridendo. Ha gli occhi nocciola circondati da rughe grinzose. Le rughe di una persona che ha sorriso molto.

stavo prevedendo il futuro” “oh, che brutta abitudine” ride lei scuotendo la testa. “quando avrà la mia età si renderà conto che è fatica sprecata. Nasciamo senza sapere quando e perché, moriamo senza sapere quando e perché e nonostante questo ci sforziamo tutta la vita di controllare gli eventi. Addirittura di prevederli” fa una risata bonariamente divertita.

va a trovare i suoi nipoti?”

No, vado a sposarmi” mi guarda maliziosa ma i suoi occhi sono allegri e senza la minima ombra di sfida.

che meraviglia” commento io ammirata.

che pazzia, dicono tutti i miei figli e nipoti. Ho settantasette anni fra tre giorni. Gualtiero ne ha ottanta. Ci conosciamo da tre mesi. Vedovo lui, divorziata io” ride ancora “sono stata una delle prime” dichiara soddisfatta “mio marito era un cretino”

Rovista nella borsa. […] tira fuori una fotografia e me la porge. So già che non ritrae uno dei suoi nipoti. “ecco il mio ragazzo” dice con voce morbida e i suoi occhi nocciola si fanno immediatamente seri e teneri. […]

è un bellissimo uomo” commento con voce sincera restituendole la fotografia.

è il mio uomo” dice lei con semplicità, stabilendo un fait accompli. “Lo è sempre stato. Mi rendo conto che la vita mi ha fatto un regalo meraviglioso. Anche se me lo ha fatto aspettare per un secolo” sorride riponendo con amore la foto nella borsa. “Ma non ha molta importanza, vero? L'importante è che i regali arrivino. Anche se il più delle volte accade quando meno ce lo aspettiamo. Quando ho conosciuto Gualtiero ho pensato che finalmente ero tornata a casa. Anche se fino a quel momento non avevo mai saputo dove fosse la mia casa. Accade così, sa? Nella tua vita arriva una persona e tu senti che è l'altra parte di te, quella che ti mancava. Potrebbe essere giovane, vecchio, potrebbe essere una persona del tuo stesso sesso o di cinquanta colori diversi. È la tua casa. E tu improvvisamente ti senti completa. Intera.” ride a bassa voce, come per alleggerire la serietà delle sue parole. “Per fortuna hanno messo l'anima di Gualtiero nel corpo di un uomo. Ma se quell'anima fosse stata racchiusa in un gabbiano, o in un orso, o in una donna, me ne sarei innamorata lo stesso.” (pagg. 278-281)

Per finire, prendo a prestito uno stralcio di una stupenda poesia di Rainer Maria Rilke:

[...] Questo progresso trasformerà l'esperienza dell'amore, che ora è piena d'errore, la muterà dal fondo, la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano, non più da maschio a femmina. E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all'amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.

Dedico questo post a tutti coloro che vogliono semplicemente essere se stessi, amare ed essere amati, senza limiti o confini.

Buona settimana
virginia

mercoledì 3 aprile 2013

Uscire da una crisi




 
Care amiche, oggi parliamo di un tema molto dibattutto. La crisi.

Ci sono situazioni difficili che non rappresentano un problema perchè sono in grado di agire, mentre nella crisi non ho le mie potenzialitá, sono bloccato, non vedo le mie risorse

E allora posso cercare cosa mi blocca

Dalla mia ricerca personale e dagli insegnamenti di un grande terapeuta costellatore come Bertold Ulsammer , vi posso esplicitare quali siano i fattori bloccanti a titolo esemplificativo.

Sono quattro e precisamente:

1. La soluzione al problema è conosciuta, ma richiede un prezzo che al momento non desidero pagare.

Ad esempio , qual è il prezzo per quel fumatore se smette di fumare?
Il fumare ha dei vantaggi, ma se smetto di fumare li perdo.
I Vantaggi del fumatore sono ad esempio rilassamento, una pausa, un'auto gratificazione...
Se per esempio ho difficoltà a rilassarmi, con la sigaretta mi rilasso e come faccio se mi manca. Quindi non smetto di fumare perchè il prezzo è per me troppo alto.

2. I sentimenti che provocano la mia crisi provengono dalla mia infanzia e dal passato.

Le cause possono essere un trauma del passato o della mia infanzia. Non viviamo nel qui e nell 'ora ma viviamo una trance temporale . Perchè abbiamo questa trance? Da bambini eravamo aperti e sensibili e ci sono situazioni che per il sistema nervoso del bambino sono insostenibili e quindi si sviluppa una trance, ossia una protezione interiore così non si deve sentire il dolore. C è un panico antico adeguato ad un bambino di cinque anni ma non all' adulto. E allora ci possiamo chiedere "Quanti anni ho ora?Il semplice enunciare la risposta dà spazio all' adulto. L 'effetto guaritore sta nella situazione attuale .

E ora vi propongo un esercizio . Trovate un problema e chiedetevi quali sono le sensazioni corpore nel corpo? Se fossi un bambino quanti anni avresti? Dove si trova il bambino nel corpo o nella mente? Quali sono i sentimenti del bambino? Quando ti sei trasformato in questo bambino, come cambia l' immagine di te , come ti percepisci? Come percepisci il mondo e gli altri? Tu bambino interiore cosa ti rifiuti di sperimentare e vedere? Tu bambino interiore cosa rifiuti di sapere di te? Come ti sentì ora ? Come vivi il problema ?

Tanto più entriamo nello stato di adulto e usciamo da questa trance.

3. La lealtà a un membro della famiglia, che si verifica ogni qual volta io agisco inconsciamente per essere fedele al mio sistema di appartenenza. Ossia agisco per essere riconosciuto, visto, appartenere al sistema che mi dà sopravvivenza.
 
Come gestire queste parti irrisolte.? La comprensione che ci sono dinamiche che non ci appartengono , la connessione con loro , il rispetto e il lasciar andare ...

Con amore

evi

lunedì 1 aprile 2013

Letto per voi (e commentato): Cinquanta sfumature di rosso


 
Care amiche del blog, eccoci a raccontare e commentare l’ultimo volume della trilogia.

A dire il vero ho impiegato un po’ prima di mettermi a scrivere perché una parte di me è rimasta perplessa dal taglio che l’autrice ha voluto dare a quest’ultima parte.
Mi spiego meglio …..

In primo luogo mi sento di dover ricordare a tutte le lettrici che questo, altro non è che un romanzo, i cui protagonisti sono nati dalla creatività di colei che lo ha scritto e hanno assunto le sembianze che lei ha voluto dargli. Mi preme dire questo perché mi metto nei panni di chi si è trovato nella vita a vivere una relazione difficile – non solo per aspetti legati alla violenza ma in generale – e che ha portato avanti la relazione con la pretesa/speranza  di poter riuscire a cambiare l’altro grazie all’amore che li univa. Leggendo il romanzo sento il rischio che questo possa accendere e nutrire false speranze, alimentando il pensiero “se c’è riuscita lei perché non può accadere lo stesso anche a me”. In fin dei conti, non potevamo sperare in un finale migliore: i due amanti vanno a vivere nella casa dei loro sogni e diventano genitori di due bellissimi bambini

Potremo, tuttavia, provare a dare una chiave di lettura differente al romanzo mettendolo in relazione ai due volumi precedenti. La trilogia ha rappresentato una sorta di percorso di terapia personale per Christian. La presenza di Ana è per lui il motore che lo spinge ad entrare in contatto con quelle parti di sé che per lungo tempo ha tenuto lontane, ma che in qualche modo emergevano per ricordargli che lui era anche altro. Ecco, allora, che la presenza di Ana è fondamentale per il cambiamento di Christian; ma non dobbiamo dimenticare che la fatica l’ha fatta in primis lui stesso mettendosi in discussione, permettendo a qualcuno di entrare in una sfera affettiva e intima che era intoccabile e che lo ha reso più vulnerabile. Non è stata Ana a cambiare Christian, bensì la loro relazione che ha concesso a ciascuno dei due di crescere come persona.
In quest’ottica, il taglio che si è voluto dare rispecchia maggiormente il mio pensiero.
Credo nella possibilità di cambiamento, nella forza e dell’importanza delle persone che si stanno vicine, ma soprattutto credo nelle risorse che ciascuno ha per poter essere migliore di com’è.
L’importante è innescare il meccanismo che spinge verso il cambiamento. E questo lo possiamo trovare solo dentro di noi.

Concludo regalandovi una metafora – che a sua volta è stata regalata a me - che credo permetta di capire bene il senso di ciò che ho cercato di dire.
Andiamo oltre il romanzo.

Una relazione è fatta di due persone e uno da solo non può fare la fatica per entrambi.
 
E’ come se la relazione potesse essere paragonata ad un piccolo germoglio che ha bisogno di cure, di acqua, di luce, di amore, per poter crescere. E ciascuno dei due fa la gara a chi lo sa curare meglio. Ad un certo punto, però, uno dei due si trova a vivere un momento difficile (crisi personale, investimento sbagliato, perdita del lavoro, ….) e questo lo distoglie dal curare il germoglio.
L’altro, se ne rende conto e inizia a curarlo per tutti e due ma alla fine, rendendosi conto che il proprio compagno/a non si accorge della fatica che sta facendo abbandona il suo intento e il piccolo germoglio muore.
Auguro a tutte voi di coltivare assieme al vostro partner il piccolo germoglio che state custodendo, consapevoli che per rimanere bello e rigoglioso ha bisogno di un terreno fertile e di buona luce.

 
Erika