giovedì 31 luglio 2014

parole per l'anima #30

Gli specchi sono solo vetro
e tu sei più di questo.

Ne abbiamo parlato lunedì (qui) così come d'abitudine dedichiamo qualche minuto a lasciarsi toccare dalle parole e dalle immagini, oltre che dal riflesso cui siamo abituate, per vedere poi l'effetto che fa... 















Se sei ancora in cerca di quella persona che 
può cambiare la tua vita, 
guarda nello specchio. 

buon week end 
virginia

(fonte immagini Pinterest - qui il mio profilo) 

lunedì 28 luglio 2014

Cosa vedi nello specchio?



Quando una donna si guarda allo specchio
racconta sempre qualche verità a se stessa
(P. Almodovar)

Nelle ultime settimane la stampa ci ha dato alcune notizie su un certo cambiamento di tendenza dell'immaginario estetico: o forse sarebbe meglio dire, ci ha dato la ratifica ufficiale che la realtà dei corpi femminili è ben diversa da quella che si prospetta da decenni nella pubblicità e nella moda (vedi il nuovo calendario Pirelli)
Ma lavorando da anni con le donne, non mi sento di attribuire tutta la colpa ai falsi modelli imposti dai media.
Non è solo questione di magrezza e bellezza.
Ci sono donne magre e belle che si percepiscono brutte – e non parlo né di disturbi alimentari né di dismorfofobia – sono donne che incontro in giro, amiche, conoscenti, anche pazienti, sì, ma che vengono da me per tutt'altri problematiche.
Non si piacciono, non si sono mai piaciute, anche se hanno o hanno avuto compagni, mariti, fidanzati o pure solo estranei che le hanno amate, adulate, vezzeggiate.
Il proliferare in età sempre più precoce della chirurgia estetica, ci rende testimonianza del fenomeno che in alcune aree geografiche raggiunge picchi allarmanti.
Soprattutto perché si tratta solo di un primo passo.
Spesso diventa la sola modalità per riuscire a percepirsi.
Ad un certo punto non se ne ha mai abbastanza.
I motivi per cui ci si sente brutte e inadeguate non hanno a che fare con la mera estetica.
Si tratta di un insieme di fattori che includono le esperienze precoci con i genitori, quelle adolescenziali, la capacità critica (in eccesso o difetto), il senso di autoefficacia, la creatività, l'empatia... aspetti che vanno a creare la propria auto-immagine, ovvero quell'immagine che ognuno ha di se stesso, a prescindere dai dati oggettivi, che non è solo individuale ma relazionale, perché entra in gioco ogni volta che entriamo in contatto con gli altri.

Il lavoro sul concetto di autostima è complesso e ricco di sfumature, necessita di tempo e consapevolezza, ma oggi vi voglio semplicemente suggerire una applicazione del principio secondo cui le emozioni e le azioni seguono le immagini corrispondenti (ne abbiamo parlato qui).
Vi riporto una piccola meditazione che ho trovato qualche anno fa in un libretto carino e adatto a tutte:

Meditazione del mi-piaccio
(da fare la sera prima di dormire per un mesetto circa)

Respiro e sento l'aria che entra ed esce...
Rilasso il corpo immaginando di sprofondare nel letto... tutto il corpo è pesante e rilassato...
Poi mi immagino riflessa in uno specchio a figura intera, può essere quello che uso di solito oppure la cornice che sento perfetta per me.
Mi osservo scorrendo lo sguardo dall'alto al basso.
Mi concentro sui miei pregi e sulle qualità che posseggo.
Le elenco e lentamente le enumero osservandomi.
Inserisco tutto ciò che trovo gradevole, e se secondo me non c'è nulla di gradevole, provo a porre attenzione a ciò che gli altri rilevano di piacevole o bello in me.
Mi sento orgogliosa delle mie qualità.
Anche se la mente fa i capricci e magari si sofferma solo su qualche difetto, non mi perdo d'animo e cerco di ricordare che nonostante tutti i limiti che io possa notare, questo è il mio corpo e senza di lui non potrei muovermi, realizzare azioni e progetti, relazionarmi con le persone... non potrei vivere.
Almeno per questo lo amo.
Dedico qualche istante a ripetere mentalmente “io mi piaccio” anche se sento da qualche parte un'antipatica vocina che protesta.
Posso risponderle che nessuno è perfetto, che ho tutte le mie qualità (se voglio le enumero ancora, come rinforzo).
Io mi piaccio.

Liberamente tratto da
Meditazioni per donne sempre di corsa”
di Anna Talò (Corbaccio 2011)


Se vi va di continuare a sperimentare, provate anche questa visualizzazione di un po' di tempo fa... 

buona settimana
virginia 

giovedì 24 luglio 2014

parole per l'anima #29


L'unica cosa che devi 
assolutamente sapere è 
dove si trova la biblioteca. 

Momento di partenze, vacanze e tempi dilatati.
I libri sono i migliori compagni di viaggio, perché permettono di viaggiare anche all'interno delle loro pagine. 
Conoscendo i personaggi e seguendone le vite pagina dopo pagina, non si fa che sperimentare noi stessi nelle varie sfaccettature della nostra personalità e conoscere nuove parti delle quali magari ignoravamo l'esistenza. 
Non resta che aprirne uno e cominciare l'avventura. 





"Tsundoku" - l'atto di lasciare un libro non letto 
dopo averlo comprato, tipicamente impilato insieme ad 
altri libri non ancora letti






stai calma
e leggi un libro


una donna lettrice è una creatura pericolosa
(ne avevamo parlato anche qui)

buon week end
virginia 

(fonte immagini: Pinterest)

lunedì 21 luglio 2014

Le ferite delle adolescenti: cutting e autolesionismo



 “Meglio che l'anima soffra vedendo
il corpo squarciato e decomposto
piuttosto che non soffra per inesistenza”
(G. Ceronetti)

Si chiuse la porta alle spalle.
Un giro di chiave, nessuno ci avrebbe fatto caso: si chiudeva in bagno e ci stava per ore, finché qualcun altro non era spinto da un'urgenza improrogabile a fare uso di quella stanza che veniva affettuosamente chiamata da tutti “la tua seconda camera”.
Si rifugiava lì da qualche anno, da quando aveva cominciato a sentire quel pudore che la portava a nascondersi, tanto che a volte avrebbe voluto essere invisibile, in modo che nessuno sguardo si posasse su di lei. Questo sentimento pavido si scontrava però con quella voglia che a volte le nasceva dalle viscere e la portava a voler essere al centro del mondo, imporre la sua presenza, la sua volontà, il bisogno di essere vista, in ogni modo, forse per combattere l'impotenza di sentirsi inutile o di non sentirsi affatto.
Aprì l'anta bianco pallido dell'armadietto sospeso, smangiucchiato dal tempo in quell'angolo vicino al muro, che solo lei notava.
Nessuno vi metteva il naso, a meno che non cercasse qualche trucco per Halloween o carnevale.
La mamma aveva il suo beauty educato che troneggiava sulla mensola, i prodotti in fila indiana a seguire, puliti e lucidi come in un negozio di lusso.
Al papà bastava quel bicchiere di vetro con spazzolino e dentifricio e il rasoio elettrico in sosta qualche centimetro più in là, il cui filo veniva opportunamente arrotolato dalle mani di sua moglie ogni mattina.
Luca, suo fratello, era ancora nella fase in cui andava obbligato a lavarsi, per cui le sue tappe in bagno si limitavano a qualche minuto fisiologico oppure sotto il controllo vigile della mamma, giusto per sciacquarsi la faccia e pulire i denti mattina e sera.
Dietro l'anta pallida si schiudeva invece il suo piccolo mondo in technicolor.
Smalti in tutte le tonalità più accese, trousse con ombretti che avrebbero fatto inorridire anche la nonna, nonostante la sua fedeltà all'azzurro cielo nello sguardo e al rosso carminio sulle labbra. Creme per il corpo golose e succulente, da usare con cautela nelle gite in campagna perché attiravano gli insetti che la scambiavano per un fiore ambulante.
E poi c'era il suo segreto.
Dentro il piccolo beauty di cotone a quadretti lilla, la scatolina di un anello celava nel sottofondo di cartone l'oggetto proibito.
La lama che negli ultimi tempi le faceva compagnia nella solitudine fredda delle piastrelle rosa antico.
Sapeva che non doveva farlo. Sapeva che erano in tantissimi a disobbedire.
E questo la faceva stare bene: una vendetta consumata in massa.
Una ferita sottile accanto all'altra, solchi cadenzati che tagliavano l'epidermide, prima segni bianchi poi lentamente riempiti di rosso, che donavano un sollievo immediato, risanavano l'urgenza di esserci.
Toccare poi le cicatrici con i polpastrelli le provocava un brivido di terrore e piacere allo stesso tempo.
Si sentiva potente, ma anche terribilmente sconfitta.

Ho voluto cominciare con questa storia frutto della mia creatività, per provare a introdurre un disagio sempre più diffuso fra le adolescenti, ma non solo.
Le statistiche rivelano che si tratta comunque di un fenomeno marcatamente femminile.
La mia esperienza nel sostegno a ragazze e donne che si sono procurate lesioni conferma ciò che si trova in letteratura: si tratta di trasferire sul proprio corpo un dolore emotivo troppo grande da contenere sul piano psichico.
Il ferirsi diventa un modo per incanalare un'aggressività che non riesce a essere elaborata altrimenti. È una punizione e un sollievo nello stesso momento.
Il dolore fisico è un distrattore. Se ti concentri su quello per un po' non pensi ad altro. E infine diventa una dipendenza.

La protagonista della storia è una ragazza come tante. 
Questo comportamento non nasce solo in situazioni sbandate o ai margini.
Anche perché oggi il tam tam mediatico crea mode pure nell'espressione del dolore.
Ci sono piattaforme dove le ragazze tengono testimonianza di ogni segno sulla loro pelle, che fanno del cutting un mezzo per parlare di sé, con sé stesse e con gli altri.
Questo però in una logica adolescenziale dove l'emulazione la fa da padrona, diventa un modo per far dilagare un'epidemia.
Alcune iniziano per provare, proprio perché leggono le “soluzioni” altrui.
Gli stati d'animo sono vicini, caotici: rabbia, tristezza, confusione.
Quale adolescente non li ha mai provati?
Se però i pari – che sono i modelli preferiti a questa età – donano una “via d'uscita” che fra gli “effetti collaterali” dona anche visibilità sulla rete, il gioco è fatto.
Il conflitto si sposta proprio su questa ambivalenza fra visibilità e inesistenza, fra vergogna e ostentazione, fra bisogno di essere rassicurati e desiderio di autonomia.
Infondo il taglio non è che l'esasperazione all'ennesima potenza di un tatuaggio.
So che è un'affermazione azzardata. 
Ma un po' ci permette di avvicinarsi al loro mondo che all'apparenza sembra così incomprensibile.
Segnare il proprio corpo con un tatoo è comunque un atto di autoaffermazione.
Il bisogno di portare sulla propria pelle un'emozione, un ricordo, una persona.
Si soffre e poi si è fieri di mostrarlo al mondo.

Un po' è quello che succede anche a queste ragazze.
Manifestano vissuti e sentimenti che non riescono a dire altrimenti.
Vanno aiutate a dare voce, parole e significato a ciò che provano.
Trasformare l'agito in narrazione, in gesti produttivi di senso.
Perché quei segni non restino solo cicatrici indelebili di un dolore fine a se stesso.

Buona settimana
virginia 

giovedì 17 luglio 2014

Parole per l'anima #28



Il tuo migliore insegnante 
è il tuo ultimo errore.

Oggi la nostra rubrica è dedicata al tema delle scelte, approfondito nel libro di cui abbiamo parlato lunedi (qui
E siccome ho divorato quel delicato testo, ho deciso anche di "fare il pieno" di frasi stimolanti e condividerle con voi. 



Talvolta avrei voluto cominciare prima ma non mi soffermo troppo su questo. 
Non è troppo tardi. Devo solo andare avanti. 


Non sei mai troppo vecchio per stabilire un altro obiettivo
o sognare un nuovo sogno 


Mai scoraggiare chi fa continui progressi,
non importa quando lenti.



ogni giorno è un nuovo inizio,
fai un respiro profondo e inizia di nuovo


buon week end
virginia 

(fonte immagini: pinterest) 

lunedì 14 luglio 2014

Le scelte che non hai fatto



Perché si diventa anche quello che si sceglie di diventare.
Essere donna compreso.”

Sarà che l'estate ha tempi dilatati che invogliano la lettura.
Sarà che appena ne ho letto la recensione ho desiderato averlo subito.
Ed è così che lo scorso week end l'ho divorato.
Ma sicuramente lo leggerò ancora molte volte, perché si tratta di quei libri che non puoi fare a meno di tornarci sopra, perché una volta sollevato lo sguardo dalle pagine, ti trovi a posarlo dentro di te, ponendoti gli stessi interrogativi, riflettendo sui temi narrati ma anche su quelli che traspaiono dalle pagine, che emergono dagli spazi vuoti, nelle sospensioni fra un capitolo e l'altro.
Maria Perosino è morta il giorno prima che il libro uscisse in libreria.
Anche questo ho percepito fra le righe, forse perché ho passato alcuni anni in un reparto ospedaliero che evoca dolore ma anche profondità, dove ho potuto sostenere, aiutare a ricostruire e dare un senso alle vite umane prima della dipartita finale.

Forse siamo un po' anche le storie delle persone che abbiamo incontrato, quelle storie cui abbiamo imparato a voler bene come fossero la nostra, ma che nostre non sono. (pag. 188)

Grazie alle vite di altre donne, amiche vecchie e nuove, vicine o lontane, Maria ripercorre la propria, con le scelte, i bivi, i ricordi, le aspettative...ma soprattutto cercando di donare significato alle strade non percorse, quello che lei definisce “il 49% di noi che ad un certo punto smette di crescere ma non di abitarci accanto”.

Nella vita reale (…) quelle cose cui abbiamo scelto di non dare corso continuano a vivere accanto a noi. Camminano su strade parallele alla nostra, appena qualche metro più indietro. Su altre gambe. (pag.12)

A prima vista questo sembrerebbe una continua occasione per rimpiangere il passato, annegando nella nostalgia, mentre invece il percorso di Maria consiste nella riappropriazione di tutti i passi effettuati, sottolineando la peculiarità di ciascuno, quel modo unico di vivere un'esperienza, con la consapevolezza di aver fatto anche degli errori, che fanno parte del viaggio.

Lo so che rispetto a quella di Lisa la mia vita è molto più storta, ma storta significa solo non diritta, non significa sbagliata o brutta. (pag. 103)

Proprio dal confronto con le altre donne ha scoperto che “ognuna ha la propria vita, come fosse un documento di identità” ma che tutte si pongono domande, fanno bilanci, sognano altre strade possibili...
Fra tutte le pagine (che non voglio troppo anticiparvi), ce n'è una – sui “se avessi” - che vale un pensiero particolare, di riscatto per l'oggi:

mai che queste vite non vissute non vadano bene, anzi benissimo. […] Nel futuro di questi “se” non manca mai il lieto fine: se non avessi detto di no a quel ragazzo ora avrei una famiglia felice, sarei un avvocato di grido e via discorrendo. Nessun disoccupato esce dalle facoltà non frequentate, nessun divorzio nelle famiglie mai nate. L'unica vera rivincita che si prende questa vita non vissuta e continuamente rimpianta è togliere ogni luce alla vita che si vive davvero.(pag.134)

Mi piace pensare che il messaggio affidato a queste pagine sia pieno di speranza e di possibilità, perché Maria ci lascia con questo auspicio:

Fuori c'è il presente, un mondo da esplorare, e magari ancora un paio di vite da vivere.

Ogni giorno rappresenta sempre una nuova scelta. 
buona settimana
virginia


giovedì 10 luglio 2014

parole per l'anima #27


Come dici l'amore?
Non lo dici, lo provi. 

Sulla scia del post di lunedi (lo trovi qui) parliamo ancora d'amore. 
Ma come dice saggiamente Winny Pooh, l'amore lo proviamo più che dirlo. 
E' ciò che si sente dentro che fa la differenza. 
Inoltre ho trovato uno stupendo concetto della lingua giapponese, inesistente nella nostra lingua, che esprime quel misto di attesa e stupore che ci coglie quando non possiamo fare altro che abbandonarsi a questo affascinante sentimento. 
Cosa aggiungere di più?
Le immagini, ovviamente!






Koi no yokan "premonizione d'amore": la sensazione che si può avere 
sul primo incontro con una persona, sul fatto che entrambi 
ci si sta per innamorare. Questo si differenzia dall'idea dell' "amore 
a prima vista", perché in questo caso non implica 
che il sentimento d'amore possa esistere, piuttosto 
si riferisce al sapere che un futuro amore è inevitabile.







quando siamo giovani 
si vuole fare tutto insieme.

quando siamo più grandi 
si vuole andare dovunque insieme.

quando sei stato dappertutto e hai fatto qualsiasi cosa
tutto ciò che conta veramente è che si è insieme.


Buon week end 
virginia 

(fonte immagini: pinterest) 

lunedì 7 luglio 2014

Che cos'è l'amor...



Chi mi segue da un po' sa che in pausa pranzo – per svagarmi un po' – mi dedico a letture di riviste che contribuiscono sì a farmi staccare la spina, ma spesso stimolano anche la scrittura di qualche post. Lo spunto può nascere da un articolo di attualità, dalla recensione di un libro che mi incuriosisce, o anche, come accaduto per il post di oggi dalla lettura di una frase citata da qualche editorialista.
Una delle rubriche che amo leggere su Io Donna, è “La parola della settimana” di Aldo Grasso.
Si tratta di poche righe, sovrastate da un'immagine artistica della parola in questione, rappresentata creativamente in modo materico attraverso frammenti di oggetti, di carta, o anche in un gioco di luci e ombre che affascina.
Dal canto suo Grasso riesce a snocciolare l'essenza del concetto, rifacendosi alle etimologie, passando per il senso comune e donando citazioni d'autore accuratamente selezionate per favorire il processo riflessivo o la sospensione stuporosa.
Questa volta, la parola era “Amore” (trovi qui l'articolo completo).
La frase meditabonda che non ho potuto fare a meno di appuntare sul mio cahier des mots è

«Amare è il privilegio di accorgersi di una perfezione 
invisibile agli occhi degli altri» 
(Nicolás Gómez Dávila).

Ha proprio ragione Davila: amare è un privilegio.
Non è un sentire comune e diffuso come crediamo.
Non significa avere qualcuno su cui riversare la nostra potenzialità di devozione.
Nemmeno vuol dire avere finalmente qualcuno che ci dà ciò che nessun altro ci ha dato fino a oggi.
Amare profondamente è concedersi la possibilità di voler vedere l'altro nella sua essenza, e in quell'incontro intimo perdersi, per ritrovarsi più interi e completi.
Perfezione non significa che l'altro non ha difetti, lati oscuri o aspetti negativi.
Significa che tutto questo insieme di cose che di primo acchito, dopo l'idillio iniziale, può provocare rifiuto, in realtà nasconde una ricchezza.
Si tratta di volercisi tuffare e decidere di voler vedere oltre, facendo propri quei vissuti e condividendo profondamente ciò che provocano in noi.
Solo lasciandosene permeare possono essere integrati.
Attenzione però: accorgersi di una perfezione invisibile agli occhi altrui non significa che si debbano avere i paraocchi e ignorare ciò che a tutti è palese, usando l'amore come giustificazione per le vessazioni ricevute.
Sarebbe distruttivo scambiare l'amore per la sottomissione o la rinuncia.
Alla base di ogni Amore, c'è il rispetto dell'altro in ogni sua espressione, la fiducia di potersi abbandonare al partner senza rischiare, nella certezza che ciò che sveliamo non sarà usato contro di noi.
Concludo con le parole della Pinkola Estes, rimandandovi alla lettura di due sue storie di cui abbiamo già parlato (qui e qui) che ci aiutano a riflettere ancora su questi temi amorosi:

l'amante più prezioso […] è colui che desidera imparare […] 
che continua a tornare per capire, e non si lascia scoraggiare.”


Buona settimana
virginia 

V. Capossela - Che cos'è l'amor 

venerdì 4 luglio 2014

Parole per l'anima #26


Puoi essere la più matura, 
la più succosa pesca nel mondo,
ma ci sarà sempre 
qualcuno che odia le pesche. 

Come dicevamo qualche giorno fa (qui), il desiderio di piacere a tutti a volte diventa controproducente. Ci sarà sempre qualcuno che non la pensa come noi, che non possiamo sempre accontentare, che anche se lo facciamo troverà il modo per recriminare. 
Conviene imparare a dire no, riconoscere i propri bisogni e accettare di non essere sempre approvati, prendendosi la responsabilità di vivere la vita in prima persona. 
Non è mai troppo tardi... 





buon week end 
virginia

(fonte immagini: pinterest)