Tutti
nella vita abbiamo portato o portiamo delle maschere.
A
volte lo facciamo consapevolmente, altre volte quei volti posticci
sono indossati da così tanto tempo che nemmeno sappiamo di averli,
finiscono per essere la faccia che mostriamo al mondo. Ovviamente non
si tratta solo di lineamenti somatici, anzi, proprio per niente:
guardandoci allo specchio vediamo sempre noi stesse, ma invece può
essere che quella che agisce nel mondo sia una sfaccettatura dovuta,
subita o mancata, ostentata, o ancora più subdolamente, negata, che
si manifesta e ci condiziona nei comportamenti e nelle relazioni.
Il
caro Assagioli, invitava a liberarsi di queste false immagini – con
cui, volenti o nolenti ci siamo identificati – per poter realizzare
a pieno ciascuno il proprio modello
ideale.
A noi
donne queste due parole accostate insieme evocano alla mente qualcosa
di irraggiungibile e perfetto: attenzione, ho detto ideale non
idealizzato!
Inoltre
ho detto “ciascuno il proprio modello”, eliminando così il
rischio dell'uniformarsi a un criterio uguale per tutti, che è
quanto di più alienante ci possa essere.
Il
tuo
modello ideale non è altro che la realizzazione del tuo potenziale,
lo sprigionarsi della bellezza della tua anima, che finalmente si può
allineare con il talento per cui si trova su questa terra.
Talento
non significa che devi essere brava a fare qualcosa: talento è ciò
che arricchisce la tua esistenza, quello che ti dà gioia e
benessere, anche se si tratta “solo” – si fa per dire – di
dare espressione piena e appagata alla tua personalità, a tutto
tondo, senza limiti o reticenze.
Quali
sono dunque queste false immagini da sfatare?
- Quello che crediamo di essere. In questa categoria ci sono sia i nostri picchi di sovrastima che quelli – fin troppo conosciuti – di sottostima. Può sembrare banale ma il riconoscere che ci sono momenti in cui ci denigriamo gratuitamente può essere l'inizio di un processo di osservazione più obiettiva rispetto a noi stesse. D'altro lato però, è necessario anche disidentificarci dall'opposto, ovvero da tutte quelle immagini di noi che comunque non corrispondono al vero, ma ci fanno stare bene, perché ci preservano, anche se solo temporaneamente, dalla sofferenza.
- Quello che ci piacerebbe essere. Altro punto dolente! Questo è peggiore rispetto agli altri precedenti, perché è quello che può fatalmente portare a inseguire modelli irraggiungibili e quindi garantire una sofferenza perenne. Bisogna imparare a discernere fra obiettivi raggiungibili e obiettivi impossibili, dotate di coscienza e senso di realtà.
- Quello che vorremmo sembrare agli altri. Qui si tratta di vere e proprie maschere, indossate volontariamente per i più svariati motivi: essere accettate, per difendersi, per avere dei tornaconti, per non essere derise, per non essere abbandonate... A lungo termine però, queste immagini costruite imprigionano e impediscono di essere quello che siamo.
- Quello che gli altri credono che siamo. Vi è mai capitato di sentirvi descrivere da qualcuno e di non riconoscervi assolutamente in ciò che l'altro sta raccontando? Gli altri ci possono vedere sotto l'influenza delle loro esperienze, possono cogliere aspetti che a noi sfuggono come anche interpretare nostri comportamenti in modo diverso dalle finalità che ci eravamo poste. Riconoscere queste immagini frutto dell'interazione può farci scoprire aspetti nuovi o comprendere quello che sfugge alla nostra intenzione.
- Quello che gli altri vorrebbero che fossimo. Si tratta qui delle immagini più sofferte, perché figlie di frasi del tipo “avrei voluto che tu fossi come...” “perché non riesci a darmi questa soddisfazione?” fino ad arrivare a quelle del tipo “non sei buono a nulla” “mi hai deluso”.... ma nonostante questo, ti ritrovi a lottare perché tu proprio non ce la fai ad adeguarti alla volontà altrui (per fortuna!)
- Quello che gli altri evocano o producono in noi. In questo caso è la resa. Sono le immagini più subdole, quelle che ci hanno visto arrenderci ancora bambine, e ancora oggi ci vedono adeguate e aderenti a ciò che ci si aspetta da noi, senza discutere, facendo proprie le necessità altrui, senza fiatare, anzi, spesso inconsciamente, senza neppure rendersi conto di farlo.
Affrontare
uno per uno di questi sei punti significa andare a fondo nella
propria storia, chiedersi i perché di molti comportamenti,
affrontare sofferenze che fino ad ora si erano evitate, fare un
lavoro certosino di osservazione e spoliazione di false immagini
modellate dal tempo come una seconda pelle...
Una
volta depurata la nostra personalità dalle incrostazioni dovute alle
proiezioni, alle idealizzazioni, alle adesioni a visioni
altrui...ecco in tutta la sua luminescenza riapparire il tuo nucleo
originario. La te autentica, da ammirare, coccolare e preservare.
Meravigliosa forza della natura, in contatto con la tua energia
primordiale.
buona settimana!
virginia