lunedì 30 ottobre 2017

A gambe all'aria



Un po' di tempo fa vi ho parlato della mia passione di fotografare finestre e panni stesi ad asciugare (qui).
Qualche weekend fa, durante una gita a Chioggia ho immortalato questo scorcio di calle che mi ha affascinato per questo curioso modo di stendere i pantaloni sul filo sospeso.
Subito mi è sorto un titolo “Gambe all'aria” e immediatamente si sono accavallate dentro di me associazioni di tenore opposto: da un lato mi ha fatto sorridere e dall'altro no.
Nell'uso comune si è soliti indicare con questa espressione una caduta improvvisa che dopo averti tolto l'equilibrio ti manda letteralmente col sedere per terra se non a capo all'ingiù.
Fa pensare a una gag ironica o anche a un ruzzolone infantile.
Ma cosa succede quando a gambe all'aria ci andiamo perché qualcosa o qualcuno ci scaraventa a terra con una forza che ci travolge?
Nella mia stanza di terapia accolgo molte persone che si trovano metaforicamente in questa situazione.
A volte si rivolgono a me subito dopo essersi rialzati, doloranti e ammaccati, ma capaci di camminare ancora con le proprie gambe.
Altre volte invece mi trovo ad intervenire ancora prima, come se potessi avvicinarmi a quella persona ancora a terra e con manovre di cautela – proprio come accade in quelle scene che cogli passando per strada dopo un incidente d'auto o moto – accertarmi che sia possibile qualche movimento, per poi curare le ferite e pian piano tornare a camminare di nuovo.
Sono molti gli eventi della vita che “obbligano” a cadute, soste prolungate, superamento di ostacoli o cambiamenti di rotta.
Il filo sospeso che tiene insieme tutte queste situazioni è quello della sofferenza e del dolore.
Aggancia identità e storie senza un criterio apparente, lasciando senza fiato chi si trova catapultato “ad inferos”.
Qualcuno pensa che sia la disfatta e si arrende, qualcun altro lotta con tutte le proprie forze anche se si sente come una tartaruga capovolta che non trova più la via per raddrizzarsi.
Ed è proprio questa metafora che mi ha fatto venire in mente una vignetta che avevo salvato molto tempo fa



Quella che all'apparenza può sembrare un messaggio ilare e fin troppo ottimistico, nasconde una grande verità.
Quando siamo simbolicamente a gambe all'aria, se non ci lasciamo sopraffare dall'ansia e dallo sconforto, o magari subito dopo esserci lasciati sopraffare e averli elaborati, ci possiamo rendere conto che da lì si possono osservare le cose da una diversa prospettiva.
Qualcuno mi dice “tutto questo in realtà c'era anche prima ma io non lo coglievo, o non volevo coglierlo” oppure “in tutta questa situazione ho scoperto mie risorse (o persone vicino a me) che non avrei mai creduto possibili” e ancora “una volta attraversata questa crisi che all'inizio combattevo, ho capito che era necessaria per cambiare finalmente in maniera radicale molte cose che non andavano più bene o equilibri precari”.

La qualità che maggiormente si impara dopo un'esperienza che ribalta tutte le certezze è la resilienza (ne avevamo parlato anche qui) ovvero la capacità di riscoprirsi più solidi di prima, perché ciò che è accaduto ha permesso – una volta elaborato – di accedere a una maggiore riorganizzazione e armonizzazione delle proprie caratteristiche interiori.
Se siamo disposti ad aprirci a nuovi punti di vista possiamo scoprire il dono trasformativo di ogni evento, anche quello che all'apparenza sembra solo un errore, un problema o una avversità. 

buona settimana
virginia