lunedì 30 dicembre 2013

Un altro anno se ne va: tempo di bilanci e progetti



Siamo quasi giunti alla fine di questo terzo anno insieme.
A volte mi sembra ieri che ho iniziato a scrivere su queste pagine virtuali, per dare nuova energia a dei progetti, in una fase di grande trasformazione e cambiamento della mia vita professionale.
Quando si approssima la fine dell'anno siamo sempre un po' tentati dal fare bilanci, per poter definire che cosa è stato fatto e cosa no, cosa può essere mantenuto o meno e cosa necessita di essere modificato, ma anche che cosa vogliamo far entrare nella nostra vita e cosa auspichiamo di poter costruire.
Per questo motivo trovate come fotografia di apertura del post questa stupenda immagine di una Wonder Woman in cammino che tiene per mano una bambina: il progetto Wonder Woman è stato una tappa molto importante per me in questo anno che se ne va.
Rappresenta il coronamento della mia volontà di dedicare spazio ed energie in percorsi di consapevolezza al femminile, che ormai mi accompagna da tempo.
È ed è stato l'attuazione dei sogni di quattro donne, che in parallelo prima e in confluenza poi, hanno creduto nel potere dello scambio, del confronto, delle lacrime e dei sorrisi che sgorgano nei gruppi di condivisione di storie.

Per questo motivo ho scelto questo simbolo per chiudere l'anno 2013, ma anche per introdurre il nuovo 2014.
Intanto perché il nostro sogno non è finito: diventerà itinerante e coinvolgerà sempre più partecipanti in modi diversi (se volete seguirci, cliccate sul link fb qui a fianco).
E poi perché come tutto ciò che coinvolge le emozioni e l'interiorità, è in continua trasformazione, permette di chiudere alcune pagine e ne apre altre, dona nuove forme a chi decide di affidargli frammenti della propria vita e schiude significati diversi a ciò che prima veniva vissuto in modo univoco e prigioniero.

Nell'immaginario collettivo Wonder Woman è una super donna, una che tutto può perché al pari degli altri super eroi maschili possiede dei poteri che la rendono invulnerabile.
A me piace però tradurre alla lettera dall'inglese il suo nome e pensare a una donna “meravigliosa”, perché piena di stupore e in grado di mostrarsi in tutto il suo splendore.
Inoltre, fra tutti i super poteri di cui è dotato il personaggio dei fumetti, quello che mi piace di più è la sua capacità di rigenerazione, di riparare e superare le ferite che le sono state inferte.
Così ho scelto alcune immagini che rivisitano il simbolo di questa donna speciale ed evocano delle qualità che possono essere uno spunto di riflessione sui giorni trascorsi e di ispirazione per iniziare il nuovo anno.
Le donne coraggiose che hanno già fatto un pezzo di strada con noi comprenderanno meglio alcune domande e sorrideranno leggendo, alle altre auguro di trovare risposte che ispirino i giorni che verranno.


Sapersi fermare: riesci a ritagliarti degli spazi di sollievo e rigenerazione? Quanto tempo dedichi al tuo benessere, a fare le cose che ti piacciono, frequentare le persone che ti fanno stare bene? Ti concedi delle soste per fare il punto e riposare i tuoi passi?
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Guardare indietro: che cosa hai tralasciato? Quali parti di te hai smarrito per strada? Quali persone hai trascurato? A quali hai dato troppo di te?
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Ascoltare: riesci a sentire tutto ciò che il tuo animo ti suggerisce oppure metti a tacere la tua voce interiore? Puoi semplicemente fare silenzio e permettere all'altro di esprimersi (il tuo compagno, i tuoi figli, un'amica, i tuoi genitori...) oppure hai sempre bisogno di dire la tua?
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Vedere: ci sono volte in cui preferisci mettere la testa sotto la sabbia e far finta di non vedere qualcosa che aprirebbe la tua consapevolezza? Osservi l'universo che ti circonda o tendi a limitare lo sguardo al tuo piccolo mondo? Fai tesoro di ciò che scopri o lo dimentichi subito?
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Lottare: quali sono le cose per cui per te vale la pena lottare? Ti impegni in qualcosa che può metter radici o lotti contro i mulini a vento? Sai anche difenderti oltre che attaccare? Quanti modi conosci per raggiungere i tuoi obiettivi? Sai anche quando è il momento di gettare l'ascia di guerra? O magari abbandonare la battaglia e salvaguardare le ultime energie?
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Proteggersi: quanto tempo ancora vuoi perdere dietro a quell'uomo che ti vampirizza? Puoi fare affidamento sull'aiuto di altre donne che ti permettano una volta per tutte di eliminarlo dalla tua vita? Quale altro atteggiamento puoi mettere in pratica per non soccombere?
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Soffrire: quanto hai sofferto nell'anno che è passato? Cosa puoi fare per uscire da questa situazione? Quanta sofferenza necessaria sei disposta ad attraversare per essere di nuovo felice? Sei consapevole che il processo dell'abbandono, del cambiamento o dell'addio, necessita come ogni lutto di un cammino da percorrere tappa dopo tappa?
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 Solitudine: sai stare da sola? Che cosa temi nella solitudine? Puoi sperimentare la possibilità di stare bene in tua compagnia? Come? Oppure sei troppo chiusa nel tuo guscio e hai paura di essere di nuovo ferita? Cosa puoi fare in questo caso per aprirti di nuovo agli altri?
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Vittoria: quali obiettivi hai raggiunto quest'anno? In cosa sei riuscita? Quali nuovi obiettivi vuoi realizzare nell'anno che verrà?
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Autostima: hai fatto la pace col brutto anatroccolo che ti porti dentro? Conosci i tuoi limiti? sei davvero libera di essere te stessa? Chi te lo impedisce? Quanto ti giudichi? Quali aspetti di te non accetti? E negli altri? Cosa puoi fare per esprimerti così come sei?
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Scoperta: quali parti di te hai scoperto quest'anno? Quali aspetti della tua personalità hanno visto la luce e quali hai rivalutato o modificato?
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Sognare: come immagini il tuo prossimo futuro?
Ti suggerisco un esercizio: prova a scrivere una lettera a te stessa (o a un'amica o chi vuoi tu) nel giorno 31.12.2014 – fra un anno esatto – facendo un bilancio dell'anno passato e passando in rassegna tutto ciò che immagini di essere riuscita a fare, cosa hai provato nell'averlo ottenuto e cosa è cambiato dentro di te.
Prova... si sa che l'immaginazione muove le emozioni che a loro volta stimolano l'azione.


Ti auguro un nuovo anno appagante e realizzativo
virginia

lunedì 23 dicembre 2013

Una vita ad arte

C. Monet - Il sentiero riparato (1873)


Sono stata a vedere una mostra a Verona.
Verso Monet: storia del paesaggio dal Seicento al Novecento.

Ed ecco che si sono aperte riflessioni mentre sostavo, in ordine sparso, davanti alle opere che più attraevano la mia attenzione. 
Non mi piacciono le audioguide.
Preferisco leggere gli stralci di introduzione ai vari periodi, tratti dal catalogo, che indicano percorsi possibili di lettura senza dire troppo, lasciando alla mia mente la libertà di fare voli associativi legati ai mondi paralleli, l'interiorità degli artisti, i periodi e le rivoluzioni, personali e sociali, e l'interiorità delle storie di vita che ogni giorno ascolto, narrate dai protagonisti.
Nel titolo di un suo famoso libro, Erving Polster dichiarava che “Ogni vita merita un romanzo”, ed è la narrazione che permette di ri-attribuire un significato agli eventi, belli o brutti che siano stati.
Così mi sono immaginata questo percorso d'arte come tappe di vita di ciascuno, per provare a trasformare in arte, non solo parole, ciò che accade dentro ognuno di noi.

Il Seicento si apre con la rappresentazione della natura, che non è più solo sfondo per rappresentare altro che si impone sulla scena, quanto piuttosto protagonista, gioco di profondità, nel passaggio fondamentale dell'occhio che osserva non più soltanto un Santo o un personaggio storico, ma anche i luoghi dove lui abita, vividi di segni e trasformazioni tangibili.
I cieli, le valli, le montagne e i fiumi.
In alcuni casi è solo il titolo che richiama al personaggio, mentre l'occhio è catturato da uno di questi elementi che sembrano apparire in tutta la loro bellezza per la prima volta.


C. Lorrain - Paesaggio con S.Filippo che battezza l'eunuco (1678)

Accade anche nella vita, quando la nostra attenzione comincia a posarsi fuori da noi stessi: non siamo più l'unico personaggio degno di nota, bensì parte di una società, di una relazione, di un gruppo. Avviene quando si riesce a empatizzare con chi è fuori di noi, cogliendone le sfumature, perdendo di vista per poco o molto tempo le nostre necessità che fino a momenti prima la facevano da padrone.
Ci sono fasi di vita in cui addirittura ci si perde in questo mondo fuori, lasciando che le sue mutevolezze ci trascinino in una strada che non sempre ci appartiene, ma è necessaria per conoscere.
Il Seicento. Il vero e il falso della Natura, dice Goldin, il curatore della mostra.
La crisi. Il vero e il falso dell'identità, gli faccio eco io.

Prossima sala. Il Settecento.
Sono rimasta incantata di fronte alle Vedute degli artisti veneziani.



Soprattutto il Bacino di San Marco del Canaletto (1738): mi ha fatto pensare a come nella vita ci sono momenti in cui è necessario soffermarsi sui dettagli, descrivere anche fino all'inverosimile situazioni, emozioni, pensieri... sviscerando oppure razionalizzando, l'importante è riuscire a descrivere a parole quello che accade.
Occorre avere una visione ampia e obiettiva ma allo stesso tempo circoscritta e soggettiva.
Inseriti fra le vedute, ho scoperto un tipo di dipinto molto particolare: i Capricci.

B. Bellotto - Capriccio con arco di trionfo in rovina sul bordo della laguna, 1743

Qui l'artista si concede di inserire un elemento architettonico fuori dal contesto, un arco romano sulla laguna, una colonna corinzia in riva a un fiume... come a sottolineare che ci sono momenti in cui può essere benefico uscire dall'obiettività e concedersi un'evasione, una libertà se pur piccola, all'interno di ciò che è.
Quando si diventa consapevoli, bisogna imparare a passare dal generale al particolare, in un movimento interiore che permetta di gestire i vissuti e vedere soluzioni alternative, anche creando qualcosa che prima non c'era.
Gli orizzonti di un paesaggio possono essere considerati limiti oppure confini da oltrepassare per scoprire e scoprirsi.
È così che si può dare vita a parti nuove di sé.

Ed ecco che sulla parete del Romanticismo, il periodo di rottura rispetto alle prospettive classiche, ho letto questa frase di John Constable "non si vede veramente qualcosa, se non lo si capisce".
Di nuovo l'esplosione della natura in tutta la sua mutevolezza.
Il mare al chiaro di luna di Friedrich, il temporale di Lotz, le onde di Courbet, il placido lago di Heade... tutte metafore degli stati d'animo di ogni essere umano, che occorre non solo conoscere, ma possedere, comprenderli fino in fondo per poter essere individui integrati e armonici.
Non basta descrivere, bisogna vivere a pieno e fino in fondo ogni elemento che ci appartiene, conoscere e includere aspetti anche contraddittori, per essere persone più complete.

C.D. Friedrich - Mare al chiaro di luna (1835-36)

G. Courbet - Le onde (1869)

È proprio quando siamo in contatto con tutto ciò che ci abita, quando usciamo dai conflitti e ne facciamo una sintesi costruttiva per la nostra evoluzione personale, che si può passare nella sala attigua: L'impressionismo.
È qui che la particolare modalità di vedere le cose di ciascun artista prevale sull'obiettività; è qui che ognuno può esprimere la sua lettura del paesaggio con colori nuovi, modi nuovi di rendere su tela ciò che ad occhi altrui appare contrario o semplicemente diverso.
Ma non importa. Colui che crea la sua vita, la crea a sua immagine, con il suo tratto distintivo unico e particolare, irripetibile, che magari necessita di aggiungere un tocco di blu elettrico nel verde degli ulivi, come fa Van Gogh, e se ne frega se a qualcuno non piace.



È il coraggio di essere autentici, fedeli a se stessi, col rischio di passare per pazzi o visionari per il resto del mondo.

E infine Monet.
Il punto più alto. Dove la natura è trasfigurazione della spiritualità, contatto profondo con l'intimità di ciascuno. Contatto con il transpersonale, avrebbe detto Roberto Assagioli, il padre della Psicosintesi.



“Noi siamo la splendida promessa di ciò che possiamo divenire”, ricorda Assagioli, ma proprio come le ninfee di Monet, abbiamo bisogno di affondare le radici nel fango, appropriarsi di tutto ciò che ci appartiene, prima di schiudersi nella nostra meraviglia e mostrarsi nel mondo in tutta la nostra bellezza, frutto anche di quel fango.

Vi auguro un Natale di rinascita, gioia e semplicità.
virginia


lunedì 16 dicembre 2013

Chiudere i cicli della propria vita



Oggi vi pongo questa domanda : cosa è per voi un "ciclo"?
Per quanto mi riguarda rispondo che è aprire una stanza della propria vita, esplorare, avere consapevolezza di ciò che si è sperimentato e poi chiudere quella stanza, con la consapevolezza di ciò che che abbiamo imparato, dove abbiamo fatto un goal e dove ci sono delle aree di miglioramento.
Ci sono cicli chiusi a livello fattuale ma non energetico, come quello con le relazioni precedenti non chiuse bene e ci sono cicli chiusi a livello energetico, ma non fattuale, come quando, molto spesso, si sente dentro di noi che una cosa è finita, non attrae più la nostra energia, la nostra passione, il nostro entusiasmo ma per abitudine, per regole morali o sociali, per ragioni economiche continuiamo a farla.

Ma perché è importante chiudere quella porta?
Perché se qualcosa resta aperto sia a livello fattuale che energetico, non consapevolizzato, se sentiamo rispetto a una situazione quel malessere non identificabile, quel boh, quelle farfalline nello stomaco, quel disagio che dentro ci muove, significa che la nostra energia è risucchiata ancora lì.
E se rimane lì, dovremo fare altra esperienza simile e non apriremo una nuova porta, ma solo una porta che ci sembra nuova ma ripropone lo stesso tema .

E quando un ciclo è chiuso?
Quando ci sentiamo in pace e tranquille, quando ci è chiaro che quello che potevamo fare e dipendeva da noi lo abbiamo fatto, ossia abbiamo comunicato quello che vi era da comunicare, ci siamo prese la responsabilità delle nostre scelte, abbiamo riconosciuto le nostre aree di vantaggio e le nostre aree di miglioramento.

Nelle costellazioni tutto ciò mi accade spesso con chi non ha chiuso il ciclo con le relazioni sentimentali precedenti.
Il semplice far enunciare al cliente nei confronti dei partners precedenti " ok vi vedo, mi prendo la mia responsabilità nella fine della nostra storia e lascio a voi la vostra" ha effetti positivi nella relazione di coppia attuale perché in questo modo si chiude a livello energetico un ciclo .
Ma se rimane ancora quel certo non so, quel fantasma si riproporrà.
O magari chi continua a stare in una relazione sentimentale da anni perché gli conviene, per abitudine per mille motivi, ben sapendo che non c è più nulla.
E quindi vi chiedo:
Ci sono dei cicli rimasti aperti nella vostra vita? Quando vi sentite?
Sapete enunciare una situazione che avete chiuso ? Come vi siete sentite ?

Con amore
Evi

lunedì 9 dicembre 2013

Invictus



Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto le randellate della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino;
Io sono il capitano della mia anima.
                                              (W. E. Henley, 1888)

Care amiche,
Questa poesia di Henley inspirò Mandela nei lunghi anni trascorsi in carcere.
All'età di 12 anni, Henley rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra.
Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all'età di 25 anni lo costrinse all'amputazione di una gamba per sopravvivere.
Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all'età di 53 anni.
La poesia Invictus fu scritta proprio sul letto di un ospedale.

Mandela, Henley due lottatori, come mio padre durante la sua malattia...
Ma cosa fa la differenza , da cosa scatta la resilienza che tanto piace a Virginia?
Cosa rende un uomo Invictus, ossia mai battuto?
La risposta è nell'accettazione e nel ringraziamento comunque, a prescindere.

Per non avere paura in primis devo accettare profondamente gli eventi.
Vedere ciò che è senza veli, senza scuse e respirare profondamente e dire dentro di noi ok vi vedo.
Questo è.
L' accettazione e la consapevolezza dell'evento fa sì che io mi senta più al sicuro.
Sì perché prima vedo, mi rendo conto dell'evento prima attuo le strategie per combatterlo.
E non è semplice, credetemi perchè l'ho provato.
Dire sì comunque a quello che è senza autoinganni, senza cadere nel rifiuto, nelle fantasie .
Noi non vediamo a volte, molte volte perché è troppo, ma ci dimentichiamo che la verità rende liberi.
Posso raccontarmela in qualunque momento della vita e attuare mille strategie per costruire la mia vita intorno agli inganni, ma dentro di me la verità la conosco e alla fine diverrò vittima degli inganni che io stessa mi sono costruita.
Quando per me è troppo qualcosa, semplicemente prendo atto che al momento è troppo, mi allontano , ma quel qualcosa lo vedo comunque e ne prendo consapevolezza.
Io infatti non ho alcun potere sugli eventi esterni, che posso essere belli o brutti, sugli altri che possono essere buoni o cattivi, sul destino, sulla morte, sulla malattia, l'unico potere che posso esercitare è su di me, sulla mia anima.
Dalla visione prima di ciò che è e poi dalla consapevolezza o se volete dal vedere la realtà nuda e cruda senza veli e scusanti, scatta la resilienza, perché solo io sono il padrone della mia anima, ossia dipende da me cosa fare di quell'evento, come comportarmi con quella persona, lottare o no contro una malattia,ma finché non li vedo, non li accetto sarò cieco e soccomberò.
Solo se accetto e vedo ho scelta e quindi sono Invictus.
E quindi in primis

Benvenuto a me così come sono
Perché mi devo accettare con i miei limiti e punti di forza
Benvenuta ad ogni persona che incontrerò oggi
Perché la vedrò così come è e non come io vorrei che fosse e quindi imparerò qualcosa di me
Benvenuta a ogni sfida che oggi mi si presenterà
Perché ogni evento va affrontato e visto e prenderò consapevolezza di qualcosa grazie a quell'evento.

Partiamo da qui senza paura con il ringraziamento , ossia dando il benvenuto a ciò che è e saremo i padroni del nostro destino.

Con un respiro magari e facendo attenzione alle reazioni del corpo.

Con amore
Evi


lunedì 2 dicembre 2013

Dieci minuti per trasformarsi



Uno dei motti più celebri di Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi è il “conosci, possiedi e trasforma te stesso”.
In questa semplice frase è riassunto il senso di tutto il processo di ri-armonizzazione delle nostre parti attorno a un centro unificatore, il fare ordine nel disordine, il trovare un significato diverso agli eventi, in vista di una crescita di tutta la nostra persona, in una sola parola: evoluzione.

il nostro carattere lungi dall'essere rigido e immutabile, si modifica ogni giorno per l'azione di innumerevoli influssi, sia che noi ne siamo coscienti o no. Si tratta dunque di decidere se tali modificazioni devono essere lasciate al caso, e quindi restare contraddittorie, caotiche e spesso nocive, oppure venir prodotte coscientemente, coordinate secondo un piano preciso e dirette a liberarci dalle tendenze non desiderate ed a realizzare una vita psichica più alta, più libera e più feconda.” (Assagioli, 1909)

Come già abbiamo visto qualche tempo fa (se lo hai perso lo trovi qui), il cambiamento fa parte della nostra vita, ma mentre ci sono cambiamenti che accogliamo a braccia aperte, ce ne sono altri che ci prendono alla sprovvista, per i quali ci sentiamo sprovvisti di strumenti, impotenti di fronte alle avversità.
Questo accade soprattutto di fronte a cambiamenti subiti, agli episodi dolorosi che mettono alla prova le nostre risorse, azzerando tutto.
Di questo tipo di eventi parla il nuovo libro di Chiara Gamberale (“Per dieci minuti” Feltrinelli):

L'unica a non avercela più, una vita, ero io.
Al suo posto una massa informe, sfilacciata, ferita, che come unico perno su cui girare aveva lo smarrimento. (pag. 10)

Si tratta di un diario autobiografico, frutto del “gioco” - che come tutti i giochi sono per persone serie – propostole dalla sua terapeuta:

Che un giorno di dicembre – ispirata da Rudolf Steiner ed esasperata da me – alla fine di una seduta, mi ha buttato lì, intensa e un po' magica com'è: “Le va di fare un gioco?”
...”
per un mese, a partire da subito, per dieci minuti al giorno, faccia una cosa che non ha mai fatto.”
cioè?”
una cosa qualunque. Basta che non l'abbia mai fatta in trentacinque anni.”
quasi trentasei”
quasi trentasei. Una cosa qualunque. Nuova.”
per un mese”
si”
per dieci minuti”
(pag. 11)
Ecco il punto di partenza di Chiara per permettersi di sperimentare il nuovo e riuscire attraverso di esso a donare diversi significati anche al passato.
A volte è necessario cambiare prospettiva per comprendere e integrare certi eventi, perché insieme a loro, metabolizziamo anche parti di noi, parti di cui magari non eravamo neppure consapevoli.
Non ho potuto fare a meno di pensare a quanto accomuni il pensiero di Steiner con quello di Assagioli.
Conosci – significa proprio riuscire a vedere con altri occhi ciò che è sempre stato lì di fronte. Riuscire a essere obiettivi e osservare, semplicemente osservare quello che è, una volta usciti dall'identificazione col problema, o vissuto o dolore che sia.
Possiedi – significa percepire che possiamo avere un ruolo attivo nella nostra vita, soprattutto nel modo di affrontare, scoprire, dirigere le nostre energie; possedersi vuol dire fare esperienza della propria ricchezza, cominciando a familiarizzare proprio con quelle qualità, aspetti e caratteristiche che mai avremmo pensato di poter avere (e che Chiara sperimenta nei dieci minuti).
Trasforma – è apparentemente l'ultima tappa, perché in realtà il processo una volta innescato non ha mai fine. Nel suo significato etimologico, tras-formare significa andare oltre la forma che credevamo di avere, quella identità uguale a se stessa che non voleva cambiamenti, che era tutta centrata su di sé, sui suoi bisogni e necessità e che progressivamente, con la crescita, si apre all'altro e a valori più elevati che arricchiscono.

è come se per tutto il giorno si fosse rimasti fermi in una località, considerando le singole parti una per una; e poi la sera, da un'altura vicina, si desse uno sguardo d'insieme all'intera località.
Il rapporto fra le diverse parti risulta allora ben diverso da quando si era dentro.” (R. Steiner, 1999)

Proprio Rudolf Steiner ci dice che

in un epoca portata alla critica come la nostra gli ideali si abbassano e altri sentimenti subentrano al rispetto, alla venerazione, alla devozione e all'ammirazione. Chi dunque cerca la conoscenza deve creare in sé questi sentimenti, deve infonderli da solo alla propria anima – e questo non si ottiene con lo studio, ma soltanto con la vita.”
chi ha esperienza di queste cose sa che in ognuno di questi momenti si destano nell'uomo forze che altrimenti resterebbero latenti e si aprono gli occhi spirituali. Egli inizia così a vedere cose che prima non poteva vedere, comincia a rendersi conto che prima vedeva soltanto una parte del mondo circostante.”
(“Iniziazione ai mondi superiori” Ed. Mediterranee 1999)

Autorizzandosi a provare una novità, si esce dai circoli viziosi dei copioni di vita, dai pensieri rimuginatori fini a se stessi e ci si concede una dimensione altra, sconosciuta, che fa emergere riflessioni che aprono possibilità piuttosto che chiudere tutte le speranze.
Ecco cosa suggerisce in pratica Steiner:

ogni giorno […] isolarsi per breve tempo e occuparsi di cose del tutto diverse da quelle che costituiscono la sua occupazione abituale”
anche il modo in cui se ne occupa deve essere completamente diverso da quello che usa nelle abituali occupazioni”

[...] cinque minuti al giorno sarebbero sufficienti! Tutto dipende dal modo in cui quei cinque minuti vengono utilizzati.
Durante questo periodo la persona deve staccarsi completamente dalla sua vita giornaliera. I suoi pensieri e i suoi sentimenti devono acquistare un colorito diverso dal consueto.
Deve passare in rassegna con l'anima le sue gioie, i suoi dolori, le sue esperienze, le sue azioni e li deve considerare da un punto di vista superiore, come se fossero esperienze di altri. […] se ci riesce, le sue esperienze gli si riveleranno in una luce nuova.
Quando si ottiene la calma interiore propria di una visione generale, l'essenziale si separa dal non essenziale: dolore e gioia, pensieri, azioni, propositi ci si rivelano diversi quando ci si pone in questo modo di fronte ad essi.”
(R. Steiner 1999)

Ovviamente vi consiglio di leggere il libro-diario di Chiara, che schiude piccoli miracoli quotidiani ad ogni pagina, aiutando a comprendere che non è la vita che cambia, ma siamo noi che cambiamo rispetto ad essa.
Come ci dice ancora Steiner, “occorre aver prima sperimentato il divino nella propria anima se lo si vuole trovare nell'ambiente che ci circonda”.
Domani è il 3 dicembre.
Un anno fa Chiara cominciava il suo gioco dei dieci minuti.
Chi di voi vuole cominciare di nuovo domani e vedere cosa accade?

Buona settimana
virginia

lunedì 25 novembre 2013

Qualcosa di rosso




Qualche giorno fa mi è arrivata questa mail.

Care amiche,
il 25 novembre p.v. è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Nella triste realtà che ci rimanda ogni giorno la cronaca nera, aggravata dal voyerismo con cui se ne parla a profusione nei talk show senza mai arrivare al nocciolo del problema, c’è il segno del degrado culturale di questo paese.
Tutto questo nel silenzio colpevole di partiti, sindacati e istituzioni. In questo quadro desolante tre giornaliste hanno deciso di lanciare una “provocazione”, di chiamare le donne a dare un segno tangibile del loro dire “BASTA”, con uno sciopero al contrario: esserci e essere visibili. Con un tam-tam tra singole donne e associazioni si stanno organizzando eventi, letture, segnali e tutto quello che la fantasia suggerisce.
Per tutto questo credo che lunedì 25 bisogna esserci, renderci visibili indossando, come chiedono le promotrici, un capo di abbigliamento rosso.
Credo sia un segnale importante da dare a tutta la società. Per maggiori dettagli vi invito a visitare il sito www.scioperodelledonne.it che riporta anche tutte le iniziative città per città.
Vi chiedo anche di far girare questa informazione tra i vostri contatti. PIU’ SIAMO MEGLIO E’!
A Roma l’appuntamento è per le 17 sulla piazza del Campidoglio.


Me ne era arrivata anche un'altra simile, che invitava a scioperare in questa giornata, ma mi son detta che il mio lavoro è fondamentale per alcune donne che proprio per ritrovare se stesse trascorrono un'ora del loro tempo nel mio studio.
Così ho deciso che stamani mattina sarei uscita comunque con qualcosa di rosso addosso, anche se andavo a lavorare e non a scioperare, per dare un segnale di energia e solidarietà.
Una volta fuori, ho provato a guardare il mondo partendo da questo colore che portavo su di me: ho notato una signora alla posta con una capiente borsa di una bella pelle color rubino; un'altra che attraversava le strisce pedonali alternando passi fasciati da un rosso vivace; una giovane ragazza che sfoggiava due labbra vibranti e accese, nell'abitacolo vicino al mio, in coda al semaforo; ho persino notato la sciarpa rossa di un anziano... interrogandomi sulla casualità o meno di quel vezzo.
Una volta che la mia attenzione era catturata da quel filtro con cui guardare gli altri, anche solo nel tragitto casa – studio, mi sono sentita in connessione con quelle persone, ho sorriso a una, guardato con rispetto un'altra... era come se in un momento fossimo tutti partecipi di un sentimento di comunione per un valore più alto.
Non importa se davvero anche loro portavano quel colore in modo consapevole o per pura coincidenza, mi ha comunque permesso di riflettere sull'importanza di percepire gli altri più vicini e simili, anche solo nel tempo di uno sguardo.
Per questo credo fermamente che sia indispensabile far sentire a tutte le donne vittime di soprusi, che non sono sole, che la violenza non è la normalità, anche se qualcuno cerca di convincerle del contrario, per riuscire a rompere il più possibile il muro dell'omertà e del silenzio, che subdolo la fa da padrone dentro le case violentate.
Purtroppo sono ancora le case il luogo dove avvengono la maggior parte degli abusi, gli atti dei parenti le terribili azioni, mosse proprio da chi dovrebbe difendere e proteggere, invece che infierire per distruggere.

La violenza ha miriadi di forme e abita tutto il territorio.
È al nord come al sud, a est e a ovest.
È negli appartamenti di lusso degli italiani così come nelle case popolari degli stranieri.
È nelle abitazioni e nelle fabbriche, negli uffici, per la strada.
È nelle parole così come nelle mani.
È nelle percosse ma anche nelle minacce.
È nelle forme di coercizione dirette ma anche nel controllo indiretto e subliminale.
È nello sparo e allo stesso tempo nello stillicidio di veleno quotidiano.
È l'entrare nella spirale che vede seduzione – isolamento – attacchi ripetuti all'autostima e di nuovo seduzione in un circolo senza fine di solitudine e impotenza.
È nelle immagini, nella tv e nella mente di certi uomini, che vedono la donna solo come un oggetto, senza identità, oppure come una loro proprietà.
È nelle parole, nel giudizio, nella mente di certe donne che condannano oppure non vogliono vedere, anche se a volte si tratta delle loro stesse figlie.

Ecco che di fronte a tutto questo è necessario porre qualcosa di rosso.


Rosso come il troppo sangue versato.
Rosso come qualsiasi segnale di pericolo, per cominciare a far conoscere alle donne i campanelli d'allarme per poter fuggire in tempo.
Rosso come quei cuori che tutte disegnano da bambine e che meritano di essere custoditi e protetti, invece che lacerati e abusati.
Rosso come lo stop del semaforo: simbolo della volontà di porre fine allo scempio.
Rosso come certe luci della notte, testimoni del mercimonio dei corpi.
Rosso come la rabbia, che non trova spazio, chiusa fra il terrore e la colpa.
Rosso come il coraggio, energia necessaria per rompere il muro del silenzio.
Rosso come l'Amore, quello per se stesse, non quello dichiarato per il partner violento, che troppo spesso porta a giustificare e negare.
Rosso come il Natale, che sarà puntuale fra un mese, e speriamo porti nuove consapevolezze, nuovi occhi, nuove speranze a tutte coloro che aspirano alla liberazione.
E meno violenza per tutti.

buona settimana
virginia