lunedì 27 aprile 2015

L'artista rende straordinario l'ordinario


(Reflected Landscapes by Victoria Siemer)

In auto questo week end ho scoperto la storia che sta dietro la nascita di un'altra canzone storica, trasmessa da Virgin Radio (ne avevamo parlato anche qui) nella rubrica “Rock Bazar”: Money for nothing dei Dire Straits (qui



Il curioso testo, provocatorio e ironico, sembra abbia preso le mosse da un episodio reale nel quale Mark Knopfler si trovava in un negozio di tv e ascoltando i commenti dei commessi sulla bella vita dei musicisti non ha fatto altro che trascrivere le parole e musicarle:

I want my, I want my MTV
Now look at them yo-yo’s
That’s the way you do it
You play the guitar on the MTV
That ain’t workin’ that’s the way you do it
Money for nothin’ and your chicks for free
Now that ain’t workin’
That’s the way you do it
Lemme tell ya them guys ain’t dumb
[…]

Voglio la mia, voglio la mia MTV
Ora guarda quei pezzenti
È così che devi fare
Suoni la chitarra su MTV
Questo non è lavorare ma è cosi che devi fare
Soldi per nulla e ragazze gratis
Ora questo non è lavorare
È così che devi fare
Lasciami dire che quelli lì non sono mica scemi
[...]


Dato il mio interesse per la genesi del processo creativo in tutte le sue forme, ho proprio fatto una riflessione sulla capacità dell'artista di rendere straordinario un semplice fatto ordinario.
In questo caso addirittura un'aspra critica che diventa arte.
Knopfler ha reso condivisibile il pensiero di molti, accettando il punto di vista di un uomo comune che deve faticare dalla mattina alla sera, ma allo stesso tempo lo ha reso importante, elevandolo a messaggio per tutti.

Forse la capacità che più di tutte rappresenta la persona creativa è di riuscire a presentare in forme diverse e maggiormente “visibili” ciò che è già sotto gli occhi del mondo e che dà origine a quella reazione stuporosa -  "oh!" -  come se si vedesse per la prima volta.
In questo consiste la notevole capacità di sintetizzare in un simbolo (musica, pittura, racconto) un bisogno dell'essere umano.
Il simbolo, in quanto polisemico – portatore di molti significati – può adattarsi alle necessità di ciascuno, secondo un processo di appropriazione che è unico e individuale, portando a nuove riflessioni e attribuzioni di senso. 
Questo è il senso della frase di Cesare Pavese che ho citato nella rubrica di giovedì scorso (qui)

Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.
Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.”

Vi ho coinvolti in queste riflessioni, perché ritengo che la vita di ciascun essere umano sia un lungo e affascinante percorso creativo.
La terapia stessa diventa una fucina di rielaborazione e incubazione, perché secondo la Psicosintesi è necessario procedere per riorganizzazioni parziali del nostro materiale psichico, tendendo verso ciò che siamo destinati ad essere.

La parte più bella del mio lavoro avviene proprio quando la persona che ho davanti – dopo un tempo in cui è impegnata a capire, sondare, soffrire – finalmente arriva a ricreare se stessa, accorgendosi che tutto era già lì, ma andava saputo vedere per renderlo un'opera unica.

Buona settimana
virginia 

giovedì 23 aprile 2015

parole per l'anima #14


Come già anticipato lunedì - qui - oggi è la Giornata Mondiale del Libro, dunque le immagini e le frasi di questo post non possono che essere dedicate alla lettura e ai suoi benefici. 













Buon week end 
virginia 

(fonte immagini: Pinterest)

lunedì 20 aprile 2015

Leggo dunque sono



Il 23 aprile sarà la giornata mondiale del libro quindi questa settimana la voglio dedicare al meraviglioso mondo della lettura, alla possibilità che ogni libro ci dona, di viaggiare in modi diversi, fuori da noi – in posti lontani e che magari non vedremo mai – ma soprattutto dentro l'interiorità di ciascun essere umano, grazie ai dialoghi, le riflessioni e le emozioni dei personaggi che catturano la nostra attenzione pagina dopo pagina.

Molto spesso nei miei post trovate rimandi a testi psicologici che possono aiutare a comprendere quei meccanismi interiori che si attivano nelle relazioni, oppure permettano di accedere a una conoscenza di sé più consapevole e rinnovata.
Credo però, che i libri che ci arricchiscono di più siano quelli di narrativa, romanzi o racconti, dove possiamo vedere e seguire in modo diretto il susseguirsi dei frammenti di vita dei protagonisti, a volte lungo l'arco di tutta la loro esistenza, altre volte solo per qualche ora (pensiamo al monumentale Ulysse di Joyce) oppure seguendo più generazioni (ad esempio Cent'anni di solitudine di Garcia Marquez).

Ogni lettore è avido di conoscere le molte sfaccettature della personalità di quegli uomini e donne che gli si svelano fra le righe, perché?
In primo luogo perché nella lettura noi ci immedesimiamo nelle situazioni e dunque può succedere di identificarsi con un personaggio che ci richiama qualcosa di conosciuto, che ci assomiglia oppure che si trova a vivere esperienze simili alle nostre o distanti anni luce ma che stimolano i nostri desideri più reconditi.
La scienza ci dice che i neuroni specchio si attivano mentre compiamo un'azione ma anche mentre osserviamo qualcuno che compie un'azione.
Quando leggiamo, la maestria dello scrittore nel descrivere, ci permette di costruire nella mente delle immagini corrispondenti alle scene narrate, quindi possiamo ipotizzare che i nostri neuroni specchio si attivino allo stesso modo, permettendoci di partecipare, risonando emotivamente con quello che accade sulla pagina.

Il bravo scrittore sa che in una trama degna di nota vanno intrecciati i fili della complessità umana, dove ogni personaggio avrà caratteristiche di pregi e difetti, desideri e aspirazioni, qualche debolezza o limite, un vizio che risuoni con la nostra parte ombra, un'imperfezione che ce lo faccia essere simpatico, o una piccola ossessione...
Il protagonista si troverà spesso di fronte a un dubbio, una scelta, un conflitto interiore proprio come accade nella vita reale, che porta poi il lettore a chiedersi: e io cosa avrei fatto al suo posto?

Ecco perché leggendo facciamo esperienza di vita, ed ecco anche il motivo per cui è molto importante far leggere i bambini fin da piccoli, per farli appassionare al miracolo della natura umana e apprendere che le differenze sono risorse e non dei problemi.

Qualche anno fa un'amica mi ha regalato un libro che si chiama Sei Biblioteche (Zoran Zivkovic, 2011), nel quale l'autore immagina altrettanti racconti di storie impossibili che hanno come protagonisti i libri.
Quella che mi piace di più è “La biblioteca notturna” dove si trovano i testi delle vite vere

Tutte, letteralmente. Le vite di tutte le persone che siano mai esistite” […] “anche se ci sono così tante vite, ciascuna di loro è unica e irripetibile. Preziosa. E proprio per questo merita di essere registrata. E da qui i libri delle vite” (pag. 55-56)

Questa storia mi piace perché mi ricorda un po' il mio lavoro.
A volte anche il terapeuta diventa il lettore delle vite che gli si dipanano davanti, perché ogni persona racconta una storia – la sua, unica e irripetibile – di modo che ogni seduta diventi come un capitolo, nel susseguirsi di una trama che giorno dopo giorno diventa sempre più precisa e ricca di particolari.
Ogni paziente/narratore ha la sua modalità di mettere insieme gli eventi, c'è chi parte dal principio e chi dalla fine, chi decide che tutto gira intorno a un giorno particolare e chi non si sofferma apparentemente su nulla...
Ci sono aspetti svelati fin da subito, altri che escono allo scoperto all'improvviso, segreti rivelati ma anche episodi taciuti, che aspettano il momento opportuno per emergere dallo sfondo.
La cosa importante è il raccontarsi, rimettere insieme i tasselli del tempo e dello spazio, trovare significati dove prima non ce n'erano e ri-attribuire il giusto peso a situazioni irrisolte.
Al terapeuta, testimone del processo, non resta che partecipare rapito dalla sacralità di ogni storia, e come il lettore, rendere onore a tutti i personaggi, ma soprattutto al protagonista, in questo caso narratore di ciò che è stato e allo stesso tempo artefice creativo di ciò che sarà.
Perché “al contrario dei pregiudizi diffusi, le vite vere sono di gran lunga più eccitanti di quelle inventate” ( Zivkovic, 2011).

buona settimana
virginia

lunedì 13 aprile 2015

perché è così difficile cambiare?



Questa settimana procediamo al contrario delle abitudini di sempre.
Di solito per scrivere il post del giovedì prendo ispirazione da quello del lunedì, mentre oggi farò l'opposto: affidandomi alle riflessioni scaturite dalla frase evocatrice di giovedì scorso (qui) cercherò di descrivervi la natura delle nostre resistenze al cambiamento.

Spesso conosciamo il costo del mancato cambiamento nei termini di sintomi, disagio emotivo, dolore, rabbia... ma più spesso non riusciamo a calcolare il prezzo della trasformazione che – almeno sulla carta – ci porterà a risolvere la situazione di impantanamento in cui siamo immersi.
Le persone possono decidere, o essere obbligate dagli eventi, a prendere posizioni nel qui e ora che daranno inizio a un cambiamento, ma la loro attenzione è costantemente rivolta a una domanda che gira in testa, e che – parafrasando il titolo di un romanzo di Cameron – recita più o meno così: “davvero questo dolore un giorno mi sarà utile?”

In effetti è da tener conto che la valutazione potrà essere fatta solo a posteriori, o almeno strada facendo ma passo dopo passo, e quando ancora è tutto da cominciare è difficile affidarsi all'ignoto...
Sicuramente si creerà confusione, ansia e smarrimento, perché un equilibrio (o pseudo-equilibrio) cariatideo è stato rimesso in discussione, quindi è inevitabile che i punti di riferimento si capovolgano e ciò che era una certezza non rappresenti più alcun faro nella notte.
L'unica garanzia che dovete tenere presente è che il disagio può placarsi solo continuando a cambiare.
Una volta innescato il processo è questa la parte più difficile: tenere fede alla propria posizione senza ricadere nei vecchi schemi che pur se disfunzionali, sono rassicuranti.

Per questo motivo è necessario che di qualsiasi decisione si tratti, venga presa in maniera autonoma e responsabile, perché nessun altro se non voi stesse, poi dovrà portarla avanti.
Non c'è cosa peggiore che ritrovarsi a fare passi avventati perché imposti o anche suggeriti dall'esterno – nemmeno dal terapeuta.
Resta da precisare però, che in situazioni cronicizzate e congelate da tempo, come affermato dalla Shepard nella frase di giovedi, l'unico mezzo per cambiare è rapresentato da un salto di fede.
Avere finalmente fiducia nelle proprie potenzialità e nel fatto che restando immobili tutto rimarrà identico si, ma morto, senza più alcuna spinta vitale.
Dato che il percorso che porta a una scelta di questo tipo ha tempi e modi diversi per ciascuno, voglio però darvi alcuni spunti di riflessione per capire se state evitando di scegliere e in qualche modo vi ritrovate a compensare in altro modo l'ansia determinata dal continuare a stare in una situazione stagnante.
Quando ci sono momenti di tensione, sia nei singoli che nei gruppi (e quindi anche nelle famiglie) vi possono essere dei comportamenti attuati inconsciamente per riuscire a gestire il disagio senza affrontarlo direttamente.
Si tratta de:

  • l'iperfunzionalità: ovvero dedicarsi in maniera totale e completa a un compito, un lavoro, una situazione per gestirla al meglio, perdendo di vista i propri obiettivi e bisogni, ma in questo modo dare un'immagine di sé all'esterno di persona efficiente che sa badare a se stessa, risolvere i problemi, gestire e organizzare tutto in maniera impeccabile.
  • L'ipofunzionalità: attuare un comportamento passivo, apatico, diventando magari personalmente il “problema” dando spazio a comportamenti lungo il continuum che va dalla depressione all'aggressività, usate come modo per opporsi a quello che sta succedendo.
  • La conflittualità: può assumere la strada della coppia o del rapporto genitori-figli, ma in entrambi i casi c'è da chiedersi qual è il vero problema che sta alla radice.
  • L'inseguimento: è tipico di chi si ritrova a rincorrere un partner o un obiettivo sfuggente e invece di vivere la propria vita la dedica a preoccuparsi di raggiungere l'altro.
  • La fuga: è il comportamento complementare all'inseguimento, rappresenta un modo – spesso maschile – di presa di distanza da un problema emotivo cercando alternative e spazi privati, ma allo stesso modo dell'inseguitore, anche l'inseguito non fa altro che dedicare il suo tempo a evitare l'impegno, a scappare, senza riuscire a vivere pienamente.
  • La concentrazione sui figli (o su terzi): si tratta di spostare l'attenzione su un terzo (es. il problema di un figlio oppure sull'amante del coniuge) per non affrontare il confronto diretto che riguarda la coppia.

Questi tipi di comportamenti si strutturano in complesse reti di relazioni, quindi può essere che per un partner che iper-funziona ci sia l'altro che ipo-funziona e sia questo modo di relazionarsi che crea conflittualità ecc...
Come potete immaginare, la definizione di categorie e l'esemplificazione non riesce mai a tenere conto della complessità dell'esperienza individuale, per cui la resistenza al cambiamento è si data da ragioni reali, ma spesso intrecciate profondamente con motivazioni inconsce che solo una ricerca personale può svelare.

Il cambiamento avviene solo se cominciamo a riflettere e a lavorare su noi stesse, anziché continuare a concentrarci e a reagire all'altro.
(Harriet Lerner)

Quindi come al solito, non posso donarvi risposte definitive, ma punti di partenza:

Non sapevo cosa fare. […] Poi però mi sono reso conto che se non mi muovevo, quel terribile momento sarebbe andato avanti per sempre.
(P. Cameron – da “Un giorno questo dolore ti sarà utile”)


[ps. se volete approfondire questo tema, vi suggerisco la lettura del libro della dott.ssa H. Lerner “La danza dell'intimità” 1997 Ed. Corbaccio]

buona settimana
virginia 

giovedì 9 aprile 2015

parole per l'anima #13


A volte il solo mezzo di 
trasporto disponibile
è un salto di fede

Dopo molto tempo nel quale non ti senti più in contatto con te stessa, come se avessi i contorni così sfumati da non riconoscerti, può succedere di chiudersi in un bozzolo di dolore e rassegnazione, immobile nel tumulto di sentimenti che ti travolge come un fiume in piena.



Finché arriva un giorno in cui la vita ti offre l'opportunità di poter cambiare qualcosa, anche una piccolissima cosa che può però rappresentare il risveglio dalla crisalide. 



Come una farfalla appena risvegliata da un lungo sonno, puoi finalmente esprimere il tuo potenziale.
Ma dopo così tanto tempo con le ali fasciate, come puoi sapere di riuscire a volare? 
Qui è necessario un atto di fede. 
Comincia con un salto piccolo, che ti faccia percepire che ce la puoi ancora fare.


Dai spazio alla tua bambina interiore e ricorda come facevi allora



Poi mettiti alla prova nei tuoi spazi quotidiani, domestici... 


Ricorda che si può essere anche in due per saltare... 


Una volta iniziato non potrai più fare a meno di essere te stessa nel mondo, e
quell'iniziale atto di fede si trasformerà in concrete dimostrazioni della tua radiosità




Buon week end
virginia 

(fonte immagini: Pinterest) 

giovedì 2 aprile 2015

parole per l'anima #12


Lunedì abbiamo parlato dei tempi per cambiare, ovvero del fatto che non c'è mai un limite per poter ridare significati alla propria vita (qui). 
Questa frase di Simone De Beauvoir mi è sembrata un'ottimo promemoria per ricordare che essere se stesse è una avventura che può durare tutta la nostra esistenza, proprio perché il senso di identità si modifica nel tempo, oppure a volte può erompere all'improvviso dopo che ci si è trovati a fare "da tappezzeria" a esigenze e bisogni altrui. 


così si manifesta un bisogno insopprimibile di esserci, di uscire dallo sfondo e cominciare a volersi distinguere, a esprimere le esigenze fino ad allora tarpate. 


Questo a volte può essere manifestato anche attraverso un sintomo, che si fa voce di bisogni inascoltati. 


Ma la sofferenza non è sempre negativa: può svelare - facendo luce nelle ombre - tesori inaspettati. 


Si possono scoprire nuovi aspetti di sé, celati, nascosti e giudicati in tempi remoti, ma che oggi hanno molte risorse da esprimere e raccontare


Si tratta di incontrare l'altra sé se stessa, che non aspetta altro di essere svelata 





Per portare nuovi e più armonici equilibri interiori...


Pazientemente riannodare i fili della memoria una volta districati i nodi e i blocchi


Giungendo a incontrare quella donna che eri destinata a essere fin da principio


e danzare con lei in nuovi mondi, perché tutto ciò che è fuori rispecchia ciò che è dentro



quando cambi il modo di guardare alle cose
le cose cambiano.


buon week end 
virginia 

(fonte immagini: Pinterest)