lunedì 30 giugno 2014

Imparare a dire "No"



E' un po' di tempo che non vi parlo di libri.
Oggi voglio ricominciare da un libretto piccolo ma denso di significati importanti e necessario per tutte quelle che hanno bisogno di muovere i primi passi nel mondo dell'autoaffermazione.
Se quest'ultima parola vi provoca una reazione di disagio, questa lettura fa proprio al caso vostro.
L'affermare se stesse viene vissuto da molte donne con senso di colpa e sofferenza, perché viene interpretato come sinonimo di prevaricazione sull'altro o egoismo... è vissuto a volte anche come paura, perché portatore di aspetti di sé che tendono a essere repressi, ovvero ritenuti inadatti, poco educati, inopportuni.
L'autrice, Christel Petitcollin, ci dimostra invece che “è impossibile non dire mai di no”, tanto quanto è necessario conoscere i propri limiti per poi poterli imporre agli altri, pur con tatto e rispetto.




Io aggiungo che se la nostra parte che dice no ci fa paura, è segno che l'abbiamo tenuta al guinzaglio, se non in gabbia, per troppo tempo: è per questo che temiamo che il gatto selvatico che era, si sia trasformato in tigre e possa fare danni irrecuperabili!
Occorre quindi andare indietro negli anni e scoprire quando è avvenuto l'inizio della prigionia e come.
Nel libro si fa riferimento agli stati parentali dell'analisi transazionali di Berne, in maniera chiara ed efficace, che ci spiegano come dentro di noi agiscano di fronte a una stessa situazione molti aspetti che si sono stratificati a partire dall'infanzia e spesso ci condizionano a nostra insaputa.
Ad esempio, se a dire no a qualcuno ci mandiamo il nostro “bambino sottomesso” (tutti ne abbiamo uno, perché rappresenta una fase della nostra vita) è del tutto inutile, tutti i suoi sforzi saranno vani e inconsistenti, a maggior ragione se a punzecchiarlo ci sarà un “tiranno interiore” (genitore normativo esasperato) che lo farà sentire incapace.
Che fare allora?

Ciò che vi propongo è di distaccarvi, di osservare, di capire, di imparare, di testare, di provare, di sbagliare, di ricominciare. In poche parole, di entrare nella dinamica dell'apprendimento.
Ecco i buoni riflessi relazionali da acquisire per essere sicuri di non farsi mettere nel sacco dalle relazioni.
Rifiutate la pressione dell'urgenza. Chiunque ci metta fretta cerca di manipolarci, non fosse altro che per indurci a sobbarcarci lo stress suo. […]
Abbiamo il diritto di non rispondere alle domande. […] si tratta di una scoperta straordinaria che apre nuovi orizzonti di permesso, autoprotezione, intimità difesa e libertà. […]
Concedetevi di cambiare idea.
Non fornite più motivazioni fasulle al vostro rifiuto. Chi ci vive accanto riesce a eludere le obiezioni fasulle con un'abilità pari a quella del commerciante più agguerrito. […]
Non giustificatevi più. “Excusatio non petita, accusatio manifesta” dicevano i latini: ogni volta che ti giustifichi è come se ti dichiarassi colpevole, soprattutto quando non ti è richiesto.
(C.Petitcollin – “Affermare se stessi e osare dire no”
Ed. Punto di incontro, 2007)
Buona lettura!
E se avete bisogno anche di un aiuto dai fiori di Bach, vi consiglio di leggere qui

buona settimana
virginia 

giovedì 26 giugno 2014

Parole per l'anima #25


Una donna non dovrebbe mai investire 
in un rapporto 
che non vorrebbe per sua figlia,
né consentire a un uomo di trattarla 
in un modo per il quale rimprovererebbe suo figlio.

Dato che ne abbiamo parlato in maniera approfondita in queste settimane (se lo hai perso vedi qui, qui e qui). 
Oggi vi lascio alle immagini e alle risonanze di questa frase.











La sua opinione 
non ti definisce 

Buon week end 
virginia 

(fonte immagini: Pinterest) 

lunedì 23 giugno 2014

I legami patologici: come uscirne? [3 parte]



Cominciamo da una premessa paradossale: più sta bene in una relazione, più il predatore avrà bisogno di metterla alla prova, con mezzi di tutti i tipi – dall'esasperare i bisogni per vedere se la compagna lo ama davvero, al tradirla per vedere se lo lascerà o invece sarà disposta a tutto per lui.
La gelosia che manifesta in modalità possessive, che tu magari interpreti come segnale del suo amore, non è altro che il vissuto proiettivo dei suoi desideri di tradire, scappare dalla relazione...
Di fronte agli scoppi di rabbia, le aggressioni verbali o le accuse è inutile portare giustificazioni o evidenze, perché in realtà a nulla varranno. Non riesce empaticamente a mettersi nei panni altrui, perché tutto è attribuito a un difetto del partner.
La donna è un oggetto da controllare, usare, direzionare a proprio piacimento, perché comunque c'è sempre uno stato di diffidenza nei confronti del femminile che deriva spesso dal rapporto disfunzionale con sua madre.
Quando il rapporto finisce – soprattutto se sei tu a farlo finire – non tollererà di non aver avuto il controllo sull'evento, ma comunque lo vivrà interiormente come una liberazione (anche se ti dirà il contrario).
Dopo la separazione, se ci sarà un nuovo incontro, una riappacificazione o riavvicinamento, sarà “speciale” come è stato l'idillio iniziale, ma per un bisogno di sentirsi unico e fondamentale per l'altra, non per una vera volontà di iniziare un nuovo rapporto su diverse basi. Spesso, dopo una prima separazione, cercheranno di instaurare degli incontri mordi e fuggi, con la scusa del ricominciare piano piano... ma soprattutto dopo che gli avete inferto questo colpo mortale, tenderà a farvela pagare tenendovi sulla corda in uno stillicidio di richieste e conferme (questa volta deve proprio essere sicuro di voi, quando invece il primo a non volere assolutamente nulla è lui).
Il suo gioco si basa su questa regola: se io sono così la colpa è tua.
Quindi induce la compagna a fare di tutto per cambiare, sperimentare nuovi modi di essere, di fare, per dimostrargli l'amore ma soprattutto nel terrore che prima o poi arrivi quella perfetta per lui.
Toglietevi dalla testa che esista.
Non un'altra per lui, ma quella “perfetta”.
Un'altra magari arriverà, ma sarà una povera malcapitata che rivivrà esattamente la vostra agonia, magari anche peggio, perché a lei dirà forse che eravate voi quelle perfette per soggiogarla nella solita sudditanza psicologica.
Una regola su tutte. Questi tipi di personalità non cambiano. Non vengono solitamente nemmeno in terapia perché loro “non ne hanno bisogno e sono perfetti”, quindi non ci sono speranze. Nessuna. Mai.

Quanto a te:

La prima cosa che puoi fare è stamparti questo e gli altri post che ho scritto (qui e qui) e leggerli come mantra per cominciare a smontare l'idea di uomo perfetto che ti sei costruita e che pensi di non meritare.

Poi, leggi e rileggi milioni di volte la fiaba di Barbablù nel libro “Donne che corrono coi lupi” della Pinkola Estes (che trovi in un mio riassunto qui) per cominciare a togliere quella modalità autolesionista che ti porta a dire “infondo quella barba non è così blu...”.

Se hai avuto la fortuna di liberarti di lui – si, vale anche se (e soprattutto) è lui che si è liberato di te – non cercare occasioni per avere spiegazioni, per capire meglio, per farti chiedere scusa di quello che ti ha fatto (tanto non lo farà o se lo farà sarà per ottenere qualcos'altro) né concedergli una possibilità di incontrarvi con la scusa che ti deve restituire o recuperare qualcosa (sicuramente in modo tattico si è tenuto un oggetto tuo o ha “dimenticato” da te quell'accendino o quella maglietta o quello spazzolino a cui è così affezionato!) neppure se si tratta dell'offerta di lavoro che aspettavi da tutta la vita e lui all'improvviso si è ricordato di conoscere il migliore amico del titolare dell'azienda – che sbadato, fino a che stavate insieme non gli era proprio venuto in mente! ma siccome ti vuole bene, nonostante tutto, ora ci tiene ad aiutarti. Ti prego digli di no.

Come ti ho già detto lunedì scorso, non provare a fare la psicologa con lui: non smascherare le sue debolezze, metterlo di fronte alle sue difficoltà infantili, non dirgli che hai capito da dove vengono le sue reticenze a impegnarsi. Nel caso migliore negherà tutto e ti dirà che sei tu che hai problemi. Nel caso peggiore invece, userà tutto questo per farti ricadere nella sua tela mortale, manipolarti e renderti di nuovo sua schiava: “dato che lo hai capito, solo tu mi puoi aiutare! Col tuo aiuto ne verrò fuori, te lo prometto”.

Se sei già in preda alla rabbia dovuta alla consapevolezza di tutto ciò che gli hai permesso di fare, non lasciarti prendere dal desiderio di fargliela pagare, dimostrandogli che non ti importa di lui. Non cadere in comportamenti inutili come pubblicare sui social network frasi indirettamente rivolte a lui (accresceresti solo la sua autostima nella riprova che è ancora nei tuoi pensieri) non mettere foto dove sei in posti divertenti, con amici, amiche, col sorriso stampato. Potresti essere ripagata con la stessa moneta (più gli interessi – es. foto di lui con altre donne) oppure accusata di tutto ciò che ti ha sempre attribuito (vedi che avevo ragione, ti basta così poco per dimenticarti di me. Dove è andato tutto il tuo dolore e la tua disperazione? Adesso ti farai tutti...). Viste così possono sembrare frasi sciocche, ma se ti ha tenuta incatenata con vissuti di questo tipo, considera che sei ancora molto vulnerabile su questo piano e potrebbero provocare l'opposto di quello che vuoi.

Se proprio vuoi punirlo, ignoralo, non dargli alcun segnale, informazione o motivo per tenerti anche indirettamente sotto controllo. Sarebbe meglio che tu non avessi contatti neppure con persone di conoscenza comune, che possano riportare frasi, dare notizie sulla tua vita ecc...

Preparati a tutto: nei casi più drammatici, le strategie per ottenere di nuovo un posto di rilievo nella tua vita potrebbero arrivare anche a inscenare sintomi o malattie con la speranza di suscitare in te il senso di accudimento. Non sto esagerando. Alcune donne che ho seguito sono state manipolate nuovamente con notizie improvvise di attacchi di panico da angoscia abbandonica e in caso estremo addirittura di un tumore “ma no, cara, non ti voglio caricare di tutto, vado da solo ai controlli, è un sospetto” svanito ovviamente nel nulla una volta che lei è tornata.

Ultimo punto, ma fondamentale, comincia a lavorare sulla tua identità, rinforza la tua vacillante autostima con letture, percorsi di crescita personale o di psicoterapia.
L'unica che può cambiare in meglio la tua vita sei tu.
Non cercare di cambiare un uomo. Cambia te stessa. E poi cambia l'uomo.

buona settimana
virginia 

lunedì 16 giugno 2014

I legami patologici: come uscirne? [2 parte]




Avevamo lasciato la nostra protagonista ancora annebbiata dai veli (se hai perso la prima parte la trovi qui) in balia dei primi dubbi circa l'ambivalenza e l'incoerenza del suo “uomo ideale”.
Questa è la fase in cui arrivano da parte sua le prime richieste, i tentativi di ripetere alcune esperienze che hanno caratterizzato gli albori del rapporto e che, inspiegabilmente da un certo momento sono sparite. Il predatore non sembra minimamente disponibile a concedere il bis... finché è lui che “concede” e decide di intraprendere imprese esaltanti per sentirsi l'unico va tutto bene, ma quando invece è la partner a chiedere qualcosa allora le sue reazioni sono quelle di un animale braccato senza via d'uscita: cominciano le assenze, gli impegni, i problemi che immancabilmente lo impegnano a non finire, lo stress che gli impedisce di stare bene... così la richiedente non può fare altro che dietro-front, pena altrimenti l'accusa di non amarlo per quello che è, di non capirlo, di pensare solo a se stessa...
E' in questa fase che possono cominciare a instaurarsi in lei una serie di sintomi, di malesseri che la avvertono che qualcosa non va... anche se ingoia il rospo, questo si ripresenta come ansia, crisi di pianto, momenti di tristezza profonda.
La risposta di questo tipo di compagno di fronte alla sofferenza di lei può oscillare dalla negazione, alla derisione, alla svalutazione – come a dire “se stai così, se sei così non sei alla mia altezza. Io ho bisogno di una donna positiva che mi faccia stare bene”
E il vortice della poveretta si fa sempre più stretto e invischiante, soprattutto perché per vergogna o nella speranza che sia solo un momento di passaggio, vive tutto questo in solitudine, oppure se lo racconta a qualcuno trova sempre una scusa per giustificarlo.
Nel caso in cui il predatore abbia già tessuto la sua tela in maniera perfetta, la vittima è già abbastanza isolata e poco in grado di avere spunti di autonomia o svincolo.
Nel caso invece in cui la donna abbia mantenuto una sua vita relazionale, se ha un lavoro che la appaga, amicizie che la sostengono, allora l'uomo dovrà porre in essere manipolazioni più aggressive per limitare la libertà, denigrando gli amici, facendola sentire un niente come compagna, oppure sminuendone il ruolo che ricopre, magari confrontandolo con quello di lui, che apparirà sempre come più importante.
Nei casi più gravi, potrebbe arrivare anche a farle abbandonare il lavoro (“ci sono io che penso a te, che motivo hai di farlo?”), in modo da porre in essere una dipendenza economica da lui che ne sancirebbe il controllo assoluto.
Non importa se il predatore sia nella posizione di compagno/marito o in quella di amante: tenderà sempre a voler controllare la sua vittima. Per lui varrà un peso e per lei un altro. Lui potrà avere degli spazi propri e lei no. A lui sarà concesso essere di cattivo umore e pretendere che lei comprenda, mentre lui al primo accenno di malumore avrà sicuramente altro da fare.
Il tutto condito con battute spiacevoli sui difetti di lei, su quel chiletto in più, oppure la battuta sull'avvenenza di un'altra, giusto per far stare la poveretta nell'incertezza e nel timore che se non sarà alla sua altezza... il mondo offrirà di meglio.
Per la sua donna questo è il peggio che può accadere. Dato che si tratta spesso di una persona che non crede molto in se stessa, l'essere rifiutata per qualcuna migliore rappresenta un incubo, quindi farà di tutto per sfuggirlo.
In realtà, (come abbiamo visto anche qui) anche lui ha un bisogno disperato della sua partner, purtroppo non come lei desidera, bensì come specchio che gli rimandi un immagine di sé grandiosa e appagante, che compensi la sua scarsa autostima che si nutre affondando il prossimo.
L'uomo di questo tipo, spesso ha avuto un'infanzia in cui ha subito ciò che adesso perpetra alla sua amata: il ricatto del tipo “se non sei perfetto, non ti amerò”. Dove perfetto sta per riuscire a soddisfare tutto ciò che il genitore si aspetta da lui, magari veniva usato per gratificare uno dei genitori oppure esaltato ma per alcuni aspetti cui doveva sempre tendere, pena il rifiuto.
A questo punto, mie care lettrici, non pensate di usare questa scoperta per cercare di fargli da crocerossine e salvarlo perché vi dico già che sarebbe tutto inutile: negherebbe qualsiasi verità al riguardo, ostentando sicurezza e raccontando un'infanzia esemplare, oppure adducendo amnesie sul suo passato.
Che fare allora?
Lo scopriremo lunedì prossimo. 

buona settimana
virginia 

giovedì 12 giugno 2014

Parole per l'anima #24





Una goccia nel mare
Un granello di sabbia
Una foglia fra le fronde di un albero
Uno sguardo nel silenzio
Un pensiero amorevole
Un sorriso all'improvviso
Il candore di un bambino
fanno sempre la differenza. 










Buon week end
virginia 

(fonte immagini: pinterest) 

lunedì 9 giugno 2014

I legami patologici: come uscirne?




Il nostro incontro è nascosto da un velo.
Quando il velo cadrà
né tu né io rimarremo
(O. Khayyam)

Ho scelto questa poesia in apertura, perché a mio avviso, riesce a dare come in un colpo d'occhio, l'immagine del rapporto perverso che si instaura in certi tipi di coppie, legami dove si crea una sorta di dipendenza, che nulla ha a che vedere con l'amore.
Omar Khayyam, poeta persiano, descriveva mille anni fa il tutto con una lucida consapevolezza mentre invece di solito, io mi trovo a intervenire sostenendo una delle due parti, dopo la caduta del velo, che trova la parte più fragile rovinosamente a terra.
Il velo è la metafora dell'illusione, rappresenta un filtro che non permette alle due persone di vedersi davvero, perché per sottile che sia, altera le forme e le percezioni.
Quando due esseri si incontrano, in un primo momento è normale essere vittime di proiezioni di bisogni: cerchiamo qualcosa e magari pensiamo di averlo trovato in quegli occhi che ci rispecchiano.
Troppo spesso però cerchiamo solo una parte di noi, piuttosto che un'alterità da accettare e amare.
Nei rapporti “perversi” questo processo può avvenire all'ennesima potenza, con risvolti distruttivi molto gravi.

Vediamone insieme le tappe:

Fase 1 - Il partner “predatore”, può arrivare a cogliere, per una “sensitività” a lui innata (da non confondere con la sensibilità), i bisogni più reconditi della propria “vittima”, per cui farà di tutto per dimostrarle che rappresenta tutto ciò che lei sta cercando da un uomo.

Lorenzo Licalzi, nel suo disarmante romanzo, ci dà una descrizione divertente e allo stesso tempo aberrante di questa tipologia di uomo:

“colgo al volo i desideri più intimi di ogni donna, le fantasticherie inconfessabili, quelle più segrete. Posso essere un padre, un figlio, un nonno se occorre.
Cambio mestiere se è il caso. E sono medico per le ipocondriache, psicologo per le psicolabili, scrittore scultore pittore o poeta per le sognatrici, filosofo per le tormentate, maniaco per le perverse; ma sono anche idraulico, carrozziere, meccanico. Dipende dalla donna, dai luoghi, dalla situazione. […]
Appena conosco una donna con un hobby o un interesse particolare mi precipito in libreria a documentarmi […] e il giorno dopo sono pronto a stupirla. Perché non c'è niente come far credere che, casualmente, si hanno gli stessi interessi che, almeno all'inizio, colpisce, e a me interessa soltanto l'inizio.”
(Il privilegio di essere un guru, 2004)

Il nucleo del bisogno del predatore è proprio nell'ultima frase.
Fare colpo, vedere la sua preda che lo guarda con occhi sognanti, il sentirsi così unico al mondo e degno di adorazione.
Per sentirsi oggetto di tutto ciò, il predatore mette in atto tutte le sue strategie seduttive, e se questo non basta, si mostra a sua volta affascinato, innamorato e perdutamente bisognoso della presenza della vittima, che spesso cede lusingata.
La vittima da parte sua è spesso una persona che può avere una profonda sete di rinforzi alla sua autostima, che ancora non ha strutturato una sua identità autonoma e che dipende dagli altri significativi per definirsi.
Si instaura così un primissimo nucleo simbiotico, dove il predatore fa sperimentare alla vittima che il loro mondo è perfetto solo se sono insieme, che sono una cosa sola, portandola a un progressivo ritiro sociale.
Anche se la partner non è d'accordo con alcune posizioni di lui (dalle quali peraltro appare graniticamente irremovibile) come può contraddirlo, lui così buono, bello, indispensabile, che fa tutto per lei, che magari dichiara pure di aver rinunciato a qualcosa per la loro storia? O di aver fatto per la prima volta azioni impensabili prima!? (donandole l'illusione che lei sia la sola che lo ha fatto capitolare).
All'inizio, inoltre,  il predatore ha bisogno di credere che la sua partner sia perfetta (perché gli rimanda la stessa cosa di se stesso, dato che si sono scelti), per cui cercherà modalità soprattutto indirette per controllarne i comportamenti, i pensieri, le emozioni, al fine di evitare di affrontare la possibilità di un confronto-conflitto.
È qui che nascono i pensieri a voce alta, commenti su altre “poco serie” “donnette” che pensano, fanno e manifestano parti di sé che lui non tollera e presume che anche lei la pensi allo stesso modo (di solito non è così, ma lei si adegua per piacergli).
Queste non sono altro che le basi di ciò che dopo un po' di tempo prende la via dell'accusa del tipo “lo sapevi che ero così, che la pensavo così e all'inizio ti andava bene.”
La partner comincia a essere perplessa: il suo principe azzurro ha dei mutamenti repentini e si trasforma sempre più spesso in un mostro spietato.
Ma come può lei rovinare questo idillio per degli occasionali e brevissimi atti irrispettosi???

[Continua lunedi prossimo...]

buona settimana
virginia 

giovedì 5 giugno 2014

parole per l'anima #23


Rispetta il tuo corpo
è il solo che hai. 

Si avvicinano le vacanze. 
Come ogni anno, dedichiamo una riflessione e uno sguardo benevolo al nostro corpo, non solo come qualcosa da esibire ma come un bene da rispettare e amare. Senza dimenticare un pizzico di autoironia. 
(trovi altri spunti quiqui, qui e qui



Esercizio di amore per il corpo: 
stai di fronte a uno specchio e dire "il mio corpo non è il mio unico valore e io sono favolosa
...e sexy... e sono grande in realtà. 
Io posso essere quello che voglio essere perché io sono impressionante
(poi procedere ad aggiungere più complimenti se lo desiderate) 


Attenzione: riflettersi in questo specchio potrebbe essere distorto da 
idee socialmente costruite di bellezza



tutti i corpi sono belli


"che punto vorresti cambiare prima?"
"la cultura"


Questa è una zona "odio del corpo"- liberata.
Ogni corpo è qui amato e celebrato.


"sexy" non è una taglia
ogni caloria non è una guerra
il tuo corpo non è un campo di battaglia
il tuo valore non è misurato in peso


come ottenere un corpo da bikini:
mettere un bikini su un corpo


buon week end 
virginia

(fonte immagini: Pinterest)