lunedì 30 luglio 2012

Olimpiadi interiori



Ci avevi mai pensato?

Ogni giorno siamo davanti a delle scelte, accadono situazioni dove occorre mettere alla prova noi stesse e cercare di superare i propri limiti, affrontare una difficoltà trovandone soluzioni costruttive e creative.

In questi giorni, guardando distrattamente le gare olimpiche, mi sono concentrata sulle espressioni degli atleti, sui loro volti fermi nella concentrazione del prima, tesi nello sforzo delle gare e poi esplosi in una gioia incontenibile, in smorfie di urla liberatorie, lacrime dense di significati.
Oppure ceduti all'improvviso alla gravità di lineamenti delusi, che tendono verso terra come le emozioni che sopraggiungono dopo la speranza di farcela.

Riflettevo sull'impegno e la costanza che ci vuole nel preparare una gara. Su quanti aspetti sono necessari per riuscire ad affrontare una situazione così importante.

Poi mi son detta che molti aspetti delle nostre vite possono essere paragonati ad una gara e ogni aspetto che non ci soddisfa può essere un limite da sfidare.

Dalle storie delle donne che ho accompagnato, ho imparato che la sfida più grande è quella con noi stesse, che spesso siamo le nostre avversarie più temibili.

Visto che il nostro animo è molteplice, ci sono subpersonalità che remano contro i nostri obiettivi, anche quelli più sentiti: 
La nostra capacità di manipolare noi stessi perché lo zoccolo duro delle nostre credenze non vacilli neanche un po' è un fenomeno affascinante

(Renée in L'eleganza del riccio)

Inconsapevolmente cerchiamo di mantenere lo status quo, quelle sicurezze conosciute che ci danno identità e non minano il nostro sistema di convinzioni.

Anche se certi aspetti non ci piacciono, se ce ne lamentiamo, c'è una forza occulta che impedisce il cambiamento.

Ci difendiamo con frasi del tipo: “sono fatta così... è più forte di me...ormai è tardi per cambiare...ancora non sono pronta...”.

Le riconoscete?
Sono l'ostacolo più grande alla gioia e alla realizzazione di sé.

Vi propongo una sfida olimpica.

Create delle specialità tutte vostre, nelle quali potervi impegnare per vincere.

Createle a partire dal riconoscimento dei limiti.

Ad es. stilate delle frasi come “non riesco a...” “ho paura di...” “voglio cambiare...” e completatele in base ai bisogni che riconoscete nella vostra vita.

Trasformatele in obiettivi da raggiungere.

[es. non riesco a reagire di fronte a (nome o situazione).. può diventare: affrontare (nome o situazione) quando (evento specifico) ]

Mettete gli obiettivi in ordine di preferenza e concentratevi su uno alla volta.

Organizzate un “allenamento”.

In psicosintesi si chiama “agire come se”, ovvero immaginate di essere già in possesso di quella qualità o caratteristica che rappresenta il vostro obiettivo e sperimentate come la agireste nel mondo.

Riflettete se conoscete dei personaggi che la possiedono e osservatene il comportamento.

Studiate e approfondite il significato che ha per voi quella qualità, non limitatevi a desiderarla, occorre possederla, e per farlo bisogna analizzarne ogni più piccola sfumatura. Perché la volete? Cosa immaginate che vi possa portare? Siete proprio sicure di non possederla già in qualche modo? Se si, in quale occasione emerge? Quali possono essere i pro e i contro? Come agirla in maniera costruttiva? Ecc...

(C'è differenza ad es. tra il voler essere coraggiosa per dimostrare qualcosa a qualcuno o per riuscire a esprimersi finalmente in pace con se stesse.)

Mettete in conto la possibilità di sbagliare o di ostacolarvi ancora una volta.

Accettate anche questa parte che preferisce non farcela.

Se avete voglia, provate anche a interrogarvi sul perché ci sia una parte che non ne vuol sapere di trasformarsi. Quali benefici secondari ottiene a rimanere come siete ora?

Allenatevi, allenatevi e allenatevi.

Rendete familiare questo nuovo aspetto e partecipe del vostro quotidiano.

Cogliete i piccoli cambiamenti che succedono al riguardo.

Gioitene come gli atleti delle olimpiadi, anche se si tratta di una piccola tappa intermedia.

Le olimpiadi sono ogni quattro anni. Gli atleti cominciano a prepararsi appena dopo quelle già disputate.

Ricordate che per l'oro, come per l'argento e il bronzo,  occorre tenacia, perseveranza e anche una nuova credenza: quella di potercela fare.

Ricordate che il vostro futuro è creato da tutto ciò che fate adesso.

Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.

(Paloma in L'eleganza del riccio)
buona settimana

virginia
p.s. Se non lo hai ancora letto, L'eleganza del riccio, di Muriel Barbery (2007) potrebbe essere il libro che ti schiude a nuove meraviglie della vita umana e interessanti interrogativi per crescere.

giovedì 26 luglio 2012

Storie di acqua, di emozioni e di pace


Quando ho qualche ora libera e sono nello studio più lontano da casa, amo andare in biblioteca, a scrivere, o anche solo a scovare qualche libro interessante.

È un po' di tempo che volevo parlarvi del tema di oggi, che conoscevo da altre fonti, ma avevo visto un ulteriore libro che ne trattava, proprio in quella biblioteca, così mi riproponevo da settimane di andare a ricercarlo per approfondire l'argomento e citarvi qualche parola del suo autore.
 Ieri mi è venuto in mente di nuovo e l'ho cercato.

Si tratta de “La risposta dell'acqua” di Masaru Emoto (2004, Ed. Mediterranee) – trovi qui il sito ufficiale in inglese - e della sua scoperta circa la proprietà dell'acqua di immagazzinare informazioni sotto forma di vibrazioni.

Non esistono due cristalli di neve uguali”. Da questa evidenza è iniziata la sua avventura di osservazione di ciò che accade all'acqua dopo che viene congelata, dato che i cristalli si formano solo nei pochi secondi in cui la temperatura sale e il ghiaccio ha già cominciato a fondere.

Egli ha esposto l'acqua a diversi stimoli (suoni, parole, preghiere) e osservato che cosa succedeva alla forma in cui i cristalli si organizzavano.

La musica classica dava vita a cristalli completi e armoniosi mentre una musica del tipo heavymetal, con testi di odio e aggressività, originava cristalli spaccati in mille pezzi.
Lo stesso procedimento è stato fatto esponendo l'acqua a determinate parole, scritte su foglietti rivolti verso l'interno dei recipienti trasparenti: parole come “grazie” davano un cristallo completo, mentre “sciocco” o “ti odio” davano un cristallo rotto.
L'acqua cristallizzava armonicamente sia che si dicesse “grazie” in giapponese, inglese, francese, italiano, tedesco o cinese, mentre ne creava uno rotto o spezzato se la parola era “stupido”, in ogni lingua.

"ti voglio uccidere"

"grazie"


La cosa magica consisteva anche nel fatto che la diversa cristallizzazione era come se rispecchiasse i significati sottesi agli stimoli, come ad es. forme diverse in base alle quattro stagioni nell'opera di Vivaldi 

Mentre noi facevamo esperimenti con la fotografia dei cristalli d'acqua, forse senza rendercene conto in qualche momento abbiamo varcato la soglia delle più profonde verità dell'universo.

Intanto una certa fotografia di un cristallo d'acqua mi aveva profondamente commosso. Non ho mai visto un cristallo più bello ed elegante. Veniva da un'acqua che aveva visto la scritta “amore, gratitudine”. L'acqua si è rallegrata e ha sviluppato liberamente la propria forma, proprio come un fiore che sboccia. La bellezza di questo cristallo ha cambiato la mia vita. Questa acqua mostrava come sono importanti i sentimenti dell'essere umano e fino a che punto la coscienza può trasformare il mondo. In Giappone si ritiene che le parole abbiano un anima […] si pensa che soltanto pronunciando le parole si abbia il potere di trasformare il mondo. Le parole influenzano in maniera molto forte la nostra coscienza. […] le parole manifestano sentimenti. I sentimenti con i quali viviamo modificano l'acqua che costituisce il 70% del nostro corpo. L'essere umano è acqua.


Ma che cos'è la deformazione del mondo? È la deformazione dei sentimenti che influenza l'intero universo. […] Ma non c'è da preoccuparsi. La possibilità di salvezza esiste. Essa è “amore e gratitudine” (pag. 19-20).

"amore e gratitudine"


Le foto ottenute dimostrano che risulta un bellissimo cristallo anche utilizzando la parola amore da sola, ma se si utilizzano “amore e gratitudine” insieme, la qualità si eleva: il cristallo brilla come un diamante. È risultato anche evidente che il cristallo di amore e gratitudine assomiglia di più al cristallo gratitudine da solo, che a quello di amore da solo. Ciò significa che sono soprattutto le vibrazioni di gratitudine ad esercitare l'influsso determinante.

L'amore è un'energia attiva: è dare affetto incondizionato.
Gratitudine invece è l'energia dell'accettazione. Si è grati per qualcosa che si è ricevuto.
La parola dunque è vibrazione, ma anche messaggera di un'energia in base al messaggio che emana.

al solo guardarla, l'acqua modifica in ogni attimo il proprio volto. Lo sguardo è energia. Uno sguardo lanciato con buone intenzioni ha un effetto corroborante. Al contrario uno sguardo cattivo, pieno di intenzioni ostili, sottrae energia.” [...]“Guardare significa influire”.
Egli infatti cita anche l'esperimento del riso: prendendo due recipienti con riso bollito, a uno viene detto “grazie”, all'altro “sciocco”, quotidianamente per un mese. Il primo ha fermentato ed è diventato lievito, mentre il secondo è diventato nero e marcito. Una versione diversa include un terzo recipiente con riso che viene “ignorato”. Quest'ultimo è marcito più velocemente del secondo. L'esperienza è stata ripetuta molte volte e in diverse parti del mondo e ha dato sempre gli stessi risultati: fa più male essere completamente ignorati che insultati, mentre la forza immunitaria è la gratitudine.
Tutto nasce dalla coscienza dell'essere umano. È lei che crea il mondo”

Allora come dobbiamo vivere? La gratitudine desta sentimenti di amore, l'amore porta a un sentimento di gratitudine, e come l'acqua si diffonde in tutto il mondo. […] Finora abbiamo saccheggiato e inquinato la terra. L'acqua ricorda ogni dettaglio di questa storia. E adesso ha cominciato a parlare e, attraverso i cristalli ci manda un messaggio. Proprio adesso dobbiamo scrivere una storia nuova. L'acqua osserva in silenzio il corso dell'umanità. Tutti noi viventi siamo osservati dall'acqua. Che dobbiamo fare di questa consapevolezza? Accogliamo in noi tutto quello che l'acqua ha da insegnarci. E poi raccontiamolo ad altre persone.” (pag. 161)

Io lo sto trasmettendo a voi.

L'opera di Masaru Emoto è stata ovviamente osteggiata dal mondo scientifico ufficiale, perché ad avviso di molti, non riesce a rispettare i criteri per una dimostrabile rilevazione oggettiva.

A me questo non importa. Io voglio leggere fra le righe della scoperta e proprio lì, vedo un messaggio più ampio, di bisogno di nuova armonia e rinascita nei nostri atteggiamenti, relazionali e verso la natura.

Credo che i messaggi di pace, comunque siano concepiti e da qualsiasi fonte vengano, non siano mai abbastanza.

Arrivata all'ultimo capitolo del libro, c'è una sezione chiamata “Progetto d'amore e ringraziamento all'acqua”, che si esprime come preghiera di amore e ringraziamento all'acqua, che mantiene il nostro corpo in vita e successivamente anche a tutta l'acqua che è presente sul pianeta terra.

Non immaginate la mia sorpresa quando due righe più sotto ho scoperto che la giornata mondiale dell'amore e del ringraziamento dell'acqua si svolge il...25 luglio!!

Proprio ieri, mentre scrivevo queste parole.

Forse ha proprio ragione Emoto, le vibrazioni di certe intenzioni, travalicano i confini che ci imponiamo e si diffondono ovunque, se vogliamo. Ma questa è un'altra storia ancora (e comunque la trovate nel suo libro).

Che ne dite se questo fine settimana siamo più attente e consapevoli dell'acqua che usiamo e grate di tutto ciò che riceviamo?

Buon week end
virginia

p.s. trovate sui books di google un'anteprima di un libro precedente (L'acqua che guarisce), con foto meravigliose, cliccando qui

mercoledì 25 luglio 2012

Infedeltà: tipi e modi secondo una ricerca francese



Oggi voglio riportare i risultati ottenuti da due studiose francesi, Charlotte Le Van e Didier Le Gall, che hanno condotto un’indagine ( Les Quatres visages de l’infedeltè en France . Une enqueste sociologique, 2010. Payot Paris) durata due anni nelle regioni di Parigi, Normandia e Bretagna, cercando di ricostruire la bibliografia sessuale di 50 infedeli , 31 donne e 19 uomini di età compresa fra i 19 e 67 anni, di varia estrazione sociale .

L’analisi del materiale rive­la una grande varietà di esperienze e una molteplicità di possibili determinan­ti. Tentare di tracciare un pro­filo unico del fenomeno è quindi impresa votata al fallimento in partenza, cosicché si è ela­borato una tipologia delle diver­se forme d'infedeltà incontrate, cioè un modello esplicativo ba­sato sui criteri distintivi dei soggetti.

Al di là delle esperienze singo­le, risulta che due logiche con­trapposte strutturano la diversità dei comportamenti, che oscillano fra due grandi poli, indicati con i termini "infedeltà re­lazionale" e "infedeltà persona­le". L'infedeltà relazionale deriva da insoddisfazione nei rapporti con il partner e si spiega in ri­ferimento ai problemi di coppia. L'infedeltà personale, invece, non è direttamente legata al vissuto coniugale e si spiega alla luce della personalità dell'infedele e della sua traiettoria di vita.

Questa distinzione permette di tracciare sommariamente un primo schizzo dell'infedeltà nel mondo contemporaneo, ma fra questi due poli esiste un ampio ventaglio di situazioni che confi­gurano quattro modalità distin­te, i quattro "volti dell'infedeltà" che danno il titolo alla ri­cerca. Questi a loro volta si de­clinano su vari registri che ne costituiscono altrettanti sottoti­pi. La struttura della ti­pologia si può riassumere nello schema che segue.

Infedeltà relazionale
Volto 1 - Infedeltà risultante da un’insoddisfazione di ordine intimo
Sottotipi:
Infedeltà passo falso
Indefeltà per disamore
Infedeltà compensatoria

Volto 2 - Infedeltà strumentale
Sottotipi
Indedeltà per pretesto
Infedeltà per vendetta
Infedeltà per fuggire alla propria condizione

Infedeltà personale

Volto 3 - infedeltà come esperienza

Volto 4 -  infedeltà come componente normale di coppia
Sottotipi
infedeltà cronica
infedeltà per principio


Nel primo caso, quella personale,  l’infedeltà nasce da un’intima insoddisfazione. In questi casi il discorso degli intervistati esprime spesso la sensazione di una carenza, sia essa di intesa sessuale, di comunicazione, di comunanza d'interessi, di senti­menti che si vanno spegnendo. Se i malintesi nella coppia so­no i più vari, tutti gli infedeli di questo tipo cercano di colmare il vuoto che avvertono nella con­vivenza o nel matrimonio investendo in una relazione comple­mentare e compensatoria.

Le forme che può assumere un'infedeltà di tal genere sono tuttavia diverse. Quando l'indi­viduo momentaneamente reso fragile dalle traversie di coppia si lancia di colpo in una relazio­ne, abbiamo a che fare con una tipica infedeltà-passo falso. Chi invece è totalmente coinvolto nella vita di coppia, soprattutto a causa dei figli, ma non regge più alla frustrazione che sente nei rapporti con il partner, stabi­lirà una relazione extraconiuga­le che tende a durare nel tempo, nella misura in cui gli permette di sopportare la routine familia­re: è l'infedeltà compensatoria. Quando infine si è rinunciato a investire nella vita di coppia e si profila la rottura, abbiamo l'in­fedeltà per disamore.

Nel secondo tipo d'infedeltà, esclusivamente femminile nel campione, la relazione ex­traconiugale è puramente stru­mentale: ha la funzione di pro­vocare la rottura con il partner (infedeltà pretesto), di vendicar­si per la sua infedeltà (infedeltà per vendetta) o di sfuggire alla propria condizione. In quest'ul­timo caso le donne, stanche di subire la loro esistenza, cercano nella nuova relazione uno spa­zio di libertà e di valorizzazio­ne di sé, talora il mezzo per rag­giungere un ambiente sociale più favorevole.

Nel terzo tipo, che riguarda es­senzialmente giovani precoce­mente inseriti in una relazione di coppia, l'infedeltà si pone co­me un'esperienza di vita, quasi indispensabile per costruire se stessi in maniera più completa, piuttosto che sulla base esclusi­va dell'unione monogamica.

Infine, l'infedeltà vissuta co­me componente normale della vita di coppia è propria di indi­vidui apparentemente soddisfatti nella relazione con il partner, che nutrono tuttavia un biso­gno irresistibile di vivere storie alternative. È il caso qui di fare una distinzione fra quella ricer­ca compulsiva di nuovi partner che configura un comportamen­to "patologico" (infedeltà croni­ca) e la rivendicazione del libero amore in nome di una filosofia di vita edonistica e di un ruolo pri­vilegiato attribuito alla sessualità e alla seduzione nella costruzio­ne di sé (infedeltà per principio).

Questa tipologia, basata sul­le motivazioni che spin­gono a tradire il partner, mostra che i significati assunti dall'infedeltà nella vita contem­poranea sono diversi e variega­ti, non riducibili unicamente alla soddisfazione di un puro bisogno sessuale o all'insoddisfazione per la vita di coppia, in quanto que­sti comportamenti rimandano talvolta solo alle caratteristiche individuali del partner infedele.

Resta il fatto che l'infedeltà an­cora oggi si inserisce in contesti e tipi di coinvolgimento molto di­versi a seconda del genere. Ciò dipende in parte dal modo dif­ferenziale in cui uomini e donne apprendono lo sfasamento sesso/ affettività e dal ruolo più o meno importante che attribuiscono al­la sessualità nella costruzione di sé. Gli uomini infatti sviluppano più spesso un orientamento indi­vidualistico in campo della ses­sualità, mentre le donne privile­giano la stabilità di coppia.

Se è vero che il sesso senza amo­re appare oggi socialmente più ac­cettabile, presso le donne è anco­ra poco frequente e rientra per lo più in un aspetto particolare o marginale della loro biografia erotica. È il caso di quelle che praticano l'infedeltà come prete­sto o come vendetta: un'avven­tura senza prospettive future, vissuta come una parentesi nel­la propria vita sessuale. Vicever­sa nelle donne, allo stato attuale poco numerose, che praticano un’infedeltà cronica e programmatica, è relativamente comune il sesso senza amore. Pur facen­do proprio questo tipo di sessua­lità, sembrano averlo adottato a seguito di una biografia erotica molto particolare: rapporti ses­suali forzati, una storia d'amo­re tradita di cui serbano ancora la nostalgia. È questo doppio di­sincanto, a quanto pare, a per­mettere loro di vedere il rappor­to fra sesso e sentimento in una maniera che si discosta dal mo­dello femminile dominante.

Quanto agli uomini, è più co­mune che coltivino la sessualità senza amore. Un fatto che colpi­sce è l'incapacità di alcuni di lo­ro di dedicarsi con la compagna di vita a certe pratiche sessua­li che riservano ai rapporti ex­traconiugali. Questa osservazio­ne induce a pensare che ancora oggi nel loro comportamento sessuale sia in vigore 1'antica distinzione fra l'immagine della donna sposa/madre e quella del­la cortigiana/prostituta.

D'altra parte ci sono due ma­niere diverse di instaurare l’'in­fedeltà, a seconda del genere: le donne per giustificarla chia­mano in causa una delusione, un tradimento, il fatto di avere in un certo senso fatto fronte ai propri doveri rispetto alla vita di coppia, mentre gli uomini non sentono il bisogno di giustificar­si in alcun modo. Ciò fa pensa­re che la cosiddetta liberazione dei costumi non abbia modifica­to radicalmente in questo campo le disparità di rappresentazione e di potere fra i generi, disparità che non ha niente a che vede­re con un' opposizione naturale fra maschile e femminile, ma di­pende dall'introiezione di ruoli sessuati soprattutto attraverso una socializzazione differenzia­ta all' amore e alla sessualità.

Evi

lunedì 23 luglio 2012

Cinquanta sfumature di...donna.



Se ne fa un gran parlare, soprattutto in questo periodo dell'anno in cui c'è la caccia al libro da portare sotto l'ombrellone e da godersi in pace nel relax di giornate oziose.

Sui media si parla del boom della trilogia della britannica E.L. James, la quale sotto iniziale pseudonimo, ha scritto ben tre libri di genere erotico (Cinquanta sfumature di grigio, di rosso e di nero), che hanno risvegliato i sensi delle suddite dell'algida regina Elisabetta, oltre a quelli delle cugine di oltreoceano e che ora lambiscono anche le fantasie delle donne italiane.

Addirittura, ci sono studi sociologici che attribuiscono alla lettura di queste roventi pagine, il boom delle nascite che ci sarà l'anno prossimo, stimato sui commenti entusiasti delle donne inglesi su vari forum.

Ritengo importante sottolineare questo entusiasmo.

Ritengo – schierandomi con il grande Hillmann – che la psicoterapia (e gli psicoterapeuti con lei) non possa essere slegata dalla realtà che c'è fuori dalla stanza dove la persona si svela.

L'entusiasmo delle donne per libri di questo tipo, ci dà un messaggio importante.

La sessualità è una dimensione fondamentale della vita di coppia, spesso relegata ai margini per il poco tempo, per la noia degli anni che passano, per “l'impegno” necessario a mantenerla in vita in maniera complice e sempre nuova.

Qui non si tratta di rivendicazioni sulla libertà sessuale: quella c'è da molto tempo, ma quello che forse è mancato è il riuscire, da parte delle donne, a portare questa libertà anche nella coppia, riuscire a vivere una sessualità autentica col proprio partner, non solo con se stessa.

Tante donne ancora si vergognano di manifestare un bisogno diverso dal solito al proprio compagno, di svelare una fantasia, di mostrarsi in una parte di sé che osa e sta sopra le righe... perché hanno paura di essere giudicate o condannate, perché il partner stesso, quando hanno osato farlo è andato in crisi profonda, in preda a paure di tradimento o ansie da prestazione.

Sento ancora troppe donne che si lamentano che il loro partner ha un modo di toccarle che non le soddisfa, che gli uomini svolgono meccanicamente certi cliché di accoppiamento senza lasciare spazio ad altro... ma allo stesso tempo, sono loro stesse che non riescono a comunicare queste necessità, per paura, timidezza, orgoglio... o perché si è sempre fatto così...”cosa penserebbe se adesso me ne venissi fuori con altri bisogni?” si interrogano...

Quindi la realtà è anche un'altra: le donne si scoprono nella loro sessualità strada facendo.

La scoperta del proprio corpo, la curiosità, il conoscere – anche attraverso libri come “cinquanta sfumature di grigio” – che ci possono essere diversi modi di accedere alla fase eccitatoria, esplorare le diverse zone erogene o superare tabù imposti da un'educazione molto rigida... sono tutti modi di imparare a conoscere se stesse e il proprio modo di provare piacere, in un percorso che raramente è chiaro fin dalle prime esperienze sessuali, ma che rimane comunque una realtà soggettiva che deve essere in accordo con la specificità di ciascuna.

Alcuni studi ci dicono che la maturità e la pienezza sessuale femminile giunge intorno ai quarant'anni, quando finalmente la donna, grazie alle esperienze di vita e alla progressiva liberazione da vincoli interiori, può godere del proprio corpo come più desidera. È chiaro che questo processo è diverso per ognuna, ma in generale si svolge in un crescendo che allarga gli orizzonti e crea domande che esigono risposta.

Come possono le donne essere libere col marito se non lo sono con se stesse? Come possono svelarsi se fino ad oggi non l'hanno fatto? Per prima cosa: dialogo. Seconda cosa: coraggio e sincerità.

Ecco che allora, la lettura di un libro può diventare il tramite di una nuova comunicazione, il veicolo di desideri inconfessati, la riscoperta di una intimità necessaria, benefica per entrambi.

Il famoso libro, pone l'accento sulle sfumature in cui si dipana la personalità del signor Grey, ma non bisogna mai scordarsi che il processo coinvolge entrambi i partner, dunque il compagno, può e deve riconoscere con maturità, che le stesse sfumature sono presenti ed esigono espressione anche da parte della donna.

È vero che la sessualità maschile è attivata diversamente da quella femminile: un uomo si eccita in prevalenza con gli occhi, stimolato dalle immagini di un nudo, mentre la donna ha bisogno di evocare l'immaginario, di creare un'atmosfera che non è necessariamente affettiva, ma comunque una dimensione di agio dove potersi abbandonare al piacere.

Quando un uomo però accede e condivide con la sua partner questa atmosfera, l'intero “incontro” ne trae giovamento. Lei può concedersi di lasciarsi andare a nuove sperimentazioni, a mostrare a lui di quanta ricchezza è fatta la sua intimità, osare essere una donna nuova e diversa anche se in un tempo magico e sospeso; lui può farne la sua dea, coinvolgendosi con tutti i sensi in uno spazio sacro che unisce le anime oltre ai corpi. Quando nella coppia c'è una sana allenza, quando ci si affida e ci si fida, quando si può giocare a interpretare ruoli diversi, si percepisce una forza magica.

Se questo accade, successivamente, anche nel tran tran quotidiano, la relazione avrà nuovo slancio ed energia.

Buona settimana

virginia

ps. Se volete approfondire l'argomento con un testo specifico, vi suggerisco "Nel giardino del desiderio. Il mondo segreto delle fantasie erotiche femminili" edito da Frassinelli e scritto dalla psicologa Wendy Maltz Suzie Boss. 

giovedì 19 luglio 2012

Una trappola, due nomi: rimorsi e rimpianti



Preferisci essere attanagliata dai rimorsi o affogare nelle lacrime amare del rimpianto?

Non è una scelta facile... anzi, è la non-scelta per eccellenza, perché sono sentimenti che spesso si provano a posteriori, quando ormai la scelta è stata fatta, non sempre in maniera consapevole.

In entrambi i casi si tratta di fare i conti con l'errore, con la nostra paura di sbagliare o di farlo di nuovo.

Il rimorso è quel senso di pesantezza e colpa che non ti abbandona mai, ti torce lo stomaco e ti fa dire “come ho potuto...” - a suo favore ti dici, prima di compiere il fatto, che preferisci vivere con l'errore che con l'incompiuto, ma dopo, nel farci i conti, è tutta un'altra storia...

Il rimpianto è invece un languore senza fine, un infinito elenco di “se...” che tornano ostinati su un tempo mai stato, impedendo il presente – non te ne accorgi subito, necessita di giorni dilatati, a volte anni, per emergere con tutto il suo peso zavorrante.

Che proviamo l'uno o l'altro, conseguenza comune è il nostro blocco.

Non esiste ricetta preconfezionata che porti soluzioni, non ci sono escamotage per ovviare al problema, né risposte definitive di esperti che possano porre fine al dilemma.

Ci puoi essere tu e la tua vita.

Ci sei tu e le persone coinvolte o non coinvolte in quello che è successo. È questo è già qualcosa, perché può anche essere il caso che le persone non ci siano più.

Ci sei tu, quella parte di te che eri allora e quella che puoi essere oggi.

Perché se sei qui a porti la questione è segno che qualcosa dentro è cambiato. Oppure sta cambiando. Anche se ti senti la stessa.

Il rimorso e il rimpianto non si possono eliminare, perché fanno parte delle nostre esperienze e quando arrivano, possono diventare preziosi alleati per un cambiamento di prospettiva.

Quello che ci blocca è la convinzione che non si può riparare all'errore, ma anche quella che ci fa dire che certe occasioni ormai son perdute e non torneranno più.

È vero. Ma solo se si resta legati a quella occasione laggiù. Quella è vero che non torna.

E, si, è vero che se hai sbagliato non puoi tornare indietro nel tempo, ma all'errore si può sempre riparare in qualche modo, donandogli un nuovo senso nel disegno più ampio della vita.

Da questo momento, ogni volta che ti verrà fatto di cadere nella trappola del rimorso o del rimpianto, chiediti:

Cosa posso fare di diverso oggi, che allora non ho fatto? Quale atto di coraggio è necessario? Posso chiedere scusa a qualcuno?

Come posso ri-allineare, oggi, la mia vita su quella via che credo perduta?

Se non posso recuperare la persona, la situazione...cosa posso far mio di quell'esperienza per non sbagliare più? Cosa mi ha insegnato?

Fai abitare le risposte nei tuoi giorni, nelle tue relazioni.
Ricorda che qualsiasi crisi nasconde una nuova opportunità.

Questi sono i primi passi per uscire dalla trappola e riappropriarti del timone della tua vita.
virginia

lunedì 16 luglio 2012

La tua vita è un'opera d'arte



Sono stata in vacanza.

Ma la mia voglia di scandagliare i significati dell'esistenza non si prende mai una pausa :-)

Uno di questi giorni ero in una stupenda spiaggia di ciottoli neri, davanti a un mare di cristallo azzurro-verde e la mia attenzione è stata catturata da una piccola scultura di sassi sovrapposti, che si ergeva solitaria in una distesa di pietre levigate.

Un piccolo dolmen fatto di equilibri sospesi e tanta attenzione.

Ispirata da quella opera d'arte, ho provato a riprodurla [e mio marito con me ;-) ], usando pietre diverse e cercando trame di sasso che potessero combaciare per rendere possibile la sfida alla gravità.

È un lavoro paziente che non vuole fretta, fatto di concentrazione, esigente maestro di accuratezza, applicazione, impegno.

Non basta mettere le pietre una sopra all'altra, ci vuole mano zelante, mente ferma e placida emozione.

Ecco i nostri  risultati.





Ho scoperto che c'è una vera e propria disciplina zen – la stone balancing – che è anche una forma meditativa.

Infatti, mentre costruivo passo dopo passo la mia opera, sono entrata nelle forme, nei colori, in ogni più minuto particolare, astraendomi da tutto il resto.

Contemplando alla fine il risultato mi è arrivata questa considerazione.

Queste torrette di pietra sono come le nostre vite: ognuna è unica e irripetibile, frutto di quel momento, dell'unione magica di elementi diversi fra loro nella forma e composizione, nei colori, nelle sfumature.

Ogni vita è costituita da elementi sovrapposti, da equilibri precari, da errori che in un momento fanno vacillare la fiducia di farcela, da cadute rovinose che ti obbligano a ripartire da capo, da momenti di euforia dopo un traguardo raggiunto, da attimi di semplice felicità perché tutto va come deve andare.

La vita di ciascuno è una continua opera di costruzione. Un'opera d'arte in progress.

La tappa successiva tiene conto di quella precedente, proprio come il sasso che sovrasta deve fare i conti con quello che sta sotto, per trovare la sua posizione ottimale.

A volte è facile. A volte è difficile. Molto difficile.

Puoi avere a disposizione tante pietre di varie forme e superfici, di modo da poter scegliere quelle più semplici o congeniali, così come averne solo di poche e impossibili, con le quali comunque fare del tuo meglio per creare un equilibrio, o qualcosa che gli si avvicini.

Il problema è che a noi piacerebbe invece, al posto dei vacillanti sassolini, avere sempre a diposizione i cubetti lego, quelli di quando eravamo bambine, che magicamente trovavano l'incastro perfetto sotto le nostre dita, che ogni giorno diventavano sempre più abili a erigere colonne che svettavano fiere e composte.

Siamo alla continua ricerca di certezze e fondamenta di cemento armato per i nostri sogni.

Invece questi si realizzano percorrendo strade tutte loro, oppure non si realizzano, ma anche nel fallimento c'è un significato nascosto, una lezione da imparare.

Contrariamente ai mattoncini perfetti, le tappe dell'esistenza sono imperfette, come le pietre.

Le stesse pietre però hanno una storia. Non nascono con quella forma, ma sono levigate dal mare, dal vento, dalla pioggia... come le nostre vite sono plasmate dalle lacrime, dai sorrisi, dal rapporto con gli altri.

Non sono mai stata incline alla credenza che tutto è già scritto.

Il nostro intervento è fondamentale. Sempre.

Anche se non si possono cambiare le cose, possiamo dar loro la nostra impronta, dare un equilibrio di senso dove apparentemente non c'è, modificare di qualche centimetro la posizione e far sì che ciò che è caduto possa di nuovo provare a sfidare la gravità.

E quando ci riusciamo è un traguardo ancora più grande.

Certamente non è più possibile avere i solidi mattoncini, ma si può invece recuperare lo sguardo con cui da bimbe guardavamo alla nostra piccola e grande costruzione: occhi pieni di soddisfazione e meraviglia.

La nostra vita, così come la torre di sassi, è un'opera d'arte, che acquista bellezza e significato per chi la coglie, non per chi la giudica.

Oggi, voglio rendere onore all'opera d'arte che c'è in ogni vita. Anche nella tua.

Ben ritrovate e buona settimana a voi.

virginia

lunedì 2 luglio 2012

Il diritto di famiglia che non c'è



Purtroppo come avvocato matrimonialista denuncio che se in Italia la giustizia è cieca, nel diritto di famiglia è anche sorda.
La riforma di legge Paniz che vorrebbe ridurre il tempo tra separazione e divorzio ad un anno se non ci sono figli e a due anni in caso di prole continua a incontrare ostacoli.
Da chiarire che in quasi tutta Europa esiste solo il divorzio. In Italia i processi sono troppo lunghi e molti italiani hanno dato vita al turismo divorzile, tanto che 8.000 coppie in 7 anni hanno divorziato all’estero. Il legislatore italiano deve prendere atto della situazione e portare l’Italia nell’Europa dei diritti delle persone.
Ancora in Italia non sono riconosciuti i patti prematrimoniali, che in Italia non sono riconosciuti e che ridurrebbe la preoccupante congestione dicause in Tribunale e consentirebbe agli italiani di scriverele regole dei loro matrimoni in assoluta libertà, fermo il divieto di clausole vessatorie in danno di uno dei coniugi
Ma vi è di più : in Italia manca la specializzazione dei magistrati in diritto di famiglia, i giudici si occupano un po’ di tutto e a ciò si aggiunga la frammentazione delle competenze giurisdizionali che è data dall’esistenza del Giudice Ordinario, del Tribunale per i Minorenni e del Giudice Tutelare.
I magistrati per primi disattendono la l.54/2006 e non la rispettano, violando sistematicamente il diritto dei figli alla bigenitorialità.
Inoltre la mediazione familiare pur prevista viene osteggiata.
Le separazioni e i divorzi sono guerre con morti e feriti. La mediazione familiare sarebbe allora uno strumento per educare gli italiani a“litigare con civiltà, abbassando i toni e mitigando la rabbia di chi deve affrontare un percorso difficile quale la separazione.
Purtroppo quindi l’Italia, pur essendo parte importante dell’Unione Europea, è distante anni luce dagli altri Paesi sul piano della tutela dei diritti delle persone e sul piano della qualità giustizia familiare.
E quindi assisto ogni giorno a violazione di diritti senza nulla potere , in quanto molte persone non possono permettersi a livello economico un appello o una revisione.

Evi