lunedì 26 agosto 2013

A lezione da nonna strega... (2 parte)


 
 
Orbene, nonna strega (se hai perso la prima parte la trovi qui) mi aveva invitato a guardare con occhi puri e audacia la realtà per andare al di là di ciò che appare...di andare oltre il famoso velo di Maya.

Riprendo il vecchio manuale di filosofia e mi immergo quindi nello studio di Schopenhauer , il filosofo che riprese il concetto del velo di Maya.

Schopenhauer ricava da Kant i concetti di fenomeno e noumeno.

Il fenomeno è il prodotto della nostra coscienza, esso è il mondo come ci appare, mentre il noumeno è la cosa in sé, fondamento ed essenza vera del mondo.

Il fenomeno materiale è dunque per Schopenhauer solo parvenza, illusione, sogno: tra noi e la vera realtà è come se vi fosse uno schermo che ce la fa vedere distorta e non come essa è veramente: il velo di Maya di cui parla la filosofia indiana, alla quale Schopenhauer spesso si rifà.

Il mondo dunque è una propria rappresentazione, una propria illusione ottica. Schopenhauer ritiene che la rappresentazione, cioè la realtà che ci si para davanti, sia nient'altro che una fotocopia mal inchiostrata, celante la vera realtà delle cose (da questa asserzione traspare l'influenza dello studio di Platone).

Per poter giungere alla realtà noumenica, quella vera, non si può quindi percorrere la strada della conoscenza razionale.

Secondo il filosofo, è attraverso il corpo che scopriamo che la realtà delle cose ci concerne, siamo nel mondo come una sua parte; difatti vogliamo, desideriamo certe cose e certe altre le evitiamo, rifuggiamo il dolore e ricerchiamo il piacere.

Proprio questo ci permette di squarciare il velo del fenomeno e cogliere la cosa in sé. Infatti, ripiegandoci in noi stessi, scopriamo che la radice noumenica del nostro io è la volontà: noi siamo volontà di vivere, un impulso irrazionale che ci spinge, malgrado noi stessi, a vivere e ad agire. Tuttavia la volontà di vivere produce incessantemente nell'uomo bisogni che richiedono soddisfazione: desideri, che sono dunque reazione ad un senso di mancanza, di sofferenza.

Difficilmente tutti i desideri si realizzano, e la mancata realizzazione di alcuni di essi causa un'ulteriore, più acuta sofferenza. Ma, anche quando un desiderio viene soddisfatto, il piacere che ne deriva risulta essere solo di natura negativa, soltanto, cioè, un alleviamento della sofferenza provocata da quel prepotente bisogno iniziale; bisogno che subito riappare in altra forma, pronto a pungolare con nuovi desideri l'affannata coscienza umana.

E quando pure l'uomo non viva nel bisogno fisico e nella miseria, quando nessun effimero desiderio (invidia, vanità, onore, vendetta) gli riempia i giorni e le ore, subito la noia, la più orrenda e più angosciosa di tutte le sofferenze, si abbatte su di lui:

«Col possesso, svanisce ogni attrattiva; il desiderio rinasce in forma nuova e, con esso, il bisogno; altrimenti, ecco la tristezza, il vuoto, la noia, nemici ancor più terribili del bisogno.»

«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia.»

La vita umana è quindi un alternarsi di dolore e di noia, passando per la momentanea sensazione meramente negativa del piacere.

Il dolore è la realtà prima, e la felicità non è che la negazione di questo positivo ontologico e antecedente cronologico, per cui la negatività della felicità sta nel fatto che sarà sempre liberazione da un desiderio, un dolore, un bisogno (sempre deficiente rispetto all'incolmabilità del desiderio).

Questo secondo Schopenhauer. E per me?

Non posso che riconoscermi in lui, almeno in questo momento.

Butto metafisicamente a mare tutti i libri di Positive Thinking di cui ho cercato invano di nutrirmi in questi molti anni.

Mi viene l'orticaria pensando a tutti quei corsi con persone sorridenti e di cuore a cui ho partecipato, il cui unico bieco fine era solo fare leva sul tuo cuore per rimpinguare il loro portafoglio.

Ma riconosco in essi una valenza: mi hanno insegnato a fidarmi del mio intuito e del mio sentire , ad avere fiducia in me e nelle mie sensazioni.
 
 

Prima di parteciparvi, mi mettevo sempre in discussione.

Possedendo una mente aperta al dialogo e al confronto,molto spesso mi facevo convincere dagli altri e intraprendevo esperienze che non mi appartenevano...

Ora non più! Se qualcosa sento non fa per me semplicemente non la faccio,anche se è socialmente utile e pregevole o politicamente corretta.
 

Ad esempio le cene. Io odio andare a cena, perché preferisco alla sera mangiare a casa, andare a letto e leggere un libro piuttosto che aspettare due ore un cameriere che mi serva la cena ed ingannare il tempo facendo conversazioni per lo più inutili.

Se devo parlare di lavoro preferisco il pranzo e se voglio parlare con un amico lo invito da me o vado da lui. Sono così e semplicemente lo dico, sorbendomi a volte occhiate di stupore e se mi va male di disapprovazione.

Ma questo perché ho eliminato, o almeno tentato di eliminare, il concetto cristiano del sacrificio che porta al bene, sostituendolo al principio del rispetto e dell'amore verso di me in primis e poi verso gli altri.

Gesù, che per inciso per me è stato un grande Profeta, predicava "Ama il prossimo tuo come te stesso" , ma prima bisogna imparare ad amare se stessi .

E non è così scontato o facile amarsi quando si è nati con il peccato originale e in un collettivo dove bisogna sacrificarsi ...

Ma di questo ne parlerò al prossimo post.

Con amore

Evi
 
(Foto da Pinterest)
 
Max Gazzé - Sotto Casa (2013)

martedì 20 agosto 2013

I centri dimagranti...delle nostre tasche


Segnalo disavventure ed inconvenienti con centri dimagranti.

Il sogno di ottenere, senza eccessivi sacrifici e in tempi brevi, forma fisica e corpo perfetto secondo i modelli che riviste ed emittenti continuano a proporre quali simboli di bellezza e di successo, spinge, infatti, molti a rivolgersi a questi centri e ad accettare di pagare costi molto elevati.

La maggior parte di questi centri si procura clienti promettendo una "consulenza preventiva gratuita" che, nella realtà consiste in un frettoloso incontro con un incaricato o una incaricata che non ha altro scopo se non quello di strappare al cliente la sottoscrizione del contratto, invece di approfondirne la condizione fisica, sanitaria e psicologica, valutando l'effettiva necessità del trattamento. Nella maggior parte dei casi, la cosiddetta consulenza è nient’altro che un'illustrazione pubblicitaria del centro, mentre la visita medica è effettuata in modo sommario e da persone poco competenti (raramente medici specialisti, più spesso dietisti o addirittura estetisti) che si limitano a rilevare il peso in eccesso, senza indagare sulle cause da cui esso può dipendere.

Il regime alimentare prescritto consiste, generalmente, in una semplice dieta ipocalorica, praticamente la stessa per tutti, anche se gli spot pubblicitari sbandierano trattamenti personalizzati.

La serietà del centro dimagrante emerge, dunque fin dal primo incontro: solo una visita medica accurata, effettuata da medici specialisti, dietologi, esperti in scienza dell'alimentazione, psicologi, potrà consentire di affrontare efficacemente ogni singolo caso e di definire la cura necessaria senza trascurare ogni necessaria precauzione.

I problemi di peso, infatti, possono essere di natura diversa e si deve considerare la possibile causa del problema nel prescrivere il corretto regime alimentare: disfunzioni ormonali, cattiva circolazione, uso di farmaci particolari e persino fattori psicologici.

Del resto è scientificamente provato il rapporto tra stati d’animo -ansia, noia, depressione- e cibo: quest’ultimo viene spesso utilizzato per "anestetizzare" sofferenze e delusioni con conseguente aumento del peso e comparsa dei cosiddetti "disturbi del comportamento alimentare".

Per tali ragioni la dottrina medica più autorevole sostiene che non ci si può sottoporre a diete ristrette (come quelle generalmente prescritte in strutture non mediche ove la superficialità e la genericità imperano) senza un valido sostegno medico e psicologico.

In ogni caso, se qualcuno, abbagliato da miracolose promesse, fosse già caduto in qualche "trappola" non tutto è perduto: il consumatore dovrà inviare al centro un reclamo scritto, denunciando l'inadempimento e richiedendo il risarcimento del danno subito. Chi ancora non avesse ultimato il pagamento potrà così interrompere le sedute e rifiutarsi di pagare le somme residue.

In caso di controversia ci si potrà rivolgere al Giudice di Pace (competente fino a circa 2.582 euro) per ottenere il rimborso di quanto versato ma soprattutto per evitare di correre rischi per la salute, che il proseguimento di trattamenti non corretti può comportare.


Con amore

Evi

mercoledì 14 agosto 2013

A lezione da Nonna Strega



 

 
Sono appena andata a lezione da nonna strega, una signora ottuagenaria con tre lauree,6 figli 5 nipoti e che di professione fa la strega.

Nonna strega mi è stata indicata dal mio amico " SANTON" (tradotto dal dialetto veneto SANTONE) così definito dagli amici per la sua passione per l' esoterismo.

Il mio corpo è da un po' che fa le bizze, la schiena si blocca,il collo si contorce...e la mia vita professionale sia come avvocato che come costellatrice sistemica mi hanno deluso e quindi.... occorre una strega vera. Il SANTON mi dà il suo numero avvertendomi che nonna strega riceve solo chi vuole Lei e quindi mi sento una fortunata ad essere dinanzi alla sua porta. Suono il campanello e sento un po' di ansia..

Nonna strega abita in un condominio anni settanta , con un terrazzo pieno di fiori.

Quando entro in casa sento musica di Bach.

Mi dà un' occhiata e mi dice " Tu hai tutto, ti manca solo la gioia!"
 
 

Mi fa accomodare nel suo lettino e mentre mi fa un massaggio cinese mi dice cosa le dice il mio corpo.

Il corpo parla? Sì per nonna strega ....

Io lì le racconto la mia enorme delusione pari alla mia immensa gioia come avvocato.

Mi sono laureata in quattro anni perché mangiavo i libri di diritto...ah il diritto... il diritto, questo strumento divino capace di creare ordine laddove esiste disordine , la sua logica espressa chiaramente in norme semplici, facili, dove è tutto chiaro, codificato al di là del caos.

Il mio primo amore!

Ma poi ho cominciato ormai ventuno anni fa questa professione e di chiaro, semplice non ho trovato nulla. Ho trovato un vecchio dell'età di mio padre che al mio diniego di andare a letto con lui, mi ha ostacolato all'inizio della professione, ho trovato una giustizia corrotta e corruttibile nel peggiore dei casi e disattenta nel migliore .

Le mie belle norme erano diventate in realtà strumenti di potere , usate da avvocati senza scrupoli che le contorcevano a favore dei clienti per esporre fatti di fronte a giudici annoiati e con la sindrome di essere Dio.

Allora ho cominciato a studiare counseling, ho fatto uno scuola dove il principio era la pulizia interiore, la distruzione dell'ego per il bene superiore ...Anche lì ho studiato, cercato, letto testi e la mia anima era piena di gioia e di speranza...

Poi finiti i tre anni di scuola , ottenuto il diploma mi sono trovata in un mondo lavorativo dove la manipolazione e il potere sugli altri hanno la meglio....ma non ci avevate insegnato il contrario?

Esposta la mia amarezza a Nonna Strega, Lei con i suoi occhietti piccoli e cerulei, mi penetra l'Anima e mi dice solo " OMNIA MUNDA MUNDIS" . E poi aggiunge " INTELLEGERE e MEMENTO AUDERE SEMPER"
 

Esco con il seme dell'audacia che mi ha immesso nell'anima , apro il mio iPad, cerco su wikipedia la frase latina , con buona pace di cinque anni di liceo classico.

Omnia munda mundis, ossia tutto è puro per un puro, ma se di puro esiste un gran poco mi appare ....

Provo a vedere se mi va meglio con Intellegere, verbo che significa leggere Inter o intus , ossia leggere tra o dentro le cose. A cosa dovrei vedere dentro? Boh ...alla schifezza della giustizia o ai giochi di manipolazione di Counselour senza scrupoli? Mistero...

E visto che anche qui non mi è andata bene ricordo l'ultima frase di Nonna strega ...ricorda di osare sempre , il grande D'Annunzio e il mio amore per lui fanno sì che non necessiti di wikipedia...

E allora provo a mettere insieme il tutto ...

Il senso mi viene così:  se guardo con occhi puri alla realtà riuscirò sempre a vedere qualcosa d' altro, ma ciò necessita di coraggio e audacia.
 
 

Più facile a dirsi – anche se in latino – che a farsi...

Che farò ora?

Mah ..al prossimo post …


Con amore

Evi

(photo: Fabio Fusco su Pinterest) 


lunedì 12 agosto 2013

Fare e disfare


 
 
L'altro giorno al mare osservavo i bambini sulla spiaggia, tutti intenti a costruire, creare forme e realtà tangibili, sia sotto forma di torri inespugnabili, castelli con trincee (per i più grandi) o anche semplicemente labili architetture di sabbia, più simili a piramidi addolcite dagli spigoli, coni di gelato rovesciati sul bagnasciuga – per i più piccoli.

Tutti noi abbiamo costruito sulla riva del mare, ma a volte il momento più bello e atteso era quello della possibilità di distruggere tutto quello che con pazienza e metodo era stato eretto dalle nostre stesse mani.

Quando pongono fine in questo modo alla loro creazione, i bambini hanno una palpabile soddisfazione sulla faccia, molto più densa di significato dell'attenta concentrazione avuta in precedenza. Poi tutto ricomincia, affastellano granelli in varie forme che poi distruggono con le mani, con i piedini, con l'acqua, fondendole in nuovi rivoli che vanno verso il mare. E ancora un nuovo inizio, quasi all'infinito... guai però se l'azione demolitrice avviene da parte di qualcun altro, di un piede distratto o di un'onda anomala: sono pianti inconsolabili, finché non accade un momento di magia che fa rientrare nel ritmo e tutto riparte.

Le teorie psicologiche infantili, ci spiegano che i giochi di questo tipo (soprattutto intorno ai 18-24 mesi) sono fondamentali per fare in modo che nel bambino si crei la possibilità di affermare se stesso, di costruire qualcosa che lo rappresenti e poi farlo venire meno, ma allo stesso tempo, dopo la dispersione, di nuovo la riunificazione degli stessi elementi in una forma simile. Il più famoso gioco in tal senso è quello della torre fatta coi cubetti.
 

Tutte le mamme sanno quanta costanza ci vuole a seguire il proprio bambino in questa scoperta, e quanto sia importante partecipare ad entrambe le fasi, permettergli di ordinare in equilibrio i pezzettini e subito riportarli a terra con un colpo di mano, per poi aiutare il piccolino nella ricostruzione dell'unità dopo la scissione delle parti, rotolate chissà dove.

Questo processo, dialogo motorio fra mamma e figlio, consente lo sviluppo di sé, permette l'espressione di una carica aggressiva e gli dona fiducia sulla possibilità di ricostruire qualcosa, sempre.

Oggi le torri sul mare, domani la sua identità, messa alla prova dagli eventi della vita che molto spesso ci fanno sentire in mille pezzi sparsi.

Ogni volta che una crisi si abbatte su di noi, distrugge le nostre certezze, sembra spazzare via l'identità che con perseveranza e fatica abbiamo costruito giorno dopo giorno, mattone dopo mattone di esperienze, tenuti insieme col collante delle relazioni e delle persone significative.

A volte arriva un evento che è come un onda improvvisa, più lunga delle altre e che non ti aspettavi e ti interrompe sul più bello – e come quando eri bambina ti ritrovi a piangere lacrime amare di ingiustizia – altre volte invece, nonostante la fatica e l'impegno, ti ritrovi a essere l'unica artefice della distruzione, perché forse così doveva andare... quella costruzione necessita di rinnovamento o addirittura di essere rasa al suolo fino alle fondamenta, per poi essere edificata con nuovi criteri, perché tu non sei più quella di prima. A volte è necessario demolire per affermare nuove fasi di vita.
 

Comunque si tratta di momenti fragile e delicati, fatti di equilibri precari, di domande e ricerca di senso... da adulti è sempre difficile ricominciare e ripartire da zero.

Accade perché col tempo vorremmo circondarci di certezze, ci piacerebbe avere sempre una mano solida e carezzevole, come quella della mamma, che ci aiuta nel rimettere insieme i pezzi, oppure accade perché non accettiamo che il cambiamento fa parte della vita, e che a volte ci permette di abituarsi piano piano, mentre altre irrompe senza chiedere il permesso.

Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano) – dice Saint-Exupéry nella dedica iniziale del Piccolo Principe: abbiamo perso quel modo di guardare alle cose che avevamo da piccoli, il riuscire a lasciare i luoghi abituali come fa il bambino del suo romanzo, per scoprire il mondo, per sperimentare l'orgoglio di ripartire e dar vita a qualcosa che può di nuovo svettare all'orizzonte, anche se fosse solo un'idea o un'emozione, oppure tornare di nuovo a casa, ma diversi da quello che eravamo, con nuove prospettive, rimettere insieme i pezzi, senza essere gli stessi.

Ogni volta che accade qualcosa che rompe gli equilibri proviamo a riconnetterci con il bambino interiore che è sempre con noi e diamo spazio anche alla possibilità che dopo che tutto è caduto si possa sempre ricostruire qualcosa.


Buona settimana

virginia


giovedì 1 agosto 2013

Ingiustizie della giustizia: no alla custodia cautelare per lo stalker


In commissione Giustizia del Senato, infatti, circa dieci giorni fa è stato accolto da tutta la maggioranza con parere favorevole del governo l’emendamento presentato da Lucio Barani (Gal – Grandi autonomie e libertà) che spostava il tetto per il carcere preventivo a cinque anni. Grazie a questa modifica, confermata dall’Aula di Palazzo Madama, l’articolo 280 del codice di procedura penale cambierebbe così: “La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni”. L’innalzamento della soglia per la custodia cautelare taglia fuori però tutta una serie di reati, anche importanti, che hanno una pena massima di 4 anni: fra cui lo stalking (il reato che punisce chi commette ‘atti persecutori’)

Non ci sarà custodia cautelare in carcere nemmeno per il reato di violenza sessuale di gruppo quando il caso concreto consenta di applicare misure alternative. La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 275, comma 3, terzo periodo, del Codice di procedura penale. La norma bocciata dalla Consulta con la sentenza n. 232, relatore il giudice Giorgio Lattanzi, prevedeva che quando esistono gravi indizi di colpevolezza per il delitto di violenza sessuale di gruppo si applica unicamente la custodia cautelare in carcere. La norma censurata è in contrasto sia con l'articolo 3 Costituzione, per l'irrazionale assoggettamento ad un medesimo regime cautelare delle diverse ipotesi riconducibili alla fattispecie in esame e per l'ingiustificata parificazione dei procedimenti relativi al delitto di violenza sessuale di gruppo a quelli concernenti delitti caratterizzati dalla "struttura" e dalle "connotazioni criminologiche" tipiche del delitto di cui all'articolo 416-bis codice penale; sia con l'articolo 13, primo comma Costituzione, quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari


Ora la Consulta ha stabilito che, se in relazione al caso concreto, emerge che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte in altro modo, il giudice può procedere diversamente. Nella sentenza, peraltro, la Corte conferma la gravità del reato, da considerare tra quelli più «odiosi e riprovevoli». Ma la «più intensa lesione del bene della libertà sessuale», «non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata», scrive la Corte.

Richiamando anche precedenti decisioni la Consulta ricorda come «la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del minore sacrificio necessario: la compressione della libertà personale deve essere, pertanto, contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. Ciò impegna il legislatore, da una parte, a strutturare il sistema cautelare secondo il modello della "pluralità graduata", predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale, e, dall'altra, a prefigurare criteri per scelte "individualizzanti" del trattamento cautelare».


Nel caso specifico, la presunzione non si giustifica neppure facendo riferimento al carattere plurisoggettivo della violenza sessuale di gruppo. Il confronto con la forza del legame di associazione mafiosa è, infatti, improprio, vista la diversa intensità in termini di intimidazione e assoggettamento di quest'ultima. In generale, nella riflessione della Corte, le presunzioni assolute, soprattutto quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati; inoltre l'irragionevolezza della presunzione assoluta si può cogliere tutte le volte in cui è "agevole" formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa.

Con amore e un sorriso amaro...

Evi