mercoledì 30 novembre 2011

Sarò sempre tuo padre



Finalmente anche la fiction si dedica a questo argomento , alla voglia di un padre separato che vuole continuare ad essere padre .
Niente di più normale in un paese normale.
Ma non in Italia , dove i figli ,oltre che “pezzi di core “, sono spesso strumenti di lucro, il tutto grazie ad una legislazione di fatto mai attuata per pigrizia di noi operatori del diritto ( giudici e avvocati) e per colpa di quella parte della politica che da femminista è diventata ipergarantista nei confronti delle donne.
Così è facile consigliare alla moglie di non trovarsi un lavoro, di rimanere disoccupata o di lavorare in nero, di farsi assegnare la casa coniugale dove il marito paga il mutuo  perché è un suo diritto purchè il minore abbia residenza  presso di lei.. E poi inventarsi abusi  o violenze  per non far vedere il minore al padre, il tutto corredato da denunce, perizie costruite …E magari i casi di abuso reale o effettiva violenza vengono posti in lista di attesa perché non adeguatamente corredati da documentazione costruita ad hoc. Accade questo in Italia…   
In molti di questi casi la madre ha problemi e difficoltà e non viene aiutata dal sistema ed in primis dal suo avvocato a responsabilizzarsi, a crescere , a trovarsi un lavoro , a capire che il minore è figlio anche di suo padre.
Essere donna in Italia nel 2011 è anche questo : decidere che noi donne  abbiamo diritto non a responsabilizzarci , non a crescere, non a lavorare, ma a fungere da parassiti del nostro odiato/amato marito a scapito dei minori!
Bel risultato !!!
Con l’entrata in vigore della legge sull’ affido condiviso la 54/2006 si sperava qualcosa cambiasse , ma di fatto poco è cambiato e il cambiamento è solo formale.Le ultime sentenze della Cassazione” parlano” di affido condiviso anche se il genitore è all’estero , l’art.709-ter cpc. Prevede delle sanzioni per il genitore che arreca pregiudizio al minore  od ostacoli il corretto svolgimento delle modalità di affidamento ,
Forse il cambiamento deve provenire da Noi donne, da Noi , che non ci raccontiamo la solita storia di essere state vittima di un  marito che ci ha tenuto a casa ad accudire i figli , ma non guardiamo e sondiamo la nostra incapacità di affrontare un lavoro…
Con amore e rispetto

Evi 

venerdì 25 novembre 2011

...oltre le gambe c'è di più



Non vi capita mai di chiedervi: "Cosa significa  essere donna oggi?” Anche se sembra una domanda banale in realtà non è così facile rispondere in modo univoco. 
Per rispondere alla domanda, aiutatevi, come ho fatto io,  facendo con la mente un breve viaggio nel tempo attraverso la storia dell'umanità, e ricordare gli anni del femminismo e delle lotte per l'uguaglianza e l'emancipazione della donna. Se oggi noi, donne occidentali, possiamo pensarci come madri ma anche mogli, figlie ma anche compagne, casalinghe ma anche manager, ...è merito di chi ci ha preceduto e  si è battuto per dare alla donna visibilità e dignità.  Ma che idea ha il mondo di noi donne dell'occidente? Per rispondere a questo secondo quesito mi sono aiutata cercando in internet qualche immagine femminile ricavata dalla pubblicità. E guardate che cosa ho trovato.....
Lascio a voi ogni commento, guardate ….




Peccato che il modello di donna che sempre più viene trasmesso dai media esuli dalle  conquiste fatte nei secoli e punti a mostrare un altro tipo di donna: magra, loquace, provocante,  bella, senza rughe, senza cellulite, opportunista, di facili modi. Il ventesimo secolo continua a mantenere questa visione maschilista della società, agevolato dallo spaventoso incremento delle donne-oggetto ovvero di tutte quelle donne disposte a vendere il proprio corpo, e non solo, per sfiorare per qualche periodo il palcoscenico della notorietà. Citiamo qualche esempio?  Veline, ragazze-immagine, concorrenti del grande fratello… Viene proposto un universo femminile che cerca spudoratamente di imitare le grandi dive di un tempo, grandi donne come Marilyn Monroe o Sofia Loren, senza accorgersi di non possederne le doti, né la grazia, né l’umiltà. Non si tratta tanto di fare la femminista ma quanto piuttosto di non dimenticare che i traguardi che  le donne hanno ottenuto nella storia sono stati altri ed è grazie a chi ci ha preceduto che oggi possiamo godere di  libertà e  indipendenza economica, giuridica, politica e sessuale.  E mentre guardo queste immagini ripenso ad un articolo letto qualche tempo fa relativo al rapporto annuale dell'Unicef in cui emergevano dati sconcertanti riguardanti milioni di donne che ancora oggi subiscono violenze carnali, che oltretutto non possono denunciare. L’età in cui queste donne sono sfruttate non ha limiti, tutte allo stesso modo, si può passare dalla morte delle piccole bambine, alla violenza fisica di donne adulte. Guardare anche a queste realtà è un modo per cercare di non dimenticare che il cammino da percorrere per dare dignità e valore all'essere donna non è finito. I traguardi che riusciremo a raggiungere oggi permetteranno alle bambine di oggi di essere donne migliori, domani.



Erika
ps. per tutte segnalo il sito http://www.ilcorpodelledonne.it/ inesauribile fonte di intense e acute riflessioni su questo tema, fondamentale per ognuna.

martedì 22 novembre 2011

Una carezza in un pugno


Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Vogliamo dedicare i post di questa settimana al tema della violenza e delle tante forme nelle quale si può subdolamente declinare.
Comincio con questa riflessione sulla violenza fisica, nata sotto forma di parole a ruota libera sulla tastiera, un po' di tempo fa, proprio partendo dall'osservazione di questa vignetta dei Peanuts. 

Ci sono volte in cui qualcosa di solido, pesante e denso, si raggruma all'altezza dello stomaco, ci rende impossibile il pensiero, fa sentire solo il male, il dolore insopportabile di qualcosa che fa fatica a uscire dalla nebbia del cuore e trovare la strada della gola, per poter essere espresso, urlato, gettato fuori in qualche modo.
Ci sono volte in cui sembra che il corpo sia sciolto dalla mente, reagisca in modo autonomo e indipendente, una lucidità al contrario, dove i gesti sono più veloci dei pensieri.
Si tratta di un corto-circuito delle emozioni, innescato in maniera improvvisa da una frase,un gesto, una presenza,  oppure è la scintilla di una situazione strofinata, giorno dopo giorno, come un fiammifero umido sulla pietra... sembra che non si accenda, e quando meno te lo aspetti, rischi di infuocarti la mano.
Un'atmosfera delicata e rarefatta squarciata da sentimenti taglienti che provano a stare in equilibrio su un filo sospeso.
Il dolore è troppo grave per essere espresso nell'aria, attraverso la lingua che arrotola parole evanescenti...le mani sono strumenti più prossimi e veloci per arrivare a infrangere la superficialità di specchi di colui che ci rimanda un'immagine distorta, pericolosa, terribile, della nostra identità.
Mi hai ferito”: la usa chi colpisce e chi è colpito, grottesca condivisione quando il resto è impossibile da considerare.
Può capitare... è da evitare... senza parole... ho paura... se lo meritava... non succederà più... attenzione a quello che fai... sei un mostro... è stata colpa mia...  quante sono le letture possibili?
Non giustifico, non biasimo, non condanno.
Solamente osservo, lasciando una scia di interrogativi dietro i miei sguardi.
La violenza ha tante maschere, più o meno terrificanti, indossate per un momento o per tutta la vita,  ma, che si nasconda dietro all'immagine di topolino o quella del diavolo, deve farci comunque riflettere.
Dietro ogni gesto che esplode ci sono mille emozioni intricate, che sono impossibili da decifrare, in un tempo che permetta la frustrazione dell'atto.
È capitato a tutti di perdere il controllo.
Si, è vero, può succedere.
Non può succedere però come modalità di reazione ciclica a certi tipi di eventi o situazioni (anche se questi avvengono una volta ogni mille anni!) perché questo ci avverte che abbiamo un problema con quella realtà, persona o vissuto.
Non si può mettere la testa sotto la sabbia, perché sarebbe come lasciare fuoco sotto la cenere.
Il groviglio va sciolto con pazienza, con quelle stesse mani che veloci rispondono all'impulso, rieducandole così al cadenzato ritmo del cuore, all'armonioso respiro che permette l'attesa e può soffiar via le nebbie, consentendo ai pensieri di penetrare in quel denso dolore, scaldandolo, donando nuova vita ai sentimenti.
La nostra consapevolezza può così prendere per mano le emozioni, in un moto ascendente verso le labbra, rendendole trampolino di lancio di coraggiose parole trapeziste, che aspettano di essere prese saldamente da altre labbra, e restituite, in un dialogo che paziente costruisce relazione, mentre tutto intorno, si sta col fiato sospeso, fino agli applausi finali.

virginia

venerdì 18 novembre 2011

Riflessioni complicate su amanti, prostitute e transgender




Diceva della fatica di essere all'altezza delle aspettative.
"So che non è bello da sentire e non è facile da dirsi, ma una prostituta è molto rassicurante. È una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all'ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro. È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante. Mi scuso per quel che sto dicendo, ne avverto gli aspetti moralmente condannabili, ma è così. Un riposo. Avevo bisogno di suonare a quella porta, ogni tanto, e che quella porta si aprisse".
(tratto dall'intervista a Piero Marrazzo su Repubblica del 15/08/2011)
Eh si, ci sono voluti mesi prima che trovassi le parole per provare a descrivere ciò che questa intervista mi ha suscitato.
Stupore, in primo luogo, per il candore con cui Piero Marrazzo parla dei suoi bisogni di uomo, appagati in una dimensione che a tutto farebbe pensare tranne che di accudimento. Ma poi ho pensato alle “Fate Ignoranti” (il film di F. Ozpetek), all'umanità di quei personaggi, all'amore e all'intensità che trasmettono e a quanto è facile cadere nel giudizio e nei luoghi comuni. Penso ad Agrado, il suo profondo monologo nel film di Almodovar (Tutto su mia madre) che tratta, oltre al tema della autenticità,  proprio della necessità in quel contesto di rendere la vita gradevole agli altri... 
Sicuramente si tratta di un mondo a parte, difficile, fatto di personalità complesse, complicate e complicanti, ma, moralità a parte, c'è una frase dell'intervista che mi ha colpita più di altre: “è tra i rapporti mercenari la relazione più riposante”.
Al di là del contesto in cui è espressa, rispecchia ciò che spesso mi è capitato di ascoltare da molti uomini, ovvero il timore di venire continuamente messi sotto giudizio per un'azione, un gesto troppo azzardato o uno rimasto sospeso, per quello che dicono, per come lo dicono, per quello che non hanno il coraggio di dire, per le rivendicazioni sempre pronte a balzar fuori al momento giusto (il peggiore, di solito); 
sembra che la relazione a due sia un campo di battaglia o comunque una guerra fredda, dove ogni mossa va ben calcolata, dove gli equilibri sono precari e basta poco per far saltare mine disseminate qua e là nel quotidiano.
Riposante... riposante significa semplicemente un luogo dove poter sostare, dove trovare una tregua, dove poter abbassare le armi, riprendere le forze e concedersi il lusso soltanto di “essere”: è così difficile trovarlo nel rapporto di coppia, invece che cercarlo nei rapporti mercenari o anche nelle relazioni extraconiugali?
Adesso penso a quelle donne che mi hanno raccontato le loro storie di ferite e tradimenti e alle loro domande singhiozzate, fra lacrime e fazzoletti: perché all'altra è stata concessa una modalità di relazione diversa? Perché con lei non si parla di problemi ma si riesce a vivere il presente, godendo a pieno ogni minuto? Perché lui non ha provato a chiedere il mio aiuto piuttosto che buttarsi a capofitto in un rapporto altrove? Cos'ha lei che io non ho?” …
Il nostro punto di vista cambia in base al personaggio col quale ci identifichiamo, ricordandoci che nel gioco delle parti può accadere che il traditore sia lei e il tradito lui, e in ogni caso ci sono sempre molti aspetti da valutare, difficile esprimersi, anche perché non sono qui a scrivere per accusare né prendere le difese di nessuno.
Oggi mie care non riesco a chiudere in maniera certa e definitiva...rimango ancora qui col mio stupore, con mille interrogativi, curiosità, con riflessioni e pensieri sulla dignità, la verità e le bugie, la vergogna, la rabbia, il rancore, il perdono, il cambiamento e la possibilità di trasformazione... e quella parola: “riposante”, da approfondire e coltivare.

buon week end
virginia

martedì 15 novembre 2011

L'incanto in un dettaglio



Lo scorso venerdì, uno come tanti, alla solita ora, sono arrivata in cima alla rampa di scale che porta all'ingresso del mio studio, infilo la chiave nella toppa della serratura e, mi viene da voltarmi, di sbieco, di poco rispetto alla porta... i miei occhi notano un particolare che in tanto tempo non avevano mai notato: il portoncino, un po' incassato rispetto al filo del muro, è circondato da una cornice di pietra, un po' a rilievo, che delimita e contiene lo spazio di entrata.
Impossibile mi dico, sto perdendo colpi!
Io che sono “famosa” per la mia memoria fotografica, che mi accorgo di qualsiasi millimetrico spostamento di oggetti in una stanza... come ho potuto non accorgermi di un dettaglio così evidente?
Sono rimasta qualche minuto in contemplazione: non si tratta di niente di raro o prezioso, è una pietra semplice, una linea pulita che però da un che di curatezza e finitezza.
Vi starete chiedendo perché vi sto raccontando tutto questo.
Perché questo minimo particolare di una giornata come tante mi ha aperto a una riflessione.
L'importanza di scoprire dettagli, caratteristiche e cose nuove nelle cose che ci circondano, ma soprattutto nelle persone.
Nel tran tran quotidiano, ci limitiamo per mancanza di tempo o anche di occasioni a volte, a fermarsi a quella “facciata” degli altri che conosciamo, che fa parte della nostra routine relazionale, dell'abitudine a osservare una cosa o una persona da un solo punto di vista.
È un po' l'effetto che mi fanno gli impiegati delle poste, o delle banche, i commessi in divisa della gastronomia dei supermercati, quando li trovo in giro per il paese e faccio fatica sulle prime a riconoscerli nella loro immagine globale: i primi non hanno solo un mezzobusto e gli altri non sono solo quella divisa!! :-)
L'osservare in maniera consapevole ha effetti rivoluzionari soprattutto in quelle persone che per tipologia sono più portati ad usare altri canali di conoscenza del mondo (penso agli uditivi e i cenestesici, ovvero chi usa l'olfatto, il tatto, il gusto), perché la loro attenzione è più colpita da altri aspetti della realtà.
Mi ricordo con tenerezza quando, intorno ai sei anni, ho iniziato a leggere e mi sono trovata a chiedere a mia mamma: ma uno poi come fa se va in giro per strada e non vuole leggere a decidere di non farlo? I miei occhi di bambina erano già così stimolati da quello che osservavano che vivevo come una piccola “condanna” il dover decifrare ulteriori messaggi dei cartelloni pubblicitari, avvisi, insegne dei negozi...! Ho scoperto col tempo che ci sono persone che riescono a non leggere, ma semplicemente perché la loro attenzione non è attratta da quel tipo di stimolo.
Qualsiasi sia il tipo cui appartenete, vi invito a provare a cogliere nuovi particolari nella realtà che vi circonda, nelle persone che vi sono vicine, in quelle che incontrate per strada, nell'accostamento di un colore con un altro, nell'abbraccio in tram di una mamma col suo piccino, una pettinatura, un modo di tenere la sigaretta fra le mani, un riflesso della luce sul vetro che taglia il pulviscolo dandogli visibilità, il tempo che passa sulle mani di un anziano, l'andatura ondeggiante di un ragazzo di colore, l'unghia sbrecciata della vostra vicina di scrivania, l'impazienza sulla faccia delle persone in fila al semaforo...
Tutto ciò non cambierà la crisi economica, i problemi al lavoro, il litigio in famiglia... ma può essere un momento di sospensione da tutto questo, stupore, incanto o semplice gioia...il mondo è pieno di piccoli tesori da scoprire, proprio come il mio portoncino d'ingresso, che da venerdi ha un senso diverso per me. Trovate anche voi quel dettaglio che fa la differenza, che vi fa dire ohh.. e guardare ancora una volta al mondo con gli occhi di un bambino. 
Ricordiamoci sempre, come vi dicevo mesi fa, delle parole di  Marcel Proust L'unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi”.  

buona settimana,
virginia

giovedì 10 novembre 2011

il danno da morte



Come avvocato purtroppo mi capita spesso di chiedere la liquidazione del danno da morte per i prossimi congiunti di una vittima di un reato , di solito colposo –leggi incidente stradale- ma anche doloso- ho avuto un  caso di omicidio familiare.

Dal punto di vista legale il danno da morte si inquadra nei danni cosiddetti riflessi .
I danni riflessi” vengono definiti come quei danni patiti da persone, diverse dalla vittima dell’illecito, ma legate a questo da particolari rapporti familiari, affettivi o anche economici.
La particolarità di tali figure di danno si ravvisa nel non esaurirsi nella sfera patrimoniale del soggetto leso, bensì nel manifestarsi prevalentemente nella sfera intima e personale dello stesso. Tali fattispecie, pertanto, danno così luogo a notevoli problemi di definizione, classificazione e di applicabilità in concreto. Infatti, è in primo luogo è necessario valutare se ed in quali termini siano configurabili ipotesi risarcitorie relative al danno indiretto appartenenti alla categoria dei c.d. “danni riflessi” che non si esauriscano nell’ambito patrimoniale. Inoltre, è necessario predeterminare in che misura e con riguardo a quali figure sia possibile un cumulo tra pretese risarcitorie iure proprio e iure successionis
La liquidazione  deve tener conto del legame familiare tra la vittima primaria e le vittime secondarie e di tutte le circostanze del caso concreto (tipizzabili in particolare nella sopravvivenza o meno di altri congiunti, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta).
Quindi c’è un indicazione di massima un’ampia forbice, che sembra idonea, da un lato, a consentire al giudice una maggiore elasticità, dall’altro a non comprimere in non auspicabili automatismi il dovere della motivazione.

La proposta liquidatoria è la seguente:

1. danno non patrimoniale a favore di ciascun genitore per morte di un figlio:
da € 101.937,00 = a € 203.874,00;

2. danno non patrimoniale a favore del figlio per morte di un genitore:
da € 101.937,00 = a € 203.874,00;

3. danno non patrimoniale a favore del coniuge (non-separato) o del convivente sopravvissuto:
da € 101.937,00 = a € 203.874,00;

4. danno non patrimoniale a favore del fratello per morte di un fratello:
da € 20.387,40 = a € 122.324,40”.


Come conduttrice di costellazioni sistemiche e rappresentazioni familiari , mi imbatto spesso in questo “danno” che qui si chiama trauma. Spesso infatti il cliente e la sua famiglia a livello inconscio sono ancora fermi ( irretiti secondo Bert Hellinger fondatore del metodo delle Costellazioni ) a quel tempo.
Il trauma è talmente grande che non è stato superato sebbene siano passati anni e in alcuni casi anche generazioni. Non si riesce a vivere il presente nel qui ed ora anche se apparentemente la famiglia e  i suoi membri hanno continuato la loro vita 
L’intero sistema famiglia si rappresenta e si dispone o è  a terra dinanzi al morto o in maniera da non  guardarlo   o ne è attratto  
Tanto più poi la morte è improvvisa tanto il  sistema ne viene scosso.

Un’amica, l’Avv. De Leo di Milano  mi ha segnalato questa bella iniziativa della DELEOFund Onlus “ Insieme non da soli per affrontare una perdita traumatica”  con il patrocinio della regione Veneto nata per aiutare i familiari che hanno subito un trauma da morte che si possono rivolgere al seguente n. 800168678. Il servizio è gratuito
A Vostra disposizione ci saranno esperti che potranno aiutarvi.
Un pensiero ai due giovanissimi  fratelli DE Leo, nipoti dell’avv. Roberta De Leo  e figli di Diego e Cristina Deleo, che con la loro morte hanno dato vita a questo bellissimo progetto

Con rispetto  verso di loro e amore verso di Voi

Evi 

lunedì 7 novembre 2011

I legami


Ciascuno di noi ha bisogno di legami, di legarsi a qualcuno. Ma cos'è un legame?
Potremo definirlo come un ponte che collega tra loro due o più persone, un battello che traghetta una persona da una parte all'altra di un fiume permettendole di congiungersi con un'altra….
Esso è intriso di sentimenti ed è in evoluzione, proprio come noi persone.
E' una co-costruzione tra me e l'altro e viene plasmato da ciò che chiamiamo relazione.
Se pensiamo alla coppia potremo dire che il legame è ciò che permette a due persone di non sentirsi più due entità separate ma un NOI.
Il NOI che scaturisce dalla relazione, però, non è la sommatoria dei due partner bensì è un terzo e nuovo elemento che tiene conto degli individui che l'hanno composto e permesso. Il compito del legame nella coppia, infatti, è quello di  favorire la crescita di ciascuno, non quello di annullare l'individualità dei singoli membri. Ecco allora che una relazione di coppia risulta tanto più funzionale quanto è capace di articolare e mantenere un equilibrio tra i bisogni di tipo fusionale e di tipo differenziante. Per dirla in parole più semplici la relazione di coppia funziona in maniera equilibrata nella misura in cui non solo pensiamo in termini di “due cuori e una capanna”, dove io mi annullo per rispondere unicamente ai bisogni del partner – ma  tengo conto anche di me come persona che cammina a fianco di un'altra.
Per capire cosa intendo con il termine legame mi farò aiutare inserendo un pezzo tratto dall'opera più conosciuta di Antoine de Saint-Exupery 

Buona settimana,
Erika


"In quel momento apparve la volpe.
<< Buon giorno >>, disse la volpe.
<< Buon giorno >>, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
<< Sono qui >>, disse la voce, << sotto al melo...>>
<< Chi sei? >> domandò il piccolo principe, << sei molto carino...>>
<< Sono una volpe >>, disse la volpe.
<< Vieni a giocare con me >>, le propose il piccolo principe, << sono così triste...>>
<< Non posso giocare con te >> disse la volpe, << non sono addomesticata >>.
<< Ah! scusa >>, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
<< che cosa vuol dire "addomesticare"? >>
<< Non sei di queste parti tu >>, disse la volpe, << che cosa cerchi ? >>
<< Cerco gli uomini >>, disse il piccolo principe. <<
Che cosa vuol dire "addomesticare"? >>
<< Gli uomini >>, disse la volpe, << hanno dei fucili e cacciano. è molto noioso! Allevano anche delle galline. è il loro solo interesse.Tu cerchi delle galline? >>
<< No >>, disse il piccolo principe. << Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "addomesticare" ? >>
<< è una cosa da molto dimenticata. vuol dire "creare dei legami"...>>
<< Creare dei legami? >>
<< Certo >>, disse la volpe. << Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo >>.

martedì 1 novembre 2011

Forse, un angelo custode...



Il mese di novembre si apre con quella che viene chiamata Festa di tutti i Santi. In realtà la associamo alla commemorazione dei nostri defunti e non c'è molto da festeggiare. Anche il tempo, il più delle volte, aiuta a creare malinconia e tristezza: pioggia, nuvole, freddo, sono tipiche di questo giorno. La mente inevitabilmente va lontana e subito raggiunge tutti i nostri cari che non sono più con noi.
In questi giorni ho pensato un po' a voi care amiche del blog, immaginando che tra di voi ci sia chi, come me, ha da poco salutato un amico che ha avuto troppa fretta di andar via, o magari un figlio, un genitore, …
Dedico a tutte voi questa  poesia sugli angeli di Emily Dickinson, perchè è così che mi piace immaginare che vadano le cose...

Non posso essere sola,
mi viene a visitare
una schiera di ospiti,
non sono registrati,
non usano la chiave,
non han né vesti, né nomi,
né climi, né almanacchi,
ma dimore comuni,
proprio come gli gnomi,
messaggeri interiori
ne annunciano l'arrivo,
invece la partenza
non è annunciata, infatti
non sono mai partiti.
(Emily Dickinson)
Una serena settimana per tutte
Erika