lunedì 29 febbraio 2016

Un rimedio per liberarsi dai traumi trans-generazionali



Molto presto, presso DonnaNuova – lo sportello di orientamento e informazione contro la violenza sulle donne col quale collaboro – organizzeremo un pomeriggio di Costellazioni Familiari.
Credo che questo modo di lavorare in gruppo sia un ottimo metodo per riuscire a vedere “messe in scena” certe dinamiche che di solito si perpetrano in modo automatico senza che nemmeno ce ne accorgiamo: a volte si tratta di schemi di comportamento disfunzionali o alterazioni di ruolo (es. i figli che si trovano loro malgrado a fare da genitori ai propri genitori) altre volte invece si assiste a veri e propri traumi che minano l'esistenza e la gioia di vivere.
Riflettendo sull'importanza – soprattutto in quest'ultimo caso – di un lavoro integrato fra rappresentazione di gruppo e psicoterapia individuale, mi è venuto anche in mente un fiore australiano del repertorio del Bush che si chiama Boab.
L'utilizzo dei rimedi della floriterapia quando si intraprende un percorso di cambiamento e trasformazione, può essere un elemento complementare e di sostegno, fondamentale nel processo in corso.

Boab non è altro che il baobab australiano.



È un albero molto importante per gli aborigeni, perché il suo grande tronco contiene molta acqua che può essere raccolta scavando buchi nella corteccia.
Ma l'utilizzo dei suoi fiori per dar vita all'essenza vibrazionale è legato a un'usanza tribale molto più simbolica: sembra che nel periodo di fioritura, le future mamme rivestano coi petali carnosi di colore bianco-crema, una buca scavata nel terreno, la quale poi andrà ad accogliere il nuovo nato, partorito accovacciate vicino alla madre terra, in una culla petalosa ;-) .
I fiori del Boab accolgono il piccolino nel momento della prima separazione dal ventre della madre, così come il rimedio in gocce aiuta a staccarsi dalle influenze familiari e delle generazioni precedenti.
Questo cosa significa?
Ogni famiglia tramanda memorie, valori e regole, ma anche eredità emotive o traumatiche attraverso quello che la psicogenealogia definisce inconscio trans-generazionale.
Una delle maggiori studiose in quest'ambito è Anne Ancelin Schützenberger secondo la quale i legami inconsci con gli antenati sono dovuti a dei segreti, a delle cose taciute, nascoste, spesso proibite anche sul piano del pensiero, ma che attraversano le generazioni, senza essere mai elaborate.

Ciascuno di noi ha dentro di sé un romanzo familiare e ogni famiglia ha una storia da raccontare; una storia che si ripete, una storia mitica, una saga e dei segreti. Siamo tutti eredi di queste tradizioni. Più esattamente, siamo gli eredi di questa tradizione, di questa storia.

Inoltre la Schützenberger nei suoi libri testimonia e approfondisce “la sindrome da anniversario” e le ripetizioni dei traumi da svelare nel genosociogramma [vi suggerisco di leggere il suo “La sindrome degli antenati” Di Renzo Editore e intanto di guardare il video qui sotto].



Spesso le Costellazioni aiutano a svelare questi copioni inconsci, a patto di essere condotte da una persona esperta e non improvvisata, competente e consapevole dei suoi limiti.
Questo è un tema complesso e delicato, perché ogni storia di vita merita un'analisi attenta e particolareggiata, facendo attenzione a non scadere nella superstizione o in letture troppo rischiose che possono portare a lasciarsi influenzare dall'interpretazione, creando traumi ulteriori.
Tornando al nostro rimedio floreale Boab, assunto in dose di 7 gocce mattina e sera:
  • aiuta a liberarsi dai modelli negativi ereditati dalla famiglia d'origine, sia sotto forma di pensieri, convinzioni o comportamenti disfunzionali
  • permette di recidere il cordone energetico che lega i figli a certe dinamiche genitoriali
  • se assunto anche dai genitori, può aiutare a essere più rispettosi dell'unicità dei discendenti, per non condizionarli con aspettative o forme coatte di consigli non richiesti
  • lavora sul senso di colpa dovuto al volersi emancipare dalla famiglia o dalle sue leggi
  • permette di entrare maggiormente in contatto con la propria individualità e il proprio potenziale che è stato tarpato dai “dover essere” ereditati
  • può aiutare anche quando si tende inconsciamente a ricercare partner che ricalcano schemi di comportamento genitoriale, per liberarsi da questa dipendenza

Le nostre ferite emotive possono essere curate e trasformate con molti strumenti lenitivi dell'anima.
Perché chi ci ha preceduto magari non c'è più, ma noi possiamo sempre rinascere.

Buona settimana
virginia

[ Se volete maggiori informazioni sulle Costellazioni le trovate in questi vecchi articoli quiqui sul blog o sul sito di Evi (che sarà la conduttrice del nostro pomeriggio).
Per partecipare, la segreteria di DonnaNuova è aperta il lunedi 18-20 e martedi dalle 18 alle 19, in viale Regina Margherita a Valdagno o al numero 348-8589600 ]

sabato 27 febbraio 2016

parole per l'anima #6


L'amore sano e maturo non è un gioco di potere, né un continuo tentativo di dimostrare all'altro qualcosa per avere l'illusione di poter essere amati. 
Dopo il post di lunedì (qui), non credo ci sia molto altro da aggiungere.
Se non che l'amore è reciprocità nel rispetto della diversità; è quando i ruoli possono essere alternati, ma il valore resta inalterato.






buon week end 
virginia 

(fonte immagini: Pinterest)


lunedì 22 febbraio 2016

il/la manipolatore e il/la dipendente: una coppia perfettamente disfunzionale



Ci sono molti modi per essere fatti l'uno per l'altra: purtroppo quello di cui parliamo oggi è uno dei più dolorosi e tristemente noti.
Quella fra il manipolatore affettivo e il partner dipendente è una delle coppie più difficili da separare, nonostante l'infelicità.
In altri articoli qui sul blog si è parlato molto del primo tipo – nelle varie sfumature di personalità ricoperte – dal peter pan (qui) al narcisista (qui, qui e qui) – ma anche della sua controparte necessaria affinché la relazione sia perfettamente disfunzionale (vedi qui , qui e qui).

Oggi voglio parlarvene affrontando il tema della coppia, ovvero analizzando la modalità con la quale queste due personalità entrano in relazione, innescando una spirale di disagio che fatica a terminare.

Con il termine manipolatore affettivo, si intende qualsiasi persona che con il suo comportamento e modo di essere riesce a estorcere agli altri molte attenzioni, o azioni che spontaneamente non avrebbero fatto, disponibilità di tempo e a volte anche di denaro, oppure un investimento esclusivo che elude altre relazioni significative.
Spesso si parla del manipolatore al maschile, ma in realtà anche molte donne rientrano in questa categoria.
Possono esserci molti modi attraverso i quali questo personaggio – maschio o femmina che sia – agisce, situandosi lungo un continuum che va dal mostrarsi molto sicuro, arrogante, indipendente e (finto-altruista) fino a essere pessimista, bisognoso e richiedente.
Anche il partner dipendente – contrariamente al senso comune che lo vede solo come vittima passiva – può dimostrarsi lungo lo stesso continuum di sicurezza-inermità.
Ovviamente assisteremo nel corso della storia a un continuo gioco di ruoli inconscio.
Quando il manipolatore è onnipotente la partner sarà nella posizione di sudditanza, quando lui si mostra bisognoso sarà lei a prendere la situazione sotto controllo per confortarlo (in questo caso non c'è una vera volontà di potenza) ma comunque avrà indirettamente una gratificazione della sua indispensabilità.
La dipendenza in questo modo assume due valenze: da una parte il bisogno di essere riconosciuti e amati da una persona che viene creduta forte, sicura, realizzata e “superiore”. Dall'altra il bisogno di essere considerati dal partner necessari, di avere un ruolo fondamentale e sentirsi importanti e degni di amore per questo.
In entrambi i casi, il terrore della perdita dell'altro, si basa sulla convinzione che “se non sono come lui/lei vuole (es. avvenente o senza una vita propria ecc...) o come lui/lei ha bisogno che io sia (es. disponibile e rassicurante), alla fine troverà una persona meglio di me e sarà felice con lei”.
Le radici di questa convinzione vanno ricercate nei legami di attaccamento primari, spesso nella relazione con un genitore (o entrambi) rifiutante o critico – quando si cerca il partner svalutante – oppure parassita delle energie emotive del figlio – quando si cerca un partner bisognoso di essere il centro del mondo in maniera vittimistica.
Questi genitori hanno lasciato nei figli la certezza di non essere mai abbastanza, per cui essi si rivolgono continuamente alla ricerca di uno sguardo di approvazione che faccia loro percepire un minimo di riconoscimento, che li salvi dalla sensazione di essere sbagliati e in colpa per qualsiasi cosa.
Il partner dipendente crede di dimostrare amore verso il manipolatore rendendosi suo schiavo, (e ottenendo in cambio svalutazione e umiliazione) invece non fa altro che dimostrare un disperato dis-amore verso se stesso.
Per questo è così difficile interrompere queste relazioni: perché consciamente la persona dipendente non si capacita di come l'altro possa non accorgersi di quanto fa per lui e di quanto sia degno d'amore per questo, ma inconsciamente non si sente assolutamente amabile (da qui i dubbi del tipo “se non fossi così – es. insistente, gelosa/o, grassa/o – mi amerebbe...”).
Se il dipendente aspetta che l'altro si accorga del suo valore e finalmente lo/la ami, può attendere all'infinito. Il ruolo di subalterno (bisognoso, adorante, supplicante) che egli ricopre è proprio funzionale alla necessità di sentirsi importante del manipolatore.
Non importa che lo faccia seguendo la via del potere diretto (schiacciando) o indiretto (intrappolando l'altro nel ruolo del salvatore): si tratta in entrambi i casi di modalità patologiche di relazionarsi che non tengono conto dei bisogni altrui.
L'unica via di salvezza dell'individuo dipendente, sta proprio nella ricostruzione di sé, nell'affrontare le ferite del passato e finalmente affrancarsi dalla necessità che sia un'altra persona a definire il suo valore e decidere della sua felicità. 

buona settimana
virginia

venerdì 19 febbraio 2016

parole per l'anima #5


Pensavo che il peggio nella vita 
fosse finire per essere da solo/a.
(invece) Il peggio della vita è finire con qualcuno 
che ci dia l'impressione di essere da soli. 

Parlando di amore eterno qualche giorno fa (qui) non ho potuto fare a meno di pensare a quelle storie eterne ma che spesso dell'amore - inteso come amore maturo, sano - non hanno traccia. 
Ci sono relazioni che si costruiscono e finiscono per basarsi sull'immagine illusoria del partner - egli è presente come persona fisica (e a volte questo basta per donare una parvenza di sicurezza) ma completamente assente come compagno/a. 


è come aggrapparsi ad un fantasma. 
Ci si aggrappa in realtà alla speranza che l'altro diventi ciò di cui noi abbiamo bisogno. 


Finendo per considerare solo ciò che conferma le aspettative, 
perdendo di vista che tutto il resto manca.


O raccontandosi che stiamo andando alla ricerca di qualcosa di perduto


(ma in realtà, c'è mai stato?)



A volte per capirlo bisogna fare il vuoto
e sperimentare davvero la solitudine, per provare la differenza


Di fronte solo a se stessi, 
vedere l'altra prospettiva 


E magari ribaltare completamente la situazione:


Imparate a dare la vostra assenza
a coloro che non hanno compreso
l'importanza della vostra presenza


Buon week end
virginia

(fonte immagini: Pinterest)

lunedì 15 febbraio 2016

L'amore è per sempre?



Ieri era la festa degli innamorati e oggi mi dà l'opportunità di parlare ancora d'amore e di coppia.
Prenderò in prestito stralci di un libro che mi piace molto e del quale vi avevo già parlato (qui) qualche tempo fa: “La psicologia dell'amore romantico” di Nathniel Branden.

L'amore è una condizione necessaria per un matrimonio felice, ma […] tutt'altro che sufficiente per aspirare a una felicità stabile.
[…]
La decisione di sposarsi è razionalmente la decisione di condividere un'avventura, non di chiudersi in un bozzolo, in un paradiso immutabile. Un simile paradiso infatti non esiste.
(pag. 205)

Che ne è allora dell'immagine idilliaca dell'amore che ci fa sognare e alla quale spesso aspiriamo? Date queste affermazioni sembrerebbe che un amore che dura per tutta la vita risulti una chimera.
In realtà occorre cambiare il punto di vista:

[…] il desiderio di stabilità, di prolungare questo momento per sempre, è del tutto comprensibile. Ma non è realizzabile. Non perché l'amore sia instabile – può essere la cosa più stabile della nostra vita – ma perché il cambiamento e il movimento sono le cose più naturali del mondo.

Dunque la sfida dell'amore romantico non è con se stesso, ma con le grandi o piccole trasformazioni che la nostra vita ci mette di fronte, con la nostra inevitabile crescita e evoluzione nel tempo e in conseguenza agli eventi che ci accadono.

A volte un uomo e una donna si lasciano non perché lo richiedano la loro crescita e il loro sviluppo, come forse dicono a se stessi, ma perché uno dei due ha ostacolato il processo evolutivo dell'altro.
[…]
poniamo che un uomo faccia lo stesso lavoro da quindici anni e si senta insoddisfatto, annoiato, non realizzato. Vuole una nuova sfida. La moglie è perplessa e spaventata. Che cosa succederà? Avranno la stessa sicurezza economica di cui hanno goduto fino ad ora?perché lui non è più interessato ai vecchi amici? Perché si è messo a leggere così tanto? La prossima novità sarà che si interesserà ad altre donne? Le prende il panico.
Quando lui cerca di spiegarle che cosa gli sta succedendo, lei non ascolta. Teme di perdere quello che ha. E proprio a causa di questo timore comincia a perderlo davvero.
Un marito riferisce che la moglie è sbadata, che non sa nemmeno far quadrare il suo conto in banca. L'ama, dice, ma come vorrebbe che fosse più matura! Succede qualcosa: per qualche misterioso processo di crescita di cui lui non si accorge nemmeno, lei diventa più responsabile, comincia a interessarsi al lavoro di lui, fa domande intelligenti, decide di aprire un'attività tutta sua. Lui è distrutto: che cosa ne è della meravigliosa ragazzina con cui era tanto felice? Lei lo guarda negli occhi e vede un nemico, il nemico della sua realizzazione personale. Vuole il suo amore, vuole rimanere sposata con lui ma vuole anche sentirsi un essere umano completo. Deve tornare a essere una ragazzina irresponsabile e odiare il marito per il resto dei suoi giorni, o deve continuare a lottare per crescere e così allontanarlo per sempre da sé?
(ibidem, pag.206)

Ciò che fa morire l'amore è proprio l'immobilità, la paura che paralizza e che può portare uno dei due partner a impedire la crescita dell'altro, ma anche a boicottare la propria, sperando che il rapporto si salvi, mentre in realtà viene minato allo stesso modo.

Tutte le qualità e gli atteggiamenti necessari per realizzare l'amore romantico richiedono maturità. […] due persone indipendenti e alla pari non si prosciugano a vicenda: si nutrono. […]
Nutrire un altro essere umano vuol dire accettare l'altra persona per quello che è, e nello stesso tempo credere che possieda delle potenzialità da realizzare. Vuol dire essere sinceri con lei riguardo i nostri bisogni e desideri, e tenere sempre presente che l'altro non esiste solo al fine di soddisfarli. Vuol dire esprimere fiducia nella forza e nelle risorse interne dell'altro, ma essere disposti a offrirgli aiuto quando lo chiede (e a volte senza bisogno che lo chieda). Vuol dire creare un contesto in cui l'altro sente di contare qualcosa, sente che l'espressione dei suoi pensieri e sentimenti sarà ben accolta, ma anche saper rispettare il suo bisogno, a volte, di silenzio e solitudine.
(ibidem, pag. 164)

La maturità emotiva rappresenta l'unica possibilità per riuscire a gestire il cambiamento, per affrontare la vita senza sentirsi deprivati come bambini; in questo modo anche la nostra autostima crescerà e si innescherà un processo virtuoso che renderà più ricco il rapporto di coppia.
Come abbiamo già visto (qui): “un matrimonio di successo richiede di innamorarsi molte volte, sempre della stessa persona”, ed ecco che proprio in questo modo, sarà possibile il “per sempre”.

Buona settimana
virginia

venerdì 12 febbraio 2016

parole per l'anima #4


Io mi creo e mi rinnovo continuamente. 
Differenti persone
 traggono da me parole diverse.
                                             (Virginia Woolf)

Come abbiamo visto lunedì (qui) noi crediamo di avere un'identità monolitica e sempre uguale a se stessa,  mentre invece abbiamo un animo molteplice che muta in base a persone e situazioni, ma che si è anche strutturato sulla base delle nostre esperienze di vita, precoci e non. 
Quando scopriamo questa realtà, all'inizio possiamo avere la sensazione di vera e propria perdita dell'identità. All'improvviso ci chiediamo "ma allora io chi sono?"
Quali dei tanti "io" che mi appartengono è quello vero?


Col tempo però possiamo cominciare ad osservare noi stessi da un'altra prospettiva: è proprio l'istanza interiore che si chiede "io chi sono" che rappresenta la nostra vera identità, che può diventare libera di essere ogni subpersonalità ma di non identificarsi completamente con nessuna. 



Ecco che allora solo nella posizione dell'Io osservatore - centro di autocoscienza e volontà - possiamo sperimentare la ricchezza che ci rende unici, gli stessi ma sempre diversi, ciascuno per gli aspetti e le qualità che lo caratterizzano. 


Nelle varie situazioni e soprattutto nel tempo possiamo cambiare, ricordandoci però che il nostro nucleo originale e autentico ci accompagna per tutta la vita, chiedendo di essere realizzato, anche grazie alle nostre subpersonalità organizzate in maniera armonica.  



Sapevo chi ero questa mattina,
ma sono cambiata molte volte da allora.
              (Alice nel paese delle meraviglie)

buon week end
virginia

(fonte immagini: Pinterest)

lunedì 8 febbraio 2016

In che modo combattiamo contro noi stessi?




All'inizio io ero una persona che non sapeva niente al di fuori della propria esperienza.
Poi mi dissero delle cose, e divenni due persone: la bambina che diceva che era tremendo che i ragazzi avessero acceso un fuoco nel campo lì vicino dove arrostivano delle mele (che era quello che dicevano le donne) - e la bambina che , quando i ragazzi erano chiamati dalle loro madri perché tornassero al negozio, correva fuori e andava a badare al fuoco e alle mele perché le piaceva farlo.
Dunque c'erano due Io.
Un Io faceva sempre qualcosa che l'altro Io disapprovava. Oppure l'altro Io diceva una cosa che io disapprovavo.

Tante discussioni dentro di me. […]
La cosa più importante è fare carriera. La cosa più importante è sposarsi. Al diavolo tutti quanti. Sii carina con tutti. La cosa più importante è il sesso. La cosa più importante è avere soldi in banca. La cosa più importante è piacere a tutti. La cosa più importante è vestirsi bene. La cosa più importante è essere sofisticati e dire quello che non intendi e non farlo sapere a nessuno. La cosa più importante è essere sempre il primo . La cosa più importante è una pelliccia nera di foca e l'argenteria. La cosa più importante è essere puliti. La cosa più importante è pagare sempre i debiti. La cosa più importante è non farsi battere da nessuno. La cosa più importante è voler bene ai genitori. […]

Improvvisamente: “che cosa sto facendo?” “devo andare avanti tutta la vita a fare il clown?” “cosa sto facendo, sto andando a feste a cui non mi diverto?” “cosa sto facendo? Sto con persone che mi annoiano?” “perché sono così vuota, vuota, riempita di vuoto?” .
Una corazza. Come mai mi sono andata mettendo questa corazza?

(B. Stevens e C. Rogers, 1987)


In questo brano tratto da “Da persona a persona. Il problema di essere umani” abbiamo testimonianza di ciò che accade spesso dentro la nostra psiche, a volte in maniera cosciente, altre volte totalmente a nostra insaputa.
Quando i conflitti sono così radicati in profondità e sussistono dal tempo dell'infanzia nemmeno ci accorgiamo della loro esistenza, ovvero non li percepiamo come tali perché ci siamo strutturati intorno a una sola delle due polarità (es. se dovevi fare solo la brava per essere vista, la parte “cattiva” - nel senso di ribelle, egoista, indipendente ecc. viene rinnegata e sepolta nell'inconscio).
In psicosintesi si definiscono queste parti in conflitto “subpersonalità” ovvero dei diversi “io” che coesistono in noi. Si tratterebbe dunque di veri e propri piccoli personaggi che ci abitano, con una struttura caratteriale, sentimenti, emozioni e soprattutto bisogni da soddisfare.

Ci sono momenti o situazioni particolari in cui ci ritroviamo a pensare e sentire in maniera opposta, a comportarci come se fossimo due persone diverse, e tutto questo può portare da una parte al perpetuarsi senza fine del conflitto oppure a uno stallo, in cui ci sentiamo come nelle sabbie mobili senza alcuna via di uscita.
Che fare dunque?
Quello che di solito si fa nella vita di tutti i giorni quando ci sono due persone che non riescono a mettersi d'accordo: si nomina qualcuno super partes che possa essere obiettivo e aiuti i due a trovare una soluzione costruttiva.
Nel caso del nostro mondo interiore, questa istanza super partes è rappresentata dall'Io, ma non uno dei tanti Io che ci abitano. Si tratta del testimone interiore, quella parte di noi che può semplicemente osservare e restare fuori dalla dinamica.
La funzione dell'Io è quella di riuscire a vedere il processo in atto, descriverlo e estrapolare i diversi bisogni che nel conflitto spesso sono confusi.
Vi faccio un esempio a partire da uno dei conflitti del brano sopra riportato:
La cosa più importante è fare carriera. La cosa più importante è sposarsi
Sono due posizioni apparentemente inconciliabili. Soprattutto se viste l'una dal punto di vista dell'altra.
La posizione dell'Io invece è centrale e può avere uno sguardo di insieme su entrambe.
Da qui si può cominciare a porsi domande fondamentali per comprendere meglio.
Es. La cosa più importante è fare carriera. - chi fa/faceva questa affermazione? Da dove nasce? [es. un genitore ha tramandato questa convinzione? Oppure proprio perché un genitore non l'ha potuta fare allora questo dictat passa inconsciamente al figlio?]
quale bisogno appaga questa convinzione? [di riconoscimento sociale? Di ottenere denaro che elevi a migliori condizioni di vita? Di essere approvato dal genitore di cui sopra? Di non avere bisogno di essere mantenuta come la propria madre sottomessa al marito? Ecc...]
Lo stesso si può fare con l'affermazione opposta.
E successivamente fare chiarezza individuando i bisogni personali da quelli indotti.
Solo così si può davvero scegliere.
Solo andando in profondità è possibile dare risoluzione al conflitto, perché spesso vi accorgerete che le varie subpersonalità nascono proprio come risposta a necessità infantili di trovare un ordine al proprio mondo, ma poi si mantengono come tali anche nella vita adulta, portandovi a sentire, pensare e vedere le cose con un filtro che altera la realtà.
Nessuna delle nostre parti va rifiutata o demonizzata, perché tutte sono portatrici di contenuti che opportunamente analizzati possono essere riorganizzati per una personalità più completa e armonica, intorno alla nostra vera essenza.

realizzare perfettamente la nostra natura
ecco lo scopo per il quale siamo vivi”
(O. Wilde)

buona settimana
virginia

ps. se volete approfondire trovate importanti spunti in "Scoprite le vostre personalità. il nostro mondo interno e i personaggi che lo abitano" di John Rowan -  Ed. Astrolabio. 

venerdì 5 febbraio 2016

parole per l'anima #3


So che questa trasformazione è dolorosa,
ma non sei a pezzi.
Stai solo cadendo in qualcosa di diverso
con una nuova capacità di essere bellissimo/a. 


Lunedì abbiamo parlato della possibilità di rinascere dopo esperienze così dolorose alle quali sembra di non poter sopravvivere (qui).

La prima sensazione è quella di essere irrimediabilmente divisi, spezzati... 





Tutto appare precario e effimero



 e nessuna vecchia certezza ha più il significato originario, 
a volte neppure la propria identità



è come fare un salto nel vuoto


il dolore prevale su tutto e ci si chiude in se stessi


Ma quelle lacrime sono preziose,
se raccolte e trasformate in esperienza di significato
sono la linfa che nutre la rinascita



Rimettere in un ordine di senso ciò che prima era caos 
aiuta a risvegliarsi a una nuova dimensione di sé


Trasformare l'incertezza in libertà, 
la precarietà in esperienze del "qui e ora"


Fino ad abbandonare la vecchia pelle
e lasciar splendere quella diversa persona che siamo diventati
pronta a vivere una nuova vita



Buon week end
virginia 

(fonte immagini: Pinterest)