lunedì 28 settembre 2015

Gli Attacchi di Panico e la rilettura del sintomo



Non sono un'amante delle indagini demografiche e nemmeno ho molta simpatia per i numeri statistici, che danno solo uno sguardo di un certo tipo sulle situazioni, ma a quanto pare il Disturbo da Attacchi di Panico sta diventando sempre più diffuso, colpisce una persona ogni 75 e in una proporzione di 2-3 volte di più le donne rispetto agli uomini.

Quando uno o più sintomi colpiscono l'ignara vittima, la reazione più frequente è quella di recarsi al pronto soccorso più vicino, dove spesso viene fatta la prima diagnosi.
Ma in che cosa consiste un attacco di panico (AdP) e qual è la differenza con il più comune attacco di ansia (AdA)?
Intanto si differenziano per la presenza o meno di un oggetto o situazione cui si riferiscono.
L'AdP si presenta all'improvviso, spesso senza segnali che facciano presagire un disturbo – questo la prima volta, mentre successivamente si ha sempre un'ansia anticipatoria pervasiva che impedisce lo svolgimento delle normali attività quotidiane e porta all'evitamento di luoghi che si ritengono scatenanti (ad es. quello dove è avvenuto il primo episodio). L'AdP irrompe spesso in situazioni di normale vita quotidiana – spesso alla guida, mentre ci si sta recando da qualche parte, ma anche sul divano di casa – senza alcun motivo che possa giustificare lo sconvolgimento emotivo in atto.
L'AdA invece è sì un forte momento di crisi acuta che ricalca i sintomi di AP ma avviene di solito come reazione a eventi, incontri o anche solo pensieri su situazioni che creano disagio, quindi la persona sta male ma ne conosce il motivo, o per lo meno può addurre il malessere a un momento di angoscia, di paura per qualcosa di concreto o conosciuto.
Si può parlare di AdP quando sono presenti almeno 4 di questi sintomi:
  • Palpitazioni/tachicardia
  • Paura di perdere il controllo o di impazzire
  • Paura di morire
  • Tremore
  • Sudorazione (estesa anche alle mani)
  • Sensazione di soffocamento
  • Dolore o fastidio al petto
  • Sensazioni di derealizzazione (percezione del mondo esterno come strano e irreale, sensazioni di stordimento e distacco) e depersonalizzazione (alterata percezione di sé caratterizzata da sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
  • Sensazioni di sbandamento, instabilità nell'equilibrio
  • Brividi o Vampate di calore
  • intorpidimento o formicolio degli arti
  • Nausea
  • Costrizione alla gola

Ecco, una volta premesse queste nozioni necessarie a inquadrare il fenomeno, come ho fatto altre volte voglio riflettere con voi su una possibile sfumatura di significato celata dietro tanta sofferenza.
Uno dei sintomi più riportati da chi vive un episodio del genere è quello della paura di morire. Ed è il motivo che porta la maggior parte delle persone a rivolgersi ai medici del Triage piuttosto che direttamente a uno psicologo.
Molti restano sbalorditi di scoprire, dopo un primo momento di terrore per la propria salute, che in realtà le radici della sofferenza non sono da cercare nel corpo bensì nell'anima.
Come abbiamo visto qui, il paradosso dell'AdP è la straripante vita che da sotto preme per emergere alla luce del sole.
Il panico, all'inizio odiato nemico, se ascoltato e interpretato può donare significati preziosi (qui).

Ma come conciliare tutto questo con la paura di morire che inevitabilmente ti assale?
All'inizio è fondamentale riuscire a gestire i sintomi in maniera concreta: cercare un posto tranquillo, fermarsi e respirare. Anche se risulterà difficilissimo, occorre fare respiri profondi, col diaframma, che riescano a far passare più aria di quelli affannati e corti che vengono in automatico.
Chiedere aiuto e non vergognarsi di farlo, a volte il contatto con una persona che ancori alla realtà è un toccasana per chi entra nella confusione.
Una volta passata la crisi, dopo l'ospedale, quando ci si trova sul divano dello psicologo, uno degli aspetti fondamentali da riuscire ad apprendere è l'attribuzione di senso a qualcosa che di per sé pare non averlo.
Di solito una volta decriptato, sciolti i nodi inconsci che lo hanno provocato, si dirada e anzi, il più delle volte sparisce.
Ogni storia ovviamente è diversa, non c'è un significato univoco che vada bene per tutti, ma se soffrite di questo disagio, potreste già chiedervi, invece di soccombere alla paura di morire: che cosa in me deve morire? Quali aspetti della mia vita hanno fatto il loro tempo e chiedono di essere sostituiti? Come posso farlo nel rispetto della mia persona e di chi mi sta vicino?
Se c'è una cosa che ho imparato nei reparti oncologici è che non è mai troppo tardi per cambiare qualcosa, una qualsiasi cosa che porti profondità e senso, per quella persona unica, in quella vita particolare.

Vi lascio con queste parole tratte dal commovente romanzo di E.E. Schmit “Oscar e la dama in rosa”

[...] la vita è uno strano regalo.
All'inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di aver ricevuto la vita eterna.
Dopo lo si sottovaluta, lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe pronti a gettarlo.
Infine ci si rende conto che non era un regalo ma solo un prestito.
Allora si cerca di meritarlo.
[…] Più si invecchia più bisogna dar prova di gusto per apprezzare la vita.
Si deve diventare raffinati, artisti.
Qualunque cretino può godere della vita a dieci o vent'anni, ma a cento, quando non ci si può più muovere, bisogna avvalersi della propria intelligenza.

buona settimana
virginia

venerdì 25 settembre 2015

parole per l'anima #25


Il sesso è qualcosa di più profondo 
di qualche centimetro di penetrazione.
E' un'esperienza mentale. 
Una danza dell'anima.
Lascia che la mente si perda
e il corpo la seguirà.
(Semplice.) 

Nel tradurre questa frase ho volutamente trascritto l'ultima parola fra parentesi, perché come abbiamo visto lunedì (qui) abbandonarsi a una sessualità piena e appagante può non essere un'esperienza accessibile per tutti allo stesso modo. 
Però ho deciso comunque di pubblicare questa citazione per sfatare un mito che ancora oggi a volte sento da parte di molte donne: "se non riesco a godere con la penetrazione è un problema mio", nelle varianti più o meno svalutanti che vanno da "sono complessata" a "sono frigida".
La sessualità è un incontro che come tutti gli altri incontri della nostra vita è fatto di mutevoli e complessi fattori. Non basta la meccanica di un gesto. 
Lasciare che la mente si perda è prima di tutto un atto di fiducia, prima ancora che per l'altro, con il proprio corpo. 
Per questo è importante andare a fondo e magari comprendere che le cose non sono così irreparabili come sembrano. 
E che il piacere è una dimensione tutta da scoprire.  










buon week end 
virginia

(fonte immagini: Pinterest)

lunedì 21 settembre 2015

Parliamo di sesso?



Il tema della sessualità è molto presente nella stanza di terapia, ma a meno che lo psicoterapeuta non sia anche sessuologo, non è un argomento che facilmente viene espresso in maniera fluida e diretta, perché ancora oppresso da sentimenti contrastanti e condizionamenti.
L'argomento sesso è ancora per molti un tabù, nonostante viviamo in un mondo dove ormai gli stimoli sensuali e sessuali sono sotto gli occhi di tutti.

Dopo molto tempo torno a parlarvi di Floriterapia (se sei nuova/o e vuoi approfondire trovi tutti gli altri articoli qui) e nello specifico di rimedi floreali di alcuni repertori – non solo quello di Bach – che possono essere di aiuto e sostegno nell'affrontare blocchi o traumi legati alla vita sessuale.

Nella maggior parte dei casi, le difficoltà sessuali celano significati psicodinamici da approfondire in terapia, sia dal punto di vista individuale che quello di coppia, ma i rimedi floriterapici possono essere un ottimo aiuto per accellerarne i processi.

Molte donne non si sentono a loro agio rispetto alla propria sessualità e magari nel tempo hanno sviluppato un atteggiamento ansioso che si manifesta anche in blocchi, che vanno dal rifiuto di avere rapporti alla vera e propria somatizzazione, nelle due forme di vaginismo e dispareunia.
I blocchi psicologici possono avere varia origine – educazione rigida, traumi infantili, paura di perdere il controllo – e provocano tensioni fisiche, vissuti di inadeguatezza, difficoltà a lasciarsi andare e vivere a pieno il rapporto col partner, perché spesso accompagnati dal senso di colpa o dal non sentirsi a posto.
Sul piano fisico, il vaginismo si manifesta in una contrazione involontaria delle pareti vaginali senza alcuna causa organica, che nasce come conseguenza dell'atto della penetrazione e dal timore di essa, finendo per impedirla.
A volte è accompagnato da dolore, però dovuto dai tentativi del pene di forzare l'orificio vaginale serrato, ma senza una causa organica, (bensì più meccanica).
La dispareunia invece si manifesta in un persistente e continuo dolore genitale nel corso di un rapporto o dopo di esso, quindi in questo caso si ha la penetrazione ma associata al dolore e non al piacere.

Wisteria è il rimedio del repertorio australiano del Bush adatto alle donne che manifestano uno dei sintomi sopra elencati.
Il fiore del glicine, con il quale questa essenza è preparata, infonde vibrazioni che vanno a riequilibrare il vissuto di distacco, paura e freddezza, a volte dovuto anche a veri e propri traumi di abuso o molestie sessuali in età infantile (in questo caso, soprattutto se non accompagnati in un percorso con un terapeuta, Ian White suggerisce di associare Fringed Violet, rimedio che lavora sulle ferite emotive lasciate da questo tipo di esperienza).
Allo stesso tempo, Wisteria mitiga le convinzioni sul sesso che impediscono di abbandonarsi con gioia al partner, dovute a idee rigide e bigotte della famiglia di origine o dell'ambiente in cui si è stati educati, che associano il sesso a qualcosa di sporco e indegno.

Wisteria può essere usato anche dagli uomini che sono vittima della sindrome del macho, quando rifiutano o sono poco in contatto con la loro parte femminile, ma anche nelle donne che soffrono della stessa inclinazione, per accettare la loro natura dolce e vulnerabile che impedisce loro di abbandonarsi al partner.

Nel repertorio californiano (F.E.S.) sono presenti invece tre fiori che ri-armonizzano conflitti molto specifici e definiti:

Alpine Lily è utile per quelle donne che per condizionamenti religiosi, sociali o familiari vivono male il loro essere femminile, soprattutto a livello corporeo. Nella relazione di coppia vivono un rifiuto per l'organo genitale maschile vissuto come violento e denigrante. L'essenza del giglio di montagna permette di esprimere la propria femminilità nei suoi aspetti di sensualità, piacere corporeo e creatività nell'incontro con l'altro.

Sticky Monkey Flower aiuta ad integrare l'aspetto fisico e spirituale dell'amore in quelle persone che vivono male l'aspetto di contatto corporeo con l'altro, finendo per eseguire una mera prestazione senza coinvolgimento, dovuta alla profonda paura della partecipazione affettiva. Spesso queste persone possono mascherare la loro paura cercando molti rapporti sessuali che non impegnano il cuore, o al contrario evitano qualunque tipo di contatto sessuale.

Basil è il rimedio per chi vive il sesso come qualcosa di peccaminoso e sporco, tendendo a scindere la parte sessuale da quella affettiva anche nella relazione di coppia. A volte in conseguenza di ciò può darsi che la persona viva la propria fisicità in relazioni extraconiugali dove si permette di lasciarsi andare, oppure che sia attratta da pornografia o forme illecite di sessualità.
Il fiore del basilico aiuta a viversi armoniosamente in entrambi gli aspetti di corpo e emozioni, istinti e spiritualità, costituendo un valido aiuto anche alle coppie che non riescono a incontrarsi nei bisogni e nell'intesa intima.

[Wisteria si assume 7 gocce mattina e sera. 
I fiori califoriani si assumono 4 gocce per 4 volte al giorno]


Buona settimana
virginia

giovedì 17 settembre 2015

parole per l'anima #24

 
L'azione più potente per una donna 
è amare se stessa, 
essere se stessa
e brillare tra coloro 
che non hanno mai creduto 
che potesse farlo. 

La bellezza che ciascuna si porta dentro è come una luce. 
Alcune donne la vivono lontana e irraggiungibile come la luna, perché non sentono di esserne già in possesso. 
Spesso la vedono nelle altre ma non in se stesse. 


Credono di doverla catturare prima che sia tardi, oppure ottenere attraverso strategie meticolose o  addirittura grazie a ricette miracolose, che infine risultano deludenti come le lucciole al mattino. 


La verità è che invece di guardare fuori, è necessario svelarla dentro di sé, liberandosi di pesi ed etichette che altri hanno fatto aderire come una seconda pelle, opprimente filtro per la naturale luminosità. 


E successivamente portarla fuori, avendone molta cura, proteggendosi dalle influenze che ancora rischierebbero di spegnere la neonata fiamma



Giorno dopo giorno prendendo sempre più consapevolezza di ciò che appartiene da sempre, esprimendolo nelle piccole cose quotidiane 



Fino a brillare con tutte se stesse


Lasciando il segno della propria unicità nel mondo intorno a sé


buon week end
virginia 

(fonte immagini Pinterest)

martedì 15 settembre 2015

Prime volte



Oggi per molti bambini e ragazzi è stato il primo giorno di scuola.
Le nostre prime volte della vita sono tappe importanti che restano indelebili nella memoria per sempre.
Ci sono però “prime volte” che possono essere vissute a tutte le età, perché non si tratta solo di inesperienza, ma di esperienze di significato, che quando sono vissute con consapevolezza possono restare tappe di rinascita fondamentali.
Così oggi, dopo un po' di tempo, torno a scrivere un racconto breve che prende le mosse dalla fotografia di una finestra.

(Rouen - Francia) 


Quando siamo piccoli il tempo è una variabile informe e relativa, legato più alle emozioni che al senso del limite.
C'è il tempo desiderato dei giochi, quello tiepido della nanna, quello buono della pappa e quello buio dell'assenza.
Quest'ultimo per me il più temuto.
È per questo che un giorno a quattro anni ho voluto imparare a leggere l'orologio: a nulla sono valse le rimostranze di mia madre che provava a dire “troppo presto”, perché a mio avviso avevo già sopportato troppo quel buio carico di paure, silenzi e lacrime inghiottite.
Quando torna la mamma? Quando arriva la nonna? Quando rientra il papà?
Da sempre inondavo le mie tate di domande cariche di angosce, quando improvvisamente i miei quesiti non erano più solo parole rimaste ad aleggiare nel vuoto dell'abbandono, ma avevano coordinate precise.
Quando la lancetta grande è sul numero X e quella piccola sul numero Y.
Sapevo contare fino a 12, quanto bastava a confortare i miei occhi, fissi sul nostro orologio da cucina, a seguire i movimenti della terza lancetta, quella che volevo accellerare e sognavo di poter comandare con la potenza dello sguardo.

Credo che i miei problemi siano nati proprio lì, affidando un potere magico a quel tondo numerato, quasi che l'arrivo della lancetta sul numero stabilito portasse con sé la certezza matematica dell'arrivo di qualcuno.
Ecco perché l'aver trovato questa casa attigua a un orologio mi infonde una profonda calma.
Di notte specialmente, ne ascolto i rintocchi, i cigolii, i suoni metallici che divengono melodie.
Ancora oggi vivo in attesa. Non lasciatevi ingannare dall'apparenza.
È un orologio come gli altri e quando la lancetta grande e quella piccola si abbracciano sul sei, Lui arriva - non tutti i giorni, ormai sono grande abbastanza – passa di qui dopo il lavoro, sta un po' con me e poi torna a casa sua, perché alle otto i suoi bambini lo aspettano per cena; come non capirli?
Poco importa se con loro c'è anche sua moglie, lei agli orari non ci bada, ma i bambini si, per i bambini è importante.

Ma stasera è un giorno speciale.
Mentre le lancette erano abbracciate io non ero qui ad osservarle.
Sono uscita e dopo tanti anni ho finalmente sperimentato il tempo languido dell'addio, quello risoluto delle decisioni e quello eterno della libertà.
Ho smesso di attendere e per la prima volta ho iniziato a vivere.  



buona settimana
virginia






venerdì 11 settembre 2015

parole per l'anima #23


Attingi dal fondo di te stesso 
e ricomincia. 

Questa settimana la rubrica "parole per l'anima" è slittata al venerdì, ma rimediamo subito!
Lunedì vi ho dato qualche suggerimento per cominciare o ri-cominciare al meglio questo mese di settembre (quicosì oggi ho trovato per voi alcune immagini che possano servire da esempio concreto per alcuni dei punti che abbiamo definito. 



Porre attenzione alle cose che vi piacciono e vi danno piacere


Creare un'agenda concreta con ad esempio gli obiettivi della giornata, la lista delle cose da fare in ordine di priorità, le cose su cui fare allenamento e quelle da non dimenticare - vanno bene anche dei post-it colorati e con forme particolari sulla vostra agenda quotidiana.


Una lista delle cose da ricordare per prendersi cura di sé nei momenti di emergenza o di crisi

E infine tanti spunti per come e dove prendersi una pausa


Buon week end
virginia 

(fonte immagini Pinterest) 


lunedì 7 settembre 2015

Settembre e i buoni propositi



Abbiamo finito con il primo lunedì di luglio la serie di suggerimenti per il rilassamento (qui).
Avete provato? Come è andata?
Non dimenticate mai che la regola che sottende ogni tecnica di questo tipo può essere riassunta in una sola parola: costanza.
La ripetizione consapevole crea la sana abitudine, dunque non si può assolutamente prescinderne, pena la scarsa efficacia degli effetti desiderati.

Ecco perché mi trovo oggi, primo lunedì di settembre a parlare di buoni propositi.
Ormai questo mese, forse anche di più di gennaio, rappresenta l'Inizio per antonomasia.
Sarà perché segna spesso un passaggio climatico dal caldo torrido alle prime giornate terse dal vento fresco, oltre che ospitare la ripresa di molte attività che affondano le loro significative origini nell'inconscio collettivo di ciascuno – la scuola, la fine delle vacanze, l'inizio di progetti o hobby...

Quante volte avete ripetuto la frase “a partire da...(settembre, gennaio, lunedì, dopo le vacanze/feste ecc...) comincio”?
(ne avevamo già parlato qui ) .
Molte volte è rimasto tutto arenato nella spiaggia dell'estate, cancellato dalla prima onda lunga che ha raggiunto i pochi ombrelloni rimasti a contemplare il mare.

O magari avete anche cominciato, avete individuato i vostri bisogni, stabilito una data, fatto il primo o i primi passi... e poi, che cosa è successo?
Non ho abbastanza tempo” “devo prima fare quest'altro” “Oggi salto ma domani riprendo” e varie altre versioni sui generis hanno riportato tutto, inesorabilmente, come prima.

Qualsiasi sia stata la modalità con cui vi siete bloccate, oggi proverò a darvi qualche suggerimento per uscire da questo impantanamento – e da quelli che verranno.
Si tratta di piccole strategie che si possono applicare a qualsiasi situazione, dunque con un po' di flessibilità, potete utilizzarle ogni volta in cui vi sentite ferme, in stallo o blocco.

  1. Cambiare il punto di vista e procedere a piccoli passi.
Potrà sembrare ovvio, ma quando ci accingiamo a iniziare un progetto tendiamo a considerarlo nella sua globalità, vedendolo già definito, perfetto, con la conseguenza di restare impigliate nella rete del “non ce la farò mai” - fissandoci sul risultato, sulla performance – dimenticando che occorre in realtà pianificare delle tappe intermedie, da rivedere, modificare, correggere, fino a che tutti questi passaggi insieme daranno vita all'obiettivo nella sua totalità.
  1. Stimolare il processo.
Esistono alcune tecniche da usare per scovare e affrontare l'eventuale sabotatore interiore (vedi anche qui).
Nello specifico potreste iniziare a scrivere – senza pensare alla forma e alla grammatica – quello che sentite e che pensate, ad es. “sono molto in difficoltà nell'iniziare …........ sento che ogni volta che mi accingo a definire una data qualcosa dentro di me si ribella, è come.....” : questa è solo una possibilità, ciascuna dovrebbe scrivere le proprie sensazioni, dubbi, paure o frustrazioni, il più sinceramente possibile, senza filtri, in un dialogo interiore che può lasciare emergere il nucleo profondo del blocco, offuscato da altre sovrastrutture.
Una opportunità diversa è lasciare spazio alle immagini invece che alle parole, creando così un disegno libero che rappresenti la resistenza, oppure fare un collage che stimoli l'obiettivo, ritagliando e incollando su un foglio le figure che lo definiscano (funzionerà secondo le leggi delle parole evocatrici, secondo i principi che abbiamo delineato qui)
  1. Autodisciplina, ovvero verba volant scripta manent.
Create un diario o un'agenda dell'azione alla quale volete dedicarvi, con orari, giorni, spunti di riflessione una volta praticata, di modo che lentamente possiate toccare con mano i benefici e allo stesso tempo evitare di procrastinare, affermando “devo fare altro”.

  1. Priorità.
Fate un elenco di ciò che volete realizzare in base all'importanza che gli attribuite.
Può essere anche l'elenco che si riferisce a una giornata in particolare, e non a tutta la vita (vedi punto 1).

  1. Lasciate spazio al divertimento.
In qualsiasi cosa facciamo, anche la più faticosa, c'è sempre un aspetto che ci fa piacere, ad es. scrivere al computer in questo momento mi può annoiare dopo una giornata di lavoro, ma adoro il rumore delle dita sulla tastiera. Se riuscite a trovare anche un piccolo elemento di piacere in ciò che fate, la vostra attenzione si sposta su quello e tutto il resto ne trarrà enormi vantaggi.

Adesso non vi resta che mettervi all'opera e iniziare!

buona settimana
virginia 

giovedì 3 settembre 2015

Parole per l'anima #22


Lunedì abbiamo parlato della sindrome di Peter Pan (qui) così la frase di oggi è in linea con la relazione che si instaura nella coppia Peter e Wendy. 
Finché inconsapevole e immatura la piccola si lascia trascinare all'Isola che non c'è perché subisce la fascinazione di questo "ometto" che promette voli pindarici, avventure fantastiche e la fa sentire importante, tremendamente importante e necessaria.


Ma di che tipo di proposta e promessa si tratta?


"Conosci quel posto che si trova fra il sonno e la veglia,
 che ricorda il sogno? 
Là è dove ti amerò per sempre 
e dove io ti aspetterò."

Vi sembra una proposta radicata e affidabile? 
Peter è capace di amare solo in una dimensione parallela e illusoria, dove lui sente di avere in mano la situazione, perché è nel suo regno. 
E nel caso Wendy provi a volte a farlo tornare con i piedi per terra, lui batterà i piedi "io sono così" oppure inscenerà - spesso inconsciamente - la parte del bambino bisognoso, "come faccio io senza di te?" 
E guardatelo, come non si può correre in suo aiuto?? 




Ma inutile che ci proviate... 
resta quello che è, nonostante tutti  i vostri sforzi e la vostra buona volontà. 


Perché si comporta così? Da cosa fugge? Di cosa ha paura? Perché teme un rapporto reale?


"Non dire mai arrivederci, 
perché dire arrivederci
significa andare via 
e andare via significa dimenticare"

Per non incorrere mai nella sua ferita originaria, alla fine lascia voi ad attendere - tutto quello che fa all'inizio per attirarvi a sé rappresenta il modo per non lasciarvi andare via, ma deve comunque mettervi alla prova in questo. 
Lui può dimenticare, lui può non esserci, ma voi dovete esserci sempre. 
Attendere alla finestra il suo ritorno... 


E può essere anche un'attesa lunga e triste... 


Finché magari un bel giorno, dalla finestra aperta... 


il vento mi sussurrò dicendo, 
"Non hai bisogno di questo tipo di amore"


e magari ad attenderlo lascerete solo la sedia e una tazza vuota... 

ps. ci provera' a dire "restiamo amici". A voi la scelta - purche siate consapevoli che e' un modo difensivo per tollerare meglio l'abbandono.

buon Week End 
virginia

 (fonte immagini: Pinterest)