martedì 15 settembre 2015

Prime volte



Oggi per molti bambini e ragazzi è stato il primo giorno di scuola.
Le nostre prime volte della vita sono tappe importanti che restano indelebili nella memoria per sempre.
Ci sono però “prime volte” che possono essere vissute a tutte le età, perché non si tratta solo di inesperienza, ma di esperienze di significato, che quando sono vissute con consapevolezza possono restare tappe di rinascita fondamentali.
Così oggi, dopo un po' di tempo, torno a scrivere un racconto breve che prende le mosse dalla fotografia di una finestra.

(Rouen - Francia) 


Quando siamo piccoli il tempo è una variabile informe e relativa, legato più alle emozioni che al senso del limite.
C'è il tempo desiderato dei giochi, quello tiepido della nanna, quello buono della pappa e quello buio dell'assenza.
Quest'ultimo per me il più temuto.
È per questo che un giorno a quattro anni ho voluto imparare a leggere l'orologio: a nulla sono valse le rimostranze di mia madre che provava a dire “troppo presto”, perché a mio avviso avevo già sopportato troppo quel buio carico di paure, silenzi e lacrime inghiottite.
Quando torna la mamma? Quando arriva la nonna? Quando rientra il papà?
Da sempre inondavo le mie tate di domande cariche di angosce, quando improvvisamente i miei quesiti non erano più solo parole rimaste ad aleggiare nel vuoto dell'abbandono, ma avevano coordinate precise.
Quando la lancetta grande è sul numero X e quella piccola sul numero Y.
Sapevo contare fino a 12, quanto bastava a confortare i miei occhi, fissi sul nostro orologio da cucina, a seguire i movimenti della terza lancetta, quella che volevo accellerare e sognavo di poter comandare con la potenza dello sguardo.

Credo che i miei problemi siano nati proprio lì, affidando un potere magico a quel tondo numerato, quasi che l'arrivo della lancetta sul numero stabilito portasse con sé la certezza matematica dell'arrivo di qualcuno.
Ecco perché l'aver trovato questa casa attigua a un orologio mi infonde una profonda calma.
Di notte specialmente, ne ascolto i rintocchi, i cigolii, i suoni metallici che divengono melodie.
Ancora oggi vivo in attesa. Non lasciatevi ingannare dall'apparenza.
È un orologio come gli altri e quando la lancetta grande e quella piccola si abbracciano sul sei, Lui arriva - non tutti i giorni, ormai sono grande abbastanza – passa di qui dopo il lavoro, sta un po' con me e poi torna a casa sua, perché alle otto i suoi bambini lo aspettano per cena; come non capirli?
Poco importa se con loro c'è anche sua moglie, lei agli orari non ci bada, ma i bambini si, per i bambini è importante.

Ma stasera è un giorno speciale.
Mentre le lancette erano abbracciate io non ero qui ad osservarle.
Sono uscita e dopo tanti anni ho finalmente sperimentato il tempo languido dell'addio, quello risoluto delle decisioni e quello eterno della libertà.
Ho smesso di attendere e per la prima volta ho iniziato a vivere.  



buona settimana
virginia






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