Oggi
per molti bambini e ragazzi è stato il primo giorno di scuola.
Le
nostre prime volte della vita sono tappe importanti che restano
indelebili nella memoria per sempre.
Ci
sono però “prime volte” che possono essere vissute a tutte le
età, perché non si tratta solo di inesperienza, ma di esperienze di
significato, che quando sono vissute con consapevolezza possono
restare tappe di rinascita fondamentali.
Così
oggi, dopo un po' di tempo, torno a scrivere un racconto breve che
prende le mosse dalla fotografia di una finestra.
(Rouen - Francia)
Quando
siamo piccoli il tempo è una variabile informe e relativa, legato
più alle emozioni che al senso del limite.
C'è
il tempo desiderato dei giochi, quello tiepido della nanna, quello
buono della pappa e quello buio dell'assenza.
Quest'ultimo
per me il più temuto.
È
per questo che un giorno a quattro anni ho voluto imparare a leggere
l'orologio: a nulla sono valse le rimostranze di mia madre che
provava a dire “troppo presto”, perché a mio avviso avevo già
sopportato troppo quel buio carico di paure, silenzi e lacrime
inghiottite.
Quando
torna la mamma? Quando arriva la nonna? Quando rientra il papà?
Da
sempre inondavo le mie tate di domande cariche di angosce, quando
improvvisamente i miei quesiti non erano più solo parole rimaste ad
aleggiare nel vuoto dell'abbandono, ma avevano coordinate precise.
Quando
la lancetta grande è sul numero X e quella piccola sul numero Y.
Sapevo
contare fino a 12, quanto bastava a confortare i miei occhi, fissi
sul nostro orologio da cucina, a seguire i movimenti della terza
lancetta, quella che volevo accellerare e sognavo di poter comandare
con la potenza dello sguardo.
Credo
che i miei problemi siano nati proprio lì, affidando un potere
magico a quel tondo numerato, quasi che l'arrivo della lancetta sul
numero stabilito portasse con sé la certezza matematica dell'arrivo
di qualcuno.
Ecco
perché l'aver trovato questa casa attigua a un orologio mi infonde
una profonda calma.
Di
notte specialmente, ne ascolto i rintocchi, i cigolii, i suoni
metallici che divengono melodie.
Ancora
oggi vivo in attesa. Non lasciatevi ingannare dall'apparenza.
È
un orologio come gli altri e quando la lancetta grande e quella
piccola si abbracciano sul sei, Lui arriva - non tutti i giorni,
ormai sono grande abbastanza – passa di qui dopo il lavoro, sta un
po' con me e poi torna a casa sua, perché alle otto i suoi bambini
lo aspettano per cena; come non capirli?
Poco
importa se con loro c'è anche sua moglie, lei agli orari non ci
bada, ma i bambini si, per i bambini è importante.
Ma
stasera è un giorno speciale.
Mentre
le lancette erano abbracciate io non ero qui ad osservarle.
Sono
uscita e dopo tanti anni ho finalmente sperimentato il tempo languido
dell'addio, quello risoluto delle decisioni e quello eterno della
libertà.
Ho
smesso di attendere e per la prima volta ho iniziato a vivere.
buona settimana
virginia
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