L'altro
giorno al mare osservavo i bambini sulla spiaggia, tutti intenti a
costruire, creare forme e realtà tangibili, sia sotto forma di torri
inespugnabili, castelli con trincee (per i più grandi) o anche
semplicemente labili architetture di sabbia, più simili a piramidi
addolcite dagli spigoli, coni di gelato rovesciati sul bagnasciuga –
per i più piccoli.
Tutti
noi abbiamo costruito sulla riva del mare, ma a volte il momento più
bello e atteso era quello della possibilità di distruggere tutto
quello che con pazienza e metodo era stato eretto dalle nostre stesse
mani.
Quando
pongono fine in questo modo alla loro creazione, i bambini hanno una
palpabile soddisfazione sulla faccia, molto più densa di significato
dell'attenta concentrazione avuta in precedenza. Poi tutto
ricomincia, affastellano granelli in varie forme che poi distruggono
con le mani, con i piedini, con l'acqua, fondendole in nuovi rivoli
che vanno verso il mare. E ancora un nuovo inizio, quasi
all'infinito... guai però se l'azione demolitrice avviene da parte
di qualcun altro, di un piede distratto o di un'onda anomala: sono
pianti inconsolabili, finché non accade un momento di magia che fa
rientrare nel ritmo e tutto riparte.
Le
teorie psicologiche infantili, ci spiegano che i giochi di questo
tipo (soprattutto intorno ai 18-24 mesi) sono fondamentali per fare
in modo che nel bambino si crei la possibilità di affermare se
stesso, di costruire qualcosa che lo rappresenti e poi farlo venire
meno, ma allo stesso tempo, dopo la dispersione, di nuovo la
riunificazione degli stessi elementi in una forma simile. Il più
famoso gioco in tal senso è quello della torre fatta coi cubetti.
Tutte
le mamme sanno quanta costanza ci vuole a seguire il proprio bambino
in questa scoperta, e quanto sia importante partecipare ad entrambe
le fasi, permettergli di ordinare in equilibrio i pezzettini e subito
riportarli a terra con un colpo di mano, per poi aiutare il piccolino
nella ricostruzione dell'unità dopo la scissione delle parti,
rotolate chissà dove.
Questo
processo, dialogo motorio fra mamma e figlio, consente lo sviluppo di
sé, permette l'espressione di una carica aggressiva e gli dona
fiducia sulla possibilità di ricostruire qualcosa, sempre.
Oggi
le torri sul mare, domani la sua identità, messa alla prova dagli
eventi della vita che molto spesso ci fanno sentire in mille pezzi
sparsi.
Ogni
volta che una crisi si abbatte su di noi, distrugge le nostre
certezze, sembra spazzare via l'identità che con perseveranza e
fatica abbiamo costruito giorno dopo giorno, mattone dopo mattone di
esperienze, tenuti insieme col collante delle relazioni e delle
persone significative.
A
volte arriva un evento che è come un onda improvvisa, più lunga
delle altre e che non ti aspettavi e ti interrompe sul più bello –
e come quando eri bambina ti ritrovi a piangere lacrime amare di
ingiustizia – altre volte invece, nonostante la fatica e l'impegno,
ti ritrovi a essere l'unica artefice della distruzione, perché forse
così doveva andare... quella costruzione necessita di rinnovamento o
addirittura di essere rasa al suolo fino alle fondamenta, per poi
essere edificata con nuovi criteri, perché tu non sei più quella di
prima. A volte è necessario demolire per affermare nuove fasi di
vita.
Comunque
si tratta di momenti fragile e delicati, fatti di equilibri precari,
di domande e ricerca di senso... da adulti è sempre difficile
ricominciare e ripartire da zero.
Accade
perché col tempo vorremmo circondarci di certezze, ci piacerebbe
avere sempre una mano solida e carezzevole, come quella della mamma,
che ci aiuta nel rimettere insieme i pezzi, oppure accade perché non
accettiamo che il cambiamento fa parte della vita, e che a volte ci
permette di abituarsi piano piano, mentre altre irrompe senza
chiedere il permesso.
Tutti
i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne
ricordano) –
dice Saint-Exupéry nella dedica iniziale del Piccolo
Principe:
abbiamo perso quel modo di guardare alle cose che avevamo da piccoli,
il riuscire a lasciare i luoghi abituali come fa il bambino del suo
romanzo, per scoprire il mondo, per sperimentare l'orgoglio di
ripartire e dar vita a qualcosa che può di nuovo svettare
all'orizzonte, anche se fosse solo un'idea o un'emozione, oppure
tornare di nuovo a casa, ma diversi da quello che eravamo, con nuove
prospettive, rimettere insieme i pezzi, senza essere gli stessi.
Ogni
volta che accade qualcosa che rompe gli equilibri proviamo a
riconnetterci con il bambino interiore che è sempre con noi e diamo
spazio anche alla possibilità che dopo che tutto è caduto si possa
sempre ricostruire qualcosa.
Buona
settimana
virginia
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