Qualche
tempo fa ho postato questa foto sul mio profilo instagram e osservandola
mi è venuta in mente una associazione fra il fiore del papavero e la
figura del narcisista perverso.
In
un certo senso, si usa questo tipo di connotazione per quelle persone
affette da disturbo narcisistico di personalità che si
caratterizzano per una sorta di piacere nel manipolare e rendere gli
altri sottomessi, ferendoli con le parole e colpendo i punti deboli
che li rendono vulnerabili e dipendenti.
Colui
o colei che possono fregiarsi di questo aggettivo acquistano potere
(realtà cui ambiscono più che l'amore) e si sentono importanti in
maniera direttamente proporzionale alla loro capacità di rendere il
partner (ma in generale coloro che gli sono vicini) sottomesso,
bisognoso e insicuro.
Non
si tratta tanto di limitazioni esterne, quanto di un condizionamento
interiore, uno stato di confusione e incertezza, quasi a dire “senza
di me non sei niente”.
La
loro grandiosità (scambiata dal partner per sicurezza e autostima)
si nutre dell'inadeguatezza degli altri, come un vampiro che per
vivere ha bisogno del sangue di una vittima.
Perché
– direte voi – lo associo al papavero?
1
– perché il narcisista di primo impatto ha la stessa capacità del
papavero di farsi notare, di sedurre col suo aspetto o modo di fare,
risultando una spanna sopra agli altri.
2
– perché l'effetto che questo tipo di persona ha sugli altri è
narcotizzante, proprio come l'oppio che si ricava da questo fiore .
In un crescendo di complimenti, parole accattivanti, capacità di
cogliere i bisogni altrui, comincia ad entrare nel mondo interiore
del partner e dapprima adempierne i desideri, diventando l'uomo o la
donna ideale, poi pian piano cominciando a instillare dubbi e
critiche, incarnandone i pensieri più giudicanti, facendogli credere
di essere sempre nel giusto. Ovviamente la “preda” scelta – in
maniera cosciente o meno – possiede già un insieme di ferite che
si sposano perfettamente con il modo sadico di relazionarsi del
narcisista perverso.
3
– perché è infestante e cattura l'attenzione di chi vi posa lo
sguardo, proprio come il narcisista ha bisogno di piacere a tutti
indistintamente e farà di tutto per ottenerlo.
Per
cercare di spiegarvi questi processi ho inventato questa storia, che
prende le mosse dalla stessa foto di partenza
Lo
sai che i papaveri sono alti alti alti – cantava Nilla Pizzi
doppiata da mia nonna, che usava incosciente questa canzone per
addormentarmi ogni pomeriggio – e tu sei piccolina, e tu sei
piccolina... sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?
Lei
non poteva prevedere che mi sarei davvero sentita un brutto
anatroccolo, da lì a una decina d'anni e per sempre.
Me
la cantava con affetto, io ero la sua nipotina-paperina, ma a nulla
sarebbero valsi i complimenti e i suoi sguardi amorevoli quando mi
accorsi la prima volta che non ero abbastanza alta, abbastanza magra,
abbastanza alla moda, abbastanza carina... insomma abbastanza degna
per ricevere uno sguardo desiderante di uno qualsiasi dei miei
compagni di scuola.
Per
questo quando Lui mi ha guardata la prima volta mi sono sentita una
reginetta.
Lui
che era invece troppo: troppo affascinante, troppo colto, troppo
sicuro, troppo uomo, per me che al suo cospetto mi trasformavo in una
adolescente alle prime armi. E invece avevo 35 anni, poche esperienze
e una gran voglia di essere amata.
Lui
lo vedevo perfetto, riusciva ai miei occhi a svettare sopra qualsiasi
altro, emergeva col suo savoir faire in ogni ambiente,
sapientemente riusciva ad accattivarsi le simpatie di qualsiasi
sconosciuto, adattandosi amabilmente ad ogni circostanza, anche la
più avversa.
Quando
c'era Lui, tutto il resto diventava sfondo: situazioni, persone,
persino la mia vita e i miei bisogni.
All'inizio
mi sentivo parte di quel primo piano, improvvisamente protagonista su
un palcoscenico sconosciuto, ma in realtà, proprio lì si
consumavano i primi segnali della tragedia.
Di
fronte alle luci della ribalta mi proteggeva, incoraggiava a
instaurare relazioni e dialoghi che mi serviva su portate d'argento,
ma poi, nell'ombra della sua casa, tornavo improvvisamente una
cenerentola senza principe: non perdeva occasione per umiliarmi,
sottolineando quanto poco ero stata alla sua altezza, come avevo
potuto uscirmene con quella frase? E poi non avevo altro vestito da
mettermi stasera?
Sei
nata paperina, che cosa ci vuoi far? - cantava Nilla Pizzi nella
mia testa.
Dunque
ero io quella sbagliata e Lui quello perfetto.
È
andata avanti così per quindici anni.
Fuori
una coppia invidiata, dentro uno stillicidio di violenza psicologica.
E
nonostante tutto, credevo di non farcela senza di lui.
Mi
aveva abituata a guardarlo, e in questo modo non vedevo me.
Lui
era il mio specchio, che però rifletteva sempre la sua immagine.
Lui
in primo piano e io sempre più nelle retrovie.
Finché
un giorno ho capito.
Se
Io smettevo di guardarlo, lui perdeva tutta la sua forza.
Lui
esisteva solo se Io esistevo.
Ma
non bastava. Lui era forte solo se io ero alla sua mercé.
Le
sue radici affondavano nel mio terreno.
Stava
in piedi grazie a me.
Così
un altro giorno ancora l'ho reciso.
Ed
è successo l'inevitabile.
In
un attimo ha perso tutto il suo charme.
Insieme
ai suoi abbaglianti petali in equilibrio precario. Come tutti i
papaveri.
Questo
la nonna si è sempre dimenticata di dirmelo.
buona
settimana
virginia