lunedì 1 agosto 2016

Quali (buoni) motivi vuoi per lasciar perdere una relazione tossica?



Forse non vi stupirà scoprire che gli articoli del blog più letti sono quelli sul narcisismo e sul fenomeno della dipendenza affettiva.
In tante mi scrivono e descrivono situazioni che si assomigliano: lui sembra quello giusto, si raggiungono emozioni mai provate e poi all'improvviso tutto cade rovinosamente.
Ma la costante più difficile da comprendere anche per le interessate è una constatazione che suona più o meno così: sono consapevole che non è l'uomo giusto, che mi ha fatto del male, ma non riesco a staccarmi da lui.
Per alcune si tratta di un pensiero fisso, per altre di tentativi di contatto, qualche uscita o anche solo telefonate, messaggi, dialoghi alla ricerca dei perché, di risposte a domande che di solito cadono inesorabilmente nel vuoto.
È vero, c'è una parte che non si arrende, che tenta disperatamente di riavere ciò che ha perduto: è la parte che anche solo per un periodo definito si è sentita al centro del mondo di quella persona che ai suoi occhi era tutto, che si specchiava in lui e grazie a lui aveva senso e valore. E questo è un aspetto del problema.
Ma vogliamo anche parlare dell'altro aspetto più subdolo del fenomeno dipendenza?
Mi riferisco alla parte che non vuole accettare la realtà.



Quella che – come l'incredula Lucy – anche di fronte a frasi dure e spietate non vuole accettare che tutto sia finito, anzi, presta il fianco a ulteriori svalutazioni e umiliazioni.
Cosa si può celare dietro a questo atteggiamento?
Come spesso rispondo a chi mi chiede una “soluzione” immediata che sollevi dalla sofferenza, purtroppo il percorso che può lasciar emergere i motivi di questo comportamento non è né semplice né veloce.
Si tratta di scoprire aspetti inconsci che partecipano della dinamica di dipendenza fin dagli albori, non solo nel momento della fine.
Spesso ha radici molto lontane, nell'infanzia e nel mondo interiore della bambina che siamo state.
Proverò qui a darvi alcuni spunti di riflessione, che possano aprire nuovi interrogativi non tanto sul perché lui fa così, bensì perché voi non potete fare a meno di restare attaccate a un'illusione.

  1. I bambini non accettano le frustrazioni e il non essere al centro del mondo dell'altro. Se avete vissuto questa relazione inconsciamente con una parte infantile, risulta chiaro che sia inconcepibile per voi non essere più amate. Conoscete la reazione di un bambino di fronte a quello che crede un abbandono? Piange, si dispera, tenta in ogni modo di catturare l'attenzione fino anche ad attaccarsi letteralmente alle gambe della mamma che lo sta lasciando a qualcuno. So che vi sembrerà un'immagine un po' esagerata, ma a volte questo è ciò che accade dentro ad alcune di voi e che può portare a voler ignorare qualsiasi motivo di spiegazione, logico o meno. Ciò che “lavora” dentro è una convinzione del tipo “non esisto se non con te”.
  2. In altri casi, quella parte di voi non accetta la fine perché questa risveglia ferite più profonde che sono ancora più dolorose di quelle attuali. Riprendendo il tema dell'abbandono, se nella vostra vita ci sono stati episodi di questo tipo da parte di figure significative si può innescare una sorta di coazione a ripetere (vedi anche qui) che vi porta da un lato a cercare situazioni simili a quella vissuta, ma dall'altro a fare qualsiasi cosa per opporvi ad essa, proprio per cambiare le sorti di un evento che da piccole avete solo subito (qui il pensiero è del tipo “questa volta farò di tutto per impedirlo”) .
    Se invece di essere abbandonate vi siete sentite rifiutate, a maggior ragione diventa insopportabile qualsiasi motivazione che l'altro possa dare, soprattutto quando si tratta di critiche e umiliazioni.
    Qui la ricerca di continue occasioni per smentire le sue parole diventano dei salvavita della vostra autostima (“come può avermi amato e poi dirmi/farmi questo?” ) così ciò che ricercate in maniera spasmodica non è tanto la disdetta di quanto detto adesso ma la conferma di quanto provato allora.
  3. Infine può essere anche il caso che la vostra parte che nega la realtà stia proteggendosi dall'accettare che potrà essere sostituita con un'altra donna, che ai vostri occhi avrà tutto quello che avete avuto voi e anche di più. Questa paura affonda le radici in traumi infantili di continuo confronto, con gli altri più bravi, buoni, migliori ecc... o con irraggiungibili prestazioni con le quali non potevate mai competere perché bisognava fare sempre di più.
    Qui il problema diventa non tanto la perdita di lui, ma il fatto che lo avrà un altra, che ai vostri occhi rappresenta tutto ciò che voi non siete riuscite a dare (il pensiero ossessivo sarà del tipo “perché lei si e io no?”).

In ogni caso, il percorso da fare è quello di ricostruire una sana autostima che si basi sulle realistiche potenzialità e sfati modelli irraggiungibili e tossici: innanzitutto ritrovare la propria bambina interiore, curarne le ferite, coglierne i bisogni e osservare nella relazione di coppia, come e quando prende il sopravvento sulla parte adulta.
A volte diventa necessario conoscere per la prima volta e sviluppare questa parte adulta che si può porre nelle relazioni secondo un'emotività matura e indipendente.
Spero di avervi dato i primi germogli di consapevolezza che vi porteranno a vivere relazioni più sane, piene e appaganti.


Buona settimana
virginia

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