Qualche giorno fa mi è arrivata questa mail.
Care
amiche,
il
25 novembre p.v. è la giornata internazionale contro la violenza
sulle donne. Nella triste realtà che ci rimanda ogni giorno la
cronaca nera, aggravata dal voyerismo con cui se ne parla a
profusione nei talk show senza mai arrivare al nocciolo del problema,
c’è il segno del degrado culturale di questo paese.
Tutto
questo nel silenzio colpevole di partiti, sindacati e istituzioni. In
questo quadro desolante tre giornaliste hanno deciso di lanciare una
“provocazione”, di chiamare le donne a dare un segno tangibile
del loro dire “BASTA”, con uno sciopero al contrario: esserci e
essere visibili. Con un tam-tam tra singole donne e associazioni si
stanno organizzando eventi, letture, segnali e tutto quello che la
fantasia suggerisce.
Per
tutto questo credo che lunedì 25 bisogna esserci, renderci visibili
indossando, come chiedono le promotrici, un capo di abbigliamento
rosso.
Credo
sia un segnale importante da dare a tutta la società. Per maggiori
dettagli vi invito a visitare il sito www.scioperodelledonne.it
che riporta anche tutte le iniziative città per città.
Vi
chiedo anche di far girare questa informazione tra i vostri contatti.
PIU’ SIAMO MEGLIO E’!
A
Roma l’appuntamento è per le 17 sulla piazza del Campidoglio.
Me ne
era arrivata anche un'altra simile, che invitava a scioperare in
questa giornata, ma mi son detta che il mio lavoro è fondamentale
per alcune donne che proprio per ritrovare se stesse trascorrono
un'ora del loro tempo nel mio studio.
Così
ho deciso che stamani mattina sarei uscita comunque con qualcosa di
rosso addosso, anche se andavo a lavorare e non a scioperare, per
dare un segnale di energia e solidarietà.
Una
volta fuori, ho provato a guardare il mondo partendo da questo colore
che portavo su di me: ho notato una signora alla posta con una
capiente borsa di una bella pelle color rubino; un'altra che
attraversava le strisce pedonali alternando passi fasciati da un
rosso vivace; una giovane ragazza che sfoggiava due labbra vibranti e
accese, nell'abitacolo vicino al mio, in coda al semaforo; ho persino
notato la sciarpa rossa di un anziano... interrogandomi sulla
casualità o meno di quel vezzo.
Una
volta che la mia attenzione era catturata da quel filtro con cui
guardare gli altri, anche solo nel tragitto casa – studio, mi sono
sentita in connessione con quelle persone, ho sorriso a una, guardato
con rispetto un'altra... era come se in un momento fossimo tutti
partecipi di un sentimento di comunione per un valore più alto.
Non
importa se davvero anche loro portavano quel colore in modo
consapevole o per pura coincidenza, mi ha comunque permesso di
riflettere sull'importanza di percepire gli altri più vicini e
simili, anche solo nel tempo di uno sguardo.
Per
questo credo fermamente che sia indispensabile far sentire a tutte le
donne vittime di soprusi, che non sono sole, che la violenza non è
la normalità, anche se qualcuno cerca di convincerle del contrario,
per riuscire a rompere il più possibile il muro dell'omertà e del
silenzio, che subdolo la fa da padrone dentro le case violentate.
Purtroppo
sono ancora le case il luogo dove avvengono la maggior parte degli
abusi, gli atti dei parenti le terribili azioni, mosse proprio da chi
dovrebbe difendere e proteggere, invece che infierire per
distruggere.
La
violenza ha miriadi di forme e abita tutto il territorio.
È al
nord come al sud, a est e a ovest.
È
negli appartamenti di lusso degli italiani così come nelle case
popolari degli stranieri.
È
nelle abitazioni e nelle fabbriche, negli uffici, per la strada.
È
nelle parole così come nelle mani.
È
nelle percosse ma anche nelle minacce.
È
nelle forme di coercizione dirette ma anche nel controllo indiretto e
subliminale.
È
nello sparo e allo stesso tempo nello stillicidio di veleno
quotidiano.
È
l'entrare nella spirale che vede seduzione – isolamento –
attacchi ripetuti all'autostima e di nuovo seduzione in un circolo
senza fine di solitudine e impotenza.
È
nelle immagini, nella tv e nella mente di certi uomini, che vedono la
donna solo come un oggetto, senza identità, oppure come una loro
proprietà.
È
nelle parole, nel giudizio, nella mente di certe donne che condannano
oppure non vogliono vedere, anche se a volte si tratta delle loro
stesse figlie.
Ecco
che di fronte a tutto questo è necessario porre qualcosa di rosso.
Rosso come il troppo sangue versato.
Rosso
come qualsiasi segnale di pericolo, per cominciare a far conoscere
alle donne i campanelli d'allarme per poter fuggire in tempo.
Rosso
come quei cuori che tutte disegnano da bambine e che meritano di
essere custoditi e protetti, invece che lacerati e abusati.
Rosso
come lo stop del semaforo: simbolo della volontà di porre fine allo
scempio.
Rosso
come certe luci della notte, testimoni del mercimonio dei corpi.
Rosso
come la rabbia, che non trova spazio, chiusa fra il terrore e la
colpa.
Rosso
come il coraggio, energia necessaria per rompere il muro del
silenzio.
Rosso
come l'Amore, quello per se stesse, non quello dichiarato per il
partner violento, che troppo spesso porta a giustificare e negare.
Rosso
come il Natale, che sarà puntuale fra un mese, e speriamo porti
nuove consapevolezze, nuovi occhi, nuove speranze a tutte coloro che
aspirano alla liberazione.
E meno violenza per tutti.
E meno violenza per tutti.
buona settimana
virginia