lunedì 2 febbraio 2015

L'intelligenza segreta a scuola



Quando termino un libro resto per qualche minuto a meditare sopra quello spazio bianco, dopo l'ultimo punto.
Lì faccio sostare i pensieri e lascio che emergano le immagini che quel testo mi ha lasciato: cosa ricorderò di quelle migliaia di parole fra un po' di tempo?

Finite le ultime righe de “L'intelligenza in-attesa. Interiorità e meditazione a scuola” di Stefano Viviani (Edizioni ETS, 2014 lo trovi qui), nella mezza pagina bianca che restava, ho percepito nitidamente il suo sguardo pieno di interesse per quelle anime in boccio di cui si prende cura ogni giorno fra i banchi di scuola media.


Stefano lo conosco di persona, abbiamo intrapreso insieme i primi passi nella Psicosintesi all'interno di un corso di formazione e crescita personale molti anni fa, lui come insegnante, io come psicologa, insieme ad altri che come noi volevano conoscere meglio se stessi e questo approccio alla vita improntato all'armonia, dentro e fuori di sé.
Il libro di Stefano non è un testo di didattica, né di speculazione teorica, nonostante lui sia animato da uno spirito filosofico che irradia dalla sua persona.
È piuttosto un libro che racconta un'esperienza di scuola vissuta con e per i ragazzi, votata a lasciare emergere le loro potenzialità, testimonianza di un'educazione possibile, pur nelle difficoltà che il mondo scolastico odierno porta con sé.
Quello che ho respirato leggendo, è un'atmosfera in aula piena di curiosità e fiducia: quanto più i ragazzi chiudevano gli occhi per esplorare i loro mondi interiori tanto più quelli di Stefano erano aperti, attenti, pieni di stupore e meraviglia per ciò che stava accadendo.
Come lui stesso sottolinea:

Direi che il presupposto principale è dato dallo «sguardo», dal nostro sguardo, dal modo in cui noi insegnanti vediamo e concepiamo i ragazzi che abbiamo di fronte. Anzitutto, perché poche cose hanno il potere di attivarli e renderli creativi come la nostra attenzione. Sentirsi visti e riconosciuti scioglie blocchi e insicurezze ed è molto spesso sufficiente, da solo, a produrre cambiamenti che hanno davvero del miracoloso.
(pag. 15)

L'insegnante ha un compito delicato e fondamentale, perché accompagna i giovani in fasi decisive della loro esistenza, dove scoprono se stessi e le relazioni col mondo, e come adulto può facilitarli affinché questo svelarsi e rivelarsi sia fondante e pieno di senso.
Questo libro parla della storia di Stefano e di come ha fatto lui a creare questa sinergia coi suoi ragazzi, partendo proprio dagli spunti concreti di lavoro e dalle preziose parole condivise.
Tutto ciò è possibile solo se non ci ferma al primo sguardo.
Occorre andare “dentro”, andare “oltre”:

[…] cosa vediamo, in realtà, quando ci troviamo davanti ai nostri studenti. Riusciamo a vederli come persone, come soggetti, o li percepiamo soltanto come funzioni, come erogatori di prestazioni, spesso in un tutto indifferenziato che non ci permette di distinguerli gli uni dagli altri?
(pag. 16)

Se ci lasciamo ingannare di fronte alla subpersonalità con cui un allievo si identifica – magari per difesa, per paura o perché lo hanno sempre apostrofato così – si rischia di perdere l'occasione di scoprire altro e di farlo conoscere anche a lui.
Chi c'è dietro al “casinista”? Che qualità si celano nella “timidona”? Chi si nasconde fra i libri del “secchione”?
Stefano ha intuito questo “qualcosa in più” che lui chiama «l'intelligenza segreta», ma soprattutto ha sentito l'esigenza di farla emergere in classe e renderla materia viva, energia educativa da plasmare in modo creativo tutti quanti insieme.
In Psicosintesi questo “qualcosa in più” che ci abita viene chiamato Sé, ovvero la nostra essenza più vera e originale, libera da tutti i condizionamenti, che chiede di essere espressa, pena la mancata realizzazione di ciò che siamo.
Introdurre a scuola questo tema significa parlare di vocazioni e passioni, interrogarsi sulla propria identità e su che cosa significa essere se stessi.
Questo però non significa solo mostrare le bellezze rifugiandosi in visioni utopistiche della vita, anzi, come sottolinea l'autore, bisogna porre anche domande scomode e provocatorie:

non possiamo ignorare il disagio che emerge […] si tratta invece di accogliere e contenere, di guidare, di aiutare a risolvere e superare ansie e angosce; non nascondendole, ma affrontandole insieme. Naturalmente è importante per i ragazzi comprendere il valore dell'impegno e della fatica, imparare che certi risultati, nello studio come in futuro nella vita, si ottengono con il lavoro e la disciplina e che sono necessari dei sacrifici. Ma è necessario, al contempo, fornire loro il senso di quello che stanno facendo.
(pag. 38-40)

Come ci dimostrano le pagine del libro, i ragazzi sono assetati di senso, bramano trovare significati interrogandosi con passione anche su questioni che mai ci aspetteremmo

è proprio perché evitiamo le domande a cui pensiamo non sappiano rispondere che spesso sottovalutiamo l'intelligenza dei nostri alunni; l'opinione negativa che abbiamo di loro è molto spesso niente altro che lo specchio di questa sottovalutazione
(pag. 70)

In queste pagine è dunque condensato un percorso educativo all'interiorità, alla socializzazione e al rispetto della diversità, partendo sempre dalla curiosità di sapere cosa ne pensano gli studenti, senza giudizio o regole preconfezionate.
Si tratta di un viaggio dove lo sguardo dell'insegnante si è posato fuori e poi dentro di sé e poi di nuovo fuori, perché prima di tutti Stefano è riuscito ad avere il coraggio di educare se stesso, di condursi in prima persona nel territorio delle domande spinose rispetto al suo ruolo, che non ha voluto ridurre a mero esecutore di programmi ministeriali, diventando compagno di scoperte e sostenitore di talenti.
Finché poi arriva un momento in cui ci si separa, arriva il tempo di affidarli, con fiducia, al mondo (pag. 95).
Infondo, il lavoro dell'insegnante per certi versi è simile a quello del terapeuta, soprattutto nell'epilogo: spesso nessuno dei due conosce cosa succederà dopo (l'ultima seduta o dopo l'ultimo giorno di scuola) nell'esistenza di quelle persone che si sono accompagnate per un tratto di cammino.
Ci si congeda augurandosi di aver contribuito a rendere quel percorso più umano e degno di essere vissuto. 
La vita poi farà il resto.

buona settimana
virginia 

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