Quando
termino un libro resto per qualche minuto a meditare sopra quello
spazio bianco, dopo l'ultimo punto.
Lì
faccio sostare i pensieri e lascio che emergano le immagini che quel
testo mi ha lasciato: cosa ricorderò di quelle migliaia di parole
fra un po' di tempo?
Finite
le ultime righe de “L'intelligenza in-attesa.
Interiorità e meditazione a scuola” di Stefano Viviani (Edizioni
ETS, 2014 lo trovi qui), nella mezza pagina bianca che restava, ho percepito
nitidamente il suo sguardo pieno di interesse per quelle anime in
boccio di cui si prende cura ogni giorno fra i banchi di scuola
media.
Stefano
lo conosco di persona, abbiamo intrapreso insieme i primi passi nella
Psicosintesi all'interno di un corso di formazione e crescita
personale molti anni fa, lui come insegnante, io come psicologa,
insieme ad altri che come noi volevano conoscere meglio se stessi e
questo approccio alla vita improntato all'armonia, dentro e fuori di
sé.
Il
libro di Stefano non è un testo di didattica, né di speculazione
teorica, nonostante lui sia animato da uno spirito filosofico che
irradia dalla sua persona.
È
piuttosto un libro che racconta un'esperienza di scuola vissuta con
e
per
i ragazzi, votata a lasciare emergere le loro potenzialità,
testimonianza di un'educazione possibile, pur nelle difficoltà che
il mondo scolastico odierno porta con sé.
Quello
che ho respirato leggendo, è un'atmosfera in aula piena di curiosità
e fiducia: quanto più i ragazzi chiudevano gli occhi per esplorare i
loro mondi interiori tanto più quelli di Stefano erano aperti,
attenti, pieni di stupore e meraviglia per ciò che stava accadendo.
Come
lui stesso sottolinea:
Direi
che il presupposto principale è dato dallo «sguardo»,
dal nostro sguardo, dal modo in cui noi insegnanti vediamo e
concepiamo i ragazzi che abbiamo di fronte. Anzitutto, perché poche
cose hanno il potere di attivarli e renderli creativi come la nostra
attenzione. Sentirsi visti e riconosciuti scioglie blocchi e
insicurezze ed è molto spesso sufficiente, da solo, a produrre
cambiamenti che hanno davvero del miracoloso.
(pag.
15)
L'insegnante
ha un compito delicato e fondamentale, perché accompagna i giovani
in fasi decisive della loro esistenza, dove scoprono se stessi e le
relazioni col mondo, e come adulto può facilitarli affinché questo
svelarsi e rivelarsi sia fondante e pieno di senso.
Questo
libro parla della storia di Stefano e di come ha fatto lui a creare
questa sinergia coi suoi ragazzi, partendo proprio dagli spunti
concreti di lavoro e dalle preziose parole condivise.
Tutto
ciò è possibile solo se non ci ferma al primo sguardo.
Occorre
andare “dentro”, andare “oltre”:
[…]
cosa vediamo, in realtà, quando ci troviamo davanti ai nostri
studenti. Riusciamo a vederli come persone, come soggetti, o li
percepiamo soltanto come funzioni, come erogatori di prestazioni,
spesso in un tutto indifferenziato che non ci permette di
distinguerli gli uni dagli altri?
(pag.
16)
Se
ci lasciamo ingannare di fronte alla subpersonalità con cui un
allievo si identifica – magari per difesa, per paura o perché lo
hanno sempre apostrofato così – si rischia di perdere l'occasione
di scoprire altro
e di farlo conoscere anche a lui.
Chi
c'è dietro al “casinista”? Che qualità si celano nella
“timidona”? Chi si nasconde fra i libri del “secchione”?
Stefano
ha intuito questo “qualcosa in più” che lui chiama
«l'intelligenza
segreta»,
ma soprattutto ha sentito l'esigenza di farla emergere in classe e
renderla materia viva, energia educativa da plasmare in modo creativo
tutti quanti insieme.
In
Psicosintesi questo “qualcosa in più” che ci abita viene
chiamato Sé, ovvero la nostra essenza più vera e originale, libera
da tutti i condizionamenti, che chiede di essere espressa, pena la
mancata realizzazione di ciò che siamo.
Introdurre
a scuola questo tema significa parlare di vocazioni e passioni,
interrogarsi sulla propria identità e su che cosa significa essere
se stessi.
Questo
però non significa solo mostrare le bellezze rifugiandosi in visioni
utopistiche della vita, anzi, come sottolinea l'autore, bisogna porre
anche domande scomode e provocatorie:
non
possiamo ignorare il disagio che emerge […] si tratta invece di
accogliere e contenere, di guidare, di aiutare a risolvere e superare
ansie e angosce; non nascondendole, ma affrontandole insieme.
Naturalmente è importante per i ragazzi comprendere il valore
dell'impegno e della fatica, imparare che certi risultati, nello
studio come in futuro nella vita, si ottengono con il lavoro e la
disciplina e che sono necessari dei sacrifici. Ma è necessario, al
contempo, fornire loro il senso di quello che stanno facendo.
(pag.
38-40)
Come
ci dimostrano le pagine del libro, i ragazzi sono assetati di senso,
bramano trovare significati interrogandosi con passione anche su
questioni che mai ci aspetteremmo
è
proprio perché evitiamo le domande a cui pensiamo non sappiano
rispondere che spesso sottovalutiamo l'intelligenza dei nostri
alunni; l'opinione negativa che abbiamo di loro è molto spesso
niente altro che lo specchio di questa sottovalutazione
(pag.
70)
In
queste pagine è dunque condensato un percorso educativo
all'interiorità, alla socializzazione e al rispetto della diversità,
partendo sempre dalla curiosità di sapere cosa ne pensano gli
studenti, senza giudizio o regole preconfezionate.
Si
tratta di un viaggio dove lo sguardo dell'insegnante si è posato
fuori e poi dentro di sé e poi di nuovo fuori, perché prima di
tutti Stefano è riuscito ad avere il coraggio di educare se stesso,
di condursi in prima persona nel territorio delle domande spinose
rispetto al suo ruolo, che non ha voluto ridurre a mero esecutore di
programmi ministeriali, diventando compagno di scoperte e sostenitore
di talenti.
Finché
poi arriva un momento in cui ci si separa, arriva il tempo di
affidarli, con fiducia, al mondo (pag. 95).
Infondo,
il lavoro dell'insegnante per certi versi è simile a quello del
terapeuta, soprattutto nell'epilogo: spesso nessuno dei due conosce
cosa succederà dopo (l'ultima seduta o dopo l'ultimo giorno di
scuola) nell'esistenza di quelle persone che si sono accompagnate per
un tratto di cammino.
Ci
si congeda augurandosi di aver contribuito a rendere quel percorso
più umano e degno di essere vissuto.
La vita poi farà il resto.
La vita poi farà il resto.
buona settimana
virginia
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