Molte
che si raccontano davanti a me si trovano nel ruolo de “l'Altra
donna”.
A
volte da pochissimo tempo – e mi guardano smarrite, in cerca di
risposte che mettano pace al cuore: “andare o restare?” –
altre volte da lunghissimi anni – e in questo caso può essere che
il ruolo se lo siano cucito addosso, ormai come un secondo abito,
oppure che siano di fronte a me perché finalmente se lo vogliono
sfilare.
Ad
ogni modo è necessario cominciare semplicemente ad osservare ed
osservarsi.
In
ogni caso, anche quando questa maschera è ostentata con
disinvoltura, io mi sono abituata a cogliere e decriptare la
sofferenza che è stata malcelata, oppure anche a rilevare, dietro lo
smarrimento iniziale, la soddisfazione narcisistica per la conquista
appena ottenuta.
Tutto
questo lo rimando come uno specchio, perché il primo assunto è:
astenersi dal giudizio.
E
lo propongo anche a loro.
Ciò
che diventa importante è comprendere, e non accusare o accusarsi.
Comprendere
significa accogliere ciò che si muove dentro di noi, cogliere il
desiderio che porta ad agire certe parti e a non altre, conoscere i
bisogni – molto spesso inascoltati – che necessitano appagamento
nei modi che più sono accessibili.
È
importante rilevare e descrivere insieme come questo ruolo di “Altra”
viene agito e gestito da entrambi i partner.
Quali
emozioni provoca? Quali desideri appaga? Quali contraddizioni porta
con sé?
Quali
sub-personalità vengono evocate in questa relazione da quest'uomo?
Hanno qualcosa a che fare col proprio passato?
Dietro
a qualsiasi ruolo, anche il più stereotipato socialmente come può
essere quello dell'amante, c'è sempre una storia, una vita.
Ed
è lì che possiamo trovare i segnali grandi o piccoli che ci
orientino e aiutino a uscire dal bosco dell'incanto magico che ferma
il tempo in una storia sospesa.
È
come se le Selvatiche, anche nei loro rapporti con gli uomini,
fossero interessate alla vita in sé, alla sua crescita e al suo
sviluppo e non desiderassero in alcun modo rimanere intrappolate in
quelle dinamiche di legame, possesso e timori per la perdita che
generalmente avvelenano le relazioni fra gli uomini e le donne.
(C.
Risé, M. Paregger “Donne Selvatiche”
Frassinelli
– 2002. pag. 77)
Dalle
parole che ciascuna mi narra, emerge spesso la bellezza e la
leggerezza del “giocare a fare la coppia” senza però “cadere”
nella monotonia.
Prendono
solo il “meglio” e si sentono riconosciute come “il meglio”
ovvero ciò che risolleva giornate pesanti, umori cupi e situazioni
complicate da cui sfuggire.
Vivono
momenti speciali, a tempo determinato.
Il
lato oscuro di questa levità sta però nel non vivere mai davvero
fino in fondo, spesso per la paura di rischiare una perdita: sembrano
dire “se non è davvero mio in realtà non soffrirò quando lo perdo”.
A
volte è vero. A volte è solo uno stillicidio quotidiano a dosi
omeopatiche, diluito negli anni.
Alcune
mi confidano di sentirsi, paradossalmente, il motivo che tiene in
piedi l'unione ufficiale.
Di
recente ho trovato questa storia, che può spiegare come questo possa
accadere:
Un
uomo di Greting, vicino a Salisburgo, che viveva in discordia con sua
moglie e ne veniva maltrattato, va verso la Caverna delle Donne
(Frauenshoehle) a Untenberg, e rimane una notte sdraiato lì. Allora
gli compare una vergine, mezza nera e mezza bianca, alla quale
racconta che sta litigando con la sua donna. La vergine gli si siede
vicino e gli parla confidenzialmente. Quando lui vuole andar via gli
dice che, poiché ha saputo ascoltarla, può tornare tranquillamente
a casa, dove troverà la sua donna di buon umore. E così è.
(opera
cit. pag. 77-78)
Di
fronte all'altra, molti uomini sono più disposti ad accedere ai
chiari e scuri del femminile (la vergine metà bianca e metà nera),
grazie alla condivisione di dialoghi e svelamenti che mai
riuscirebbero a tollerare dalla propria moglie.
Siccome
fanno fatica ad accettarli nella loro compagna ufficiale, vi accedono
grazie all'unione e la conoscenza dell'amante, riuscendo a volte a
integrare dentro di sé una dimensione femminile che arricchisce e
non toglie.
È
chiaro che si tratta di un processo di perpetuazione della scissione
nella psiche maschile, (che al suo culmine diventa quella fra sante e
puttane) ma in alcuni casi, nel tempo, accade proprio che grazie
all'amante, l'uomo conosca meglio sua moglie, in tutte le
sfaccettature di donna e quindi che il rapporto si salvi.
La
domanda che ora vi pongo però è questa:
perché
limitarsi a nutrire rapporti altrui e boicottare invece una felicità
personale, svelandosi a un uomo che possa conoscere, accettare e
amare ogni parte di voi? (se vi va di approfondire leggete qui e
qui).
buona settimana
virginia
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