giovedì 18 giugno 2015

parole per l'anima #19


Io non sono ciò che mi è accaduto.
Io sono ciò che scelgo di diventare. 
                                             (C.G.Jung)

Giovedì scorso abbiamo parlato di aprire porte verso nuove possibilità di sviluppo di sé (se lo hai perso lo trovi qui)  ed ecco una chiave di lettura che ci dà in proposito la frase di Jung.
Si tratta di vedere le cose da un altro punto di vista.


Perché spesso ci identifichiamo fortemente con la nostra storia, le nostre ferite, le "etichette" che gli altri ci hanno attribuito, perdendo di vista che l'inconscio è plastico, trasformativo e che - secondo una visione che è anche della Psicosintesi - non contiene solo i depositati del passato, bensì raccoglie tutte le qualità e risorse che possono fare emergere "ciò che scegliamo di diventare".


Il presupposto però è che smettiamo di lottare contro i mulini a vento che ci fossilizzano in dinamiche sterili o copioni inutili - dettati dalle false immagini che ci hanno o ci siamo attribuiti - alleggerendo la nostra identità verso nuovi equilibri. 


è un lavoro paziente e consapevole, di espressione di quei bisogni e desideri che avete riscoperto strada facendo... 


E concederti di diventare finalmente quella che sei. 



Io esisto così come sono,
e questo basta. 
                  (Walt Withman)


Io sono. 
(e va bene così) 


buon week end 
virginia 

(fonte immagini_ Pinterest)

lunedì 15 giugno 2015

La solitudine



Con l'incedere dell'estate, stagione di partenze, viaggi, arrivi, incontri e vita all'aria aperta, il paradosso più grande sta nel senso di solitudine che può accompagnarsi a questo apparente risveglio di occasioni e possibilità.
Addentrandoci nella psicologia del profondo, già la parola “vacanza” nella sua etimologia, rimanda a un vuoto (dal latino vacuum ) per cui è possibile che si attivino, soprattutto in persone sensibili al tema dell'abbandono, dei sentimenti di disagio e insofferenza.
L'andare in vacanza è un tempo della sospensione e di un ritmo altro, da esprimere con attività di tenore diverso da quelle del lavoro... ma è anche il tempo delle scelte, libere dal dover essere quotidiano, più a contatto col bisogno e il desiderio.
È comunque il tempo di una frattura, una separazione fra un modus vivendi e un altro, cui spesso è riservato il compito di divertire, alleggerire, divagare.
È il passaggio da una sorta di stabilità-continuità a un momento di trasformazione-cambiamento.
Ci sono persone che tollerano male la sospensione del quotidiano, mentre ce ne sono altre che necessitano spasmodicamente di una pausa, dove tentare di annullare tutto ciò che assilla durante il resto dell'anno, attraverso attività di tutt'altra natura.
Si tratta di due estremi opposti su uno stesso continuum che va però da un pieno di lavoro all'altro pieno di cose da fare.
Il vuoto e il senso di solitudine che ne deriva spaventa.
Molte persone in terapia ammettono: “non mi piace stare da solo/a perché poi penso a ciò che non voglio...” con la conseguenza che nei momenti di pausa finiscono per avere (infliggersi) mille impegni e incombenze per non pensare.
Oggi ho deciso quindi di scrivere un piccolo elogio della solitudine, partendo da una foto, creando un frammento di vita che aiuti a riflettere sulle molte possibilità che attraversano i momenti di spazio individuale.

(foto scattata a Brooklyn, 2010)

È la fine, ho pensato questa mattina.
Il primo di quindici giorni da passare da sola.
È la mia prima volta, nonostante gli anni che ho non siano più quelli vergini di quando “primo” evocava anche “eccitante”.
In realtà sono terrorizzata e annichilita.
Nei mesi passati sapevo che questo momento sarebbe arrivato, ma mi illudevo che vi sarei giunta preparata, oppure che il tempo avrebbe contribuito a sanare le ferite che sono più taglio vivo che ricordo sbiadito.
Sto davanti a queste grandi finestre nell'attesa di trovare il coraggio di uscire e vivere di nuovo: resto seduta a guardare un mondo che mi pare estraneo e lontano.
Quando me ne sono andata di casa – dalla nostra casa – ho provato un guizzo di vita, un anelito di libertà che è durato troppo poco.
Speravo che riempiendo i giorni di impegni non avrei sentito la mancanza.
Invece eccomi qua.
Mesi alle spalle e un grande vuoto.
Mi sento sola, anche se qui intorno percepisco corpi e voci che ignoro.
Un pesce rosso perduto in una palla di vetro.
Che senso può avere la vita se la guardi da una lastra sottile?
Ho paura di perdermi là fuori.
E temo di ferirmi di più se permetto a qualcuno di entrare nel mio triste acquario.
Dove è finito quel guizzo? Dove si è perso lo slancio di fuga? Sono davvero un povero pesce in prigione? Eppure credevo che il peggio fosse passato.
Credevo che andare lontano mi riparasse dal dolore, invece lo ha amplificato.
Nuoto nel ricordo denso e melmoso e non mi resta altro che attraversarlo, riconoscerlo e sentirlo fino in fondo.
Realizzo adesso che posso ripartire solo da qui.
Ricomincio da me, dal mio tempo che non è un vuoto da riempire ma uno spazio da vivere.

Buona settimana
virginia

venerdì 12 giugno 2015

parole per l'anima #18


Riesci a ricordare chi eri 
prima che il mondo ti dicesse
chi dovevi essere? 

Le parole di oggi, più che una citazione per riflettere, sono una domanda aperta verso nuove possibilità (non perdetevi dunque la seconda parte giovedì prossimo!) 
In un gioco di parole potrei dirvi che questa domanda è la risposta che potrei dare nella stanza di terapia quando qualcuno - con aria smarrita - arriva a chiedere: "allora io chi sono?" 
Perché in un percorso terapeutico, almeno all'inizio, è normale percepire la confusione determinata dal disagio che ha condotto lì, ma anche dal cominciare a mettere in discussione quelle che fino a poco tempo prima venivano definite "certezze". 


L'immagine di sé è stata costruita nell'incontro col mondo e con gli altri, a volte anche a scapito della propria vera natura, così può accadere che ad un certo punto si percepisca forte la necessità di una metamorfosi,  che però conduca - contrariamente a Gregor Samsa (nell'allegorico romanzo di Kafka) -  verso la vita invece che verso la morte di se stessi.  


L'influenza del mondo può manifestarsi in proibizioni e soprusi altrui... 


Oppure nel nostro accondiscendere e farsi "carine" per essere accettate... 


Oggi vi chiedo di andare in fondo a voi stesse e riprendere contatto con bisogni e desideri, 
per cominciare a recuperare le energie che sono la chiave della trasformazione e dell'amore di sé.
(se volete ulteriori spunti per rispondere a questa domanda potete leggere anche qui , qui e qui )


buon week end 
virginia 

(fonte immagini: Pinterest )
- le trovi sul mio profilo cliccando nel banner qui a lato - 

lunedì 8 giugno 2015

“L'insostenibile leggerezza dell'essere” (ancora sul narcisismo patologico)



Ieri la mia amica Sara ha pubblicato un post sui dettagli di cui amiamo circondarci nelle nostre case (lo trovi qui).
Come lei ha notato, i dettagli sono delle forti connotazioni della nostra personalità e unicità che mostriamo anche semplicemente adornando le abitazioni.

Leggendo il suo post (e forse influenzata dal tema delle parole per l'anima di giovedi - qui) mi è venuto in mente un fondamentale passaggio del magistrale libro “L'insostenibile leggerezza dell'essere” (1985), in cui Kundera descrive il “criterio” con cui Tomàš cerca in maniera coatta di fare sesso con moltissime donne:

Non è ossessionato dalle donne, ma da quello che in ciascuna di esse c'è di inimmaginabile, in altre parole, è ossessionato da quel milionesimo di diversità che distingue una donna dalle altre donne.

[…] e poi, l'inseguimento dell'inimmaginabile non termina con la scoperta della nudità, va oltre: come si comporterà con lui quando l'avrà spogliata? Che cosa dirà facendo l'amore? Che tono avranno i suoi sospiri? Che spasmo contrarrà il suo viso nell'istante di piacere?
Ciò che l'io ha di unico si cela appunto in ciò che l'uomo ha di inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L'io individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell'altro si deve svelare, scoprire, conquistare.
(Milan Kundera, op. cit. pag. 203-204)


Il personaggio creato da Kundera vuole impadronirsi di questi dettagli che fanno la differenza e diventa così un “collezionista di curiosità” finendo per rendere oggetti le donne che le posseggono.
L'unica cui rimane legato è Tereza, ma solo perché ai suoi occhi apparirà sempre come un cucciolo abbandonato, qualcuno da proteggere, arrivata a lui grazie a sei stupide coincidenze, ma che comunque umilierà per tutta la vita, tradendola ad ogni occasione.

Kundera distingue in due categorie gli uomini che inseguono una moltitudine di donne (oggi però, con la maggiore libertà di costumi, si potrebbe ampliare il discorso anche al femminile):

gli uni cercano in tutte le donne la donna dei loro sogni, un'idea soggettiva e sempre uguale.
Gli altri sono mossi dal desiderio di impadronirsi dell'infinita varietà del mondo femminile oggettivo.
L'ossessione dei primi è la lirica: nelle donne essi cercano se stessi, il proprio ideale, e sono sempre e continuamente delusi perché l'ideale, com'è noto, è ciò che non è mai possibile trovare.
[…]
l'altra ossessione è un'ossessione epica e in essa le donne non trovano nulla di commovente: l'uomo non proietta sulle donne alcun ideale soggettivo, perciò ogni cosa lo interessa e nulla può deluderlo.
(op. cit. pag. 205)

E' chiaro che in entrambi i casi si tratta di modi per non scegliere mai un oggetto d'amore esclusivo e appagante, riconosciuto e amato come altro da sé.
Sono due modalità attraverso le quali si esplica un aspetto narcisistico della personalità.
Da una parte la ricerca di un altro se stesso – proprio come capitato al Narciso del mito, innamorato del suo riflesso sull'acqua – per riconoscersi e amarsi attraverso di lui/lei e rinforzare la propria vacillante autostima, e dall'altra l'impossessamento della diversità altrui per avere l'illusione di poter essere e avere tutto, in una versione più aggressiva e distruttiva dell'altro per poter placare il proprio senso (inconscio) di impotenza.

La nostra società, sta virando verso una narcisizzazione ( ne avevo parlato anche qui) una corsa all'avere per essere, a impossessarsi di qualcosa o qualcuno per riuscire a sentire di esistere, in una eterna corsa alla (pseudo)libertà, all'eterna possibilità.
Mai come oggi risulta attuale “l'insostenibile leggerezza dell'essere”, perché nel nostro tempo si consuma il “dramma della leggerezza”, del quale purtroppo la maggioranza degli attori resterà inconsapevole.
Le donne e gli uomini come Tomàš generano vittime sulla loro strada, le uniche però che dopo un lavoro su di sé possono uscire dalla condizione di oggetti e recuperare per se stessi la consapevolezza di essere soggetti.
I seduttori e le seduttrici epiche possono restare collezionisti per tutta la loro vita, inseguendo, come su una ruota da criceti, l'impossibile.

Una persona può tradire i genitori, il marito, l'amore, la patria, ma quando poi non ci sono più né genitori, né marito, né amore, né patria, che cosa resterà da tradire?
(op.cit. Pag. 128)
Vi lascio continuare la riflessione con le parole di C.G. Jung

Ogni amore vero e profondo è un sacrificio.
Si sacrificano le proprie possibilità, o meglio, l'illusione di avere delle possibilità.

Buona settimana
virginia

giovedì 4 giugno 2015

parole per il relax °°2°°


Lei non aveva conosciuto la pesantezza
finché non sperimentò la libertà

Questa settimana non è stato semplice trovare una frase che parlasse di pesantezza (in relazione al post di lunedì - qui) e allo stesso tempo alla sensazione di leggerezza e sollievo che si prova una volta che impariamo a concentrarsi sul nostro benessere e riusciamo a cambiare la percezione delle cose che ci accadono. 
Spesso succede proprio quello che è descritto nella frase in apertura, processo che è simile a ciò che avete provato quando lunedì vi ho chiesto di sentire le spalle pesanti e vi siete accorte che erano sollevate!
Abbiamo bisogno di sperimentare il contrario per poter sentire il sollievo, perché siamo così abituati a una condizione (non importa se fisica, psichica o emotiva) che finché non ne possiamo uscire - anche solo per pochi istanti - non ci accorgiamo della "tortura" autoinflitta.
Il nostro obiettivo, dopo la scoperta, può diventare quello di allungare i tempi di sollievo e magari anche arrivare a non lasciarsi più appesantire da automatismi che ci condizionano da troppo tempo. 
Scegliete dunque la vostra foto ispiratrice e cominciate ad allenarvi.











Tutto questo servirà anche a relativizzare e ridimensionare quello che vi sembrava ingestibile e intollerabile


L'ansia è come una pietra pesante
urlargli contro non la farà andare via 
(fumetto: ti odio perché sei così pesante e dura)
ma qualche volta, se ti prendi il tempo di sentire la struttura e i contorni della tua ansia
ti sembrerà un po' meno pesante di ciò che era prima. 

buon week end
virginia 

(fonte immagini: pinterest)



lunedì 1 giugno 2015

Keep calm and... RELAX °°2°°



Allora, com'è andata in questo mese di respiri e consapevolezze?
(se vi siete persi la prima parte la trovate qui)
Se siete riusciti a educare la vostra attenzione grazie ai suggerimenti di maggio, è arrivato il momento di dedicarci al rilassamento dell'apparato muscolo-scheletrico.
Il nostro corpo ci può dare alcuni importanti segnali di stress, che opportunamente mediati possono contribuire a sentirsi meglio anche durante le attività quotidiane.

Quando siamo “stressati” tutto il nostro sistema muscolare è in uno stato di continua attivazione e tensione, perché deve essere pronto a una risposta immediata in caso di necessità.
Questa eventuale reazione biologica nasce grazie all'amigdala – parte del nostro cervello emotivo che elabora la paura – la quale invia impulsi all'ipotalamo che a sua volta attiva il sistema nervoso simpatico e fa mettere in tensione i muscoli, per scappare di fronte a un pericolo o attaccare il nemico.
Questi meccanismi arcaici, risalenti a quando eravamo in mezzo alla giungla, possono sembrare anacronistici oggi, ma in realtà, il nostro organismo reagisce ancora secondo schemi elementari, sia che ci sia un animale feroce che ci insegue o che ci sia il capoufficio che fa continue vessazioni o anche se abbiamo una preoccupazione che non ci fa dormire la notte.
Tutto il nostro corpo è teso e pronto a una risposta (attacco o fuga).
Quindi in generale la risposta di stress nasce come processo adattivo a un imprevisto, a un evento che modifica il corso delle cose.
Nei casi più gravi e cronici, quando le paure risalgono a periodi vulnerabili della nostra vita, nei quali non ci sentivamo in grado né di attaccare né di fuggire (pensiamo a un bambino maltrattato in famiglia) il sistema neurologico assume un comportamento di blocco totale: proprio come l'animale che cerca di mimetizzarsi o fare il morto di fronte a un pericolo troppo grande.
Questo blocco può rivelarsi con tensioni della postura, con rigidità del diaframma, fino ad arrivare a somatizzazioni importanti anche a carico delle funzionalità biologiche.
Questo ha ripercussioni grandissime sul corpo e sulla capacità della persona di reagire agli eventi stressanti, perché l'apprendimento precoce tenderà a riprodursi in tutte le situazioni vissute come analoghe, anche da adulto.

In questo quadro anche le psicopatologie rivelano il loro iniziale valore adattivo.
Ad es. una forma depressiva potrebbe derivare dal bisogno di essere sottomessi per aumentare la sopravvivenza in una situazione di minaccia incontrollabile;
un'ansia cronica potrebbe essere nata come controllo necessario dell'atteggiamento altrui, per capire se si tratta di un pericolo o meno;
anche la rabbia e un comportamento oppositivo possono essere spiegati come reazione difensiva a una minaccia che si è fissata e generalizzata.

Perché vi ho raccontato questa premessa?
Perché adesso vi chiederò di fare attenzione alle vostre spalle e di sentirle “pesanti”.
Sono sicura che si sono abbassate di qualche centimetro.
Questa è la “riprova” della continua attivazione cui è sottoposto il nostro corpo, anche se magari siamo sul divano a leggere...
Le nostre spalle cronicamente sollevate sono come il pelo dritto sulla schiena del gatto quando ha paura. Solo che non ce ne accorgiamo più, perché in una vita di mille cose da fare, di tempi velocissimi e relazioni imprevedibili, ci abituiamo a essere sempre “pronti” a reagire in ogni situazione.
A cosa serve questa scoperta? Ogni volta che sarete dedite a rimuginare su qualche aspetto della vostra vita che vi fa preoccupare, l'esercizio delle spalle che cedono alla gravità vi solleverà l'animo per qualche minuto: noterete che abbassandole riprenderete anche a respirare, perché le preoccupazioni ci fanno andare in apnea!

Concludo, scrivendovi l'esercizio della pesantezza, semplice ma efficace, di rilassamento frazionato, che serve a rilasciare le varie parti del corpo, per un effetto generalizzato di ciò che avete provato con le spalle.

chiudo lentamente gli occhi...
comincio ponendo l'attenzione sul respiro...
eseguo due respiri profondi e lenti...
l'aria entra...trattengo un attimo... ed esce...
l'aria entra... trattengo... ed esce...
lascio che lentamente il mio respiro torni normale...
...
immagino di inspirare la calma e la serenità...
e immagino di espirare via con l'aria tutte le tensioni e le preoccupazioni...
inspiro calma e serenità...
espiro via tensioni e preoccupazioni...
e ancora calma e serenità...
e via lontano tensioni e preoccupazioni...

Percepisco la mia testa e il suo peso in linea con la colonna
rilascio i muscoli della fronte che cedono alla gravità...
anche la mascella si allenta... (respiro)
sento le spalle pesanti e i muscoli che si rilasciano ad ogni espirazione,
sento le braccia pesanti (respiro)
respiro e sento l'addome morbido e rilassato...
sento il peso delle spalle e del busto che scarica sul bacino (respiro)
sono consapevole del peso del bacino... i muscoli dei glutei che si rilassano
e ad ogni espirazione sento tutta la parte superiore del corpo sempre più pesante e rilassata... (respiro)
Porto l'attenzione alle gambe... i muscoli delle cosce che si abbandonano alla gravità e si fanno pesanti... (respiro)
tutte le mie gambe sono pesanti e immagino di scaricare a terra attraverso i piedi ogni residua tensione... (respiro)

respiro e sento che adesso tutto il mio corpo è completamente e profondamente calmo e rilassato...
tutto il mio corpo è completamente e profondamente calmo e rilassato...
tutto il mio corpo è completamente e profondamente calmo e rilassato...

[ripresa] e quando mi sento pronto, sempre con gli occhi chiusi,
comincio a riprendere contatto con la stanza...
il contatto del corpo con i punti d'appoggio...
muovo leggermente le dita... stringo e apro le mani... fletto le braccia
muovo un po' i piedi... fletto le gambe...
faccio due respiri profondi... apro gli occhi


Come usarlo: potete imparare il testo – non è necessario sapere a memoria le parole esatte, ma ricordarsi la successione di consapevolezza corporea abbinata alla pesantezza – e ripetervelo mentalmente nel momento del relax, a occhi chiusi, dopo qualche minuto dedicato alla respirazione. (Per i più tecnologici, potete registrare la vostra voce e poi ascoltarvi – anche se dopo diverse ripetizioni l'avrete già imparato e sarete autonomi).

Dove: nel vostro spazio di relax, in una posizione comoda seduta (non quella del loto, a meno che non siate esperti) oppure direttamente a letto, supini, per una pausa rigenerante oppure per facilitare il sonno.

Quanto: la “posologia” migliore sarebbe almeno una volta al giorno in fase di apprendimento (il vostro corpo si allena come in palestra, anche nel rilassamento, quindi tanto più siete costanti quanto più sentirete gli effetti benefici).

Quando: dipende da voi. Vale quanto detto il mese scorso, in base alle vostre preferenze e necessità. Se lo volete usare per dormire, basterà saltare l'ultima parte della [ripresa] di contatto con il corpo, ma forse non ci arriverete nemmeno perché di solito ci si addormenta prima!

Non mi resta che augurarvi una buona settimana e buon relax!
virginia