Perché resti in prigione
quando la porta
è spalancata?
Questa frase di Rumi mi ha fatto pensare all'esperimento di Seligman, quello che
quando lo racconto in terapia per spiegare come mai le persone in
certe situazioni siano così arrendevoli lascia sempre sconcertati.
Lo
sconcerto non nasce solo dalle modalità usate fino a qualche
decennio fa di sfruttare gli animali come cavie in psicologia
sperimentale – e infatti questo tipo di esperienze poi sono state
considerate non etiche e interrotte – bensì nasce dalla improvvisa
consapevolezza di essere in qualche modo stati “vittime” dello
stesso meccanismo nella propria vita.
Nel
1967 Martin Seligman cominciò a studiare il comportamento di alcuni
cani di fronte a uno stimolo doloroso.
Egli pose due gabbie contigue
unite da un passaggio che permetteva all'animale di andare dall'una
all'altra se lo desiderava.
Una
delle due gabbie aveva il pavimento elettrificato così, se il cane
si trovava in quella, una volta che riceveva la scossa poteva
rifugiarsi nell'altra.
Dopo
un po' di prove veniva chiusa la porta di passaggio così il cane
metteva in atto dei tentativi per provare a passare di nuovo
dall'altra parte, ma quando risultavano vani alla fine si rassegnava
a subire lo stimolo doloroso.
L'aspetto
però maggiormente traumatico era il fatto che dopo un certo numero
di tentativi dove l'animale non poteva fare niente se non subire,
alla fine anche se la porta di separazione era di nuovo aperta, il
povero cane non aveva più l'istinto di fuga, si era abituato ad
essere impotente di fronte a questa causa avversa.
Seligman
chiamò questo processo “senso di impotenza appreso” e
ipotizzò che potesse essere alla base, nell'essere umano, del
disturbo depressivo e del comportamento di chi accetta in maniera
passiva situazioni che altri ritengono insopportabili e per questo non cercano più un'alternativa, una soluzione o una ribellione.
La
notizia positiva era che riabilitando i cani, questi riuscivano a
tornare alla risposta sana di partenza.
La
stessa cosa, sostiene Seligman, succede all'essere umano: con la
terapia si può tornare ad essere in grado di trovare nuove risposte
creative per uscire da quelli che crediamo vicoli ciechi.
Le nostre paure e le convinzioni limitanti nascono nell'infanzia, quando nelle prime esperienze siamo vulnerabili al condizionamento dell'ambiente che ci circonda.
Ad esempio - semplificando - se i genitori hanno una certa opinione di che cosa sia pericoloso allora il bambino ne potrà essere condizionato e comportarsi di conseguenza, evitando le stesse cose che evitano loro.
Lo stesso vale per i giudizi sugli altri e sul mondo.
Il problema avverrà se quel bambino sentirà in sé delle spinte interiori a porre in essere quei comportamenti considerati "sbagliati" dall'ambiente in cui è cresciuto.
Ad esempio - semplificando - se i genitori hanno una certa opinione di che cosa sia pericoloso allora il bambino ne potrà essere condizionato e comportarsi di conseguenza, evitando le stesse cose che evitano loro.
Lo stesso vale per i giudizi sugli altri e sul mondo.
Il problema avverrà se quel bambino sentirà in sé delle spinte interiori a porre in essere quei comportamenti considerati "sbagliati" dall'ambiente in cui è cresciuto.
Non lasciare che la tua paura
decida il tuo futuro
Che si tratti di paure oppure di convinzioni, o anche di false immagini di sé, occorre svelarle e capirne i significati profondi, perché altrimenti potremmo essere come dei burattini inconsapevoli, che si muovono secondo scelte altrui.
Questo può valere anche nel presente, quando ci lasciamo condizionare dall'ormai "opinione comune" perpetrata dalla rete dei social network o dalle "verità" e notizie virtuali, che impongono nuovi stereotipi e pregiudizi.
Affrontare le proprie paure presuppone un atteggiamento che sappia guardare dentro a ciò che temiamo di più, soprattutto se si tratta dell'opinione dei familiari sulle nostre scelte, sui nostri comportamenti e modi di vivere.
Si tratterà di rendersi consapevoli che ad un certo punto della vita potremo fare a meno di qualcosa che credevamo necessario per potersi descrivere e definire.
Oppure di lasciar andare vecchie certezze per far spazio al nuovo.
O ancora allontanarsi dalle strade conosciute per avventurarsi in quelle ancora inesplorate.
Si hai ragione.
Dopo anni di immobilismo e impotenza potrà sembrarti un salto nel vuoto.
Cosa succede se cado?
Oh, mia cara,
cosa succede se voli?
Buona settimana
virginia
(fonte immagini: Pinterest)
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