lunedì 27 febbraio 2012

Mangio dunque sono?


Siamo assediati da programmi che parlano di cibo, sotto qualsiasi forma: sculture di torte, sfide di ricette inusuali, suggerimenti e dimostrazioni in studi televisivi che riproducono case o cucine, libri, libretti, blog con foto che testimoniano passo dopo passo la nascita di una ricetta, per non parlare poi dei corsi, ormai un must in ogni città o paese, usati addirittura come terapia di coppia... la cucina-mania è scoppiata all'improvviso.
Perché?
Ho trovato questa frase - chi mi segue anche su fb, avrà notato che ultimamente mi appaga pubblicare frasi illuminanti :-) “Mi sembra che i nostri tre bisogni fondamentali – cibo, sicurezza e amore – siano tanto strettamente intrecciati tra loro che non possiamo pensare all'uno senza pensare agli altri” (M.F.K. Fisher).
Ecco trovato il perché.
Maslow aveva individuato uno schema semplificativo nel secolo scorso, definito Piramide dei bisogni.




Alla sua base, vi sono i bisogni fisiologici fra cui il cibo, il sonno, il sesso, il respirare... ma mentre il respiro ha mantenuto il suo significato originario (peggiorando comunque nella qualità, visto la vita ansiogena che facciamo), il sonno viene chiamato in causa solo quando rappresenta un problema (sempre comunque legato alla qualità della vita) gli altri elementi hanno acquisito dei significati culturali, che vanno ormai ben oltre la loro fisiologicità.
Cibo e sesso sono ormai degli argomenti osannati o resi tabù, perché celano dietro leggere apparenze dei segreti macigni.
Da semplici attività che fanno parte del ritmo del nostro corpo, li abbiamo trasformati in simulacri di contenuti più difficili e profondi, riversandovi bisogni inespressi e insoddisfazioni.
A volte credo che ogniqualvolta non riusciamo ad evolvere, a riconoscerci bisogni di espressione più “alta”, che ci appagherebbero nell'anima, regrediamo e involviamo, mascherando la soddisfazione di quei bisogni misconosciuti in bisogno di cibo per il corpo.
Non sto parlando solo dei disturbi alimentari più conosciuti, non della bulimia, quanto piuttosto di un disturbo molto diffuso ma poco riconosciuto che prende il nome di binge eating disorder e si manifesta come abitudine a una alimentazione incontrollata fatta di ingestione di grandi quantità di cibo senza alcuna condotta eliminatoria.
La voglia di cibo nasce come insoddisfazione roca che non trova spazio fra le emozioni, non viene sentita se non nel corpo, sospesa a metà fra il cuore e lo stomaco, e così giunge nella gola, raschia raschia come uncini acuminati che si cercano di placare con dolci sensazioni di pan di spagna e cioccolato o con il fresco sollievo di cucchiai ripieni di gelato.
Si spera che quelle zuccherine meraviglie possano lenire le ferite, ma son davvero quelle nella gola o è qualcos'altro?
Io credo che nessuna sia esente dalla tentazione di usare il cibo come consolazione, a volte, il cibo diventa qualcosa che ripara, gratifica, riempie un vuoto, piccolo o grande che sia.
Cibo, sicurezza e amore – ci dice la Fisher – uniti e indissolubili.
Come uscirne?
Occorre sforzarsi di trovare il collante che li tiene insieme e con pazienza usare un solvente di discernimento, un bisturi affilato di osservazione, e con mano ferma separarli e finalmente riconoscerli, ciascuno nel proprio ambito.
Può essere un lavoro lungo e paziente, oppure semplice, dipende da quanto usiamo inconsciamente questo automatismo...
il primo passo sta nel chiedersi, ogni volta che vi viene una bramosia incontrollata di golose tentazioni, se nascosti fra le pieghe della pancia non vi siano altri bisogni di dolcezza inespressi, di sicurezze negate, di sogni infranti.
Se li trovate, tirateli fuori, nutrite quelli, dedicatevi a riconciliarvi con loro, cercatene appagamento.
Fatto questo, se volete, potete anche festeggiare con un dolcetto. Ma quello vi basterà.

Buona settimana a tutte
virginia  

1 commento:

Anonimo ha detto...

belle le foto in evidenza