...non
cresce nemmeno nel giardino del re.
Questo
è quello che ci dice la tradizione popolare sotto forma di
proverbio.
Doveva
servire a stare con i piedi per terra, a non volere oltre le proprie
possibilità, a non osare desiderare quello che non sarebbe stato
possibile ottenere.
È
ancora così valido oggi, questo proverbio?
Quella
in cui viviamo è una società dove vengono continuamente elicitati
nuovi e più ampi bisogni, per portare ciascuno a volere sempre di
più e di meglio, di nuovo, trasformando l'impossibile in
possibilità.
Se
questo da una parte ci fa sentire ogni giorno più ricchi di
opportunità, dall'altro può portare ad avere una gran confusione in
testa: cosa davvero vogliamo? O meglio, c'è ancora un processo
decisionale oppure ci troviamo sulla scia dell'appagamento senza
neppure chiedersi se abbiamo bisogno o voglia di quella cosa, di
quella persona, di quella situazione?
Mi
sono trovata da poco a dover comprare un telefonino nuovo, perché il
mio non funzionava più molto bene, e ci ho pensato e ripensato un
sacco...finché ho potuto sfruttare al massimo quello vecchio facevo
fatica a pensarmi con un altro.
La
mia logica era “adesso non ne ho bisogno”.
Trovandomi
dentro un mega store di telefonia mi sono accorta che la mia logica è
veramente agée , sorpassata. La giovanissima commessa che mi
ha edotta su funzioni, giga e cose tipo pixel ecc.. mentre mi
spiegava i modelli all'ultima moda, mi guardava con aria
interrogativa, rispondendo forse alla mia faccia spaesata e persa.
Eppure
sono abbastanza tecnologica, infondo il blog lo gestisco io tutto da
sola, non son proprio digiuna di funzionamenti informatici...e alla
fine ho optato per un telefono con tante funzioni belline, che mi
permette di leggere mail, di cercare un'informazione su internet ma
con un costo ridotto (dovrei dire ridottissimo se comparato con
quelli della mela famosa!), insomma una sana “via di mezzo”. ;-)
Sono
uscita e per un paio di giorni devo dire che mi sono anche divertita
a scoprire le cose nuove che potevo fare con quel piccolo aggeggio
che si muoveva al solo sfioramento di dita... poi mi sono fermata. O
forse è meglio dire annoiata?
Semplicemente
sono tornata a usare il telefono per quello che mi è sempre servito:
sentire la voce di qualcuno o scrivere short messages per
abbreviare i tempi di comunicazione.
Immagino
che, a parte chi necessita di certe funzioni per lavoro... il resto è
davvero solo bombardamento mediatico legato alla moda del momento.
Perché
vi ho raccontato questo?
Perché
mi rendo conto del nostro essere dipendenti dalle cose, dagli
oggetti, dalle mode che ogni giorno ci rendono più schiavi.
Ogni
volta che ci compriamo un oggetto (abito, tecnologia o accessorio)
abbiamo un'impennata di novità che ci fa sentire diversi e ci
permette di sperimentare qualcosa. Questo però ha la durata come di
un giocattolo per i bambini: entusiasmo, godimento, abbandono.
Ci
sentiamo “ganzi” come si dice a Firenze, ci viene anche un
sorrisetto sulle labbra che ci permette di osare e magari provare ad
essere qualcosa di diverso dal solito.
E
poi?
E
poi, se non siamo ganzi dentro, è inutile riempirsi di cosine ganze
fuori.
In
realtà, se siamo appagate e soddisfatte, lo si è anche con un
telefono che fa ridere perché attaccato insieme con lo scotch, siamo
belle anche in pigiama con la faccia stropicciata, dentro una casa
che non ha mobili di design ma racconta pezzo dopo pezzo chi siamo...
“lo
stile non ha nulla a che fare col denaro. Chiunque può cavarsela col
denaro. La vera arte è cavarsela con quattro soldi” ha detto
Tom Hogan.
Siamo
noi a dar valore alle cose, non loro a darlo a noi.
Una
volta capito questo, l'erba voglio è perenne, nel giardino della
nostra anima.
Buona
settimana
virginia
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