lunedì 21 gennaio 2013

Letto per voi (e commentato): cinquanta sfumature di nero



Eccoci qua care amiche a commentare insieme anche la seconda parte della trilogia (se ti sei persa la prima parte la trovi qui).

Rispetto al volume precedente l’autrice ci porta dentro alla storia di Christian: storia fatta di abbandoni, di violenza, di sofferenza, di poca infanzia, ….. Si inizia a intravedere chi è quest’uomo, bello e dannato, che è riuscito a costruire un impero economico partendo da poco, da niente. E niente è, in fondo, quello che lui pensa di se stesso al di là del lavoro. Niente è lo spazio che lui concede ai sentimenti, alle emozioni e alle relazioni perché lasciarsi toccare significa diventare più fragile, far scoprire le proprie cicatrici, abbattere le difese e portare ad ammettere il rischio di essere nuovamente abbandonati; di lasciare lo spazio a nuove sofferenze.

La rabbia di Christian bambino verso la madre che non l’ha saputo proteggere, spinge il protagonista a cercare relazioni in cui poter lui stesso indossare i panni dell’aggressore: la sua aggressività viene rivolta verso le sottomesse – scelte perché presentano tratti somatici simili alla madre. Questo elemento del romanzo ci permette di spendere due parole a riguardo di ciò che si definisce identificazione con l’aggressore e, quindi, al rapporto tra vittima e carnefice.
Nel mettere insieme queste mie riflessioni mi è capitato tra le mani un vecchio libro di filosofia in cui, Hegel, parla dalla relazione servo-signore (è un concetto che viene espresso nella Fenomenologia dello Spirito). Pur sapendo che il filosofo lo utilizza in un ambito diverso, ho voluto citarlo perché tale concetto potrebbe apparire una buona metafora per capire la relazione di co-dipendenza affettiva che Christian instaura con le sue sottomesse prima, e con Ana, poi.

Hegel in qualche modo ritiene che se, inizialmente, la relazione servo-signore riconosce la presenza di due ruoli distinti e contrapposti - il padrone è il padrone ed il servo è il servo - il successivo sviluppo della relazione porta a sfumare tale separazione di confini con la conseguenza che, il padrone si trova ad essere dipendente dal servo e a non possedere più l'autosufficienza. Anche il protagonista del nostro romanzo tende a possedere le sue donne ma allo stesso tempo ne diventa così bisognoso che sembra essere lui il sottomesso. Il co-dipendente è tutto incentrato, votato, devoto, perso, focalizzato totalmente sull’altro. Ana spesso rimprovera Christian di apparire quasi uno stolker, che controlla ogni suo movimento, sa sempre dove si trova e con chi. Alla base di tutto questo bisogno di controllo vi è una grande fragilità interna e il timore di essere rifiutato. Non dimentichiamo che nel primo volume Christian si definisce il figlio imperfetto di una famiglia perfetta. Spesso la grande paura che lui esprime ad Ana è il terrore che lei se ne vada: il pensiero dell’assenza di quella donna che tanto lo attrae, verso la quale prova un sentimento enorme e che tenta di proteggere e controllare in ogni modo, lo devasta.

L’autrice prevede che tra questi due giovani protagonisti si crei una relazione d’amore e lascia aperta la speranza che il loro futuro possa essere felice, ma nella vita reale non è sempre così semplice e scontato che la presenza di una persona nella vita di un’altra riesca a produrre un tale cambiamento. Credo che questo potrebbe essere tema per le future riflessioni sull’ultimo volume. Ma prima di arrivare a conclusioni affrettate, aspettiamo di leggere cosa accadrà in seguito.


Buona lettura (e buona riflessione...)

Erika

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