Questo
scritto parte da una profonda crisi professionale come avvocato di
diritto di famiglia.
Proprio dal punto di vista di avvocato allora,
mi sono chiesta che ruolo occupa la norma nella famiglia e come la
stessa debba necessariamente affiancarsi alla consapevolezza delle
parti e degli operatori (quindi degli avvocati e dei giudici).
Il
diritto tratta il concetto di amore come “realtà
extragiuridica”.
Francesco Gazzoni, uno dei più noti giuristi
italiani, in “Amore e Diritto ovverosia i diritti dell’Amore“
(1994) , specifica che il diritto si occupa solo della parte
patologica della coppia , laddove l’intesa è venuta meno e i
coniugi prima si separano e poi divorziano.
Spetterà
al giudice risolvere il problema dell’affidamento dei figli e degli
aspetti patrimoniali della fine dell’unione, ma anche, laddove
richiesto, quello dell’addebito a uno dei due coniugi del
fallimento del rapporto.
Ed è proprio qui che i rapporti tra amore e
giudizio vengono più che mai in questione.
Il diritto di famiglia si
trova quindi ad affrontare regolarmente pratiche di amore mancato,
quando oramai se ne possono solo mitigare gli effetti drammatici.
La
pratica giudiziaria è costretta quindi a registrare una propria
impotenza rispetto alla possibilità di incidere sul buon andamento
delle relazioni umane , in particolare di quelle familiari.
Conclude
quindi Gazzoni “ La verità è che il diritto non può imporre ai
coniugi di vivere in armonia né può sostituire all’accordo la
coazione"
Ed io aggiungo che il diritto non riesce a imporre a due
genitori di essere bravi genitori.
Impotenza
del diritto?
Se
concepiamo l’amore come competenza nel regolare i propri rapporti
privati, allora possiamo pensare che diritto e amore proprio nella
famiglia si coniugano e necessitano di strumenti nuovi ed innovativi.
Ma
soprattutto necessitano di operatori – giudici e avvocati - in grado
di essere consapevoli, e che quindi non riversino i propri conflitti e i
propri traumi su una coppia in crisi e magari con figli.
Invece
la maggior parte di noi operatori del diritto cerca nel diritto
quell’ordine, quella regola, quella risposta che è mancata nella
famiglia d’origine e quindi, spinta da un bisogno personale,
tramite il cliente o il cittadino, risolve i propri personali
conflitti irrisolti.
Il
diritto di famiglia, essendo, come è stato definito “un diritto
a maglia larga” ovvero facilmente adattabile, permette a
noi operatori di metterci molto del nostro.
Provocatoriamente mi sorge una domanda: non c'è il rischio che sfoghiamo
in questo contesto il bambino ferito che è dentro ciascuno di noi? Oppure il partner tradito, quello che ha abbandonato, quello che non ha ottenuto quello che voleva ecc...?
Il
mio consiglio...diffidate dell’avvocato che invece di consigliarvi in maniera obiettiva,
fa sue le vostre emozioni, vi incita alla lotta e al conflitto..
E
quanto al giudice ..non ci resta che pregare!!!
Con affetto
Evi
votateci su Grazia! clicca qui sotto e poi sul cuoricino
votateci su Grazia! clicca qui sotto e poi sul cuoricino