La
mia professione ha come presupposto fondamentale la capacità di
ascolto, preziosa e delicata arte che coinvolge, trasporta, permette
di entrare in punta di piedi nelle emozioni dell'altro, in una vita
che fino a poco tempo prima era straniera ed ora è così intima,
svelata , riconoscibile a se stessa anche grazie al mio sguardo.
Si,
avete capito bene, ho detto sguardo, non solo orecchio.
Perché,
quando ci si accinge ad ascoltare qualcuno, lo si può fare ponendo
l'attenzione alle sole parole, alla storia, ai dettagli, oppure
ampliare l'orizzonte ed includere gli occhi, la testa, la pancia, il
corpo tutto.
Si
può “sentire” ma non ascoltare. Si può ascoltare ma non
“sentire”.
Per
comprendere davvero qualcuno è necessario ascoltare e sentire
insieme, partecipare in maniera globale a quello che sta succedendo,
dentro e fuori, in noi e in lui/lei.
Nella
vita di tutti i giorni molte sono le occasioni per ascoltare davvero.
Sicuramente
è necessario scegliere e selezionare le situazioni, i luoghi e le
persone – non possiamo pretendere di essere sempre presenti ed
empatici in assoluto! - per poter dedicare un'attenzione amorevole a
chi ci sta a cuore.
Non
importa che stiate affrontando una divergenza di opinione al lavoro,
un conflitto in famiglia, un confronto col partner, una confidenza di
un figlio o uno sfogo di un'amica: il punto fondamentale è esser-ci.
La
presenza è ciò che fa la differenza fra un dialogo profondo e uno
superficiale.
Presenza
significa essere sinceramente interessati a quello che sta accadendo,
anche se muove dentro delle emozioni contrastanti, se risveglia
sentimenti sopiti, se allude a ricordi personali dolorosi o
esperienze elettrizzanti.
Presenza
è riconoscere tutte queste cose e nonostante tutto restare in
quell'incontro, senza assecondare l'impulso che porterebbe a fuggire
via, con le gambe o anche con la mente, cercando pensieri più docili
da sostenere.
È
difficile tacere, imbrigliare il tumulto che si agita dentro, donare
sollievo in qualche modo a quell'ansia che attanaglia, non importa se
te o lui.
Altrettanto
difficile non aprire la bocca e prendere il sopravvento sull'altro,
raccontando di te, agganciandoti a un ricordo meraviglioso simile al
suo, prendendo il posto sul palcoscenico della gioia, fuori dal tuo
turno.
Fondamentale
è esser-ci: essere con l'altro, in quel preciso momento, in quel
preciso luogo, dentro quelle parole o quei silenzi, dentro a quegli
occhi che cercano risposte, inesorabili, o riflessi in quei sorrisi
che aprono le porte di mille nuove speranze.
Quando
ascolti puoi essere uno specchio.
Rimandare
un'immagine cristallina oppure distorta, opaca o accecante.
Occorre
essere obiettivi.
Aiutare
l'altro a trovare la sua strada, la sua versione, attraverso una
chiarificazione di quello che gli accade dentro, ma senza perdere di
vista te stessa, il tuo sentire, i tuoi punti fermi.
Una
volta, una ragazzina, che oggi è “quasi” una donna, mi ha
insegnato un modo di dire che può aiutarci a comprendere.
Parlando
di un'altra persona affermò: non mi capisce, legge solo dal suo
libro.
Ovvero,
non è disposta a cambiare punto di vista, interpreta il mondo
secondo criteri irrevocabili, scritti sulle pagine del suo libro
immaginario, depositario della verità, unico riferimento per capire
(o non capire) gli altri.
Quindi
un'altra necessaria caratteristica dell'ascolto è la flessibilità.
Se
vuoi ascoltare davvero, occorre accettare, almeno in un primo momento
che ciò che l'altro ti sta dicendo può essere plausibile, che nella
sua concezione delle cose è una sofferenza o una cosa estremamente
importante, accogliendo tutto ciò che questo comporta.
Se
lo inquadri già nella griglia dei tuoi valori, pregiudizi o lo
banalizzi, relativizzandolo, non aiuti l'altro a uscire dall'impasse,
anzi, può essere che tu lo faccia sentire ancora di più in
difficoltà, anche se il tuo intento era all'opposto.
Quando
qualcuno ti chiede di ascoltarlo, so che può sembrare strano, ma a
volte si aspetta “solo” quello. A volte ha bisogno di esprimere
quello che pensa o che prova, a voce alta, magari raccontare le paure
per poterle finalmente vedere, condividere una gioia perché si
espanda e duri nel tempo. Essere in due fa da cassa di risonanza
quando siamo felici, contiene e ripara quando siamo tristi.
Molti
teorici affermano che più del dolore e della sofferenza, fa male la
solitudine nel dolore e la sofferenza. Sapere che qualcuno ti ascolta
è già un sollievo.
Non
è sempre necessario trovare soluzioni ai problemi.
Se
gli dai consigli risolutori è probabile che non ti ascolti.
La
risposta arriva dentro ciascuno, quando le domande hanno trovato
terreno fertile dove germogliare.
Voi
potete essere quel terreno. Accogliente, umile, paziente e generoso.
Termino con uno scritto di un autore anonimo che si intitola “Listen” (Ascolta).
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu
cominci a darmi consigli,
non fai ciò che ti chiedo.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu
cominci a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo, calpesti le
mie sensazioni.
Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu
pensi di dover fare qualcosa per risolvere i miei problemi, mi
deludi, anche se questo può sembrare strano.
Forse per questo la preghiera
funziona, per molti.
Perché Dio è muto, non dà consigli,
né prova ad aggiustare le cose.
Semplicemente, ascolta e confida che
tu risolva da solo.
Quindi ti prego, ascolta e sentimi.
E se desideri parlare, aspetta qualche
istante il tuo turno
e ti prometto che ascolterò.
Buona
settimana
virginia
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