lunedì 4 febbraio 2013

La difficile arte dell'ascolto


 
 
La mia professione ha come presupposto fondamentale la capacità di ascolto, preziosa e delicata arte che coinvolge, trasporta, permette di entrare in punta di piedi nelle emozioni dell'altro, in una vita che fino a poco tempo prima era straniera ed ora è così intima, svelata , riconoscibile a se stessa anche grazie al mio sguardo.

Si, avete capito bene, ho detto sguardo, non solo orecchio.

Perché, quando ci si accinge ad ascoltare qualcuno, lo si può fare ponendo l'attenzione alle sole parole, alla storia, ai dettagli, oppure ampliare l'orizzonte ed includere gli occhi, la testa, la pancia, il corpo tutto.

Si può “sentire” ma non ascoltare. Si può ascoltare ma non “sentire”.

Per comprendere davvero qualcuno è necessario ascoltare e sentire insieme, partecipare in maniera globale a quello che sta succedendo, dentro e fuori, in noi e in lui/lei.

Nella vita di tutti i giorni molte sono le occasioni per ascoltare davvero.

Sicuramente è necessario scegliere e selezionare le situazioni, i luoghi e le persone – non possiamo pretendere di essere sempre presenti ed empatici in assoluto! - per poter dedicare un'attenzione amorevole a chi ci sta a cuore.

Non importa che stiate affrontando una divergenza di opinione al lavoro, un conflitto in famiglia, un confronto col partner, una confidenza di un figlio o uno sfogo di un'amica: il punto fondamentale è esser-ci.

La presenza è ciò che fa la differenza fra un dialogo profondo e uno superficiale.

Presenza significa essere sinceramente interessati a quello che sta accadendo, anche se muove dentro delle emozioni contrastanti, se risveglia sentimenti sopiti, se allude a ricordi personali dolorosi o esperienze elettrizzanti.

Presenza è riconoscere tutte queste cose e nonostante tutto restare in quell'incontro, senza assecondare l'impulso che porterebbe a fuggire via, con le gambe o anche con la mente, cercando pensieri più docili da sostenere.

È difficile tacere, imbrigliare il tumulto che si agita dentro, donare sollievo in qualche modo a quell'ansia che attanaglia, non importa se te o lui.

Altrettanto difficile non aprire la bocca e prendere il sopravvento sull'altro, raccontando di te, agganciandoti a un ricordo meraviglioso simile al suo, prendendo il posto sul palcoscenico della gioia, fuori dal tuo turno.

Fondamentale è esser-ci: essere con l'altro, in quel preciso momento, in quel preciso luogo, dentro quelle parole o quei silenzi, dentro a quegli occhi che cercano risposte, inesorabili, o riflessi in quei sorrisi che aprono le porte di mille nuove speranze.

Quando ascolti puoi essere uno specchio.

Rimandare un'immagine cristallina oppure distorta, opaca o accecante.

Occorre essere obiettivi.

Aiutare l'altro a trovare la sua strada, la sua versione, attraverso una chiarificazione di quello che gli accade dentro, ma senza perdere di vista te stessa, il tuo sentire, i tuoi punti fermi.

Una volta, una ragazzina, che oggi è “quasi” una donna, mi ha insegnato un modo di dire che può aiutarci a comprendere.

Parlando di un'altra persona affermò: non mi capisce, legge solo dal suo libro.

Ovvero, non è disposta a cambiare punto di vista, interpreta il mondo secondo criteri irrevocabili, scritti sulle pagine del suo libro immaginario, depositario della verità, unico riferimento per capire (o non capire) gli altri.

Quindi un'altra necessaria caratteristica dell'ascolto è la flessibilità.

Se vuoi ascoltare davvero, occorre accettare, almeno in un primo momento che ciò che l'altro ti sta dicendo può essere plausibile, che nella sua concezione delle cose è una sofferenza o una cosa estremamente importante, accogliendo tutto ciò che questo comporta.

Se lo inquadri già nella griglia dei tuoi valori, pregiudizi o lo banalizzi, relativizzandolo, non aiuti l'altro a uscire dall'impasse, anzi, può essere che tu lo faccia sentire ancora di più in difficoltà, anche se il tuo intento era all'opposto.

Quando qualcuno ti chiede di ascoltarlo, so che può sembrare strano, ma a volte si aspetta “solo” quello. A volte ha bisogno di esprimere quello che pensa o che prova, a voce alta, magari raccontare le paure per poterle finalmente vedere, condividere una gioia perché si espanda e duri nel tempo. Essere in due fa da cassa di risonanza quando siamo felici, contiene e ripara quando siamo tristi.

Molti teorici affermano che più del dolore e della sofferenza, fa male la solitudine nel dolore e la sofferenza. Sapere che qualcuno ti ascolta è già un sollievo.

Non è sempre necessario trovare soluzioni ai problemi.

Se gli dai consigli risolutori è probabile che non ti ascolti.

La risposta arriva dentro ciascuno, quando le domande hanno trovato terreno fertile dove germogliare.

Voi potete essere quel terreno. Accogliente, umile, paziente e generoso.


Termino con uno scritto di un autore anonimo che si intitola “Listen” (Ascolta).

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli,

non fai ciò che ti chiedo.

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a dirmi perché non dovrei sentirmi in quel modo, calpesti le mie sensazioni.

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa per risolvere i miei problemi, mi deludi, anche se questo può sembrare strano.

Forse per questo la preghiera funziona, per molti.

Perché Dio è muto, non dà consigli, né prova ad aggiustare le cose.

Semplicemente, ascolta e confida che tu risolva da solo.

Quindi ti prego, ascolta e sentimi.

E se desideri parlare, aspetta qualche istante il tuo turno

e ti prometto che ascolterò.

Buona settimana

virginia


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