Se
lo chiedeva già il maestro Freud, che ha posto in essere il suo
sistematico metodo di esplorazione dell'inconscio a partire proprio
dalle storie e bisogni delle sue pazienti, finendo per ammettere che
“La
grande domanda che non ha mai ricevuto risposta e a cui, nonostante i
miei trent’anni di ricerca nell’animo femminile, non sono stato
in grado di rispondere è ‘Cosa vogliono le donne?”.
Per
lui dunque la femminilità rappresentava un enigma,
fondato però su un elemento di realtà che a suo parere dava il via
alla complessità, ovvero la mancanza anatomica del pene, origine
dell'invidia e di tutto ciò che ne deriva.
Ieri
sera Massimo Gramellini a “Che tempo che fa” ha suggerito di
leggere le notizie da altri punti di vista, provando a dare titoli
diversi agli articoli di giornale, per provare a uscire dal circolo
vizioso dell'atteggiamento che vede solo il problema (o la crisi)
Qualche
giorno prima, Aldo Cazzullo, nella sua rubrica “Quello che gli
uomini non dicono” rifletteva sulla difficoltà che possono
trovare gli uomini a fare un complimento spassionato e spontaneo a
una donna (lo trovi qui).
Oggi
sono voluta partire dalle riflessioni di questi uomini intelligenti e
sensibili, che si interrogano e dai loro scritti fanno trasparire, in
modalità diverse ma importanti, un'attenzione allo studio dei
fenomeni dell'animo umano, per provare a rilevare alcuni
atteggiamenti nella relazione fra maschile e femminile, che come al
solito rischiano di allontanare piuttosto che avvicinare.
Partiamo
da un video, della stessa campagna di cui vi ho parlato la scorsa
settimana.
Vi
vediamo donne di tutte le età, commosse e intenerite da un bambino
di 10 anni, che si avvicina e dice loro quanto sono belle.
Volti
stupiti e sorpresi che si sciolgono in sorrisi e si lasciano andare
al benessere di godersi una carezza interiore.
Ma
se a dire quelle stesse parole, in quello stesso modo, semplice e
diretto, fosse stato un uomo?
Immagino
che molte, visto tutto quello che succede in giro, col fantasma del
femminicidio che aleggia sulle nostre teste, perlomeno l'avrebbero
osservato guardinghe, si sarebbero chieste che tipo di preludio
potesse essere quello, (mi prende in giro, mi vuole raggirare o mi
vuole fare del male?) se proprio non avessero risposto col dito
medio, come da citazione di Cazzullo.
È
difficile discernere in maniera obiettiva quando siamo bombardati da
notizie dello stesso tipo che sottendono un messaggio subliminale:
attente, gli uomini sono pericolosi.
È
facile generalizzare.
Mi
preme ricordare, giusto per onore di cronaca, che tutti questi
episodi che i giornali ci sbattono violentemente in prima pagina,
trovano origine all'interno di rapporti di coppia, dentro le
famiglie, i matrimoni... luoghi che dovrebbero rappresentare la
“protezione” per antonomasia.
Ecco
da dove nasce lo iato interiore.
Se
non ci si può fidare nemmeno a casa propria, come si può guardare
al mondo con sguardo aperto e speranzoso?
Ma
la chiusura non è una soluzione. Non lo è neppure fare di tutti gli
uomini dei potenziali carnefici.
Le
donne vogliono da una parte essere riconosciute e amate, sentirsi
dire “come sei bella!” ma
come un uomo lo fa, scattano sulla difensiva e si interrogano sui
doppi fini...
In
parallelo, sempre di più si discute sulla mercificazione della
bellezza, sull'uso improprio del corpo, per cui anche le donne che si
sentono belle, si sentono sempre “in difetto”, percependo di
doversi in qualche modo giustificare, dover dimostrare che oltre a
quell'aspetto esteriore c'è di più, che la cura del proprio aspetto
non nasconde una leggerezza di intenti, che sono anche intelligenti,
impegnate, “serie”.
Ed
ecco un'ulteriore scissione.
Chi
mi segue da un po' sa che promuovo la necessità dell'integrazione,
del far la pace con le divisioni e opposizioni interiori.
Per
cui, ritengo che occorra arrivare a una sintesi produttiva e creativa
di entrambi i poli. La divisione fra bella e intelligente è frutto
del peggior maschilismo, che ha voluto screditare un femminile nei
confronti del quale si sentiva inferiore.
Seguendo
l'ipotesi di Gramellini e vedendo le cosa dal punto di vista opposto
mi viene da chiedermi se nei secoli, la famosa invidia del pene non
si sia ribaltata e vi sia invece una paura del potere del femminile
che ha portato alle posizioni di maschilismo più estremo e svilente.
E
quando parlo di maschilismo non mi riferisco solo ai “maschi”.
Ma
anche a tutte quelle “femmine” che interpretano il mondo secondo
canoni scissi: sia che giudichino dall'alto della loro posizione di
intellettuali le altre povere sciocche, sia che ritengano che nella
vita la bellezza è tutto e ti faccia arrivare dove vuoi (tanto per
citare una delle molte polarità).
Entrambe
queste modalità di vivere il femminile rischiano di allontanare gli
uomini, perché ritengono che colui che fa loro un complimento sia un
maniaco, un pirla o un poverino, e quindi da cacciare, usare o
mortificare.
Ovviamente
do per scontato che il complimento sia fatto in maniera educata,
semplice, come tangibile espressione di un'interesse, (anche un po'
maldestra, se volete, perché questi poveri uomini, non sanno più
che pesci prendere...) ed escludo i commenti scurrili ad alta voce
che servono solo a denigrare.
In
ogni caso, se interpretiamo il rapporto con gli uomini come una lotta
di potere, non andiamo da nessuna parte, continuiamo a perpetrare ad
aeternum la separazione, l'impossibilità di incontro.
Il
problema maggiore delle donne è l'autostima. I video che ho
pubblicato la scorsa settimana ne sono una testimonianza fra tante.
Quando
siamo in sintonia con noi stesse, stiamo bene nella nostra pelle, in
quello che facciamo, che siamo ed esprimiamo, non c'è bisogno di
scattare sull'attenti. Siamo la nostra testa tanto quanto le nostre
gambe, perché dover scegliere? Perché doversela prendere se ci
viene detto che siamo delle donne avvenenti e dobbiamo invece andar
fiere se ci dicono che abbiamo un cervello eccezionale?
È
così difficile accettare un complimento, dire semplicemente grazie e
poi continuare con nonchalance a fare ciò che si stava
facendo? Perché tutto deve diventare un affare di stato?
Riflettendo
a voce alta mi piacerebbe che fossimo caute ma non prevenute.
Che
riuscissimo a osservare, comprendere e separare il bene dal male. Il
buono dal cattivo. La spontaneità dalla menzogna. Ma allo stesso
tempo includessimo la possibilità che chi si trova di fronte sia
spiazzato e impaurito quanto noi, aggredito e non aggressore.
Mi
piacerebbe che imparassimo a fare attenzione, ma non perdessimo la
bellezza di un sorriso lusingato.
Forse
aveva ragione Freud. Siamo un enigma.
Ma
anche per noi gli uomini lo sono a volte.
Non
ci resta che parlarci, domandare e ascoltarci.
Per
lo meno proviamoci.
Buona
settimana
virginia