“E'
come se avessi un disco rotto che si è incantato su una strofa e
continua ininterrottamente a ripeterla... vorrei liberarmene ma è
impossibile da rimuovere.”
“Rimugino
sempre, su tutto ciò che accade: sento la necessità di ripensarci
per poterlo elaborare, per trovare soluzioni...”
“Quando
ho un problema, assorbe tutto il mio tempo e le mie energie, non
riesco a dormire la notte, mi assento quando sono con gli altri,
rivedo immagini, ripercorro con la mente passaggi che mi aiutino a
capire, ma senza in realtà cercare di superare le cose... è come se
in qualche modo godessi del semplice ripetere ossessivamente gli
stessi pensieri.”
“è
una tortura. Mi sento imprigionata negli stessi schemi mentali e non
riesco a venirne fuori. Più ci penso per mettere ordine e più la
mia mente è nel caos assoluto. Mi sento presa in un circolo vizioso.
Sono esausta.”
“Sono
giorni che non posso fare a meno di pensare continuamente a quello
che è successo. La mia vita ormai ruota attorno al pensiero di
lui/lei, riesco a liberarmene mentre lavoro, ma solo se parlo con
qualcuno, mentre se sono in silenzio davanti al computer non posso
evitare che la mia mente vada continuamente su quello che mi ha
detto, che mi ha fatto...perché è successo? Non so darmi una
spiegazione e non me ne farò una ragione finché non lo saprò.”
Chi
non ha mai provato uno di questi stati d'animo?
Credo
che ormai, l'uso spasmodico della funzione “pensiero”, sia uno
dei “mali” dei nostri tempi.
Abbiamo
imparato a riflettere su tutto – che, se di per sé può essere una
cosa costruttiva – in alcune occasioni si rivela un meccanismo
perverso per continuare a restare fissati su qualcosa che si fa
fatica ad elaborare, impedendosi di guardare con fiducia verso un
possibile cambiamento.
Tutto
avviene a causa di alcuni fraintendimenti.
In
primo luogo perché usando i pensieri si cerca di difendersi
dall'emozione che quell'evento o quella situazione porta con sé. Il
voler capire, il cercare spiegazioni logiche, fa sì che si appaghi
il desiderio di etichettare, contenere in una forma o in una
definizione qualcosa che sfugge e come tale ci provoca smarrimento e
sentimenti contrastanti che ci rendono vulnerabili. Le emozioni sono
portatrici di sofferenza, mentre i pensieri cercano di mettere ordine
e disciplina dove apparentemente non c'è. È più facile accettare
che l'altro abbia fatto qualcosa per un motivo “giustificabile”
piuttosto che l'abbia fatto e basta. È più rassicurante riuscire a
prevedere delle alternative a un problema, piuttosto che accettare la
temporanea incertezza che un momento critico porta con sé.
Da qui
l'altro fraintendimento: troppo spesso confondiamo il pensiero con
l'intuizione.
In
automatico rimuginiamo su qualcosa credendo che prima o poi arrivi
un'illuminazione, mentre in realtà, questa può arrivare solo se i
pensieri fini a se stessi si acquietano e si permette alla nostra
mente di accedere a soluzioni alternative perché creative, libere da
schemi e da sillogismi logici.
In
psicosintesi si può lavorare attraverso diverse tecniche per
smascherare questi automatismi, ma oggi, per semplificare, mi
limiterò a suggerirvi alcune semplici modalità da usare in
autonomia, oltre a due preziosi alleati della floriterapia.
Roberto
Assagioli suggeriva la scrittura come tecnica catartica per sfogare
le energie in eccesso. Se ci sono pensieri o preoccupazioni che
occupano l'attenzione, si può scrivere su un foglio tutto ciò che
ci passa per la testa, in maniera immediata, senza preoccuparsi della
forma o della punteggiatura: deve essere solo un modo per allontanare
da sé ciò che disturba. Lo si può fare dandosi un tempo, finito il
quale ci si dedica a qualcos'altro.
Un'altra
tecnica interessante è quella della meditazione riflessiva, fatta
sempre per iscritto, come suggerito da Piero Ferrucci. Si prende un
foglio bianco, si scrive al centro una parola che rappresenti la
tematica su cui si vuole riflettere, di modo da dare un “compito”
preciso alla mente che altrimenti in maniera anarchica salta da un
pensiero all'altro. Si associa a quella parola tutto ciò che in quel
momento viene alla mente (e si scrivono, legandole da una freccia,
come in una mappa mentale), anche cose apparentemente senza senso,
così diventa possibile scovare alcune soluzioni più creative rese
impossibili dal semplice rimuginare.
Nel
repertorio di Bach, il fiore che riequilibra la cosiddetta “sindrome
del disco rotto” è WHITE CHESTNUT (pioppo bianco), che permette di
rompere la ruminazione mentale, di sciogliere la tensione che essa
porta e ristabilire armonia nei nostri pensieri.
È
ottimo quando c'è insonnia data da improvvisi risvegli e incapacità
di addormentarsi dovuta al sopraggiungere dei pensieri su ciò che ci
sarà da fare il giorno dopo, o in generale su problemi che assillano
in quel momento.
L'essenza
del pioppo bianco, spezza l'incantesimo della fissazione, delle idee
ossessive su un episodio, su frasi ascoltate o scene subite.
Vi
segnalo anche un fiore del repertorio australiano, ovvero BORONIA,
ideale quando le tematiche che assillano sono relative alla rottura
di un rapporto affettivo, con pensieri fissi su quella persona che ha
fatto soffrire, che impediscono di guardare avanti e andare oltre. La
tortura mentale dello stato Boronia, è data dall'insicurezza, dal
restare attaccati al senso di possesso per ciò che non è più
presente, vivendo nello struggimento dei tempi passati e nel
rimuginare sui perché, i se e i ma...
L'essenza
agisce nel rimarginare la ferita emotiva, nell'accettare invece di
recriminare e pretendere spiegazioni che non fanno altro che
peggiorare le cose.
Non
devi cercare di fare in modo che le cose vadano come vuoi, ma
accettare le cose come vanno: così sarai sereno.
(Epitteto)
buona
settimana
virginia
p.s.
Ricordo che i fiori di bach si prendono 4 gocce per 4 volte al
giorno, mentre gli australiani, 7 gocce mattina + sera
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