mercoledì 14 dicembre 2011

Psicologia del dono


Con questo lungo week end dell'Immacolata siamo entrati appieno nell'atmosfera natalizia. Come ogni anno in questi giorni di vacanza ho creato insieme a mio marito il nostro albero, ho addobbato la casa di simboli di festa, sparso ancora più candele profumate e cominciato a pensare ai doni da fare.
Voi da che cosa partite?
A me piace fare un piccolo elenco – su una delle pagine bianche adibite a notes nella mia agenda – delle persone a cui vorrei fare un pensiero, (che spesso sono sempre le stesse ogni anno, ma comunque ne scrivo i nomi perché credo che aiuti a snocciolare le idee).
Lascio un po' di spazio bianco, vicino ad ogni nome, cosicché ci sia respiro anche per ripensamenti o diverse opzioni, in attesa della scelta definitiva e poi comincio a dedicarvi pensieri, un ritaglio di tempo nella giornata, magari nei tragitti in macchina o nelle pause del lavoro, oppure a volte vago per negozi finché la mia attenzione non è rapita da un oggetto o un'intuizione fulminea che mi fa associare un particolare a una persona.
Certo, in questi momenti in cui tutto ci porta a non sprecare denaro, occorre anche stabilire prima un budget da destinare ai regali e poi scegliere di conseguenza.
Vorrei fare con voi delle considerazioni a voce alta, sulle motivazioni che ci portano a scegliere un oggetto per una persona.
Provo a partire dal presupposto che il dono che facciamo sia sentito e non un dovere o un obbligo, casi in cui non possono valere moventi sinceri e spassionati.
Io credo che ogni regalo, piccolo o grande che sia, rappresenti un messaggio, una forma di comunicazione.
Attraverso un oggetto, ci troviamo a manifestare una pluralità di significati all'altro che lo riceve, significati di cui occorre essere consapevoli, per evitare malcelate reazioni interrogative...
Immagino che le persone con cui vi scambiate regali a Natale siano parenti, amici vicini o anche colleghi, ma quelli più stretti, quindi deduco che li conosciate piuttosto bene e dedichiate loro un'attenzione particolare.

Qual è il perno attorno al quale ruota il principale motivo che ci porta a scegliere un regalo fra tanti (e soprattutto dopo molto tempo e moltissimi doni)?
Il concetto di bisogno, ovvero la possibilità di conoscere le necessità della persona in questo momento.
Spesso, per evitare regali inutili, si va alla ricerca di qualcosa che “serva”, che sappiamo che manca o del quale c'è reale bisogno. Questo vale soprattutto in famiglia, fra amici di vecchia data quando ormai ti sei regalato di tutto e di più, per andare a colpo sicuro.
Qual è però il rischio di questa soluzione? È quello di regalare qualcosa che noi pensiamo serva, quando in realtà per l'altro è una cosa superflua della quale avrebbe fatto a meno d'ora in poi (e quindi come regalo non sarà graditissimo).
Per questo è molto importante l'ascolto piuttosto che l'inferenza.
L'ascolto è ciò che mi permette di capire se l'altro manifesta una necessità reale, mentre l'inferenza mi fa credere che ci sia il bisogno solo perché io ho notato che qualcosa è terminato (esemplificando,  un conto è sentirsi dire “ho terminato la tal cosa, bisogna che la riprenda perché mi è piaciuta” un altro conto è vedere coi propri occhi che quella cosa è terminata e dedurne che va ricomprata)

Un'altra alternativa è invece la via del desiderio, ovvero la possibilità di riuscire a carpire che cosa piacerebbe moltissimo all'altro (e non riesce per vari motivi a comperarsi) e cercare così di appagare questo suo piccolo “sogno”. Questa è spesso la soluzione che prevale all'inizio delle storie, quando si vorrebbe soddisfare ogni desiderio dell'altro, o nelle occasioni importanti, e di solito il risultato è assicurato, perché riusciamo a trasformarci nel genio della lampada, che tutto realizza e la felicità dell'altro è l'unico obiettivo. Questa soluzione però, se vogliamo vederne il lato negativo, è un po' priva di personalità, nel senso che in questo modo ci facciamo meri esecutori di qualcosa, senza metterci elementi personali che danno un senso di unicità al regalo. Certo, dimostriamo che abbiamo colto e ascoltato, che siamo stati attenti, ma meglio ancora sarebbe un tocco di originalità che permetta di acquisire la nostra impronta al pensiero (un biglietto intenso, una presentazione magica, un'atmosfera indimenticabile...)

Una terza via per la decisione può essere quella di scegliere fra oggetti che abbiano a che fare con le passioni e gli hobby dell'altro: il rischio in questi casi è che la persona abbia già tutto quello che le serve in proposito, così dovremo pensare a qualcosa di veramente particolare o l'ultimissima novità in quel campo.
Questo non significa necessariamente che il nostro regalo debba servire per svolgere quell'attività, ma che attraverso quella preferenza che ci parla della persona, noi possiamo scegliere un dono più adatto (all'amica appassionata di lavoro a maglia che so trascorrere giornate di festa a sferruzzare, senza muoversi, potrò evitare di regalare qualcosa del tipo libro di “itinerari in giro per l'Italia” anche se sicuramente le farebbe bene!).

Quest'ultima affermazione mi permette di porre l'attenzione su un fenomeno che può portare a equivoci: il regalare qualcosa con tutte le migliori intenzioni, per stimolare l'altro a seguire quello che poi risulta un nostro desiderio o necessità.
Quando ero studentessa ho lavorato come commessa in vari tipi di negozi, una volta mi è capitato di fare il periodo natalizio presso una grande catena di intimo femminile, che ogni anno pubblicizzava appositi completini per le feste... inutile dire che accorrevano numerosi molti maschietti, (a corto di idee), che chiedevano proprio il prodotto pubblicizzato. A chi provavo a chiedere se erano sicuri che il modello scelto fosse di gradimento per la compagna (non tutte dicevo, amano il reggiseno col ferretto o il perizoma piuttosto che la culotte) ricevevo o risposte vaghe (del tipo non saprei..) oppure risposte del tipo “lei non mette queste cose ma piacciono a me e voglio che cambi” (abbinato a sorrisetto malizioso da chi vuol far credere di saperla lunga in proposito...)
Perché vi racconto questa storia?
Perché credo che certamente occorra una nota personale e creativa nel dono scelto, ma facciamo attenzione ai messaggi subliminali che inviamo, perché può esserci il rischio che se l’oggetto non ha niente a che fare con l’altro, porti con sé un significato del tipo “ti vorrei diverso da come sei”…
In generale, qualsiasi sia il dono, ricordiamoci che non è tanto l’oggetto in sé ma il fatto di averlo fatto col cuore che conta, anche se si tratta di un bigliettino pieno di parole nutritive e speranzose: questi sono i dettagli che scaldano il Natale.

Io oggi parto con la ricerca…e voi?
virginia

1 commento:

Anonimo ha detto...

Incisiva e delicata nello stesso tempo nell'affrontare temi difficili o, come questo, piu' leggeri, "natalizi", diciamo. Brava Virginia