Oggi che è la festa della mamma, vado un po'
contro corrente secondo la logica tradizionale che vede l'esaltazione
di questo ruolo e la celebrazione di tutte le donne-mamme. Io invece
darò una tirata di orecchie virtuale e affettuosa a tutte coloro che
si ritrovano in quello che vi racconto.
Tratterò oggi di un tema spinoso, mossa dalla
visione di una pubblicità di una nota marca di auto: c'è una mamma
che va a prendere la figlia adolescente a scuola, la quale mentre si
siede e sistema lo zaino, lascia intravedere al confine con la
cintura, subito sopra il sedere, un tatuaggio tribale. La mamma
osserva e dopo un non verbale che lascia presagire il peggio... se ne
esce con una frase del tipo “ma cosa ti è saltato in mente!”
facendola seguire però da uno spavaldo aprirsi della zip posteriore
di un adulto pantalone a sigaretta, da cui emerge un tatuaggio simile
a quello della figlia, ma più grande e colorato e l'esternazione
“questo è un tatuaggio!”, facendo finire la presagita guerra
mondiale con una risata complice fra le due.
Non sto mettendo alla gogna chi si tatua e
neppure il fatto che un genitore possa farlo (dando per scontato che
nella vita di un adolescente arrivi il momento in cui ne senta
“l'impellente” bisogno), ma l'immagine di questa pubblicità mi
ha fatto riflettere sui capovolgimenti cui stiamo assistendo da un
punto di vista socio-culturale – per non dire poi psico-pedagogico.
È implicito nella funzione genitoriale il
fatto di dare delle regole.
Spesso e volentieri queste vengono disattese
dai figli, soprattutto in quella fase di individuazione e ricerca di
identità costituita dall'adolescenza, ma questo è sinonimo di uno
sviluppo “sano”.
Occorrono le regole perché i figli vi si
possano ribellare, perché creino situazioni di confronto e
compromesso con i genitori, perché sviluppino un senso critico
rispetto a ciò che è giusto o sbagliato, lottino per degli ideali,
capiscano che il senso del limite fa parte della vita.
La madre che si pone sullo stesso piano della
figlia, che ha gli stessi atteggiamenti, che si veste come lei, che
diventa troppo complice, se in un primo momento pare essere una
figura positiva e benvoluta, sul lungo termine diventa ostacolante
per uno sviluppo autonomo della propria bambina.
Il genitore deve saper tollerare di essere
considerato “vecchio” e superato, di avere delle idee che ai
figli risultano fuori moda e da cambiare, perché questo è l'input
che permette a loro di crescere e riuscire a distanziarsi
emotivamente per crearsi come persona autonoma e indipendente.
La madre può essere vicina senza essere
collusiva, può rappresentare un punto di riferimento senza
pretendere di essere un modello da emulare: questo non significa
essere per forza intransigente e ottusa, bensì flessibile e aperta a
un dialogo, ricordando però di tenere presenti i ruoli, che hanno la
loro funzione educativa.
I giovani devono poter avere i loro segreti,
devono riuscire a “pensarsi” capaci di farcela anche senza
l'approvazione di mamma e papà, perché così cominciano a camminare
con le proprie gambe ma anche a muoversi nel mondo emotivo e
relazionale in modo nuovo e creativo.
Auguri a tutte le mamme che con coraggio si
interrogano e affrontano le mille avventure di questo ruolo!
virginia
1 commento:
Grazie Virginia, bellissimo post con cui concordo pienamente! Un augurio finale che accolgo volentieri e che in poche parole riassume nella maniera più efficace il ruolo di una mamma che ogni giorno sente che c'è ancora spazio per crescere...
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