lunedì 7 aprile 2014

Relazioni o incontri?




 “una donna che sa fare la donna, sa anche giocare con la sua maschera, sa giocare con il sembiante femminile, sa essere il “sintomo di un uomo” il che significa che sa godere nel tenere la posizione dell'oggetto nel fantasma maschile...” 
(J. Lacan cit. in Recalcati “Ritratti del desiderio” pag. 138-39)

Ho voluto iniziare con questa frase provocatoria di Lacan, che come nel testo citato ci dice Recalcati, è stata molto criticata dal femminismo, che vi ha visto l'oggettivazione del corpo femminile che si fa strumento del piacere maschile.
Vorrei provare invece oggi a darne una rilettura, sperando di chiarire in un'ottica più ampia quanto di vero e significativo traspare da quelle criptiche parole.

La sessualità nasce come istinto biologico, azione imprescindibile per la continuità della specie che vuole essere appagato in maniera meccanica, finalizzato alla procreazione, come avviene negli animali.
Ma la pulsione sessuale umana invece esige espressione attraverso diverse forme più allegoriche, mediate dal simbolo, dal vissuto e dal desiderio: la sessualità umana è sia ricerca del piacere come volontà di godimento, sia incontro con l'altro, rappresentante di ciò che ci manca e che vogliamo ottenere.
(Per un approfondimento di questi aspetti vi rimando al libro di Recalcati)
L'uomo ha una sessualità che è mossa dal “vedere”, dunque l'immaginario maschile ha bisogno di “scindere” la donna in parti appetibili e desiderabili ai suoi occhi, che diventano lo strumento discriminativo per eccellenza.
L'uomo ha anche la necessità di separare perché spesso ai suoi occhi una donna completa e numinosa è molto pericolosa, poiché riattiva dentro di lui l'archetipo della grande Madre, che può si essere benevola, ma anche distruttiva.
Dentro l'uomo c'è ancora il bambino che è stato, nato da donna e col suo vissuto di impotenza rispetto al grande potere del femminile, che lui ha vissuto come bisogno assoluto nei primi anni di vita.
Attenzione, però, non stiamo parlando di vissuti “reali” bensì di fantasmi, di archetipi dell'inconscio collettivo, di ciò che si è sedimentato.
Tantissimi anni fa, leggendo “la Chimera” di Vassalli, che racconta la storia della strega di Zardino, ho capito quanto l'uomo temesse il potere del femminile e avesse cercato di reprimerlo nelle forme che tristemente conosciamo...
La povera Antonia, colpevole di essere affascinante, di far “perdere la testa”, era solo un simbolo tangibile del terrore di perdere il controllo da parte di chi non accettava le proprie vulnerabilità umane.
Nei secoli si è strutturato così un tentativo progressivo da parte del femminile di recuperare la dignità, ristabilire equilibri, anche capovolgere i ruoli, ma sempre col rischio di non incontrarsi mai veramente.
Si instaurano relazioni di vario tipo, ma davvero ci si incontra?
Per incontro intendo che entrambi i partner fanno un passo verso l'altro, ciascuno disposto a entrare nel mondo interiore altrui, disposto a lasciarsi “contaminare” anche da ciò che crede non appartenergli, o addirittura da ciò che di primo acchito provoca rifiuto?

La donna accede alla sessualità grazie alla parola, alla narrazione di una storia, che è desiderio che si fa relazione.
La donna desidera essere oggetto d'amore e non solo oggetto.
Ma per questo non è detto che non possa volontariamente farsi oggetto dell'immaginario del suo uomo.
Allo stesso tempo non è detto che l'uomo non possa usare il canale immaginativo e narrativo per creare un clima di desiderio condiviso dove ciascuno faccia un passo verso la dimensione dell'altro.
All'interno di una relazione sana, questo è auspicabile.
Spesso anche le donne sono vittime di una scissione: si autolimitano nella separazione interiore fra aspetti concessi e altri repressi e negati, finendo poi con il dover rappresentare nella loro vita o gli uni o gli altri.
I corpi seduttivi delle donne vengono usati dalle donne stesse secondo la logica maschile, (ne abbiamo parlato già qui e qui), ma l'errore – se di errore si può parlare in senso assoluto – non è nell'uso tout court delle forme, bensì nell'identificazione assoluta con esse o nel loro rifiuto totale.
Ciò a cui occorre tendere è l'integrazione, l'inclusione e l'accettazione di tutti gli aspetti, perché anche gli uomini possano imparare a contenere e contemplare che in una donna sola ce ne sono molte, ma senza essere pericolose e distruttive.
Tutto ciò che non accettiamo appare nella relazione come aspetto “ombra” (vedi qui) che limita e ostacola l'incontro, finendo per instaurare un gioco di potere che troppo spesso caratterizza le relazioni uomo-donna.
Si finisce spesso per confondere la dimensione fantasmatica con quella reale: un conto è la complicità su un piano di fantasia e un altro conto è agire nella vita quotidiana l'oggetto delle fantasie, che porta tutti a spaventarsi e a tenere sotto controllo il desiderio.
Un'ombra integrata invece permette di godere del potere della “cedevolezza”, ovvero il permettersi di giocare a essere “parte”, poi “tutto”, e di nuovo “oggetto” e poi “protagonista assoluta” dell'incontro che si svolge nella dimensione ludica del vivere la coppia come realtà in continuo mutamento e trasformazione.
A volte il segreto è proprio nel riuscire a giocare, senza prendersi troppo sul serio. 

Buona settimana
virginia

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