“una donna che sa fare
la donna, sa anche giocare con la sua maschera, sa giocare con il
sembiante femminile, sa essere il “sintomo di un uomo” il che
significa che sa godere nel tenere la posizione dell'oggetto nel
fantasma maschile...”
(J. Lacan cit. in Recalcati
“Ritratti del desiderio” pag. 138-39)
Ho voluto iniziare con
questa frase provocatoria di Lacan, che come nel testo citato ci dice
Recalcati, è stata molto criticata dal femminismo, che vi ha visto
l'oggettivazione del corpo femminile che si fa strumento del piacere
maschile.
Vorrei provare invece oggi a
darne una rilettura, sperando di chiarire in un'ottica più ampia
quanto di vero e significativo traspare da quelle criptiche parole.
La sessualità nasce come
istinto biologico, azione imprescindibile per la continuità della
specie che vuole essere appagato in maniera meccanica, finalizzato
alla procreazione, come avviene negli animali.
Ma la pulsione sessuale
umana invece esige espressione attraverso diverse forme più
allegoriche, mediate dal simbolo, dal vissuto e dal desiderio: la
sessualità umana è sia ricerca del piacere come volontà di
godimento, sia incontro con l'altro, rappresentante di ciò che ci
manca e che vogliamo ottenere.
(Per un approfondimento di
questi aspetti vi rimando al libro di Recalcati)
L'uomo ha una sessualità
che è mossa dal “vedere”, dunque l'immaginario maschile ha
bisogno di “scindere” la donna in parti appetibili e desiderabili
ai suoi occhi, che diventano lo strumento discriminativo per
eccellenza.
L'uomo ha anche la necessità
di separare perché spesso ai suoi occhi una donna completa e
numinosa è molto pericolosa, poiché riattiva dentro di lui
l'archetipo della grande Madre, che può si essere benevola, ma anche
distruttiva.
Dentro l'uomo c'è ancora il
bambino che è stato, nato da donna e col suo vissuto di impotenza
rispetto al grande potere del femminile, che lui ha vissuto come
bisogno assoluto nei primi anni di vita.
Attenzione, però, non
stiamo parlando di vissuti “reali” bensì di fantasmi, di
archetipi dell'inconscio collettivo, di ciò che si è sedimentato.
Tantissimi anni fa, leggendo
“la Chimera” di Vassalli, che racconta la storia della
strega di Zardino, ho capito quanto l'uomo temesse il potere del
femminile e avesse cercato di reprimerlo nelle forme che tristemente
conosciamo...
La povera Antonia, colpevole
di essere affascinante, di far “perdere la testa”, era solo un
simbolo tangibile del terrore di perdere il controllo da parte di chi
non accettava le proprie vulnerabilità umane.
Nei secoli si è strutturato
così un tentativo progressivo da parte del femminile di recuperare
la dignità, ristabilire equilibri, anche capovolgere i ruoli, ma
sempre col rischio di non incontrarsi mai veramente.
Si instaurano relazioni di
vario tipo, ma davvero ci si incontra?
Per incontro intendo che
entrambi i partner fanno un passo verso l'altro, ciascuno disposto a
entrare nel mondo interiore altrui, disposto a lasciarsi
“contaminare” anche da ciò che crede non appartenergli, o
addirittura da ciò che di primo acchito provoca rifiuto?
La donna accede alla
sessualità grazie alla parola, alla narrazione di una storia, che è
desiderio che si fa relazione.
La donna desidera essere
oggetto d'amore e non solo oggetto.
Ma per questo non è detto
che non possa volontariamente farsi oggetto dell'immaginario del suo
uomo.
Allo stesso tempo non è
detto che l'uomo non possa usare il canale immaginativo e narrativo
per creare un clima di desiderio condiviso dove ciascuno faccia un
passo verso la dimensione dell'altro.
All'interno di una relazione
sana, questo è auspicabile.
Spesso anche le donne sono
vittime di una scissione: si autolimitano nella separazione interiore
fra aspetti concessi e altri repressi e negati, finendo poi con il
dover rappresentare nella loro vita o gli uni o gli altri.
I corpi seduttivi delle
donne vengono usati dalle donne stesse secondo la logica maschile,
(ne abbiamo parlato già qui e qui), ma l'errore – se di errore si
può parlare in senso assoluto – non è nell'uso tout court delle
forme, bensì nell'identificazione assoluta con esse o nel loro
rifiuto totale.
Ciò a cui occorre tendere è
l'integrazione, l'inclusione e l'accettazione di tutti gli aspetti,
perché anche gli uomini possano imparare a contenere e contemplare
che in una donna sola ce ne sono molte, ma senza essere pericolose e
distruttive.
Tutto ciò che non
accettiamo appare nella relazione come aspetto “ombra” (vedi qui) che limita
e ostacola l'incontro, finendo per instaurare un gioco di potere che
troppo spesso caratterizza le relazioni uomo-donna.
Si finisce spesso per
confondere la dimensione fantasmatica con quella reale: un conto è
la complicità su un piano di fantasia e un altro conto è agire
nella vita quotidiana l'oggetto delle fantasie, che porta tutti a
spaventarsi e a tenere sotto controllo il desiderio.
Un'ombra integrata invece
permette di godere del potere della “cedevolezza”, ovvero il
permettersi di giocare a essere “parte”, poi “tutto”, e di
nuovo “oggetto” e poi “protagonista assoluta” dell'incontro
che si svolge nella dimensione ludica del vivere la coppia come
realtà in continuo mutamento e trasformazione.
A volte il segreto è proprio nel riuscire a giocare, senza prendersi troppo sul serio.
Buona settimana
virginia
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