Ieri
– 17 maggio – è stata la Giornata Internazionale contro
l'Omofobia.
Mi
preme spesso parlare di questo argomento, perché come già ho
affermato anni fa, questo spazio di scrittura, pur se declinato al
femminile, non vuole rappresentare una roccaforte di valori di
genere, bensì un'occasione per entrare in contatto con altri mondi
possibili, per avere ponti di riflessione che aprano porte invece che
innalzare muri.
Questo
vale sia per il confronto con il mondo maschile – forse non vi
stupirà scoprire che sono molti anche gli uomini che leggono
donneincontatto – e allo stesso tempo con tutte le altre realtà in
cui si declina la nostra natura di esseri umani.
[Avevo
già parlato di diritto all'amore senza distinzioni qui e del
rispetto per le coppie omosessuali, lesbiche e transessuali qui].
La
data scelta per la Giornata Internazionale non è casuale.
Il
17 maggio del 1990 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso
l'omosessualità dalla lista delle malattie mentali definendola per
la prima volta “una variante naturale del comportamento umano".
Nel
1974 era stata rimossa dal DSM (Manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali) dall'elenco delle psicopatologie, anche se già a
partire dal 1915 Freud stesso affermava
la
ricerca psicoanalitica si oppone con molta determinazione a qualsiasi
tentativo di considerare gli omosessuali distintamente separati dal
resto dell'umanità quale gruppo a carattere speciale.
(in
una nota a “Tre saggi sulla teoria della sessualità”)
concludendo
che non si tratta di “risolvere” l'omosessuale, perché questa
persona ha semplicemente fatto una scelta diversa dell'oggetto
d'amore (infatti lui stesso si interessò ad indagare i meccanismi
psichici che portavano a questo, senza nessuna pretesa di cura in
senso stretto).
Questi
tempi biblici del cambiamento, con scarti di tempo lunghissimo fra le
definizioni della comunità scientifica e le trasformazioni sociali e
politiche, ci fanno capire che sono la società e le persone che la
compongono il principale ostacolo al rinnovamento e al benessere.
I
più accaniti oppositori del riconoscimento di matrimonio e della
famiglia per le coppie gay mi ricordano quei film anni '50 dove tutto
l'accento della società perbenista era sulla “perversione” di un
rapporto sessuale fra due persone dello stesso sesso.
In
realtà – e per fortuna – l'essere umano è molto più complesso
e ricco di sfumature, quindi non ci si può ridurre “solo” a
osservare le cose dal punto di vista della sessualità.
Ogni
persona ha in primis bisogno di amore e riconoscimento.
All'inizio
dai genitori, poi dal gruppo dei pari e infine da un partner.
La
sessualità è un necessario complemento e arricchimento di un
rapporto che affonda le sue radici nel sentirsi amati, accettati e
visti per quello che siamo da qualcuno, senza dover indossare
maschere e dover rinunciare ad aspetti di sé.
È
la mancanza di questa accettazione profonda che porta sofferenza e
disagio.
Ogni
trattamento psicoanalitico è un tentativo di liberare l'amore
rimosso che ha trovato un misero sfogo nel compromesso di un sintomo.
(S. Freud)
Di
fronte alla carenza di amore siamo tutti uguali.
E
le persone soffrono e vengono in terapia, non perché amano un uomo o
una donna, ma perché provano dolore nel non sentirsi amate e
accettate, di qualsiasi genere sia il loro partner.
Vengono
anche perché la propria famiglia non li ama, perché diversi dalle
aspettative che avevano su di loro (questo capita anche nelle
“migliori” famiglie di figli eterosessuali).
Come
ci ricorda il grande Tolstoj, nell'incipit di Anna Karenina (1887)
“Tutte
le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece
disgraziata a modo suo.”
Per
questo è importante che esistano Giornate come quella di ieri.
Perché
le persone riflettano sull'importanza di modificare le cose
nell'opinione pubblica, per avere famiglie più felici e per una
società più sana e gioiosa.
Nella giornata di ieri
sono andata a vedere il monumentale e meraviglioso David alla
Galleria dell'Accademia di Firenze.
(trovi altre immagini sul mio profilo instagram qui)
Molti
studiosi della vita di Michelangelo Buonarroti sostengono che fosse
omosessuale.
Per
questo finisco oggi con alcuni suoi versi del 1534, che nel
denunciare l'abitudine del popolo di chiacchierare sui suoi rapporti,
non fa altro che rivendicare il sano, sacrosanto e uguale per tutti, diritto all'amore.
«
E se 'l vulgo malvagio, isciocco e rio,
di
quel che sente, altrui segna e addita,
non
è l'intensa voglia men gradita,
l'amor,
la fede e l'onesto desìo»
(
sonetto dedicato a Tommaso de' Cavalieri )
buona
settimana
virginia
Nessun commento:
Posta un commento