Care
amiche del blog, eccoci a raccontare e commentare l’ultimo volume
della trilogia.
A dire
il vero ho impiegato un po’ prima di mettermi a scrivere perché
una parte di me è rimasta perplessa dal taglio che l’autrice ha
voluto dare a quest’ultima parte.
Mi spiego meglio …..
In
primo luogo mi sento di dover ricordare a tutte le lettrici che
questo, altro non è che un romanzo, i cui protagonisti sono nati
dalla creatività di colei che lo ha scritto e hanno assunto le
sembianze che lei ha voluto dargli. Mi preme dire questo perché mi
metto nei panni di chi si è trovato nella vita a vivere una
relazione difficile – non solo per aspetti legati alla violenza ma
in generale – e che ha portato avanti la relazione con la
pretesa/speranza di poter riuscire a cambiare l’altro grazie
all’amore che li univa. Leggendo il romanzo sento il rischio che
questo possa accendere e nutrire false speranze, alimentando il
pensiero “se c’è riuscita lei perché non può accadere lo
stesso anche a me”. In fin dei conti, non potevamo sperare in un
finale migliore: i due amanti vanno a vivere nella casa dei loro
sogni e diventano genitori di due bellissimi bambini
Potremo,
tuttavia, provare a dare una chiave di lettura differente al romanzo
mettendolo in relazione ai due volumi precedenti. La trilogia ha
rappresentato una sorta di percorso di terapia personale per
Christian. La presenza di Ana è per lui il motore che lo spinge ad
entrare in contatto con quelle parti di sé che per lungo tempo ha
tenuto lontane, ma che in qualche modo emergevano per ricordargli che
lui era anche altro. Ecco, allora, che la presenza di Ana è
fondamentale per il cambiamento di Christian; ma non dobbiamo
dimenticare che la fatica l’ha fatta in primis lui stesso
mettendosi in discussione, permettendo a qualcuno di entrare in una
sfera affettiva e intima che era intoccabile e che lo ha reso più
vulnerabile. Non è stata Ana a cambiare Christian, bensì la loro
relazione che ha concesso a ciascuno dei due di crescere come
persona.
In quest’ottica, il taglio che si è voluto dare
rispecchia maggiormente il mio pensiero.
Credo nella possibilità di
cambiamento, nella forza e dell’importanza delle persone che si
stanno vicine, ma soprattutto credo nelle risorse che ciascuno ha per
poter essere migliore di com’è.
L’importante è innescare il
meccanismo che spinge verso il cambiamento. E questo lo possiamo
trovare solo dentro di noi.
Concludo
regalandovi una metafora – che a sua volta è stata regalata a me -
che credo permetta di capire bene il senso di ciò che ho cercato di
dire.
Andiamo oltre il romanzo.
Una relazione è fatta di due persone e uno da solo non può fare la fatica per entrambi.
E’ come se la relazione potesse essere paragonata ad un piccolo germoglio che ha bisogno di cure, di acqua, di luce, di amore, per poter crescere. E ciascuno dei due fa la gara a chi lo sa curare meglio. Ad un certo punto, però, uno dei due si trova a vivere un momento difficile (crisi personale, investimento sbagliato, perdita del lavoro, ….) e questo lo distoglie dal curare il germoglio.
L’altro, se ne rende conto e inizia a curarlo per tutti e due ma alla fine, rendendosi conto che il proprio compagno/a non si accorge della fatica che sta facendo abbandona il suo intento e il piccolo germoglio muore.
Auguro a tutte voi di coltivare assieme al vostro partner il piccolo germoglio che state custodendo, consapevoli che per rimanere bello e rigoglioso ha bisogno di un terreno fertile e di buona luce.
Erika
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