lunedì 30 novembre 2015

Il desiderio al maschile e al femminile. E' possibile una sintesi?



Qualche tempo fa sono andata a visitare la mostra “Tamara de Lempicka” a Verona (la trovate qui fino al 31 gennaio 2016) e incantata di fronte alle sue opere mi è venuto in mente il titolo di un libro di Massimo Recalcati “Ritratti del desiderio” (2012).

Ma prima di parlare del libro, vi invito a leggere notizie biografiche di Tamara (qui) per comprendere la complessità della sua persona e della sua opera.
Tamara ha avuto una vita sicuramente “sopra le righe”, con una forte personalità che evinciamo fin dagli episodi che riguardano la sua infanzia e adolescenza.
Sposata giovanissima, ha avuto una figlia – Kizette – e poi molti amori con donne che hanno fatto parte della sua esistenza, posando anche come modelle per i suoi quadri.
È nella sezione della mostra chiamata “Visioni amorose” che troviamo tele splendide le quali testimoniano lo sguardo desiderante col quale Tamara si posava sui suoi amori, immortalandole.


Ritratto di madame Perrot (1922)


Ragazza in verde (1932)


Nudo con vele (1931)


La sottoveste rosa (1927)


Mi è venuto in mente il libro di Recalcati perché nel capitolo “il desiderio amoroso” inizia così:

Se dovessi immaginare un quadro, un ritratto plastico di questa figura del desiderio, immaginerei il ritratto di una donna.
(pag. 134)

Questa frase mi è balzata in mente proprio mentre osservavo “La bella Rafaela” (1927):



Recalcati a seguire fa una differenziazione importante sul desiderio sessuale maschile e quello femminile.

Per il desiderio sessuale dell'uomo, il corpo della donna si frammenta in tanti piccoli oggetti – oggetti (a) per Lacan: una ciocca di capelli, una gamba dondolante, il seno tra le braccia incrociate, l'indice della mano, il contorno delle labbra, il capolavoro del culo.
[…]
Se il desiderio maschile e il suo godimento sono governati da un fantasma feticistico, quello femminile, secondo la lezione di Lacan […] gravita attorno alla domanda d'amore. Al posto del "pezzo", al centro del discorso femminile, è la parola, la frase, la lettera d'amore.

(Recalcati, pag. 137-139)

Nello stile pittorico della Lempicka, ho colto questa narrazione unica della mancanza della persona amata, il riconoscimento di un desiderio amoroso che la porta a voler fissare sulla tela il sentimento e farne testimonianza e allo stesso tempo dono, in una via tutta femminile:

è dono del segno che l'Altro mi manca, che la sua esistenza sa scavare in me la mancanza.
[…]
Nel desiderio amoroso di una donna si manifesta la capacità, piena di grazia, di associare il nome al corpo, o se si preferisce, di fare del nome un corpo. Cosa vuol dire? […] La possibilità unica di unire il nome al corpo in modo indissolubile, di amare e di desiderare quel corpo come se fosse un nome, dunque come se fosse assolutamente insostituibile, fuori serie, e di desiderare quel nome, di sentire quel nome, di pronunciare quel nome con la stessa intensità, con la stessa forza pulsionale come se fosse un corpo...
(Recalcati, pag. 141-144)

Ecco perché la bella Rafaela mi ha fatto scaturire queste riflessioni.
Ai miei occhi ha rappresentato la sintesi – per Recalcati e Lacan difficile da realizzare – fra desiderio maschile e femminile.
Nel titolo del quadro c'è il nome, l'identità unica e irripetibile associata alla plasticità di un corpo nudo che sprigiona l'energia di Rafaela e la sua sola, non è il feticcio meramente maschile, è un corpo che emana peculiarità e parla parole di intimità e amore, narra la storia senza bisogno di dirla, racconta l'unione, la vicinanza, l'unicità.

Qualcuno potrebbe obiettare che c'è riuscita perché si tratta di una donna che ha amato un' altra donna...
La Lempicka in realtà, mostra il processo nel linguaggio artistico che le è proprio, dando parola alle immagini, ma oggi voglio darvi testimonianza di aver ascoltato nella stanza di terapia anche molti uomini che contrariamente alle previsioni lacaniane, sono riusciti, grazie all'integrazione della propria parte femminile, a trasmettere l'amore in modo completo alla compagna, apprezzandone sì alcuni tratti e frammenti ma anche entrando in relazione grazie al dialogo, all'ascolto e al rispetto della sua diversità come persona, prima ancora che come donna.

Anzi, se c'è una possibile definizione dell'amore sarebbe proprio quella di rendere l'Altro insostituibile, di amare nell'Altro non il simile ma l'insostituibile nella sua alterità.
                                                                                                                                 (pag. 144)

Auguro a ciascuna di trovare un uomo così.
Vi garantisco che esistono, io ho trovato il mio, adesso tocca a voi.

Buona settimana
virginia 

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