Qualche
tempo fa sono andata a visitare la mostra “Tamara de Lempicka”
a Verona (la trovate qui fino al 31 gennaio 2016) e incantata di
fronte alle sue opere mi è venuto in mente il titolo di un libro di
Massimo Recalcati “Ritratti del desiderio” (2012).
Ma
prima di parlare del libro, vi invito a leggere notizie biografiche
di Tamara
(qui) per comprendere la complessità della sua persona e della sua
opera.
Tamara
ha avuto una vita sicuramente “sopra le righe”, con una forte
personalità che evinciamo fin dagli episodi che riguardano la sua
infanzia e adolescenza.
Sposata
giovanissima, ha avuto una figlia – Kizette – e poi molti amori
con donne che hanno fatto parte della sua esistenza, posando anche
come modelle per i suoi quadri.
È
nella sezione della mostra chiamata “Visioni amorose” che
troviamo tele splendide le quali testimoniano lo sguardo desiderante
col quale Tamara si posava sui suoi amori, immortalandole.
Ritratto di madame Perrot (1922)
Ragazza in verde (1932)
Nudo con vele (1931)
La sottoveste rosa (1927)
Mi
è venuto in mente il libro di Recalcati perché nel capitolo “il
desiderio amoroso” inizia così:
Se
dovessi immaginare un quadro, un ritratto plastico di questa figura
del desiderio, immaginerei il ritratto di una donna.
(pag.
134)
Questa
frase mi è balzata in mente proprio mentre osservavo “La bella
Rafaela” (1927):
Recalcati
a seguire fa una differenziazione importante sul desiderio sessuale
maschile e quello femminile.
Per
il desiderio sessuale dell'uomo, il corpo della donna si frammenta in
tanti piccoli oggetti – oggetti (a) per Lacan: una ciocca di
capelli, una gamba dondolante, il seno tra le braccia incrociate,
l'indice della mano, il contorno delle labbra, il capolavoro del
culo.
[…]
Se
il desiderio maschile e il suo godimento sono governati da un
fantasma feticistico, quello femminile, secondo la lezione di Lacan
[…] gravita attorno alla domanda d'amore. Al posto del "pezzo", al
centro del discorso femminile, è la parola, la frase, la lettera
d'amore.
(Recalcati,
pag. 137-139)
Nello
stile pittorico della Lempicka, ho colto questa narrazione unica
della mancanza della persona amata, il riconoscimento di un desiderio
amoroso che la porta a voler fissare sulla tela il sentimento e farne
testimonianza e allo stesso tempo dono, in una via tutta femminile:
è
dono del segno che l'Altro mi manca, che la sua esistenza sa scavare
in me la mancanza.
[…]
Nel
desiderio amoroso di una donna si manifesta la capacità, piena di
grazia, di associare il nome al corpo, o se si preferisce, di fare
del nome un corpo. Cosa vuol dire? […] La possibilità unica di
unire il nome al corpo in modo indissolubile, di amare e di
desiderare quel corpo come se fosse un nome, dunque come se fosse
assolutamente insostituibile, fuori serie, e di desiderare quel nome,
di sentire quel nome, di pronunciare quel nome con la stessa
intensità, con la stessa forza pulsionale come se fosse un corpo...
(Recalcati,
pag. 141-144)
Ecco
perché la bella Rafaela mi ha fatto scaturire queste riflessioni.
Ai
miei occhi ha rappresentato la sintesi – per Recalcati e Lacan
difficile da realizzare – fra desiderio maschile e femminile.
Nel
titolo del quadro c'è il nome, l'identità unica e irripetibile
associata alla plasticità di un corpo nudo che sprigiona l'energia
di Rafaela e la sua sola, non è il feticcio meramente maschile, è
un corpo che emana peculiarità e parla parole di intimità e amore,
narra la storia senza bisogno di dirla, racconta l'unione, la
vicinanza, l'unicità.
Qualcuno
potrebbe obiettare che c'è riuscita perché si tratta di una donna
che ha amato un' altra donna...
La
Lempicka in realtà, mostra il processo nel linguaggio artistico che
le è proprio, dando parola alle immagini, ma oggi voglio darvi
testimonianza di aver ascoltato nella stanza di terapia anche molti
uomini che contrariamente alle previsioni lacaniane, sono riusciti,
grazie all'integrazione della propria parte femminile, a trasmettere
l'amore in modo completo alla compagna, apprezzandone sì alcuni tratti e frammenti ma anche entrando in relazione grazie al dialogo,
all'ascolto e al rispetto della sua diversità come persona, prima
ancora che come donna.
Anzi,
se c'è una possibile definizione dell'amore sarebbe proprio quella
di rendere l'Altro insostituibile, di amare nell'Altro non il simile
ma l'insostituibile nella sua alterità.
(pag.
144)
Auguro
a ciascuna di trovare un uomo così.
Vi
garantisco che esistono, io ho trovato il mio, adesso tocca a voi.
Buona
settimana
virginia
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