“La
più parte degli uomini è eroticamente cieca, poiché commette
l'imperdonabile malinteso di scambiare eros con sessualità.
L'uomo
crede di possedere la donna quando la possiede sessualmente: ma mai
la possiede meno di allora.
Infatti
per la donna la sola relazione che conti è quella erotica.
Per
lei il matrimonio è una relazione con in più la sessualità.”
(C.
G. Jung)
Voglio
iniziare l'anno parlando di coppia e di un malinteso amoroso che
spesso ha risvolti tragici, quando nella coppia l'amore si trasforma
in violenza.
Il
bisogno di inglobare l'altro come oggetto di proprietà, possederne
il corpo, disporne a proprio piacimento rassicura la parte regressiva
del bambino nell'uomo, che vuole possedere la mamma, lui e nessun
altro. Questo però rende la persona amata come un oggetto, al quale
non si riconosce identità alcuna, perché l'identità è pericolosa,
può far allontanare da sé e scegliere qualcos'altro o qualcun
altro.
Se
la compagna manca, questo tipo di uomo sente un'angoscia pari a
quella di un bimbo molto piccolo cui viene tolta la madre. Perché
egli sente di dover essere il centro del mondo per lei, proprio come
nel bisogno narcisistico vitale del lattante che crede che tutto il
mondo – madre in primis – si muova per adempiere ai suoi
bisogni e necessità.
Esiste
una prima fase dell'amore in cui questa “illusione” viene
mantenuta da entrambi i partner, perché il bisogno di funzionare
all'unisono è maggiore degli interessi individuali, che per un po'
di tempo passano in secondo piano.
In
questo processo fisiologico degli inizi, soprattutto alcune donne
abituate a essere “come tu mi vuoi” rischiano molto se il loro
partner non è abbastanza maturo da riuscire a emergere dalla
simbiosi e avere atteggiamenti più maturi nella relazione: nel
momento in cui proveranno a far presenti i loro bisogni e desideri,
si ritroveranno in trappola, accusate di non essere quelle degli
inizi o ben di peggio, di aver finto, di avere altri interessi ecc...
Semplificando,
è come se per quest'uomo la costanza di un'unione sessuale
confermasse e rinforzasse la convinzione che la donna lo vuole, lo
ama e quindi si sente sicuro.
Per
la donna invece la costanza del corpo non è affatto una “garanzia
d'amore”.
Questo
non significa scadere nel senso comune che vede gli uomini che
“pensano sempre a quello” e le donne no... bensì significa
vedere il significato simbolico della sessualità che non è mera
fisicità.
Ecco
che entra in scena l'Eros, inteso come energia desiderante, come
forza trasformativa della relazione che non si accontenta dello
status
quo,
ma porta a interrogarsi, voler crescere, diventare sempre più intimi
sfidando i limiti imposti dal “siamo
questi e così rimarremo”.
Ascolto
molte donne nella stanza di terapia che dopo anni di matrimonio o di
una relazione, crescendo si scoprono diverse, desiderose di
cimentarsi in nuove parti di sé che spesso però non possono essere
portate nella loro dimensione di coppia – ma sia chiaro, spesso
questo capita anche agli uomini – per cui mi verrebbe da affermare
che più che di differenziazione di genere reale (uomo e donna),
nella frase di Jung ci si debba riferire alle parti psichiche (la
parte/energia maschile o femminile, che prevale nell'uomo e nella
donna).
Cosa
significa dunque che per la “donna” il
matrimonio è una relazione con in più la sessualità?
Significa
proprio
–
e questo moltissimi uomini in carne e ossa ancora fanno fatica a
contemplarlo – che il sesso va costruito a partire dal desiderio,
dalla complicità che permette di essere e fare qualsiasi esperienza
condivisa, perché inserita in una dimensione di gioco leggero e
accettazione profonda allo stesso tempo.
Si
tratta, per la logica maschilista tout-court, di una contraddizione
in termini: poter desiderare qualcosa di continuamente mutevole per
cui mai completamente posseduto (vedi anche qui).
È
l'accettazione della differenza, dell'altro da sé che è
fondamentale proprio perché diverso e individuato (ne avevamo
parlato anche qualche tempo fa qui).
Eros
come desiderio, permette agli amanti di scoprirsi e riscoprirsi lungo
il continuum del tempo, senza darsi per scontati, accettando la
dimensione del rischio, lasciando ciascuno che l'altro si trovi e si
ritrovi in se stesso e poi si possa sperimentare fuori da sé per
tornare nella coppia con più spirito vitale di prima, arricchendo
entrambi.
Questo
processo se avviene agli albori della formazione della coppia, può
rappresentare un momento delicato in cui vedere le differenze può
ferire (si tratta di riuscire a tollerare lo “scheletro” - qui),
per altre relazioni, se avviene dopo molti anni, può voler dire
affrontare momenti tumultuosi che possono diventare crisi, ma in ogni
caso, una volta superati, il rapporto si fonderà poi su presupposti
difficilmente scardinabili, perché in realtà non ci sarà nulla da
scardinare, tutto si fonderà sulla possibilità di confronto fluido
e continuo delle differenze.
La
dimensione erotica inoltre accetta anche l'assenza, non intesa come
privazione dell'altro bensì come momento in cui siamo consapevoli
che l'altro non è “nostro” e che il suo ritorno non dipenderà
da un impegno scritto o dal possesso fisico: tornerà proprio perché
è libero di andare ma vuole restare con te.
Occorre
imparare ad accettare che “Amare” infondo è un ossimoro
relazionale, ovvero riuscire ad unire ciò che è intrinsecamente
separato.
In
tal senso, la “coppia” può essere il simbolo che contiene e dà
testimonianza dell'unione delle due individualità, delle quali nulla
è perduto perché tutto è messo in relazione.
Buona
settimana (e buon anno!)
virginia
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