lunedì 24 gennaio 2011

Cosa significa essere una donna forte?


Vuol dire essere una donna che, nel senso migliore del termine, si è emancipata. […] quella che ho in mente è una donna attraente, con una vita sessuale attiva, capace di cavarsela da sola senza dover aspettare che un uomo la porti in salvo, che ride facilmente, ama il proprio corpo e quello degli uomini e ha una cerchia di buoni amici, che è curiosa di sapere quel che la vita ha in serbo per lei, che è capace di sostenere il proprio punto di vista e sa come far valere i propri interessi; una donna che guadagna, con una personalità armoniosamente sviluppata e quindi in grado di dare un tocco personale alla propria vita, che sfrutta le conquiste raggiunte dalle femministe per vivere in modo più completo rispetto alla propria madre e alla propria nonna, e che ama gli uomini, che ricoprono un ruolo importante”
Ormai, mie care lettrici, vi sarete accorte della mia "vocazione" a voler risvegliare le potenzialità nascoste in ciascuna, quelle qualità in nuce, delle quali siamo spesso portatrici inconsapevoli (si, perché anche se a noi non sembra, le nostre parti più splendide, sono lì, desiderose solo di essere scoperte e portate alla luce!).
Ecco che allora, anche oggi vi racconto di un libro, uno di quelli da leggere con attenzione e molta pazienza, perché, al contrario di altri più snelli e propositivi fin da subito, questo ci mette di fronte non solo a quelli che sono gli aspetti di luce ma anche a tutte le ombre che occorre attraversare per poter esprimerci al meglio, una volta integrati gli uni e gli altri in un processo che non sempre risulta semplice...
A quante di voi è successo di dover fare i conti con uomini che si sono allontanati dicendo che voi eravate troppo indipendenti, autonome, sicure, intelligenti... oppure uomini che in silenzio hanno preferito rinunciare all'incontro vero con la vostra anima, perché hanno deciso di fermarsi all'apparenza di una immagine di donna forte, non bisognosa, piena di grinta e in grado di prendersi cura di sé? Sono sempre di più le donne che mi raccontano questa realtà (soprattutto le giovanissime) ma sempre di più anche le donne mature che, dopo una vita in cui hanno dovuto manifestarsi nel mondo come dipendenti e fragili, (“accomodanti” è l'aggettivo più usato, quasi a dire che la consapevolezza di essere altro c'è sempre stata ma è stata relegata in attesa di tempi migliori) adesso ritrovano in sé identità dimenticate e faticano ad allineare la propria esistenza su queste note dominanti, ostacolate da compagni che, spaesati, non le riconoscono e preferiscono che rimangano quelle che erano, anche a costo di farle soffrire... e allora i matrimoni si sfasciano, non sempre perché finisce l'amore, ma forse perché cambiare e crescere insieme non è facile... E allora che succede? Succede che spesso siamo noi a modificarci per il bene di entrambi, a tornare sui nostri passi, a chiedere scusa se abbiamo provato a volare con le nostre ali, ripiegandole in noi stesse, privandoci della nostra libertà, che non è quella di andare ma quella di essere...in primo luogo essere riconosciute e poi amate, accettate, onorate, per quello che siamo e non per un immagine spenta e incolore, bisogno di proiezioni altrui. A questo punto sarebbe spontaneo dire (come spesso facciamo!) che la colpa è tutta degli uomini, che non sono all'altezza, che non ci capiscono, che sono loro quelli sbagliati e così via...ma, ahimé, occorre spezzare una lancia in loro favore, perché l'Incontro fra anime, quello vero con la I maiuscola, è possibile, all'interno però di un percorso di vita che si fa in due, con coraggio e devozione reciproca, un passo dopo l'altro, accettando che anche noi possiamo mettere un piede in fallo e avanzare pretese impossibili...
Questa lotta uomo-donna, che la Storch paragona a quella della tigre col suo domatore, in realtà alla lunga è fine a se stessa, perché da entrambe le parti in realtà c'è un pudico desiderio d'amore, di intimità e complicità, di potersi sentire “a casa” l'uno nelle braccia dell'altro, e non solo nella fase del primo innamoramento, anzi, soprattutto poi, quando davvero ci si può abbandonare con fiducia all'altro, perché conosce ogni nostra più piccola sfumatura e stonatura, ma ama anche quella ed è ricambiato nelle proprie.
Beh, mie care, il discorso si fa complicato...spero di avervi donato qualche spunto di riflessione e aver stimolato la curiosità per leggere questo bellissimo testo, che sono sicura riuscirà a districare tutti gli interrogativi che io vi ho messo.
Il titolo è "Donne Forti, deboli con gli uomini forti" di Maja Storch, Edizioni Magi 
Un abbraccio grande.
virginia

2 commenti:

Franco Silvestre ha detto...

Tutto molto veritiero ma, nonostante la parte finale in cui si evidenzia la necessità di amore al di là del genere sessuale, credo che la parte iniziale risenti ancora forzatamente di un eccesso di visione della donna forte come donna aggressiva.....è vero che un incontro d'anime è il simposio perfetto di un connubio duraturo ma quante donne riescono a riconoscere la propria anima e quindi quella degli uomini? e quante donne, oggi, sono coscienti del ruolo di guida del femminile? davvero poche e forse proprio perchè del femminismo si ricordano, quando va bene, solo le apparenti esternazioni di emancipazione "fisica" e si dimenticano le linee guida ben esplicate nell'incipit iniziale in cui non manca il riferimento alla complementarietà con gli uomini, quelli veri e non quelli che fanno della apparente sudditanza la propria bandiera!!!

donneincontatto ha detto...

Grazie Franco della tua riflessione. è vero, un femminismo portato all'estremo non fa altro che provocare un machismo generalizzato dove, al di là dell'aggressività, si instaura una lotta di potere, a volte anche sottile ma logorante. Come ben spiegato dalla Storch nel libro, diventa fondamentale nel processo di consapevolezza delle donne, ma ritengo sia vero anche per gli uomini, fare i conti con la propria vulnerabilità, con la capacità di affidarsi, altrimenti il vero incontro non sarà mai possibile. Per gli uomini suggerisco di leggere un testo di Robert Bly "Per diventare uomini".