lunedì 27 giugno 2011

Recuperare e coltivare l'intuito femminile


 
L'intuito è il tesoro della psiche femminile. È come uno strumento divinatorio, come un cristallo attraverso il quale si vede con misteriosa visione interiore.”
Con queste parole si apre il nuovo capitolo del libro che pian piano stiamo sfogliando (o ri-sfogliando) insieme settimana dopo settimana: Donne che corrono coi lupi (se hai perso i post precedenti li trovi qui e qui).
Questo nuovo e lungo capitolo si snoda attraverso il significato psicologico attribuito alle nove prove superate da Vassilissa (trovi la storia qui), una sorta di cenerentola-bambina cui la madre in punto di morte regala una bambola di pezza, che si rivelerà salvifica in più di un'occasione e la renderà consapevole del potere munifico del suo intuito, di cui come donna è provvista, ma col quale non ha un immediato contatto.
Il nostro intuito è la risorsa più preziosa che abbiamo: è ciò che ci permette di discernere fra ciò che è e ciò che appare, è la lente magica che ci aiuta a smascherare i Barbablù che incontriamo sul nostro cammino, è il potere di sapere qual è la cosa più giusta da fare.
Purtroppo non siamo sempre e da subito in possesso di questa facoltà, ma piuttosto la possiamo recuperare attraverso un percorso interiore fatto di insegnamenti ed esperienze, come racconta la storia di Vassilissa.
Il primo compito è quello di lasciar morire la madre buona: questo significa lasciare un periodo di sicurezze e protezione verso il rischio di nuove esperienze che potrebbero anche farci soffrire ma sono indispensabili per la propria crescita. In noi c'è sempre una parte che tenderebbe a restare nell'ovatta di un mondo tranquillo e conosciuto, anche se questo significa non evolversi. L'insegnamento della storia in questo caso è invece lo sprone a muoversi verso territori inesplorati, ma non senza il dono della madre: la bambola di pezza.
Una volta risolto il lutto della madre buona (che comunque rappresenta un aspetto della psiche) la piccola Vassilissa si ritrova in una nuova famiglia, perché il padre sposa una matrigna che porta con sé cattive sorelle. Come in cenerentola, troviamo qui la mortificazione dell'anima della giovane donna, da parte di aspetti terribili della psiche, (anche la matrigna e le sorellastre rappresentano parti della nostra psiche) che provocatoriamente la beffeggiano, considerandola incapace e inferiore. A chi di noi non è capitato di farsi tiranneggiare dai propri vissuti di inadeguatezza e inferiorità, ai quali ci siamo piegate con mestizia, credendo che davvero quello fosse il nostro destino? Anche Vassilissa obbedisce ed esegue, senza ribellarsi...finché un bel giorno il fuoco finisce. E quella che può sembrare una tragedia – recarsi nel bosco a chiedere il fuoco alla strega Baba Jaga – diventa il passaggio fondamentale del risveglio.
A volte ci vuole davvero un evento scioccante e improvviso per destarci dal torpore dell'inconsapevolezza dei nostri tesori!
Il terzo compito di Vassilissa è quello di ascoltare (e quindi nutrire di vita) la sua bambola, durante l'avventurarsi nel bosco, luogo di ricerca per eccellenza. La bambola, porta dentro di sé la saggezza profonda della madre, ma è in contatto anche con le nuove potenzialità della figlia, per questo fra loro c'è una magica empatia.
Entrando finalmente in contatto con la Baba Jaga, il femminile di Vassilissa entra nella dimensione dell'eccentrico e sopra le righe. Il compito da portare a termine è proprio il familiarizzare con questa creatura spaventosa, dalla quale però si possono apprendere importanti lezioni. La Baba Jaga altro non è che la natura selvaggia che abita ogni donna, che tanto più è sconosciuta tanto più spaventa e terrorizza. Abita il bosco perché l'abbiamo relegata nell'ombra della psiche, ma la sua forza è grande e giusta (infatti non fa del male alla bambina, ma le dà dei compiti da svolgere, con il fuoco come ricompensa finale).
I compiti della strega sono il complemento della presenza della bambola: senza le prove ardue e impossibili della Baba Jaga anche le mille risorse della bambola divengono senza scopo. Questo significa che senza un percorso di iniziazione del femminile in noi, anche l'intuito che ci abita non può emergere.
La permanenza nella casa della strega fa sì che la bimba ingenua impari da lei e faccia propri alcuni aspetti selvaggi. Vassilissa lava il bucato (= purifica e dà nuova forma alla persona della Baba Jaga, anche dentro se stessa) ramazza (= fa ordine nella psiche) cucina (=nutre la psiche selvaggia) e acquisisce i modi e uno stile di vita finora a lei sconosciuti.
Potrebbe sembrare che la vecchia non faccia altro che ripercorrere le umiliazioni della matrigna e sorellastre, invece, anche se viene espressa come una sfida, la prova che dà alla piccola è un modo per permetterle di superare i suoi limiti. Ogni volta che sfidiamo noi stesse, con la sicurezza che in qualche modo ci sentiamo di essere sulla strada giusta, significa che siamo fuori dalle trappole della matrigna (sterili ricerche di approvazione) e siamo invece nel percorso di crescita, sulle orme della strega selvaggia.
I compiti non sono finiti: ancora Vassilissa deve dividere e separare migliaia di piccolissimi semi, che rappresentano la capacità di discernere e curare le proprie idee. E infine la bambina chiede, perché non si limita solo a fare, ma vuol conoscere, vuol sapere quali sono le leggi del mondo. Dopo tutto questo, ecco che è pronta per l'ottavo compito: saper guardare alle situazioni della propria vita con nuovi occhi ed esser capace di tornare alla vecchia casa, in possesso del fuoco. Gli insegnamenti della donna selvaggia non possono restare relegati nella consapevolezza dell'anima, anzi, necessitano di applicazione concreta nella nostra vita quotidiana, per poterci rendere delle donne nuove, che affrontano anche vecchi problemi con inaspettate risorse. Si tratta dell'acquisizione di un potere (rappresentato dal bastone col teschio di fuoco che illumina il cammino), importante tappa per affrontare gli aspetti ombra che in agguato aspettano un'altra occasione per infierire di nuovo. Una volta che ci siamo scoperte anche capaci di prendere in mano il fuoco della nostra vita, di portare avanti le nostre esigenze, sarà difficile ricadere nelle grinfie delle megere, perché la nostra psiche non è più solo troppo buona e accondiscendente, ma capace di incenerirle all'istante.
La nostra psiche si è scoperta una forza straordinaria, che a tratti fa paura (infatti Vassilissa ha la tentazione di gettare via il bastone) perché ci obbliga ad affrontare e sapere, a non poter tirarsi indietro di fronte alle situazioni sulle quali fa luce.

Per finire, voglio usare una metafora eccezionale della stessa Pinkola Estes, sugli effetti diversi dello scegliere con l'intuito recuperato, piuttosto che con l'inconsapevolezza.
immaginate una grande sala con tavoli carichi di salse e creme, salmone, roast beef, macedonia di frutta, gamberi e riso e curry, yogurt, formaggi. Osservate e vedete che alcune cose vi attraggono e dite a voi stesse: “ecco, prenderò un po' di questo, e un po' di questo e di quest'altro”. Ci sono donne e uomini che per tutta la vita prendono così le decisioni. Attorno a noi c'è un mondo che ci fa continuamente cenno, che si insinua nelle nostre esistenze eccitando e creando appetito dove ve n'era poco, o non ce n'era punto. Quindi scegliamo una cosa solo perché ci è capitata sotto il naso; non è necessariamente quel che vogliamo, ma è interessante, e più la guardiamo e più diventa irresistibile. Quando siamo collegate all'io istintuale, all'anima del femminino che è naturale e selvaggia, invece di guardarci in giro per vedere tutto quel che è per caso in mostra, diciamo a noi medesime: di che cosa sono affamata? Senza guardare quanto c'è all'esterno, ci avventuriamo all'interno e ci domandiamo: che cosa desidero ora? Oppure: a cosa aspiro? Per che cosa mi struggo? [...]
C'è sui tavoli? Forse sì, forse no. Nella maggior parte dei casi probabilmente non c'è. Dovremo andare alla ricerca, per un po' o per molto tempo. Ma alla fine la troveremo, e saremo contente di aver scandagliato i nostri desideri più profondi.
[…] ciò vale in particolare nella scelta del compagno e dell'amante. Un amante non può essere scelto al self service, ma per ardente desiderio dell'anima. Scegliere soltanto perché ci sta davanti qualcosa che ci fa venire l'acquolina in bocca non soddisferà mai la fame dell'anima-Io. Ecco a cosa serve l'intuito: è il messaggero diretto dell'anima.”

A tutte auguro di essere sempre in contatto con l'intuito magico che possedete.
buona settimana 
virginia

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