Cari
amiche,
prendendo
spunto anche dal Gay Pride tenutosi a Vicenza sabato scorso Vi
sottopongo questa ordinanza della Prima Cassazione che ha rimesso
alla Corte Costituzionale se sia costituzionale o meno la norma che fa
dipendere dalla rettificazione del sesso lo scioglimento o la
cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dal soggetto
che ha esercitato il diritto sopra indicato, con conseguenze
irreparabili sulla conservazione del vincolo anche nei confronti
dell’altro coniuge.
A
sollevare la questione è stata la prima Sezione civile della
Cassazione, con l’ordinanza 14329/2013 dd 6.6.2013
Secondo
gli ermellini, infatti, è “configurabile un contrasto tra
l’articolo 4 della legge n. 164 del 1982 e gli artt. 2 e 29 della
Costituzione e con gli artt. 8 e 12 della CEDU, nella parte in cui la
norma censurata fa conseguire come effetto automatico del passaggio
in giudicato della pronuncia di rettificazione di attribuzione di
sesso
Nel
“prospettato dubbio di costituzionalità”, prosegue la Corte,
depone anche una recentissima pronuncia della Corte Europea dei
diritti umani in merito ad un caso finlandese. Applicando analoghi
criteri al nostro ordinamento, osserva la Corte, “la mancanza di
proporzionalità e l’ingiustificata ingerenza statuale appaiono
senz’altro ravvisabili, in ordine ai parametri costituiti dagli
artt. 8 e 12, in un sistema che non offre alcuna alternativa ai
coniugi, determinando una netta e definitiva soluzione di continuità
tra passato e presente della relazione coniugale e decretandone la
irreversibile caducazione”. Non solo, la Cassazione ricorda che
anche la Germania e l’Austria hanno dichiarato l’illegittimità
di norme sostanzialmente analoghe.
La
vicenda, in particolare, riguarda una coppia emiliana: il marito, nel
2009, decide di cambiare sesso. Dopo la pronuncia di rettifica di
sesso, l’ufficiale di stato civile aveva annotato nel registro
degli atti del Comune di Bologna, la cessazione degli effetti civili
del matrimonio del transessuale. La coppia, dunque, si era rivolta al
giudice civile per chiedere la cancellazione di questa annotazione e
il tribunale di Modena aveva dato loro ragione, rilevando che
«l’annotazione di scioglimento del matrimonio per l’avvenuta
rettificazione di attribuzione di sesso può eseguirsi solo in
ragione di una sentenza dell’autorità giudiziaria che dichiari la
cessazione del vincolo coniugale».
La
Corte d’appello di Bologna, invece, accogliendo il ricorso del
ministero dell’Interno, aveva ribaltato il verdetto sostenendo che
«consentire il permanere del vincolo matrimoniale, rettificato che
sia il sesso dei coniugi, significa mantenere in vita un rapporto
privo del suo indispensabile presupposto di legittimità, la
diversità sessuale dei coniugi, dovendosi ritenere tutta la
disciplina normativa dell’istituto rivolta ad affermare tale
requisito».
Altra cosa i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Secondo
i giudici dunque “da uno stato di massima stabilità e protezione
giuridica costituzionale e di diritto positivo non soltanto
codicistico, si trasmigra, contro la volontà dei componenti la
coppia coniugata, verso una condizione di totale indeterminatezza”.
Anche
se poi gli ermellini si affrettano a precisare: “Non può essere
trascurato, peraltro, che la sfera dei diritti complessivamente
connessi alla rettificazione di sesso ed al fenomeno del
transessualismo è del tutto peculiare e non omologabile od
equiparabile alla condizione della coppie dello stesso sesso che
richiedono a vario titolo il riconoscimento delle proprie relazioni
stabili”.
Sotto
la lente anche la posizione dell’altro coniuge, il quale si trova
d’un tratto deprivato del vincolo matrimoniale senza potersi
opporre alla notifica della cessazione degli effetti del matrimonio e
senza neppure aver esercitato il diritto alla rettificazione
dell’attribuzione di sesso.
Con
amore
Evi
2 commenti:
argomento non adatto a questo bellissimo blog
caro/a lettore/lettrice, in che senso intendi "non adatto"?
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