Quest'anno
il presidente e Bernardo Bertolucci, così mi è capitato di rivedere
alcuni film del regista, capolavori senza tempo.
Nel
film “Il tè nel deserto” (1990) tre personaggi in crisi,
personalità complesse, divise fra la resa al fatalismo e la ricerca
di senso, si avventurano nel deserto, metafora di esplorazione e
sofferenza necessaria per la trasformazione (ne abbiamo già parlato
qui
e qui
).
Il titolo del post prende spunto dalla scena qui sotto:
“Tunner, noi non siamo
turisti, siamo viaggiatori”
“Ah, che differenza c’è?”
“Un turista è quello che pensa al ritorno a casa fin dal momento che arriva”
“Laddove un viaggiatore può anche non tornare affatto”
“Ah, che differenza c’è?”
“Un turista è quello che pensa al ritorno a casa fin dal momento che arriva”
“Laddove un viaggiatore può anche non tornare affatto”
Ci sono viaggi e viaggi: ci
sono quelli fuori, alla scoperta del mondo, di nuove culture, di
persone diverse, in luoghi lontani ed esotici che tanto ci
affascinano.
E poi ci sono quelli vicini,
che si possono fare nell'incontro con qualsiasi altra persona, anche
nel quotidiano, entrando nel suo mondo come si farebbe con l'abitante
di una terra distante.
Inutile viaggiare lontano,
magnificando le bellezze di certe terre, se poi non si riesce in
qualche modo ad assimilarle, farle proprie, renderle qualcosa di
arricchente, elemento di crescita.
Inutile guardare all'altro,
che sia a 50cm o migliaia di km, come si farebbe con un animale in
gabbia dello zoo, a un pesce nell'acquario, mantenendo un filtro che
separa e senza entrare in quell'esperienza, lasciandosi invadere da
tutto quello che porta con sé.
Domande, emozioni,
riflessioni, accettazione ma anche rifiuto, di modo che ciò che
viviamo non ci lasci indifferenti, uguali a prima.
Così ho pensato al
significato che queste parole possono assumere anche fuori da questo
contesto.
Alla tendenza che spesso si
ha di partire – non importa se in un viaggio reale o in una nuova
esperienza della nostra vita – già con il desiderio di tornare
alla sicurezza degli aspetti conosciuti, in bilico fra la tensione a
modificare le cose e il rifugiarsi in certezze granitiche che
mantengano gli status quo.
Ogni aspetto diverso dalla
routine ci fa provare inquietudine, eccitazione, incertezza: qualcosa
dentro di noi “si muove”, percepiamo la tensione ad agire,
sentiamo di aver bisogno di conoscere, cambiare, ma temiamo di andare
fino in fondo.
Entrare in contatto con la
diversità, non significa limitarsi a tenere una posizione
politically correct di mera osservazione e falsa accettazione.
Questo è il turista.
È colui che vuole partire
ma guarda alle cose cercando di ricondurre tutto alle sue
convinzioni, alle sue abitudini. Vive tutto “rispetto a...” e non
per quello che è.
Il viaggiatore è
invece colui che rischia, che entra nell'esperienza, ma lo fa tenendo
conto di sé e degli altri, non esplora solo dentro ma cerca di
entrare in un vero contatto anche fuori, affrontando le conseguenze.
Ciò che ci attrae o ci
repelle è comunque qualcosa che, se vissuto fino in fondo, ci permette
di portare a compimento una nuova realtà, un frammento di vita che
ci serve per maturare e crescere, perché l'obiettivo è di
integrarlo nella nostra esistenza, renderlo parte di noi, una volta
elaborato.
Solo dal confronto con ciò
che proviamo può emergere creativamente il nuovo, che da esteriore
diventa interiore.
Cercare di accostarsi alle
novità senza esserne contaminati è continuare a perpetrare il già
vissuto, significa aver paura, anche se all'apparenza non sembra.
A volte anche i territori
interiori vanno esplorati con lo stesso criterio.
Volersi guardare dentro
senza mettere in discussione alcunché serve poco.
Dentro di noi ci possono
essere aspetti affascinanti e altri che non vogliamo conoscere, ma
sarà proprio dall'andare dentro a questi ultimi che potranno
emergere nuove consapevolezze.
Il punto quindi, non è se
tornare o meno a casa. Ma è come torniamo.
Sicuramente anche il
viaggiatore prima o poi approderà a una meta, quindi è vero che si
può non tornare affatto, a patto che si sia fatto tesoro di quello
incontrato lungo il cammino. Ogni meta è provvisoria fino alla
prossima avventura.
La vera sicurezza non sta
nel mantenere le cose come sono.
“La persona sicura non
si rende mai conto di esserlo, ma sente sempre di correre dei rischi
ai quali sarà adeguata” (Paul Goodman)
Buona settimana
virginia
4 commenti:
Questa divisione tra "turista" e "viaggiatore" è una roba di un brutto allucinante. Un viaggiatore è un turista presuntuoso, nessuna altra differenza
Caro zio Effe, ho letto il tuo post al riguardo e devo dire che mi ha molto divertita! Forse hai anche ragione, le etichette son sempre un po' scomode e difficili da sostenere... la mia riflessione infatti era più sul "come" che sul "cosa". A me non è mai interessato definirmi né l'uno né l'altro... mi piace conoscermi attraverso le domande che un viaggio mi apre... quindi, in quale delle tue categorie mi collochi? ;-)
Mannaggia però, quando io insulto tu mi devi insultare, mica fare la simpatica, che poi finisce che col cuore che mi ritrovo smetto di insultare... e a me piace tanto insultare...
Vabbè
Puoi sempre provarci con un nuovo post... ;-)
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