lunedì 9 settembre 2013

Punti di vista. E a capo.



A castle in sky by kazumi Ishikawa on Fivehundredpx
 
Spesso mi capita di parlare in terapia, con uomini e donne che si rivolgono a me, della relatività dei punti di vista.

Di come ciò che per una persona può sembrare una tragedia, per un'altra possa essere una benedizione.

Della possibilità che interpretiamo il pensiero e il sentire altrui sulla base di ciò che noi stessi pensiamo e sentiamo, non solo degli altri ma anche di noi stessi.

Le nostre esperienze subiscono sempre il filtro dei bisogni.

Occorre essere attenti e presenti a noi stessi ed imparare a discernere fra bisogni e sogni, fra aspettative e necessità.

C'è differenza fra scegliere e fuggire. Fra agire e subire. Fra distruggere e modellare.

Per questo ho voluto prendere spunto da queste due storie, sempre a partire da una foto. La stessa.
(se ti sei persa le altre storie a partire dalle finestre le trovi qui)


(Lecce)


Vista da dentro:
Adesso c'è solo il bianco. Essenziale per cominciare una nuova avventura.

Come per le tele candide dell'artista che trepidanti aspettano la prima pennellata, ancora ignare del loro destino.

Bianco come quando tutto è ancora da cominciare, pensare, creare nelle forme che plasticamente si sovrappongono, nell'immaginazione di luoghi che ancora non appartengono a nessuno.

Al momento solo i muri sono miei: confini di un'identità scandita solo nei metri quadri. Sono in cerca di me.

Riuscirò a trovarmi?
Non voglio il legno rustico della cucina dei miei genitori, troppo avvolgente nei viluppi dei nodi che fanno da trama alle ante.

Non sono neppure un'anima minimale come mio fratello, per il quale la casa non deve tradire alcunché di vissuto.

No, non ho neppure la tendenza barocca a strafare di mia sorella, che riempie gli spazi di oggetti feticcio; “per raccontare di me” – dice lei – “per ostentare realtà mascherate” – penso io.

Mi piacerebbe quell'atmosfera che c'era dalla nonna, un profumo di pane e biscotti, pensieri affettivi e carezze di sguardi. Forse è per questo che l'ho scelta sopra un fornaio.

Vorrei quei camei di antiche trine, sfumature arancioni di bianco, come le case del sud baciate dal sole al tramonto.

La voglio essenziale.

Come se ci fosse un ordine prestabilito: come i pianeti che ruotano intorno al loro astro e sanno che quello è il destino. Ogni cosa al suo posto, anche quel libro che sembra lasciato lì a bocca aperta sul divano da un lettore distratto, alzatosi perché hanno suonato e dopo impegnato in tutt'altre faccende.

La voglio accogliente.

Desidero la possibilità per chi varca la porta di tuffarsi in un abbraccio, percepire sulla pelle il benvenuto di un ospite che senza tanti fronzoli ha sempre qualcosa da offrirti, soprattutto un sorriso.

La sogno autentica.

Non da copertina o rivista, piuttosto un cantiere aperto alle novità, capace di trasformarsi senza snaturarsi, flessibile ai bisogni e capace di cogliere le opportunità.

Voglio che cresca con me, che sia una narrazione e non una bella frase ad effetto.

Voglio riempirla di gioia, di colori e di significati.

Che entri la luce da questa grande finestra, il mondo penetri qua dentro con tutta la sua energia, per portare nuove esperienze.

Questo piccolo terrazzo potrebbe essere il trampolino per una vita a due, chissà, magari una tappa provvisoria quando saremo in tre, da lasciare di nuovo a chi – come me adesso – è all'inizio della sua avventura nel mondo.

Ho paura. E se non facessi le scelte giuste? Che ne sarà di me?


Vista da fuori:
Qui sulla panchina, alzo lo sguardo e lo vedo.

Quello sarebbe il posto giusto per ricominciare.

Mimetizzarsi senza tradire niente all'esterno.

Una finestra anonima, nessun fiore da curare, nessun orpello che tradisca le passioni di chi di abita. Magari un'asciugatrice, necessaria per non rivelare con gli indumenti stesi l'identità dell'inquilino.

Ho bisogno di resettare la mia vita in una stanza bianca, con muri bianchi, quei pochi mobili che servono per necessità; all'inizio andrebbe bene anche un materasso poggiato a terra, per sentire con maggior forza la gravità della situazione.

Voglio un rifugio d'emergenza, un riparo dall'implosione della mia vita.

Fuggire da tutti quelli che mi alitano sul collo e mi impediscono di essere.

Ansimo e sogno una tregua.

Mi fermo ma il cuore batte troppo forte per sostare.

Forse non posso più tirarmi indietro, eppure vorrei scappare.

Credevo che quella fosse la mia strada, lui la persona giusta, quello il lavoro che volevo.

Invece mi ritrovo qui, su una panchina del centro, accattona di vite altrui, a immaginare di essere sola, isolata, anche triste se questo è il prezzo da pagare, ma libera.

Se quella casa fosse mia, vorrei nascondermi nel buio: mettere pesanti tende scure a quelle finestre così abbaglianti di luce e come un animale nella tana aspettare tempi migliori. Sperare che il nemico si stufi di stare fuori ad attendermi.

Chiusa ermeticamente dentro un contenitore vuoto, uscire solo per un po' di pane del fornaio, e acqua, come carcerata di me stessa.

Chissà invece chi ci abita... chissà se conosce la fortuna di poter scegliere fra molte possibilità.

Spero che almeno lui o lei, faccia la scelta giusta.

Ma poi mi chiedo, esiste davvero la scelta giusta, o ogni giorno è quello giusto per prendere in mano la propria vita, anche quella che c'è già, e renderla come la vorremmo, senza fuggire?

Questi due punti di vista ci insegnano che  solo partendo dai bisogni realistici e profondi , si possono fare delle scelte.

Spesso non si sa prima se saranno quelle più giuste in assoluto.

È importante conoscersi, prendere consapevolezza dei bisogni propri e allontanare quelli altrui che tarpano le ali, ma allo stesso tempo venir meno dalle illusioni e vedere con obiettività tutti gli aspetti di  una data situazione.
Occorre dipanare le nebbie e uscire dalle aspettative irrealistiche.

La qualità più opportuna in questi casi è la respons-abilità, come capacità di essere abili a dare risposte, sapendo far fronte anche alle conseguenze, perché comunque si è in profonda connessione con se stessi.

Non è mai troppo tardi per essere chi si sarebbe potuti essere”

G. Eliot

buona settimana
virginia

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