“sono
creature che hanno in sé qualche cosa del fantasma e del fiore […]
e non si sa rendere l'incanto particolare degli occhi, in cui la
pupilla vive di vita soprannaturale e guarda come da un sogno”
(Guido
Menasci)
Questo
week end sono andata a visitare la mostra di Vittorio Corcos a
Padova, dal titolo “I sogni della belle époque” (trovi qui tutte
le info).
Nelle
spiegazioni che adornano le pareti, ho trovato una dicitura che
raccoglie in due parole l' eterogeneità dell'opera dell'artista,
descritto come rappresentante dell'eterno feminino.
Corcos
riusciva a fermare sulla tela il “carattere” delle modelle
e delle signore dell'alta borghesia o nobiltà che ritraeva.
Sono
state immortalate dal suo pennello regine, nobildonne, ma anche
giovanissime madri o istitutrici a passeggio, impuberi bambine e
ragazzine acerbe... ciascuna con la propria energia caratteristica,
tipi di femminile che danno conto delle infinite sfumature
dell'essere donna.
Il
suo quadro più famoso è “Sogno” (1896), che scandalizzò il
pubblico per la posa ritenuta sconveniente e per quello sguardo che
sogna, appunto “ciò di cui non dovrebbero sognare le ragazze”, secondo le
parole della contessa Puliga, corrispondente del Journal des
Débats.
Non
ho potuto fare a meno di pensare che si tratta di donne che
appartengono al periodo in cui è nata la psicanalisi, quella
generazione che si ammalava di “isteria”, che convertiva in
sintomi organici un malessere psichico dovuto a un'epoca rigida e
austera, all'educazione che soffocava i loro spiriti curiosi di vita,
come i bustini stringevano i loro fianchi.
Osservando
l'energia sprigionata da questi ritratti mi sono immaginata le storie
delle protagoniste, i loro temperamenti, le relazioni che
intrattenevano... così, girando per le sale, ho notato che i volti
potevano essere raggruppati in tre tipologie ben distinte:
le
eteree fanciulle, il cui sguardo è sempre posato altrove,
mento sfuggente come attratto da qualcosa di improvviso che cattura
l'attenzione, timide e infantili;
le
ammaliatrici, sguardo dritto, profondo, sensuale, dominante e
sfidante
e
infine le sognatrici, dallo sguardo soave e svagato, che ti
guardano ma sembrano andare oltre a te, verso un orizzonte lontano e
inaccessibile, presenti e assenti in un tempo solo.
Queste
ultime spesso accompagnate dai libri, posati vicini, simbolo di una
libertà almeno interiore.
Ho
provato a immaginare che tipi di uomini potessero esserci al loro
fianco, chissà se quel carattere che traspare così evidente dalla
tela abbia mai potuto essere vissuto anche nella vita reale.
Così
mi sono immaginata tre monologhi.
Non
guardarmi, anche se mi sono messa questo grande cappello e il nastro
rosa che sottolinea il decolleté. Mia madre mi dice che ormai sono
una donna da marito e devo essere elegante, ma io mi sento ridicola,
agghindata come un fagiano sul piatto di portata prima di essere
sbranato da fauci affamate dopo la battuta di caccia.
Promettimi
che non mi farai del male.
Mi
hanno promessa.
Non
ti conosco ma so già il mio destino.
Non
mi resta che uccidere il mio romanticismo.
Vuoi
farlo tu, mio caro?
Con
questo ritratto sarò importante.
La
mamma lo metterà nella sala grande, vicino al suo.
E
finalmente tutti smetteranno di ammirare lei e si concentreranno su
di me.
In
realtà li vedo già i loro sguardi sognanti che furtivi indugiano
fra le pieghe dei miei abiti.
E
non importa che mi abbiano messo in braccio il cagnolino.
Non
sono più una bambina.
E
il mondo da domani si schiuderà a me, lo sento.
Infondo
l'anno prossimo inizia il nuovo secolo.
Non
smetterei mai di stare qui e leggere i miei amati libri.
La
poesia illumina i miei giorni inquieti di contraddizioni.
Essere
donna con un animo curioso è come essere un animale selvatico in
gabbia: tutti ti guardano rapiti e affascinati ma nessuno osa
avvicinarsi.
Per
molti sei un pericolo.
Chissà
se il futuro cela un uomo coraggioso quanto me?
Buona settimana
virginia
(fonte immagini: Pinterest)
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