mercoledì 23 marzo 2011

Come essere protagonisti della propria separazione o divorzio - Il Diritto Collaborativo



Care amiche,
Vi ho già parlato della mediazione familiare, ossia quel metodo altrnativo alla risoluzione delle controversie dove i coniugi o conviventi chiedono l'aiuto di un terzo neutrale per riuscire a risolvere le controversie familiari.
Ora ho intenzione di darVi delle informazioni sul diritto collaborativo.
Tale prassi è nata negli Stati Uniti dall'Avvocato Stu Webb il 1 gennaio 1990 e si sta diffondendo in tutto il mondo ( IACP International Academy of Collaborative Professionals e AIADC Associazione Italiana degli Avvocati dì Diritto Collaborativo)
Gli avvocati che praticano diritto collaborativo , a seguito di spefica formazione, guidano i clienti in conflitto o controversia familiare attraverso un procedimento stragiudiziale per raggiungere degli accordi che siano sattisfattivi per la loro famiglia separata . Tali avvocati credono a tal punto in questo procedimento che qualora non riuscissero a giungere ad un accordo si obbligano a non tutelare il cliente nella fase giudiziale.
Ritengono infatti che il loro compito sia costruttivo di un nuovo equilibrio familiare e quindi giungere ad una soluzione condivisiva rispettosa degli interessi del cliente e della sua famiglia sia l'obiettivo
Gli avvocati collaborativi lavorano in massima trasparenza e condivisione delle informazioni, in un clima di cooperazione e fiducia che riduce la tensione del conflitto . Il cliente lavora insieme al suo avvocato per giungere ad un accordo corrispondente agli interesssi propri e a quelli della sua famiglia, perchè sempre famiglia è, anche se separata . Nel processo collaborativo è prevista la partecipazione di mediatori familiari, psicoterapeuti e pedagogisti per aiutare il cliente a superare il lutto della separazione
Il vantaggio consiste nell'essere protagonisti della propria separazione senza far decidere un terzo, chiamato Giudice, sulla propria vita .
Questo procedimento tutela il cliente ma soprattuto non distrugge quello che si è creato in anni di matrimonio e/o convivenza.
Infatti , care amiche, il matrimonio può fallire , ma i figli rimangono, e un rapporto, non oso dire di amicizia, ma di rispetto per il loro padre, è a mio giudizio eticamente doveroso, perchè significa rispettare l'altro 50% di DNA dei vostri figli.
Permettendo al mio rancore e al mio lutto (la separazione è comunque un lutto) di esplodere senza essere canalizzato, vado ad intaccare e a distruggere anche quel 50% di Dna dei miei figli.
Se invece tramuto tutta questa energia che si è scatenata nel cercare di salvare il salvabile avrò fatto del bene a me e ai figli.
E' solo questione di direzione, alla fine.
Permettetemi di usare una metafora.
Dopo un terremoto che ha distrutto la mia casa ho tre opzioni :
1)stare a piangere sulle macerie imprecando contro la natura malvagia, il costruttore e così via e fare una causa lunga circa dieci anni contro il Comune, il geologo o il costruttore;
2)costruire un'altra casa in quel posto utilizzando quello che è rimasto da quelle materie;
3)andarmene in un altro luogo e costruire un'altra casa con le informazioni che ho acquisito e l'esperienza che ho fatto.
A voi la scelta care amiche...
COSTRUIRE e NON CONTINUARE A DISTRUGGERE può essere una opzione da tenere in considerazione.
Con affetto
Evi Fongaro

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