mercoledì 6 aprile 2011

Apologia delle scarpe: shoes – victimes fra conscio e inconscio



Qualcuno sosterrebbe che quella fra donne e scarpe è una liaison dangereuse, una addiction perversa difficile da comprendere, anche per l'uomo più illuminato.
Mi sono sempre chiesta quali siano i significati nascosti di questo indissolubile legame, che fra alti e bassi, periodi di maggiore o minore intensità, rimane spesso stabile nel tempo: diciamoci la verità, anche se la nostra parte più responsabile (a volte!) prevale su quella incosciente e avventata, comunque ci possiamo riconoscere un impulso irresistibile all'acquisto di questo accessorio che fa bella mostra di sé in innumerevoli forme, colori, altezze, materiali.
Che siamo amanti dei tacchi a spillo o delle ballerine, delle fashion sneakers o dei sandali con pietre preziose, dello stivale stile cavallerizza o il mocassino alla francese, le irresistibili tentazioni sono sempre in agguato. Ma che cos'è che ci attrae così tanto?
Come al solito tutto comincia quando siamo bambine...
Oggi, molto più precocemente di un tempo, le giovanissime fanciulle possono scegliere con che cosa calzare i loro piedini, avendo di fronte un'ampissima gamma di estetiche scarpette di tutti i colori e fogge, ornate di fiocchi, strass, luci, e chi più ne ha più ne metta (personalmente ricordo nella mia infanzia solo delle sbrilluccicose ballerine, che guardavo soltanto, perché costretta dal medico a indossare solo scarpe ortopediche fino ai sei anni – forse da quel trauma poi mi sono ricompensata eccedendo in anni successivi!).
Nonostante questa ricchezza di scelte, siamo sempre state attratte da quelle stupende decolleté della mamma...chi di noi non ha infilato il lillipuziano piedino in quelle desiderabili calzature giganti, giocando a fare la signora e così muovendo i primi passi emulando la mamma-donna nel mondo dei grandi?
E poi, come non citare le fiabe?
Ascoltavamo tutte sognanti Cenerentola, che piroetta al ballo col principe su leggiadre scarpine di cristallo, e viene scelta dopo mille ricerche, perché il suo piedino calza alla perfezione la perduta scarpetta. E ancora, la storia del mago di Oz, nella quale Dorothy possiede magiche scarpe d'argento che riescono a riportarla a casa, semplicemente battendone insieme per tre volte i tacchi. E poi, la storia delle scarpe rovinate dal ballo, possedute dalle dodici principesse sorelle. E che dire del Gatto con gli stivali?
Da tutto questo alla cabina armadio di Carrie Bradshaw il passo è brevissimo! :-)



No, avete ragione, non può essere tutto dovuto alle favole e alla tv.
C'è un simbolismo molto arcaico che fa ormai parte del nostro inconscio collettivo, esplorato grazie anche al sapere antico delle fiabe che vi attingono, oltre ai sogni e alle tradizioni di diversi paesi.
Ho scoperto che le origini della fiaba di Cenerentola hanno radici addirittura nella cultura cinese: e se pensiamo al culto del piede femminile che questo popolo ha avuto nei secoli qualcosa ci rimanda anche alla perfetta forma del piedino di Cinderella.
Per secoli in Cina si è assistito all'usanza di comprimere i piedi delle bambine, grazie a strettissime fasce che ne impedivano la crescita, per ottenere delle minuscole estremità, segno di grazia, bellezza e qualità femminili, definite “loto d'oro” - anche nella versione originaria della fiaba le scarpette erano d'oro, non di cristallo come nella versione di Perrault, scelta da Disney per creare il cartone animato. Questo procedimento di blocco della crescita del piede però, faceva delle donne delle buffe caricature di se stesse, perché per muoversi, procedevano a piccoli passi, simili a brevi oscillazioni e saltelli (e comunque non potevano andare molto lontano né tantomeno lavorare, per cui venivano prese in sposa da uomini facoltosi, che le sceglievano anche se povere, grazie ai minuti piedini ottenuti con enormi sacrifici).
È paradossale come scavando nelle origini delle fiabe si nasconda sempre un risvolto molto crudele e triste, dovuto all'insegnamento di vita che alla fine volevano trasmettere ai bambini e alle bambine.
È proprio Perrault, nel '600 che ha edulcorato ed epurato la maggior parte delle fiabe antiche dei loro particolari troppo cruenti, poco consoni all'ambiente reale francese nel quale lui declamava storie: ad esempio omettendo il passaggio nel quale la matrigna di Cinderella, per permettere alle sorellastre di indossare la scarpa e ingannare il principe, asporta loro l'alluce e il tallone, rendendole monche e sanguinanti.
Bruno Bettelheim ne “Il mondo incantato” ci narra il significato psicanalitico delle fiabe più conosciute, facendoci scoprire anche l'aspetto legato alla sessualità del calzare la scarpa da parte di Cenerentola.
Citando storie risalenti agli Egizi, ci mostra come nei secoli, questo gesto del piede che entra nella scarpa stupenda, sia la simbolizzazione dell'atto sessuale fra uomo e donna, dove il piede rappresenta il pene e la scarpa (pantofola nelle versioni originarie) la vagina, mettendoci in guardia però sul fatto che questo stesso vissuto venga interpretato diversamente da parte maschile e femminile.
Al di là delle implicazioni psicanalitiche legate al concetto di castrazione per le quali rimando chi interessato alla lettura del testo (pag. 259-260), mi preme sottolineare l'aspetto importante del gesto “attivo” con cui la giovane fanciulla inserisce il piede nella scarpa, non lasciando che l'altro lo faccia per lei: “essa tolse il piede dalla sua pesante scarpa di legno e l'infilò nella pantofola, che le andò alla perfezione”, confermando che anche lei agirà in prima persona per la realizzazione della coppia e dimostrando allo stesso tempo di poter finalmente accettare la propria femminilità e vera identità, (aiutata e sostenuta dall'amore del principe), non più confinata ad esistere in un periodo limitato e sotto forma di incantesimo.
Personalmente sono molto affezionata anche ad un'altra storia, che si trova in un libro fondamentale per il nutrimento dell'anima di tutte le donne (“Donne che corrono coi lupi” di C.Pinkola Estés) e si intitola “Scarpette rosse” (se vuoi leggerla la trovi qui). L'autrice riporta le storie in tutti i loro aspetti terrifici che riescono a scuotere l'animo, per donarci messaggi importanti di risveglio. Qui le scarpe fatte a mano, con stracci pazientemente raccolti, simboleggiano il contatto profondo della bambina con le sue energie, la sua vitalità, la sua strada e la sua libertà: quando vi rinuncia perché allettata da una vita comoda e signorile, infondo rinuncia a se stessa e alla fine cerca spasmodicamente dei surrogati simili a quelle scarpette rosse abbandonate, che si dimostreranno deleterie perché fasulle.
E in ultimo, vorrei citare anche i detti della tradizione popolare, che confermano quanto detto finora: “stare con il piede in due scarpe” rimanda a una situazione ambigua - “ogni piede ha la sua scarpa” fa pensare che esiste una dimensione giusta per ciascuno, inutile tentarne di alternative che non sono fatte per noi - e infine “fare le scarpe a qualcuno” rappresenta proprio il prendere il suo posto, con l'inganno.
Vi starete chiedendo, cosa c'entra tutto questo con quell'irresistibile voglia che vi assale di fronte alle vetrine del centro?
Io credo che alla luce di quanto vi ho raccontato, la scelta della scarpa da parte delle donne sia un'inconscio simbolo di emancipazione e di libertà di essere, di vivere e sperimentare varie parti di sé (pensate al dubbio amletico “che scarpa mi metto oggi?” che potrebbe essere anche “che tipo di abito..” e in entrambi i casi è “che tipo di donna voglio essere oggi?”).
Provate a riflettere un attimo sui momenti in cui siete assalite maggiormente dal raptus da acquisto fulmineo, se questo è legato a particolari stati d'animo. Oppure domandatevi se avete acquistato un certo tipo di scarpa piuttosto che un altro quando siete state in preda a vissuti diversi o fasi della vita diverse.
Ci sono donne che per anni portano scarpe rasoterra e improvvisamente sentono l'ardire di camminare su dieci centimetri, altre che non sono mai scese sotto i sette e da un giorno all'altro apprezzano la comodità di avere il peso su tutto il piede, che grato le ringrazia... c'è poi da fare i conti con gli stereotipi sociali: tacco = sexy, ginnica = maschio ecc...
Ma non sempre un'immagine ha un solo significato: ci sono donne che non mettono tacchi e non per questo sono vissute o si sentono meno sensuali o attraenti, altre che esprimono bellezza anche con un paio di ciabatte da casa! C'è una realtà però che non si può ignorare, cioè la modificazione della postura dovuta al tacco che rende la gamba slanciata e l'andatura più accattivante, ma, se il tacco stesso è vissuto come una tortura, rischia di avvicinarci a quell'andatura delle povere cinesi inguainate in scarpine da bambina.
A volte invece, se usato con consapevolezza e disinvoltura, può davvero essere strumento per aumentare (temporaneamente!) centimetri e autostima.
Secondo me la questione finale è il riuscire a sentirsi a proprio agio nelle proprie scarpe, quelle scelte perché ci rendono uniche e speciali, ovvero, muoversi liberamente nella propria dimensione, permettendosi a volte di osare e giocare, coi colori, con i modelli o con le altezze, il tutto con leggerezza e allegria.
Credo anche però, che non ci sia sensazione migliore di quella di togliersi alla fine le scarpe, poter camminare a piedi nudi a contatto con la terra, riprendendo contatto con la nostra dimensione naturale e con la donna spontanea e bellissima che siamo, al di là di tutti gli accessori, che come tali sono spesso superflui.
virginia 

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