Una stanza, o meglio un ritaglio di ufficio comunale, due pannelli e tante sedie di diverse fatture, adibita a sala riunioni improvvisata per un gruppo di donne che si occupano di Pari Opportunità. In molti comuni per questi progetti non ci sono i soldi e tutto è lasciato all'entusiasmo di chi porta avanti con coraggio, idee e incontri, pensieri controcorrente ed emozioni universali.
Entro e nonostante l'ambiente spoglio e arrangiato, mi sento accolta.
Siamo lì per organizzare un pomeriggio di festa che riesca a far conoscere fra loro culture e realtà di tutto il mondo, grazie al “sapere” delle donne, portatrici di legami e saggezze profonde.
Bastano poche frasi, minuti trascorsi a condividere idee e mi rendo conto che in quella piccola stanza sono racchiusi tesori, ci sono frammenti di terre lontane improvvisamente riuniti a formare un giardino vitale e multicolore.
Ci sono donne di ogni età: bimbe dal sorriso bianchissimo e le infinite treccine , donne silenziose che riempiono lo spazio con i loro costumi tradizionali, ragazze indiane che ormai scrivono solo in italiano ed esplorano curiose l'ambiente (chissà cosa penseranno?), una di noi, il velo sul capo, scrittrice di poesie dagli occhi dolcissimi, le ragazze africane, manager piene di iniziativa, Monisha, in rappresentanza di un'associazione che vuol portare un “pensiero nuovo” (brava! È di questo che c'è sempre più bisogno).
Sento nascere dentro di me un rispetto profondo per questa atmosfera che si sta creando. Anche semplicemente condividendo l'organizzazione di una festa c'è così tanto da imparare!
E il sapere che passa negli sguardi, nelle parole, nelle mani, e nelle idee delle donne ha una marcia in più.
È generativo.
È emozionante, a tratti commovente.
Ed è affascinante come quando ti avvicini con trasporto e interesse a qualcosa, ecco che nella tua vita accadono piccole cose che solidificano quel sapere, che arricchiscono l'animo di significati da esplorare.
Due giorni dopo, “incontro” un film, iniziato da qualche minuto, fra lo zapping del dopocena, che è riuscito a distogliermi dalla lettura del mio libro per immergermi nel Sud Africa dell'apartheid (In my country - 2004)
Qui ho scoperto un concetto nuovo, quello di Ubuntu .
Forse, a chi di voi ha dimestichezza col mondo informatico, farà venire in mente la omonima piattaforma Linux, ma in realtà è qualcosa che penetra dentro e mette radici, ti fa sentire parte del mondo, un desiderio universale di amore.
“Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti”, “Io sono perché noi siamo” sono solo alcune delle sfumature nelle quali si esprime questo concetto della tradizione bantu africana. È l'invito etico a rendere umano e compassionevole l'incontro con l'altro, un desiderio di aiuto reciproco e solidale.
Ubuntu è rispetto, disponibilità, comunità, condivisione, interesse, fiducia e altruismo.
È un bisogno innato di pace che ci portiamo dentro.
È la speranza che il mondo possa cambiare, oggi, già a partire dalla nostra festa di donne riunite in cerchio per imparare e trasmettersi saperi lontani sulle mappe ma vicini nelle anime.
Vi terrò aggiornate sul programma e gli sviluppi.
virginia
Nessun commento:
Posta un commento