Sono appena trascorsi in questo week end i primi giorni di vero caldo estivo, ed ecco che subdola si affaccia alla coscienza quella vocina, ancora un po' sonnacchiosa, che sembra riemergere dal lungo letargo invernale, sostenendo fastidiosa che è arrivato il momento di darsi da fare per preparare al meglio lo svelarsi del corpo, dopo mesi di nascondimento in maglioni e cappotti.
Mai come in questo periodo dell'anno si sente parlare di diete, disintossicazione, rinnovamento cellulare, creme anticellulite (che mentre dormi fanno i miracoli), tisane (che promettono decine di centimetri in meno dove serve) e altre “opportunità” di diventare qualcos'altro da quelle che siamo.
Ed eccoci tutte lì, in preda al panico da imminente prova costume assalite dai pensieri più catastrofici riguardo lo stato architettonico delle nostre forme, l'aspetto estetico dei nostri tessuti, intente a far progetti sugli eventuali interventi di “restauro” che dovranno subire.
Perdonatemi la provocazione.
Ma davvero il nostro corpo è così ridotto ad oggetto? Un mausoleo cadente da puntellare per renderlo più appetibile possibile di fronte a possibili “fruitori”?
Mi viene in mente quel buffo programma di Real Time, dove i desiderosi acquirenti sono accompagnati in giro per case in vendita, piene di difetti da eliminare, colori da cambiare, mobili da rinnovare, che dopo il sapiente intervento dell'architetto dell'agenzia, appaiono ai loro occhi qualcosa di totalmente diverso e accattivante che li induce alla scelta.
Alle smorfie di critica e disapprovazione si sostituiscono così sorrisi entusiasti e gridolini di giubilo, e a me sorge spontanea la domanda: ma non è la stessa casa di prima? Basta così poco per ingannare l'occhio? Ma soprattutto, non potevano acquistarla e poi fare tutte le modifiche che preferivano a loro gusto, immagine e creatività? E i proprietari, come fanno a permettere l'avvicendarsi di quelle drastiche tinte shock, in mezzo ai loro vissuti e ricordi conservati fra quelle mura, senza batter ciglio? (si si, lo so, logica di mercato, esigenze televisive, ma il mio animo un po' retrò fa fatica ad adeguarsi...)
Uscendo dalla metafora, comunque questo è quello che facciamo quando ci adeguiamo a stereotipi dettati da altri circa il “come dobbiamo essere”, come il nostro corpo deve apparire e mostrarsi, al di là di come viene abitato e vissuto nell'intimo, cosicché a volte, dopo tanto interventismo forzato, il corpo stesso si ribella e torna alle origini, espandendosi anche di più.
Si stabilisce sempre di più una discrepanza insanabile fra il contenitore e il contenuto, tornando indietro di secoli alla scissione cartesiana di res cogitans e res extensa.
Non importa quanta sofferenza c'è dietro alla ricerca spasmodica di adeguarsi al modello imposto, basta che quel modello sia raggiunto, perché è l'immagine che conta.
Non si tratta nemmeno più del concetto di bellezza o meno: il magro è il nuovo dictat.
Quando ero piccola, il proverbio popolare (già allora discutibile) recitava “altezza mezza bellezza”, a giustificare che se una donna era imponente nella statura era già a metà strada e appariva più bella, mentre adesso invece suonerebbe più opportuno “magrezza mezza bellezza”.
E se invece ci concentrassimo sul poter vivere al meglio quello che siamo? Si può anche fare qualcosa per curarsi e volersi bene, ma non stravolgersi per diventare altro.
Non c'è niente di più bello di una donna che partecipa con entusiasmo delle sfaccettature della sua fisicità, che abita con amore le sue forme e le mostra orgogliosa al mondo che la circonda. Occorre fare attenzione e difendersi da chi ci dice che non corrispondiamo a certi canoni. I chili in più possono essere eliminati, a patto che lo si faccia in una logica di benessere e non di deprivazione e tortura perché la salute è qualcosa di molto diverso dall'estetica.
Sono daccordo col movimento e l'attività che ci ricarica e tonifica, meno con i macchinari che sciolgono o i bisturi che tagliano (ma poi, ce n'è sempre davvero bisogno?).
Qualcuno ha detto che il nostro corpo è il nostro tempio sacro.
Abbiamone cura, accettiamolo nella sua espressione, ricordando le parole di Amélie Nothomb «Alcune bellezze saltano agli occhi e altre sono geroglifici: ci si mette tempo a decifrare il loro splendore, ma, quando ormai è evidente, è più bello della bellezza stessa» .
virginia
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