lunedì 27 maggio 2013

Cosa vogliono le donne?



 
 
Se lo chiedeva già il maestro Freud, che ha posto in essere il suo sistematico metodo di esplorazione dell'inconscio a partire proprio dalle storie e bisogni delle sue pazienti, finendo per ammettere che La grande domanda che non ha mai ricevuto risposta e a cui, nonostante i miei trent’anni di ricerca nell’animo femminile, non sono stato in grado di rispondere è ‘Cosa vogliono le donne?”.

Per lui dunque la femminilità rappresentava un enigma, fondato però su un elemento di realtà che a suo parere dava il via alla complessità, ovvero la mancanza anatomica del pene, origine dell'invidia e di tutto ciò che ne deriva. 
 
Ieri sera Massimo Gramellini a “Che tempo che fa” ha suggerito di leggere le notizie da altri punti di vista, provando a dare titoli diversi agli articoli di giornale, per provare a uscire dal circolo vizioso dell'atteggiamento che vede solo il problema (o la crisi)
 

Qualche giorno prima, Aldo Cazzullo, nella sua rubrica “Quello che gli uomini non dicono” rifletteva sulla difficoltà che possono trovare gli uomini a fare un complimento spassionato e spontaneo a una donna (lo trovi qui).
Oggi sono voluta partire dalle riflessioni di questi uomini intelligenti e sensibili, che si interrogano e dai loro scritti fanno trasparire, in modalità diverse ma importanti, un'attenzione allo studio dei fenomeni dell'animo umano, per provare a rilevare alcuni atteggiamenti nella relazione fra maschile e femminile, che come al solito rischiano di allontanare piuttosto che avvicinare.

Partiamo da un video, della stessa campagna di cui vi ho parlato la scorsa settimana.
 
 

Vi vediamo donne di tutte le età, commosse e intenerite da un bambino di 10 anni, che si avvicina e dice loro quanto sono belle.

Volti stupiti e sorpresi che si sciolgono in sorrisi e si lasciano andare al benessere di godersi una carezza interiore.

Ma se a dire quelle stesse parole, in quello stesso modo, semplice e diretto, fosse stato un uomo?

Immagino che molte, visto tutto quello che succede in giro, col fantasma del femminicidio che aleggia sulle nostre teste, perlomeno l'avrebbero osservato guardinghe, si sarebbero chieste che tipo di preludio potesse essere quello, (mi prende in giro, mi vuole raggirare o mi vuole fare del male?) se proprio non avessero risposto col dito medio, come da citazione di Cazzullo.

È difficile discernere in maniera obiettiva quando siamo bombardati da notizie dello stesso tipo che sottendono un messaggio subliminale: attente, gli uomini sono pericolosi.

È facile generalizzare.

Mi preme ricordare, giusto per onore di cronaca, che tutti questi episodi che i giornali ci sbattono violentemente in prima pagina, trovano origine all'interno di rapporti di coppia, dentro le famiglie, i matrimoni... luoghi che dovrebbero rappresentare la “protezione” per antonomasia.

Ecco da dove nasce lo iato interiore.

Se non ci si può fidare nemmeno a casa propria, come si può guardare al mondo con sguardo aperto e speranzoso?

Ma la chiusura non è una soluzione. Non lo è neppure fare di tutti gli uomini dei potenziali carnefici.

Le donne vogliono da una parte essere riconosciute e amate, sentirsi dire “come sei bella!” ma come un uomo lo fa, scattano sulla difensiva e si interrogano sui doppi fini...
In parallelo, sempre di più si discute sulla mercificazione della bellezza, sull'uso improprio del corpo, per cui anche le donne che si sentono belle, si sentono sempre “in difetto”, percependo di doversi in qualche modo giustificare, dover dimostrare che oltre a quell'aspetto esteriore c'è di più, che la cura del proprio aspetto non nasconde una leggerezza di intenti, che sono anche intelligenti, impegnate, “serie”.

Ed ecco un'ulteriore scissione.

Chi mi segue da un po' sa che promuovo la necessità dell'integrazione, del far la pace con le divisioni e opposizioni interiori.

Per cui, ritengo che occorra arrivare a una sintesi produttiva e creativa di entrambi i poli. La divisione fra bella e intelligente è frutto del peggior maschilismo, che ha voluto screditare un femminile nei confronti del quale si sentiva inferiore.

Seguendo l'ipotesi di Gramellini e vedendo le cosa dal punto di vista opposto mi viene da chiedermi se nei secoli, la famosa invidia del pene non si sia ribaltata e vi sia invece una paura del potere del femminile che ha portato alle posizioni di maschilismo più estremo e svilente.

E quando parlo di maschilismo non mi riferisco solo ai “maschi”.

Ma anche a tutte quelle “femmine” che interpretano il mondo secondo canoni scissi: sia che giudichino dall'alto della loro posizione di intellettuali le altre povere sciocche, sia che ritengano che nella vita la bellezza è tutto e ti faccia arrivare dove vuoi (tanto per citare una delle molte polarità).

Entrambe queste modalità di vivere il femminile rischiano di allontanare gli uomini, perché ritengono che colui che fa loro un complimento sia un maniaco, un pirla o un poverino, e quindi da cacciare, usare o mortificare.

Ovviamente do per scontato che il complimento sia fatto in maniera educata, semplice, come tangibile espressione di un'interesse, (anche un po' maldestra, se volete, perché questi poveri uomini, non sanno più che pesci prendere...) ed escludo i commenti scurrili ad alta voce che servono solo a denigrare.

In ogni caso, se interpretiamo il rapporto con gli uomini come una lotta di potere, non andiamo da nessuna parte, continuiamo a perpetrare ad aeternum la separazione, l'impossibilità di incontro.

Il problema maggiore delle donne è l'autostima. I video che ho pubblicato la scorsa settimana ne sono una testimonianza fra tante.

Quando siamo in sintonia con noi stesse, stiamo bene nella nostra pelle, in quello che facciamo, che siamo ed esprimiamo, non c'è bisogno di scattare sull'attenti. Siamo la nostra testa tanto quanto le nostre gambe, perché dover scegliere? Perché doversela prendere se ci viene detto che siamo delle donne avvenenti e dobbiamo invece andar fiere se ci dicono che abbiamo un cervello eccezionale?

È così difficile accettare un complimento, dire semplicemente grazie e poi continuare con nonchalance a fare ciò che si stava facendo? Perché tutto deve diventare un affare di stato?
Riflettendo a voce alta mi piacerebbe che fossimo caute ma non prevenute.

Che riuscissimo a osservare, comprendere e separare il bene dal male. Il buono dal cattivo. La spontaneità dalla menzogna. Ma allo stesso tempo includessimo la possibilità che chi si trova di fronte sia spiazzato e impaurito quanto noi, aggredito e non aggressore.

Mi piacerebbe che imparassimo a fare attenzione, ma non perdessimo la bellezza di un sorriso lusingato.

Forse aveva ragione Freud. Siamo un enigma.

Ma anche per noi gli uomini lo sono a volte.

Non ci resta che parlarci, domandare e ascoltarci.

Per lo meno proviamoci.



Buona settimana

virginia

1 commento:

Francesca ha detto...

molto interessante... e hai ragione, sarebbe brutto perdere uno sguardo, la foto che hai messo dice tutto!