Ultimamente
la parola “anima” ricorre spesso nei nostri post... sempre con
significati diversi.
È
una parola difficile, anima, soprattutto se associata al materiale
della pietra, per natura agli antipodi molecolari rispetto al soffio
di vita, lo spirito che illumina le cose, cui il suo concetto
etimologico rimanda.
E
se vi dicessi che oggi vi parlerò di arte e creatività?
Lo
scorso Natale mi sono fatta un regalo che riempie il mio sguardo ogni
volta che vi si posa.
Ormai
conoscete il mio interesse per la natura del processo creativo, ma
ogni volta mi affascina scoprire aspetti nuovi, indagare il percorso
misterioso che porta ciascuno a fare della propria vita un opera
unica e autentica.
Ancora
di più amo ascoltare dalle parole di chi crea, come prendono vita le
idee, quali emozioni riescono a fare da tramite fra il mondo
interiore e la realtà, concretizzandosi in un manufatto concreto, su
carta, su tela, o argilla, o anche, come fa Vito, attraverso la
pietra.
Ed
è proprio la dimensione del sentimento che apre la breccia nel
racconto di questo artista, che mi ha narrato dell'inizio della sua
“storia d'amore” con il materiale che oggi plasma con pazienza e
attenzione:
Questa passione, è nata
per caso, osservando il mio babbo – che faceva il costruttore edile
- mentre si cimentava a lavorare uno scarto di pietra leccese, per
passare il tempo dopo le sue ore di lavoro.
Preso dalla curiosità ho
voluto provare anche io, con quei pochi attrezzi che avevo a
disposizione, e da allora è stato amore a prima vista, non ci siamo
più separati... ancora ora, a distanza di anni ci metto passione e
impegno nel lavorarla e modellarla, facendo attenzione ad ogni
piccolissimo particolare, come se fosse ancora quel primo giorno,
quando io e il mio "amore" ci siamo incontrati.
Osservando
le opere di Vito non si può non sentire questa passione.
È
come se la pietra venisse modellata dall'occhio innamorato, come fra
gli amanti quando l'uno prende forma nello sguardo dell'altro per
risplendere al mondo in tutta la sua gioia. Esiste attraverso di lui
o lei.
La
pietra leccese si sente coccolata fra le mani del suo artista, me la
immagino fremere impaziente, curiosa di sapere cosa diventerà e
come... e lui stesso la guarda ammirato, perché attraverso di lei
riprende contatto con le sue origini, radici lontane di ricordi di
infanzia.
Le
mani sapienti di Vito sono il tramite dell'incontro.
Il
desiderio di fare dell'essenzialità della sua terra un'opera
estetica da respirare con gli occhi:
...l'esigenza di
ritornare ogni volta nella mia terra, il Salento, terra
straordinariamente bella e allo stesso tempo tanto difficile, terra
formata da rocce costiere erose costantemente dal mare e dal vento,
da terra rossa arsa da un sole a picco sempre presente, dal mare
cristallino, dalla natura a tratti incontaminata, dalla sapiente
gente che ha saputo sopravvivere nonostante le innumerevoli
difficoltà..
Come
ha affermato Jung, chi
guarda l'oggetto artistico si trasforma in quell'oggetto, si
identifica con esso e si libera in tal modo di se stesso, così
attraverso le opere di Vito ti ritrovi a essere dentro quella sua
terra con lui, toccando quella pietra che scalda, seguendone le curve
e assaporando con i polpastrelli l'erosione, il taglio ammorbidito,
il candore rispettoso di un bianco che non abbaglia e non vuole
imporsi, ma si staglia svelando un intima sorpresa.
La pietra si fa docile e appare come drappi sovrapposti, molli dopo l'amore.
Tutto
è fatto a mano, dosando energia e precisione, perché la pietra
leccese è una donna che vuole essere toccata con cura.
A
volte mi chiedo: chissà se la scelta del materiale e il tipo di
opera rispecchia la personalità dell'artista?
Tutti
gli oggetti di
Vito
non sono “solo” pietra scolpita, ma servono ad “accogliere”,
contengono in un abbraccio virtuoso una luce, una candela, oppure una
piantina, e diventano così l'espressione di una sintesi di opposti
che coesistono: luci e ombre, freddo e caldo, materia inerte e
materia viva.
Le
lampade poi, acquistano una doppia identità: scultura di giorno e
meraviglia di notte.
Osservando
le Anime
di pietra,
ho compreso perché Vito ha scelto questo nome: si tratta di dare
forma a un anelito di bellezza colto in un paesaggio, vuol dire
rendere concreto il viscerale legame con il passato, vedere
l'emozione che si fa materia e tende verso l'infinito grazie alla
luce.
Come
avviene dentro di noi: percepiamo le nostre anime statiche e a volte
pesanti come la pietra, invece sono in continua trasformazione, in
movimento; possiamo prendere distanze dai rettilinei che imprigionano
e farsi linee curve nello spazio, elevandoci dalla gravità,
testimonianza che l'arte, il genio creativo, può - se vuole - smuovere
montagne... o scolpirle.
"Gli
atti creativi di ognuno,
qualunque
essi siano,
traggono
una forma costruttiva
dall'apparente
caos amorfo delle nostre vite"
(Rollo
May)
Vito
e le sue Anime di Pietra lo trovate qui o agli indirizzi qui sotto
buona
settimana
virginia
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