martedì 3 maggio 2011

L'essenziale è invisibile agli occhi...



Voglio condividere con voi degli scritti magici di un uomo che ha saputo rendere sotto forma di poesia il suo amore per le forme, restituire il senso ad un'architettura fatta col cuore e riempire di significati nascosti e intimi  la costruzione degli spazi che ci circondano.
Giovanni Michelucci è il progettista della famosa chiesa sull'autostrada A1 alle porte di Firenze, riferimento inconfondibile per chiunque vi passi distrattamente vicino, sfrecciando a grande velocità.
Io sapevo solo questo, fino a che, diversi anni fa, mi son trovata a comperare da un ragazzo per strada un libretto, affascinata semplicemente dal titolo (“Dove si incontrano gli angeli: pensieri, fiabe e sogni” Ed. Carlo Zella/Fondazione Michelucci) perché per far presto non avevo minimamente badato all'autore.
Cominciai a leggere e rimasi sorpresa, estasiata da come si potesse coniugare una tale spiritualità con la concretezza della materia plasmata in edifici: negli scritti di quest'anima stupenda si ritrovano concetti e idee emozionanti, la città e i suoi spazi pensati secondo i bisogni di incontro e condivisione dell'uomo, con un occhio di riguardo per coloro che stanno ai margini, in un progetto di inclusione e unità che fa venire i brividi sulla pelle.
Eccovi un condensato di saggezza e comprensione profonda:

La Bellezza non è ciò che gli occhi vedono: a un certo punto gli occhi non vedono più e l'uomo scopre relazioni infinite che dissolvono la sua solitudine. Allora si è nel mondo e fuori del mondo al tempo stesso, insieme con tutti quelli che sono intenti a cercare oggi, hanno cercato ieri, cercheranno domani una risposta.
A che cosa? Non è possibile saperlo: forse lo spirito della ricerca esaurisce la verità che si cerca. E allora la verità è la verità del mistero. Non è trovata soluzione ai problemi e anzi i problemi si moltiplicano.
Ma, stranamente una catena di problemi può appagare.
La bellezza non è ciò che gli occhi vedono, ma ciò che lo spirito vede senza occhi”.

Vorrei che anche le cose, lo spazio che ci circonda, fossero abitati da una sensazione di partecipazione, perché allora realizzeremmo davvero quel sogno della nuova città che mi porto dietro da sempre e che non è altro luogo che lo stesso luogo, la stessa situazione che viviamo ogni giorno, che possa essere vissuta in un altro modo, in un'altra dimensione di relazioni e sensazioni. Solo allora possono nascere le piazze, le strade, le voci, gli oggetti della nostra infanzia, non come qualcosa che ci sta dietro, ma come qualcosa che ci accompagna, per costruire il nuovo senza paura di perderci”

quando vado in clinica psichiatrica e vedo il vecchio ambiente con le inferriate, le finestre sbarrate e dentro questi pazzi che non fanno nulla, mi chiedo come posso intervenire io come architetto per la loro sorte, come posso togliere un'inferriata...
Ma risolvo veramente il problema della libertà di questi uomini? No, non ho questa facoltà. Intuisco però che una possibilità c'è, ed è quella di superare un nostro atteggiamento che è venuto dalla vita, che è venuto da una scuola infame, più attenta alla moralità di una cosa che non a un atto generoso.
Allora ho pensato che avvicinandomi al pazzo, avvicinandomi ad un carcerato, ad uno che è a letto malato, semplicemente trovando in me un argomento che possa interessare e l'ammalato e il pazzo e il carcerato, ho pensato che realmente si supera un muro, che questo fa veramente buttar giù i muri costruiti”

Entrando nella chiesa sull'autostrada si coglie tutto questo. Un'atmosfera di serenità dove non tanto i confini murati, ma gli spazi sapientemente costruiti, sono i padroni del silenzio.
Le rotondità della costruzione portano l'occhio verso il cielo, forse proprio lì, “dove si incontrano gli angeli” di Michelucci, quelli che ci ricordano che infondo, ognuno di noi può fare la differenza, in quanto scintilla di spiritualità, comunque la si voglia intendere.

virginia 

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